Il Mondo: Trent’anni di Silvio Berlusconi visti dalla stampa straniera. Un nuovo patto europeo minaccia il diritto d’asilo.
Internazionale 6/13/23 - Episode Page - 26m - PDF Transcript
Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli, io sono Giulia Zoli
e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.
Oggi vi parleremo di Silvio Berlusconi e dell'accordo europeo sui migranti e poi della
coltivazione di avocado in Colombia e di una serie TV.
È martedì 13 giugno 2023.
L'Italia è il paese che amo, qui ho le mie radici e le mie speranze e i miei orizzonti.
Qui ho imparato da mio padre e dalla vita il mio mestiere di imprenditore, qui ho anche
appreso la passione per la libertà.
Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere
in un paese liberale governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato
politicamente ed economicamente fallimentare.
Era il 26 gennaio del 1994.
In un messaggio di 9 minuti inviato a tutti i telegiornali delle reti televisive nazionali,
Silvio Berlusconi annunciò il suo ingresso in politica come leader del suo nuovo partito,
Forza Italia.
Pochi mesi dopo avrebbe triunfato alle elezioni, diventando per la prima volta Presidente
del Consiglio, carica che ricoprirà altre tre volte fino alle dimissioni del novembre
2011.
Fondatori e proprietario di un imperio economico con attività in vari settori, dall'editoria
allo sport, dall'immobiliare alla finanza e alla pubblicità, più volte indagato e
processato e al centro di numerosi scandali, Berlusconi è morto ieri 86 anni all'ospedale
San Raffaello di Milano.
È stato uno dei più discussi e divisivi uomini politici degli ultimi 30 anni, spesso
criticato anche dalla stampa estera.
Ne parliamo con John Hooper, corrispondente del settimanale britannico di Economist e
Micheal Brown, corrispondente del quotidiano tedesco di Tag & Sighting.
John, nel 1994, all'epoca della discesa in campo di Berlusconi, tu lavoravi al Guardian
ed eri fresco dinomene a come corrispondente per l'Europa Medidionale.
Cosa ricordi di quell'anno?
Soprattutto lo scetticismo degli esperti, per esempio, di diplomatici a Roma, sulle
possibilità di Berlusconi di vincere le elezioni, era alla fine una sorpresa, perché
nessuno neanche dava la possibilità a Berlusconi di vincere il potere dopo di aver creato un
partito in meno di un anno utilizzando pubblicità e sostanza.
Una cosa che mi ricordo bene è che quando ho chiesto alla gente per chi voterà, all'inizio
hanno scelto un altro nome, ma quando ho chiesto, ma se questa persona non fosse candidato per
chi voterebbe, la risposta era sempre sul mio peroscone.
Michael, la vittoria di Berlusconi ha cambiato la storia d'Italia, hanno scritto in molti,
ma l'Italia in realtà era già molto cambiata anche prima del 1994, perché Berlusconi aveva
fatto una rivoluzione non liberale ma culturale con le sue TV.
Poco ma sicuro, l'anno 80, possiamo dire, non era solo lui a cambiare il paese, ma
ha dato un grande contributo con le sue TV private.
Ricordiamoci, lui controllava metà del mercato televisivo.
L'altra metà era la RAI, era la situazione del tutto unica in Europa, cioè un privato,
un monopolista della TV privata, infatti ha portato quella che molti chiamano leggerezza,
possiamo anche dire spenzi e arratezza, nel senso proprio del divertimento spesso anche
di bassa lega, se vogliamo proprio un modo di affrontare il mondo fatto da quello che
ha poi portato nel campo politico, il sole in tasca, l'ottimismo a prescindere, anche
un po' di volemo sebbene, però via i pensieri pesanti e cattivi degli anni 70, diamoci
all'ottimismo per il futuro, era questo il primo messaggio delle sue TV.
Direi anche che un punto rilevante è quello che Berlusconi non ha cambiato, perché lui
è andrato in politica promettendo agli italiani una rivoluzione liberale all'attaccia, lui
non ha mai fatto le riforme che molti consideravano necessari soprattutto dopo l'ingresso dell'Italia
nelle euro, lui è il grande responsabile del fatto che l'Italia nel 2023 è quasi così
povera come era nel 1999, una cosa che non si dice spesso agli italiani e questo un paese
che ha perso non solo una decada ma due decade di crescita economica.
John oggi tu sei il corrispondente per l'economis, un giornale molto autorevole anche fuori
da Regno Unito che negli anni d'oro di Berlusconi però l'aveva detto, prima delle elezioni
del 2001 fece una copertina passata alla storia il cui titolo era Why Silvio Berlusconi
Sunfit to lead Italy perché Berlusconi è nadatto a guidare l'Italia, copertina tra l'altro
che per la quale Berlusconi si togna in giudizio l'economist per difamazione poi perze.
Secondo me lo rincorre tra l'economist e Berlusconi è divuto soprattutto al fatto che lui era già
abituato alle accuse che venivano dalla sinistra ma che una rivista che è l'organo del capitalismo
internazionale lo attacchi in quel modo era veramente insopportabile per Berlusconi.
Michele una parte importante della storia di Berlusconi è quella che ha che fare con la
giustizia italiana, dalla corruzione al concorso estragio e le accuse e le inchieste che lo hanno
coinvolto sono tantissime. Berlusconi è inventato anche un po' uno stile di difesa?
Sì, la difesa dal processo non nel processo. Non scordiamoci che Fedele Confalonieri,
suo braccio d'essentro per quasi tutta la vita, avrebbe detto riferendosi al 90 quadro se Berlusconi
non fosse andrato in politica oggi ci troveremo in galera o dormiremo sotto i poddi. Sin dall'inizio
la giustizia è un argomento che accompagna Berlusconi durante il suo primo governo nel
90 quadro gli arriva il primo avviso di garanzia, arriveranno tanti altri. Lui è sempre voluto capovolgere
il discorso dicendo io sono perseguitato dalle togue rosse. Ha concluso tanti procedimenti solo
grazie alla prescrizione e solo grazie al fatto che ha usato il suo ruolo politico per cambiare
le leggi, per accorciare i tempi di prescrizione, per derubricare il falso di bilancio d'areato a
infrazione aminiscentrativa eccetera cioè per lui era una frontiera importantissima quella
della giustizia. John Hooper diceva prima non ha fatto le riforme la rivoluzione liberale,
sì non gli importava niente, non è neanche un liberale di stampo classico però è una
persona che sapeva sempre pensare bene alle questioni proprie e viene il sospetto che questo
era per tutti questi decenni un motivo premminente per essere entrato ed essere rimasto nel campo
politico. Mi colpisce molto che Berlusconi è morto 24 ore prima del rinvio in giudizio di Trump che
ha usato come difesa esattamente gli stessi argomenti ma anche convinto una gran parte degli
americani come Berlusconi aveva convinto una gran parte degli italiani e in questo come molti
aspetti Berlusconi è stato il pionero del populismo di destra. Un populismo mica molto diverso però da
quello di altre componenti della destra italiana come fratelli d'Italia e l'Ega che oggi sono al
governo. Senz'altro io in un articolo anni fa feci la distinzione fra il suo populismo d'Antan e
quello in voga oggi non solo in Italia ma anche quello in Germania in Francia eccetera e parlavo di
Berlusconi come quello che ha lanciato un populismo da bel tempo. C'è non era di cattivo umor, sempre
arrabbiato, sempre in cerca dell'enemico esterno, gli immigrati eccetera. Lui lanciava invece le sue
promesse mirabolanti, un milione di posti di lavoro, meno tasse per tutti, le pensioni a un
milione di lire, le pensioni minimum eccetera eccetera e via limo e piaceva questo, quel uomo
proprio sorridente che prometteva. Il populismo di oggi invece è quello che fa paura, che gioca
soprattutto sulle paure, gli immigrati e l'Europa, il nemico esterno comunque e talvolta anche il
nemico interno, i parasiti che si pappano il reddito di cittadinanza eccetera eccetera. Non era lo
stile di Berlusconi. Alla fine l'ottimismo di Berlusconi è stato la causa della sua caduta perché
quando abbiamo visto all'inizio della grande crisi della finanza mondiale nel 2008 che poi si
esterso alla crisi dell'euro Berlusconi era incapace, quasi fisicamente incapace, di parlare
della minaccia, delle cattive notizie al pubblico. Lui è rassicurato gli italiani che tutto andasse
bene, invece no, subito dopo c'è stata la caduta più brusca del bill italiano 5,2
punti percentuali se non mi sbaraglio, gli italiani si sono sentiti ingarati e questo soprattutto
molto di più di qualsiasi feste monga monga ha portato alla sua caduta politica. Gli anni di
Berlusconi sono stati anni intensi per voi corrispondenti e forse qualcuno si è anche un
po' divertito a raccontare le stranezze e i paradossi di questo paese. Scrivere dei suoi
scandali, fossero essi sessuali o politico-economici a me divertiva molto relativamente, a me preoccupava
un paese in cui poteva rimanere a Galla un protagonista, poi pure pregiudicato, ritornando
poi a Galla come se niente fosse e adesso quando sentiamo proprio le parole su Berlusconi
a mio avviso è in corso quasi una santificazione, un po' mi ricorda la morte di Andriotti,
demotuis nil nisi ben, va bene che c'è il rispetto per il difunto ci sta, però scordarci
tutto quello che è successo negli ultimi decenni mi sembra un po' un po' unroppo.
Io le ho detto al protovorce di Berlusconi che sono stato per anni in qualche modo il
suo primo tifoso perché con Berlusconi mai mancava qualcosa da scrivere, ma scherzi
a parte secondo me, da una parte Berlusconi è stato un politico di enorme successo, lui
è entrato in politica nel 94 quando è stato primo ministro nel 94 quando per esempio
Helmut Kohl e Mithrow sono stati il leader dei loro rispettivi paesi, lui è rimasto per
tutti questi anni una figura sulla scena internazionale ma dall'altra parte ha lasciato
questo lasciato tragico all'Italia, un paese che in tutti questi anni dall'ingresso
nell'Iorro quasi non ha cresciuto nulla, questo veramente è una cosa che si deve
enfatizzare e lui è stato di successo ma con conseguenze secondo me non solo economiche
tragiche per il popolo italiano. Grazie a John Hooper e grazie a voi e grazie a Mikael Brown.
Grazie a voi.
Stefano Liberti, giornalista e scrittore che collabora con Internazionale racconta il
reportage che ha scritto sull'ultimo numero.
C'è un frutto che è sempre più presente sui scaffari dei nostri supermercati e nelle nostre
cucine ed è l'avocado. L'avocado sta conoscendo in tutto l'Occidente, in Europa e anche in Italia
un aumento di consumo davvero vertiginoso, ma dove vengono gli avocati che arrivano in Italia,
per lo più dal Sud America. Io sono andato in Colombia, il paese che sta crescendo di più
in termini di produzione per capire dall'altra parte della filiera qual è l'impatto di questa
produzione di avocado che vengono poi esportati in Europa e in Italia e ho visto che c'è un
impatto abbastanza impressionante sia in termini ambientali perché viene utilizzato
un'enorme quantità di agrochimici per produrre questi avocado che poi arrivano da noi e poi anche
in termini sociali perché l'avocado è un vero e proprio oro verde che quindi suscita l'interesse
dei diversi multinazionali sudamericane ma anche nordamericane che stanno investendo
nella terra, stanno in qualche modo cambiando il tessuto sociale delle campagne, comprando le
terre, scacciando i piccoli produttori dai territori della cosiddetta cordilliera andina e
quindi stanno modificando sostanzialmente la composizione sociale di quei territori.
Questo ed altro lo trovate nel reportage, questa settimana in edicola su Internazionale con
le foto di Francesco Bellina.
La Commissaria europea degli Affari Internazionali
La Commissaria europea degli Affari Internazionali il vajo Anson commenta la visita in Tunisia
La commissaria europea degli affari interni Ilva Ioansson commenta la visita in Tunisia
della premia italiana Giorgia Meloni, che domenica ha partecipato a un vertice con il
governo tunisino insieme alla presidente della commissione europea Ursula von der Leyen
e il primo ministro l'Andese Mark Rutte.
In discussione c'erano prima di tutto gli aiuti economici alla Tunisia, ma poi si è
parlato molto anche di flussi migratori.
Questo sammite è arrivato a pochi giorni di distanza dall'accordo sul nuovo patto su
i migranti che ha stato raggiunto la settimana scorsa dai Paesi dell'Unione Europea, che
aggiorna le regole di come sono gestiti e ripartiti gli arrivi degli stranieri nel
continente.
Parliamo quindi del nuovo patto europeo e del vertice a Tunisi con Annalisa Camilli,
giornalista d'internazionale esperta di migrazioni.
L'8 giugno, all'Ussenburgo, i 27 ministri dell'interno dell'Unione Europea hanno
trovato un accordo per riformare le procedure di frontiere e la gestione dell'asilo in
Europa.
L'accordo, dopo anni di negoziati, ha riscritto le regole del famigerato regolamento
di Dublino 3, il sistema comune di asile europeo.
Allora, nello specifico quali sono le nuove regole che prenderanno il posto del regolamento
di Dublino?
Tutti gli stati dovranno partecipare alla redistribuzione dei migranti con una quota
minima di 30.000 ricollocamenti all'anno, o in alternativa potranno versare un contributo
di 20.000 euro a migrante in un fondo comune per la gestione delle frontiere esterne.
Quindi ci saranno degli stati che non prenderanno neppure un migrante, ma pagheranno per i
migranti che avrebbero dovuto prendere e non hanno preso.
Rimarrà il principio cardine, come dicevamo, di Dublino, cioè la responsabilità della
domanda di asilo, in capo sempre al primo paese di ingresso in Europa, quindi di solito
ai paesi di frontiere e ai paesi del sud.
E addirittura il periodo durante il quale lo stato ha la responsabilità dei migranti
si allungherà e passerà da 12 a 24 mesi.
E poi vengono stabilite delle procedure più omogenei, comuni a tutti i paesi dell'Unione
e viene stesa quella che viene definita a procedura di frontiera, una procedura che
è più rapida, infatti deve concludersi entro le 12 settimane dalla presentazione della domanda
e che per forza di cose, dato i tempi, è decisamente più sommaria.
Questa procedura si applicherà a tutti quelli che attraversano irregularmente le frontiere
e poi a quelli che arrivano avendo transitato in paesi terzi che vengono considerati sicuri.
Ci puoi fare qualche esempio?
Difficilmente qualcuno che ha, addiritto alla protezione internazionale, come un afgano,
per esempio in fuga dall'Afghanistan, non attraversa paesi che potrebbero essere considerati
sicuri secondo le nuove regole.
Difficilmente appunto un afgano arriva direttamente in Europa, come sappiamo, spesso i viaggi
dei richiedenti asili o dei migranti comportano l'attraversamento di diversi paesi considerati
sicuri, per esempio la Turchia.
Il governo italiano che cosa chiedeva da questo accordo europeo e cosa ha riuscito a ottenere?
L'Italia ha raccontato questo accordo come una sua vittoria perché in realtà aveva chiesto
di avere mano libera sui respingimenti e sui rimpadri, in effetti questo l'ha ottenuto,
ma non è stato intaccato il principio del paese di ingresso e quindi di fatto avrà
più richiedenti asilo per più tempo di cui occuparsi e quindi è una vittoria di pirro.
Quali sono le critiche che sono state fatte a questo accordo?
In parte viene eroso proprio il diritto d'asilo perché dei richiedenti asilo che possono aspirare
pienamente alla protezione internazionale in Europa probabilmente potrebbero essere
rimandati indietro appunto respinti in paesi derzi considerati sicuri.
In molti accusano questo patto di avere di fatto legittimato i respingimenti.
Nel frattempo domenica Giorgio Amelone è stata in Tunisia insieme alla Presidente della
Commissione europea Ursula von der Leyen e al Primo Ministro l'Andese Mark Rutte.
Il tema del vertice era un pacchetto di aiuti economici alla Tunisia da parte dell'Unione
europea ma si è parlato molto anche di migrazioni.
Che richiesta ha fatto l'Europa e come ha reagito il governo Tunisino?
La Tunisia è un paese che sta attraversando una profonda crisi economica, è un paese
che rischia il default e dall'altra parte è in questo momento il paese da cui partono
più migranti per arrivare in Europa.
La rotta Tunisina è la prima quest'anno, rotta ad ingresso in Europa.
Per questo, l'11 giugno, von der Leyen, Meloni e Rutte sono andati a Tunisi per incontrare
Syed e per promettere 150 milioni di euro subito immediatamente un accordo che dovrebbe
essere siglato intro la fine del mese per sostenere le riforme economiche richieste dal fondo
monetario internazionale.
La Tunisia è nel mezzo di questo braccio di ferro, col fondo monetario internazionale
per sbloccare un prestito da 2 miliardi di dollari.
Se questo prestito dovesse essere alla fine sbloccato, a quel punto l'Unione europea darebbe a Tunisi
altri 900 milioni di euro.
Il nodo per sbloccare questo prestito sono le riforme che l'FMI chiede a Tunisi e che
Syed rifiuta come se fossero un'intromissione, un diktat, se l'Unione europea desse questi
900 milioni, dentro a questo pacchetto ci sarebbero anche 100 milioni per la gestione
comune dell'immigrazione, sicuramente per il pattugliamento delle frontiere marittime
e terrestri, per la lotta al traffico di esseri umani, ma poi questo non è stato detto esplicitamente,
ma sappiamo che quello che viene richiesto appunto alla Tunisia è che apra dei campi
profughi in cui accetti di riprendere non solo cittadini tunisini che vengono impatriati,
ma anche cittadini non tunisini che vengono respinti appunto rimandati indietro da quella
rotta appunto tunisina dall'Italia.
Ma per esempio l'Italia potrebbe considerare la Tunisia un paese terzo sicuro in cui rimandare
cittadini anche transitati dalla Tunisia?
Sì questo è proprio un caso che ci aiuta a capire il concetto di paese terzo sicuro
di transito, nonostante la Tunisia non riconosca appunto la convenzione di genevra sui rifugiati,
nonostante sia oggi un paese in cui gli stranieri sono attaccati, c'hanno andato a taxenofobba
contro i subsariani, contro i neri, il governo ha dei tratti sempre più autoritari, nonostante
questo l'Italia potrebbe considerare la Tunisia un paese terzo sicuro di transito e quindi
rimandare indietro anche cittadini di altre nazionalità, quindi per esempio migranti
subsariani o provenienti dall'Africa occidentale, che quindi si ritroverebbero in un paese che
non è il loro paese di origine e sarebbero respinti appunto in Tunisia, ma per il momento
Caissa Sayed ha detto che non accetterà l'apertura di questi campi profugi che anzi ha definito
di sumani e inaccettabili.
Grazie da Annalisa Camilli.
Grazie a voi.
La serie TV della settimana consigliata da Valentina Pigmei, giornalista e consulente
dittoriale che collabora con Internazionale.
L'Isola e il Maestro è una serie tv greca, ideata e interpretata da Cristoforos Papacaliatis.
È una storia semplice.
Durante la pandemia un Maestro di Musica arriva su un'Isola per all'estiro un festival
musicale estivo, cui però finisce specia per essere coinvolto nelle varie storie degli
abitanti della piccola isola, che pur sembrando un paradiso nasconde in realtà molto pericoli.
Si tratta di un curioso mix di generi, un pa romance, un pa crime e un pa saga familiare, con
l'ambizione di toccare temi delicati come la violenza domestica e l'homofobia, che in Grecia
ma, direi anche in Italia, sono questioni cruciali e poco trattate.
La serie, che in Grecia è stata un enorme successo, è interamente girata su una delle più belle
isole della Grecia Ionica, Paxos, l'isola sullo schermo è di una bellezza incommensurabile,
un luogo incantato, dalla vegetazione lussureggiante, ricca di tradizioni antiche come la passione
per la musica classica e popolare.
Gli attori sono bravi, a volte alcuni passaggi sono un po' stucchevoli, ma se amate la Grecia
dovete guardarla senza progiudizi, con i sottotitoli possibilmente.
L'isola è il maestro disponibile su Netflix.
Sottotitoli a cura di Sottotitoli
www.sottotitoli.com
Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.
John Hooper, corrispondente in Italia dell’Economist, e Michael Braun, corrispondente della Tageszeitung, ripercorrono la carriera politica di Silvio Berlusconi. Le nuove regole prenderanno il posto del regolamento di Dublino e introducono delle quote obbligatorie per il ricollocamento dei migranti.
Michael Braun, corrispondente della Tageszeitung
John Hooper, corrispondente dell’Economist
Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale
Video Berlusconi: https://www.rainews.it/video/2023/04/la-discesa-in-campo-di-silvio-berlusconi-nel-19[…]a--il-paese-che-amo-06733a01-bf48-41ad-8862-52c666b806f9.html
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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.