Il Mondo: Vivere nella Striscia di Gaza. Per il clima un grado e mezzo fa tutta la differenza.

Internazionale Internazionale 10/16/23 - Episode Page - 27m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi Marcelli e

questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo della striscia di gasa e dell'aumento della temperatura

mede globale e poi del sonno dei ragni e di un libro.

È lunedì 16 ottobre 2023.

Di

Sbato 14 ottobre, dopo aver ordinato a un milione e centomila palestinesi che vivono nel nord della striscia di Gaza, di lasciare la zona e di spostarsi a sud,

l'esercito israeliano ha annunciato un attacco via terra, via aria e via mare.

Mentre registriamo questo podcast, l'invasione è non ancora cominciata.

Intanto centinaia di migliaia di palestinesi stanno continuando a scappare a sud.

Siamo andati via senza niente, senza soldi, abbiamo lasciato le nostre case tutto quello che abbiamo e siamo venuti qui per cercare riparo.

Dice nell'audio che avete ascoltato un uomo che si trova con altre 4000 persone in fuga in una scuola di Kanyunis, una città del sud di Gaza vicino al confine con l'Egitto.

Ma le bombe israeliane sono arrivate anche qui, dove, come in tutto il territorio della striscia, continuano a mancare acqua, elettricità e medicine.

Ne parliamo con Paola Caridi, giornalista esperta di Medio Oriente e presidente di Lettra 22, autrice tra gli altri di Hamas, pubblicato da Ferdinelli nel 2009, che a novembre uscirà in un'edizione aggiornata per Seven Stories Press.

L'abbiamo raggiunta da Amman, dove si trova in questo momento.

Quello che sta succedendo in queste ore è un vero e proprio esodo, un esodo da nord a sud della striscia di Gaza e ricordiamo che da nord a sud la striscia di Gaza misura 40 km.

40 km attraverso uno, forse due corridoi, cioè due grandi strade, da cui dovrebbero passare, secondo le richieste della autorità israeliane, oltre un milione di persone.

Un'evenienza che è considerata impossibile da tutte le agenzie dell'ONU, perché far spostare oltre un milione di persone dal nord al sud della striscia di Gaza equivale a un trasferimento forzato e un trasferimento forzato equivale a un crimine di guerra.

Tu conosci bene Gaza, dove sei stata più volte per le tue ricerche per il tuo lavoro di giornalista? Chi sono gli abitanti di Gaza? Chi sono le persone che stanno fuggendo?

Coloro che fuggono verso Hanyones, verso Rafa, verso il sud di Gaza, o coloro che restano nelle loro case perché preferiscono rimanere lì e magari subire il bombardamento.

Coloro che vanno negli ospedali perché pensano che sia un posto più sicuro della propria casa appartengono a diverse generazioni.

Sono bambini e ragazzi, tantissimi, c'è una percentuale più alta di bambini e ragazzi rispetto agli altri paesi arevi, sono la maggioranza della popolazione.

Sono giovani madri, giovani padri, sono nonni, sono bisnonni e quando parlo di nonni e bisnonni soprattutto dei bisnonni parlo del primo rifugio e cioè di coloro che nel 1948 sono arrivati a Gaza da diversi posti.

Sono arrivati a Gaza dalle cittadine che ora sono nella zona israeliana, dentro Israele, Ashkelon, la vecchia Mashdal e che quindi sono scappati dai loro villaggi e delle loro città e sono arrivati a Gaza oppure coloro che sono arrivati di amare dal grande esodo dalla grande cacciata da Jaffa.

Molti degli abitanti di Gaza si considerano sono di Jaffa, lo dicono ancora oggi anche se magari te lo dice un ragazzo di vent'anni sono di Jaffa, anche se non l'ha mai vista a Jaffa, non c'è mai potuto andare perché da Gaza non si esce, soprattutto non si esce dal nord di Gaza, cioè dalla frontiera con Israele, però Jaffa è la città dei propri antenati,

è la città della propria storia ed è una città che si considera ancora il posto in cui si tornerà un giorno non durante la propria vita individuale ma in un tempo storico.

Questa è la popolazione di Gaza, è una popolazione fatta in massima parte di rifugiati che sono sostenuti dalle agenzie dell'ONU per qualsiasi necessità dai documenti sanitari, al cibo, alla educazione e alla scuola.

Perché tutti questi rifugiati sono andati lì? Cioè come si è definito questo territorio piccolissimo delimitato dal Mediterraneo che confina con Israele e con Leggitto?

Preve per la storia di Gaza, perché noi pensiamo a Gaza secondo le nostre lenti di oggi, cioè un buco nero, un luogo negletto, marginale, marginato, eppure la storia di Gaza è una storia ricchissima ed è una storia molto antica,

è una storia che ha avuto soprattutto dopo l'epoca romana e durante i primi secoli del cristianesimo ha avuto una storia, una storia culturale importantissima, c'erano teatri, c'erano luoghi di ritrovo culturale, c'erano i primi monaci cristiani.

È stato un luogo di elaborazione intellettuale, dopo è diventato un luogo di commerci, un porto. Gaza è ancora il porto, nel senso che il piccolissimo porto di Gaza è, come dire, il fantasma di un porto e di un commercio estremamente fiorente.

E non è un caso proprio per questo che il rifugio è quello delle persone di Jaffa, cioè del porto più importante della Palestina, che vanno in un altro porto che conoscono bene, che è quello di Gaza City.

Su questa storia si innessta la storia terribile di una prigione a cielo aperto in cui i rifugiati, che sono veramente la massima parte dei due milioni di persone che vivono a Gaza, sono costretti in un posto così piccolo a nascere, vivere e morire e essere bombardati.

Dal 2007, da quando Hamas governa a Gaza, Israele e Egitto hanno imposto un rigido blocco terrestre, marittimo e aereo sulla striscia, di fatto isolandola completamente e controllando le forniture di tutti i beni non prodotti a Gaza.

In questi giorni abbiamo sentito ripetere tante volte l'espressione prigione a cielo aperto per definire la striscia di Gaza sotto il blocco. Come era invece la vita nella striscia prima del 2007?

Dipende dal periodo, bisogna ricordarsi per esempio che dal 48 al 67 Gaza è stato in sostanza un protettorato egiziano, prima della conquista dei territori palestini si occupati da parte di Israele durante la guerra dei 6 giorni.

Protettorato egiziano su Gaza che fa comprendere anche perché l'Egitto è così restio all'idea di prendersi i profugi da Gaza o da addirittura instaurare un nuovo protettorato, non sono stati semplici i rapporti, perché Gaza appunto è un posto complicato anche per la presenza di così tanti rifugiati.

Dopo, per un certo periodo, soprattutto nei primi anni del processo di Oslo, c'è sempre stata questa lettura di Gaza come di un posto in cui gli stessi israeliani andavano per esempio a comprare il pesce fresco.

Cioè di un posto non chiuso, ma di un posto in cui appunto il commercio continuava, il commercio della tradizione di Gaza, poi invece è arrivato Sharon.

A Riel Sharon, prima come ministro dell'agricoltura, poi come ministro della difesa, e là c'è stata la tripartizione della striscia di Gaza attraverso la costruzione di alcune piccole colonie però messi nei gangli di tali di Gaza, spaccando il territorio in tre, il pezzo di Gaza a nord e poi le colonie, il pezzo di Gaza centrale e poi le colonie e il pezzo a sud.

Questo ha praticamente costretto già Gaza a convivere non solo con l'occupazione, ma anche con una impossibilità di controllare la propria vita da una parte all'altra della striscia.

A questo ha dedicato a pagine interessantissime Eyal Weisman proprio sull'architettura dell'occupazione. Nel 2005 lo stesso Riel Sharon decide di smobilitare le piccole colonie di Gaza e a quel punto dopo il 2005, quando anche con estrema difficoltà vengono portati fuori i coloni radicali israeliani che avevano abitato le piccole colonie di Gaza,

comincia la chiusura della striscia e comincia appunto l'inferno in cui vivono ad ora 2 milioni e 200 mila persone che in 16 anni sono alla quinta operazione militare sulla loro testa.

Ci può fare una fotografia della striscia di Gaza fino a una settimana fa, come vivevano questi 2 milioni e 200 mila palestinesi?

È un posto dove pochissime persone possono entrare attraverso un terminal che sembra un terminal aereo-portuale, Erez, questo prima del 7 ottobre del 2023 e quindi chi può entrare sono pochi, giornalisti, accreditati, cooperanti, funzionari internazionali,

parlo di coloro che non sono di Gaza e coloro che non sono palestinesi, ti si chiude un portoncino di ferro alle spalle e poi entri in un posto altro, come se entrassi veramente in una pezzo di terra che non sembra essere sulla terra,

le macerie delle diverse operazioni 2008-2009, 2012-2014, 2021 e parlo solamente delle più importanti.

C'è già l'odore che ti colpisce perché ci sono moltissimi rifiuti, perché dovrebbe essere un posto dove la vita si svolge normalmente, invece tutto è normale,

per cominciare dall'odore dell'aria, per continuare con l'acqua con cui ti lavi, carretti, macchine che si prova a modificare con quel po che sia dentro, moltissima povertà, le luci che si spengono,

e poi la cosa che più colpisce è il mare, nel senso che i gazzani non potrebbero stare senza il mare, senza questo orizzonte che stanno benissimo a essere chiuso, perché di fronte c'è il blocco marittimo,

e che però nello stesso tempo sembra ancora un posto dove c'è scritto, potrei essere libero anche se so di non esserlo.

La situazione umanitaria nel sul della striscia in questo momento è disastrosa, non c'è più posto per le persone in fuga e continuano a mancare l'acqua e l'elettricità. Nell'immediato cosa potrebbe portare un po' di sollievo ai civili?

Smettere bombardamenti, un cessato e il fuoco, una tregua, questa è l'unica cosa che può dare un sollievo, e comunque il sollievo su una popolazione stremata da 16 anni di vita in questo modo.

Con tutte le responsabilità, non solo di Israelema, ma di Amassa, che è diventato sempre più un regime, ma un regime all'interno di un posto anormale e sotto occupazione, perché è completamente chiuso all'esterno.

Quindi è come se fosse doppiamente vittima questa popolazione che non fa da spudo umano, che non è spudo umano, è una popolazione che costringere in un posto che dovrebbe essere la metà di quello che già è, cioè meno di 200 chilometri quadrati, vorrebbe dire chiuderlo in un campo di internamento come nei fatti sta succedendo.

Per andare dove? Perché questa è la domanda principale, qual è la strategia? Mandar via più palestinesi possibili dalla striscia di Gaza? Per andare dove in Giordania o in Egitto e rendere questi paesi ancora più instabili di quanto osiano?

Di certo non è possibile far stare la popolazione di Gaza oltre due milioni di persone all'interno di un posto così piccolo, perché vorrebbe dire violare tutti, tutti i diritti di ogni singola persona di Gaza, che sia un eunato, che sia un anziano, che non può camminare perché è disabile.

Grazie Paola Caridi.

Grazie a voi.

La notizia di scienza della settimana raccontata da Elena Boille, vice-direttrice di Internazionale.

È notte e in un laboratorio in Germania alcuni ragni saltatori sono appesi a un filo. Ogni tanto le loro zampette si contraggono, le figliere, l'organo da cui escono i fili hanno un fremito e loro occhi si muovono rapidamente da una parte all'altra.

Tutti questi piccoli segnali ricordano moltissimo il sonno REM degli esseri umani, quella fase del sonno, caratterizzata da rapidi movimenti oculari, in cui sogniamo di più e in cui i sogni sono particolarmente vividi.

Il sonno REM fu osservato per la prima volta nel 1953 nei neonati e poi abbastanza presto anche in altri mammiferi, come i gatti, i topi e i cavalli.

Ma ora gli scienziati hanno cominciato a trovare segnali di quello che sembra essere sonno REM, in una grande varietà di specie anche molto distanti da noi dal punto di vista evolutivo,

da iragna appunto alle seppie che in questa fase del sonno muovono rapidamente gli occhi, contorcono i tentacoli e cambiano anche colore.

Ma se iragna e le seppie hanno il sonno REM, vuol dire che anche il loro cervello produce dei sogni?

Se lo chiede l'articolo di Knowable Magazine che pubblichiamo questa settimana.

Ovviamente non è facile dimostrare in modo scientifico che il sonno REM sia associato a un'attività unirica in tutti questi animali.

Purtroppo non ci possono raccontare i loro sogni, ma di certo l'idea che sognare sia un'esclusiva degli esseri umani appare ormai al quanto superata.

Il pensiero di BBC è che il pianeta sta superando un'importante soglia di sulla riscaldamento, a una velocità che preoccupa gli scienziati.

che, ovviamente, esattamente la fredda è la più fredda, la più fredda è l'August e una somma di scenari

come questo in molti paesi, in Europa, in Asia e in Nord America.

Questo notiziario della BBC racconta che il pianeta sta superando un'importante soglia di surriscaldamento

a una velocità che preoccupa gli scienziati.

Per un terzo dei giorni del 2023, infatti, la temperatura media globale è stata di almeno un grado e mezzo maggiore

rispetto ai livelli dell'epoca preindustriale.

Restare al di sotto di quella soglia è generalmente considerato cruciale per evitare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico.

Il 2023 già si avvia a diventare l'anno più caldo ma è registrato e il 2024 potrebbe essere ancora più caldo.

Ne parliamo con Gabriele Crescente, editor di Ambiente l'Internazionale.

Dunque, secondo i dati del servizio Copernicus dell'Unione Europea, nel 2023 fino al 2 ottobre sono stati già 86 i giorni

in cui la temperatura media globale è stata superiore di oltre 1,5 gradi rispetto alla media del periodo preindustriale.

Quindi, questo, con più di due mesi che mancano alla fine dell'anno, ha già superato di più di 10 giorni il record precedente.

Quindi, sì, è molto probabile che il 2023 sarà l'anno più caldo,

ma è registrato da quando sono cominciate le misurazioni.

Questo anomalia è stata forte particolarmente nel mese di settembre, che è stato il mese con la differenza più grande

ma è registrata finora rispetto alla media del periodo preindustriale, cioè addirittura 1,75 gradi in più

e quasi un grado in più rispetto alla media degli ultimi 30 anni.

Quindi, un dato a questo risettembre che ha stata una grande preoccupazione e stupore tra gli scienziati.

Perché la soglia degli 1,5 gradi è considerata così cruciale? Come è stata stabilita?

La soglia degli 1,5 gradi è una delle due che sono fissate dall'accordo di pareggi del 2015.

Cioè, è basata su uno studio per eliminare del gruppo di esperti sul cambiamento climatico

che individuava appunto questa soglia come quella da rispettare per evitare i danni più gravi del cambiamento climatico.

L'accordo prevedeva appunto che i paesi firmatari si sarebbero dovuti impegnare a mantenere assolutamente

al di sotto dei due gradi l'aumento della temperatura media e globale, ma preferibilmente entro agli 1,5 gradi

appunto perché nell'intervallo tra queste due soglie gli effetti del cambiamento climatico si sarebbero fatti molto più gradi.

Per esempio, l'innalzamento del livello dei mari sarebbe più alto di 10 centimetri rispetto agli 1,5 gradi.

La scomparsa della barriera corallina arriverebbe al 99%, invece che a 70-90% che è stimato per gli 1,5 gradi.

L'impatto sulle popolazioni mani sarebbe molto più grave.

Per esempio, la percentuale di popolazione esposta al rischio di carenza idrica salirebbe del 50%.

Ovviamente queste soglie non devono essere intese come delle soglie rigide oltre il quale certi effetti avvengono istantaneamente.

Sono delle soglie psicologiche che sono state stabilite per fare cifra tonda e per essere più facilmente memorizzabili.

E soprattutto non bisogna considerare che andare oltre questa soglia significa violare questo impegno.

Questo impegno sarà dichiarato non raggiunto quando la temperatura media si attesterà stabilmente oltre questa soglia per un periodo di diversi anni e non per qualche mese.

Prima hai detto che settembre è stato il mese che più di tutti gli altri si è discostato dalle medie di temperatura preindustriali

e ce ne siamo accorti tutti sulla nostra pelle perché è stato un'estate che è durata in pieno fino ai primi di ottobre.

Perché è successo questo? C'è un motivo specifico per cui settembre è stato così caldo?

Beh il motivo principale è chiaramente il riscaldamento climatico dovuto alle missioni di Gasser, dovuto all'attività umane.

Ma per spiegare perché settembre è stato di un margine così elevato più caldo rispetto agli settembre precedente e ai mesi che l'hanno preceduto nell'anno entrano in gioco altri fattori.

Primo di tutti è il nigno che è un fenomeno meteorologico legato all'andamento delle correnti oceaniche atmosferiche nel pacifico che si ripete a intervalli di qualche anno e che è ricominciato

durante il 2023 dopo alcuni anni in cui invece c'era stata cosiddetta la nigna che è un fenomeno che invece provoca l'abbassamento della temperatura media.

Il nigno probabilmente durerà per tutto il 2024 e è il motivo per cui le previsioni indicano che il 2024 sarà ancora più caldo rispetto al 2023.

Altri motivi sono episodici e sono legati al fatto che si sono verificati delle coincidenze di posizionamento di sistemi atmosferici,

cioè di aree e di alta pressione che si sono concentrate sulle terre emersa invece che sulle aree marine e quindi hanno provocato un riscaldamento maggiore dato che la terra si riscalda più facilmente del mare.

Un settembre così caldo come quello che abbiamo appena avuto, che tipo di effetto ha sull'ambiente?

Gli effetti di un margine così improvvisamente più elevato sono drammatici per gli ecosistemi e per gli ambienti.

Abbiamo visto che nelle ultime settimane ci sono stati diversi segnali inquietanti sul fatto che alcune specie stanno venendo portate oltre la loro soglia di toleranza.

Per esempio l'amoria di un gran numero di delfini di fiume in un'area del basino del rio delle mazoni che era stata colpita oltre che dal caldo anche da una siccita foristagione.

Delle fioriture straordinarie di plankton che consumano l'ossigeno nelle aree marine che poi diventano aree morte perché non hanno un quantitativo di ossigeno sufficiente a sostenere diverse specie di vita.

Ma anche per esempio l'amoria degli orsi nell'isola di Hokkaido in Giappone dove l'anomalia termica ha provocado una riduzione nel numero di salmoni che risalivano i fiumi e quindi ha lasciato letteralmente morire di fame questi orsi.

E invece dal punto di vista economico quindi per l'attività umana un mese con una temperatura così più alta della media che effetto può avere.

Gli effetti più immediati sono quelli sulle coltivazioni, diciamo su coltivazioni stagionali che vengono mandate fuori fase dall'andamento anomalo della temperatura.

In Italia per esempio l'effetto più grave sarà probabilmente sul raccorto di olive che sarà inferiore del 10% rispetto alla media in alcune aree particolarmente colpite fino al 50%.

L'effetto però è su moltissime aree dell'attività economica e provoca una riduzione della produttività soprattutto per quanto riguarda i lavori all'aperto.

Molti dei quali non si possono più svolgere durante le ore di urne e devono essere spostati o rimandati.

A questo punto secondo la comunità scientifica l'obiettivo quale è? Possiamo e dobbiamo tornare indietro sull'escaldamento globale?

L'opportunità di mantenere l'obiettivo degli 1,5 gradi come priorità dell'azione nella lotta al cambiamento climatico è oggetto da tempo di un forte dibattito tra gli scienziati.

Man mano che il tempo passa e le missioni non si riducono di un quantità di o sufficiente a raggiungere questo obiettivo, ovviamente diventa sempre più difficile rispettarlo.

Secondo un conteggio, cosiddetto bilancio di carbonio, cioè la quantità di anitriede carbonica che possiamo ancora emettere prima che sia impossibile restare al di sotto gli 1,5 gradi,

attualmente si esaurirà entro tre anni, cioè nell'ottobre del 2026 avremo emesso talmente tanta anitriede carbonica che non sarà più possibile evitare questo obiettivo.

Ovviamente altri scienziati sottolineano che abbandonare questo obiettivo significerebbe mollare la presa sul cambiamento climatico in generale,

che superare questo limite nel breve termine non significa che non sia possibile poi stabilizzarci su una temperatura inferiore.

È un dibattito che andrà avanti e che assumerà sempre più importanza man mano che questa soglia si afficina.

A maggio l'Organizzazione Meteorologica Mondiale ha annunciato che attualmente c'è una possibilità del 66% che la temperatura media globale superi gli 1,5 gradi nei prossimi 5 anni,

ma probabilmente perché questa si stabilizza al di sopra di questa soglia ci vorranno almeno altri 10 anni, quindi c'è ancora un certo margine.

Grazie a Gabriele Crescente.

Grazie a voi.

Il libro della settimana ha consigliato da Chiara Nielsen Vice Direttrice di Internazionale.

Per chi crede che il contributo dell'Africa al mondo della letteratura sia marginale e per chi invece amerebbe saperne di più,

queste 8 lezioni sull'Africa, dello scrittore di origine congolese Alema Boncou, pubblicate da EO, sono un contributo prezioso.

Tenute al prestigioso Collège de France ripercorron la storia della letteratura africana di lingua francese dai suoi esordi in epoca coloniale, ai giorni nostri, passando per alcune tappe fondamentali.

Prima fra queste è la negritudine, un movimento artistico e culturale nato a Parigine di anni 30,

ispirato alla cultura afroamericana dell'Arlem Renaissance, che per primo ha rivendicato con forza l'orgoglio di essere neri e la necessità di tenere testa al discorso occidentale sull'Africa.

Nelle sue lezioni, Boncou affronta anche molte altre questioni, tra quel dibattito sulla scelta della lingua in cui scriver o l'impegno degli scrittori nei confronti ai problemi della attualità politica e sociale,

fino all'emergere del tema della migrazione e di una letteratura diasporica che parla dall'esterno del continente.

Una lettura appassionante per scoprire un mondo ricco e vitale, ancora troppo poco noto.

8 lezioni sull'Africa di Alembo Boncou, edito da E.O. Contraduzione di Lorenzo Alunni.

Buon appetito!

Buon appetito!

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Centinaia di migliaia di palestinesi sono scappati nel sud della Sriscia dopo che l’esercito israeliano ha annunciato un attacco via terra via aria e via mare.
Per un terzo dei giorni del 2023 la temperatura media globale è stata di almeno un grado e mezzo maggiore rispetto ai livelli pre industriali.

CON
Paola Caridi, giornalista e presidente di Lettera 22
Gabriele Crescente, editor di ambiente di Internazionale


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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni e Vincenzo De Simone.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.