Il Mondo: Serve ancora l’esame di maturità? In Colombia la pace è più vicina.

Internazionale Internazionale 6/23/23 - Episode Page - 26m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi Marcelli e questo

è il mondo del podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo dell'esame di maturità e di come si vive in Colombia e poi di un

video di Le Monde e di un film.

È venerdì 23 giugno 2023.

Come è andata?

È passata, il che è già un ottimo risultato.

Io sono contento di quello che ho scritto.

Ho deciso di esprimere un po' più il mio pensiero su quello che penso della scuola.

Erano abbordabili secondo me, soprattutto quelle di cultura generale.

Proste prova, domani inglese, dovrebbe andare bene, quella sono abbastanza bravi in inglese,

spero anche l'orale e andrà come andrà.

Il 21 giugno sono cominciati gli esami di maturità per 536.000 studenti.

La prima prova è stata quella di italiano, comune a tutti gli istituti, e poi ci sarà

una seconda prova, che quest'anno sarà latino per il riceo classico e matematica per il

riceo scientifico.

Mentre per gli istituti tecnici del settore economico, la seconda materia sarà economia

aziendale oppure progettazione e costruzione impianti a seconda del tipo di indirizzo.

Parliamo degli esami di maturità con Cristian Raimo, insegnante e giornalista e scrittore,

che nel 2022 è pubblicato l'ultima ora, Scuola, Democrazia e Autopia, per Ponte Alegrazie.

Il 21 giugno abbiamo fatto la prima prova dell'esame di stato.

Quest'esame di stato è la prova scritta e italiano, ed è stata una prova abbastanza

deludente sia noi docenti, che gli studenti si aspettavano di meglio da queste tracce,

potrebbe essere molto di meglio, negli anni passati c'era stato un po' un buon esito

di quella che è la riforma che è stata fatta dalla commissione serianni della prova di italiano,

e invece sono uscite delle tracce che non sono piaciute quasi a nessuno, le due tracce,

la traccia, la tipologia dell'analisi del testo riguardava una poesia di quasi modembrano

dagli indifferenti Moravia, la traccia B argomentativa aveva tre brani, uno era tratto

da Shabbo, non l'ha fatta praticamente nessuno, dall'idea in azione di Shabbo, un'altra ci

si è avventurato qualcuno sull'intervista della storia di Oriana Fallaci, e poi c'era

soprattutto, diciamo, l'ultima traccia, la settima traccia, la tipologia C, bisognava

commentare di fatto un articolo di Marco Belfoliti che faceva un po' l'elogio dell'attesa

nell'era della simultanità di Whatsapp, delle tracce un po' banali e un po' complicate e forse

non gradite da molti. Parliamo proprio di queste tracce, questo è il primo esame di maturità

da quando è entrato in carica il governo Meloni, cosa ci dice la scelta dei tramitrattati?

La scelta dei tramitrattati ci dice un po' veramente il progetto pedagogico di questo

governo purtroppo, che si vede non soltanto in contro luce ma in modo plateale, da le

sette tracce, la più, diciamo, sgradevole la sesta traccia, che è quella addirittura

in cui agli studenti viene chiesto di commentare una lettra indirizzata dall'ex ministro

Bianchi, che chiaramente indica come nel progetto pedagogico di questo ministero, di questo

governo a partire dalla ridefinizione del ministero, come ministero dell'istruzione

del merito, c'è un intento di rifondazione propagandistico e addirittura di polemica

politica portata nelle tracce dell'esame di Stato. Questo è stato, come dire, non soltanto

trascurata questa traccia ma è stata addirittura pesantemente rifiutata agli studenti.

Nelle altre tracce si vede il ritorno del tema retorico. Il tema retorico è il tema

che si faceva fino a metà al novecento, insomma anche fino al novecento, cioè l'idea che

bisognasse con parole aoli, con argomentazioni, il più possibile ampollose, ripetere una

tesi ideale che veniva esposta in quello che ci venia chiesto nella traccia. Quindi

la democrazia è molto bella, aiutare gli altri perché no. E un po' i brani scelti

e anche soprattutto le domande che accompagnavano questi brani scelti, per esempio, appunto

una nazione che apra l'umanità, la quasi-imodo con una bruttissima poesia che raccontava

lo scon certo di fronte alla tecnologia. Ma anche il tema portante italianista come

bel politico, che raccontava invece semplicemente l'importanza dell'attesa nella società

velocissima di WhatsApp, davano agli studenti un po' il calcio per dire, ma sì, quanto

sono stati importanti nei tempi andati che non ci sono più? Erano delle tracce quasi

tutte un po' anti-moderni e questo rispecchia molto, come dire, la prospettiva politica

e soprattutto educativa di questo governo. Quindi molta retorica, molto passatismo,

propaganda di basso livello, tanto ecchiume, un po' l'odio nei confronti dei giovani di

questo governo e insomma si sente in tante cose diverse che fa.

Al di là di queste tracce che molte persone come te hanno trovato deludenti, tu pensi

che l'esame di maturità, l'esame di stato così come è pensato oggi svolga ancora bene

la sua funzione.

Dipende cosa intendiamo che cosa può fare un esame di stato. Io penso che la scuola

italiana in questo momento attraverso una grande crisi non è sempre stato così, è vero

che la scuola è sempre in crisi, ma in questo momento la scuola ha una doppia crisi, una

crisi di autorevolezza quindi effettivamente c'è una classe docente perché nella scuola

è finanziata, perché appunto il corpo docenti ha perso molto ruolo ma perché ha perso soprattutto

soldi.

Dall'altra parte è anche una crisi dei saperi, cioè perché si studia oggi per andare all'università,

perché mi obbliga la famiglia, per il piacere della conoscenza, quindi queste due crisi oggi

si vedono nella scuola italiana e queste due crisi si riverberano anche sul senso di

un esame di stato.

Se noi pensiamo che noi possiamo fare i riti di passaggio, quindi anche l'esame di stato,

riti di passaggio, una serità senza però fare i passaggi, cioè senza costruire intorno

quell'importante liturgia educativa delle scuole superiori in cui si esalta soprattutto

l'aspetto della relazione educativa e non semplicemente l'aspetto della verifica come

se non ci prepariamo a un rito di passaggio, quindi tenerlo o non tenerlo può essere la

stessa cosa.

Spesso si parla di scuola soltanto appunto quando ci sono degli eventi eccezionali che

possono essere gli esami di maturuiti al primo giorno di scuola o l'accoltellamento

della professoressa o il crollo di un edificio scolastico, insomma, mentre ci sono delle

grandi trasformazioni che attraverso oggi la scuola che sono totalmente ignorate dal

giornalismo dei midi, eccetera.

Parlando di come la scuola possa ancora evolversi e migliorarsi, nell'ultimo anno i giornali

questo sì l'hanno raccontato, si sono moltiplicati in italia i casi di scuole che scelgono di

non utilizzare i voti numerici, tu hai scritto anche un articolo per internazionale a riguardo

sulla idea di voti e valutazione, secondo te questo approccio è utile e potrebbe avere

successo in Italia?

Non secondo me, secondo per fortuna una letteratura scientifica che è sempre più numerosa,

chi si occupa di docimologia, che sarebbe la scienza della valutazione, negli ultimi

anni lavora chiaramente molto a livello sperimentale, chiunque fa una ricerca sulla scuola chiaramente

è una ricerca che deve avere dati presi da sperimentazioni fatte in classe o con gruppi

di studenti e si è visto che anche sul lungo periodo oggi abbiamo appunto studi che hanno

dati raccolti in delle fasi temporalmente abbastanza lunghe, si è visto che effettivamente

la valutazione potrebbe essere molto trasformata, come dice il libro uscito da poco per Franco

Angeli di Cristiano Corsini, cioè farla diventare veramente una valutazione che educa, cioè

non mettere la valutazione alla fine quasi come corpo estraneo di un processo educativo

che prescinde da valutazione, ma mettere la valutazione al centro a metà del processo

educativo, quindi pensare che a partire da una progressiva consapevolezza che docenti e

studenti hanno insieme delle capacità di progredire nello studio, nei metodi, nelle

competenze eccetera eccetera noi poi possiamo darci altri obiettivi. Il voto numerico chiaramente

sembra sintetizzare questo processo e invece opacizza nasconde tutto quello che è la grande

complessità di una relazione educativa che sta anche nella valutazione, più per me

chiara, studenti, quella valutazione, più io avrò un'autonomia nel capire come migliorare

il mio metodo di studio e le mie competenze.

Parliamo poi in particolare della bocciatura, visto che questo è anche un periodo di promozione

e di quadri. In Italia è ancora utilizzata spesso la bocciatura nelle scuole?

Abbiamo dei dati chiaramente ox del 2019, abbiamo dei dati sulle bocciature che sono

due anni della pandemia e che quindi sono dati un po' modificati, dovremmo vedere lì

dati di quest'anno. Dalle prime rilevazioni a campione ti direi di sì molto e ti direi

di sì rispetto a altri paesi europei, ti direi di sì anche rispetto alle tendenze degli

ultimi anni e quindi quando si dice che in Italia si boccia poco è perché non si conosce

qual è la verità. Si boccia soprattutto al bianno delle superiori, si continua a bocciare

addirittura alle medie, nonostante appunto oggi alle medie si possa promuovere per profitto

anche se siano delle lacune molto grossi in alcune materie, ma per esempio si bocciano

gli studenti che per una serie di ragioni accumulano molte assenze, che la mettevole

molte assenze non è che sono delle assenze capricciose ma sono assenze che mostrano

un percorso difficile del ragazzo, della ragazza. Quindi si boccia sì tanto. La domanda su servono

ancora le bocciature a una risposta semplice ed è no, ma non lo dico io che sono appunto

una visione democratica molto radicale della scuola, quindi penso che a partire da più

grandi pedagogisti democratici, da Dommilani a Brunocciari per arrivare a Belux, a Myrié,

a Biesta oggi le bocciature non servono, ma anche diciamo quelli che ragionano sulla scuola

in termini di progressismo più liberali, ne ragiona in modo molto accurato Mauro Piras,

che è un preside fiorentino, ha scritto un paio di saggi su questo tema che per le

parole e le cose e mostra la luce anche qui di dati, di sperimentazione, di lunghe osservazioni

come bocciare in realtà non serve, non serve allo studente, non serve alla scuola, mentre

servirebbe semplicemente la possibilità di ripensare i cicli e di progredire in alcune

materie e invece restare con dei debiti in altra, questo bisognerebbe ripensare anche

le classi, perché noi oggi pensiamo che la classe è un corpo stabile unico dall'inizio

alla fine di quel ciclo, mentre potrebbe aver esserci un corpo classe più unito e più

stabile, poi ci potrebbero essere invece delle materie che si fanno in altre classi,

quindi potrei arrivare alla maturità che sono promosso o dei buoni voti in sette materie

e invece non ho finito fino alla quinta, nel altro materiale, questo comunque mi darebbe

la possibilità di essere promosso senza perdere dell'intero anno e dover ripetere anche quelle

materie su cui invece io riesco a muovermi meglio.

Grazie Christianaimo.

Grazie a voi.

Buonissami di stato.

Buona maturità insomma a tutti gli studenti e tutti i docenti.

Giulia Testa, editor dei video di Internazionale, racconta un video pubblicato sul sito.

Si parla molto dei rischi di disinformazione e manipolazione legate all'intelligenza artificiale.

I software come chat gpt e mid-journey infatti producono testi immagini sempre più realistici.

Ma un video di Le Monde che abbiamo pubblicato sul nostro sito spiega che ci sono ancora

una serie di problemi tecnici che ne tradiscono l'origine non umana.

Per esempio, quando generano un'immagine, questi programmi non riescono a riprodurre

correttamente alcune parti del corpo, come i denti, le gambe e le braccia.

A volte sono troppo numerosi, altre sono in posizioni naturali.

Il video si sofferma in particolare sulle mani e spiega motivi tecnici per i quali

l'intelligenza artificiale crea immagini di mani deformate o con troppedita.

Tra le tantissime immagini che scorrono nel video c'è anche quella ormai famosa del papa

con il piu minu.

Avete provato a guardare bene la sua mano destra?

Asi che hai che proteggere il corazon che este firma destos acuerdos parciales

hoy che los llevan a ustedes a un cese al fuego a un punto che nunca vi han

experimentado en los dialogos a un cese al fuego que sigue con una promesa

del 25 de mayo e en mayo del 2025 cessa definitivamente la guerra de décadas

entre l'ELN e il Stato de Colombia.

In questo discorso pronunciato al termine di una cerimonia alavana il 9 giugno,

il presidente colombiano Gustavo Petro ha annunciato un accordo per un cessato

il fuoco di sei mesi con la guerriglia dell'ELN, l'Esercito di Liberazione Nazionale,

la maggior organizzazione guerrigliera della Colombia dopo il disarmo delle FARC.

Un passo importante verso la cosiddetta pace totale,

la politica di pacificazione con i gruppi armati e criminali superstiti

promessa in campagna elettorale da Petro, il primo presidente di sinistra della storia del paese.

Ne parliamo con Simone Bruno, corrispondente di Franz van Cater che vive a Bogotà

e colabora con Internazionale.

È un accordo che è molto importante perché l'ELN c'è l'Esercito di Liberazione Nazionale

a differenza delle FARC è una struttura che è meno piramidale.

Esiste più o meno dallo stesso periodo in cui erano nati le FARC, quindi negli anni sessanta,

e per la prima volta è arrivata a firmare un accordo di cessato il fuoco con un governo.

Nonostante che ci siano stati negoziati, diciamo, differenti formi negoziati

durante vari periodi presidenziali nell'arco di questi anni,

è una struttura meno piramidale dove si cercano di lavorare molto di più

con il consenso piuttosto che con le decisioni prese dall'alto

e quindi raggiungere un accordo di questo tipo finora non era mai stato possibile.

Ovviamente la cosa è stata aiutata dal fatto che Petro stesso è stato guerrillero

quando era giovane e partecipava in un'altra guerrilla,

una guerrilla molto differente di tipo urbano che si chiamava l'M19,

però ovviamente il suo passato ha fatto sì che questa volta i negoziati

siano potuti arrivare per lo meno fino a questo punto,

poi non sappiamo cosa succederà,

ma questo fa sì che sia veramente una cosa storica nel Paese.

È un passo che avvicina la Colombia verso questo concetto della pace totale del Presidente Petro

perché contemporaneamente sta cercando di costruire un negoziato

con il più grande gruppo di ex paramilitari che il clan del Golfo

e con altri gruppi criminali che sono presenti nel territorio,

inclusive le varie disidenze che sono nate quando la FARC ha lasciato le armi.

Cosa prevede l'accordo?

Dunque l'accordo prevede che per sei mesi non ci saranno confrontazioni armate

fra l'esercito e l'LN.

Questa cosa si espande su tutto il territorio,

però non include altri aspetti che hanno a che vedere con sequestro

e altri tipi di attività che svolge l'LN,

che saranno parte di accordi che verranno più in là.

Tutti sei occupato recentemente di uno scandalo che risale

a uno dei periodi più occupi della guerra civile.

Di cosa si tratta?

Dunque è uno scandalo che ha preso il nome di Falzospositivos.

Questo nome viene dalla definizione che hanno dato i giornalisti

quando diciamo è emerzo il fenomeno.

Falzopositivo perché nella terminologia militare

il positivo è quando i militari riuscivano a uccidere un nemico.

Questi casi invece sono Falzospositivos perché erano messe in scena

e non c'era stato realmente un combattimento.

Praticamente si tratta a questo punto di 6.402 casi,

questo secondo il tribunale speciale del post-conflitto

che è stato creato dopo l'accordo di Pascio del 2016 con le FARC.

Anche se nei corridoi della HEP, questo è il nome del tribunale,

è l'acustizia espese al Paralapas, HEP.

Si parla di più di 10.000 casi.

10.000 casi, che vuol dire, 10.000 civili che sono stati portati via

dalle loro case, trasportati in zone di conflitto,

questo ha tratti con un'offerta di lavoro falsa.

Una volta arrivati lì, sono stati consegnati all'esercito

che le ha obbligati a vestirsi da guerrieri,

dopodiché le ha uccisi e costruito una scena

dove questi corpi venivano presentati come, appunto, guerrieri uccisi in combattimento.

Questo scandalo esploso nel 2008, praticamente il 28 di maggio del 2008,

il presidente ha riconosciuto pubblicamente che questo fatto stava avvenendo.

C'erano ormai delle denunce, l'ufficio dell'ONU dei diritti umani

era presente molto attento rispetto a questi casi in Colombia.

Il presidente Uribe all'epoca, questo scandalo,

copre praticamente quasi tutte le due presidenze di Uribe dal 2002 al 2008,

cacciando via alcuni militari per la prima volta nella storia colombiana

di livello molto alto, tre generali e vari colonnelli

in una conferenza stampa indiretta alle 6 di mattina,

praticamente riconobbe che il fatto stava accadendo.

Ma cosa serviva questa messia in scena?

Dunque, in quegli anni la Colombia stava ricevendo un importante aiuto militare da parte degli Stati Uniti.

Erano moltissimi soldi che venivano sotto la forma di un piano di aiuto militare

che si chiamava Plan Colombia.

Lo stato colombiano, quindi, sentiva la necessità di presentare dei risultati.

Lo stesso Uribe aveva promesso durante la campagna elettrale

che avrebbe sconfitto definitivamente la guerrilla.

Quindi, lui esercitava una pressione fortissima sui soldati, sui militari,

per ottenere dei risultati.

I soldati erano guidati all'epoca dal general Montoya,

il quale aveva trasformato questa richiesta di risultati in una richiesta di corpi.

Lui parlava di secchi di sangue, lui voleva litri e secchi di sangue

e questa pressione era esercitata tutti i giorni

su tutti i soldati dell'esercito colombiano.

Quindi, cominciarono a nascere questi tipi di casi

che poi divennero la maggioranza.

Io ho parlato con vari militari che mi dicevano

una volta che abbiamo cominciato, noi ci chiedevamo

ma perché adesso io devo andare a combattere sul serio

quando posso prendere un poveraccio per strada

e ammazzarlo e non rischiare la vita.

E quindi, la cosa esplose e arrivo a questi livelli.

Poi, in un conflitto che era ormai degenerato da tantissimi anni

e in un paese dove il valore della vita era sempre più bassa

e quando dico valore della vita però,

mi riferisco sempre alla vita dei poveri, no?

Perché c'è una grande differenza in Colombia

fra il morto di una zona rurale,

vicina a una zona di conflitto abbandonata dallo Stato

oppure un cittadino ricco che bevono una parte ricca, per esempio, di Bogotà.

Dall'ora, molte cose sono cambiate in Colombia.

Tu vivi lì a Bogotà da vent'anni e hai assistito a una parte di questi cambiamenti.

La pace oggi è più vicina, ma la violenza non è ancora finita.

Ma dove si svolge oggi il conflitto?

Dov'è questa violenza?

Un grande cambiamento nel conflitto colombiano è successo dopo la morte di Paolo Escobar.

Paolo Escobar aveva portato il conflitto,

anche se non esattamente il conflitto con la guerrilla,

ma comunque il conflitto interno colombiano dentro le città.

Una volta che viene ucciso Paolo Escobar,

lentamente il conflitto si comincia a spostare sempre più lontano

dei grandi centri abitati.

Io sono arrivato in Colombia nel 2003

e ho capito subito, anzi mi sono sorpreso,

subito dal fatto che fosse possibile vivere a Bogotà,

ma anche a Myrigino, oppure nei posti turistici come Cartagena,

ignorando completamente il conflitto armato.

C'era una intera generazione che stava crescendo,

che il conflitto armato lo ascoltava le notizie al telegiornale,

ma lo vivevo più o meno come se fosse la guerra in Iraq.

Un concetto completamente lontano, qualcosa che succedeva,

non comprendevano neanche bene perché stesse succedende,

quasi non riuscivano a razionalizzare il fatto che fosse

lo stesso paese dove loro vivevano.

Questo perché la Colombia è un paese talmente grande,

immaginare che è praticamente un po' più piccolo della somma dell'Italia,

più la Francia e più la Spagna.

Con una geografia molto complessa,

è attraversato da tre cordiliere delle ande.

Ovviamente le infrastrutture sono quelle che sono,

non sono simili a quelle europee,

quindi è un paese completamente rotto,

è più facile muoversi da una città all'altra in aereo

che andare su queste strade che sono sempre in condizioni pessime.

Il fatto di vivere in queste bolle dentro le città

e poi spostarsi magari in vacanza al mare

faceva sì che è praticamente un paese rotto,

dove lo Stato non arrivava praticamente nelle zone rurali

e in queste zone rurali è dove c'erano le coltivazioni di coca,

i gruppi armati della guerrilia, dei paramilitari,

l'esercito faceva quello che voleva, eccetera.

E oggi rispetto a quando tu sei arrivato in Colombia,

quali sono le speranze per la pace?

Dunque, da una parte dal 2016 c'è stato questo accordo di pace

firmato il presidente Santos dell'epoca,

poi ha voluto fare un referendum chiedendo ai colombiani

se erano d'accordo con la fine della guerra.

E colombiani hanno detto di no.

Era l'epoca della Brexit, eccetera,

l'arrivo delle reti sociali, eccetera.

Io ho visto la società cambiare,

ci sono stare delle enormi manifestazioni,

io sono rimasto sorpreso,

non avevo mai visto manifestazioni così grandi

in favore di qualcosa di politico come la pace in Colombia.

E da lì è stata, la società è cresciuta,

fino ad arrivare a deleggere per la prima volta,

dopo 200 anni, un governo di sinistra.

Adesso le prospettive sono quelle che si potrà probabilmente

mettere fine ad alcuni conflitti armati che esistono in Colombia,

magari con le distidenze delle FARC, con LN,

con il gruppo del Grand del Golfo.

Ma se non si fa qualcosa per cambiare la politica antidroga,

che evidentemente non è decisa a bogotà,

dopo poco ci saranno nuovamente altri gruppi che arriveranno

e che, vista la situazione geografica, politica e militare del Paese,

cominceranno a coltivare coca

e dopo pochi anni la situazione sarà di nuovo simile adesso.

Grazie a Simone Bruno.

Grazie a voi.

Il film della settimana è consigliato da Anna Frankin,

giornalista di Internazionale.

Avete mai notato quanto i gessi della lingua dei sceni

ricordino i movimenti di una danza?

È quello che invita a fare la regista Franco Algerina

Mounyame Dur, nel suo ultimo film, Curia.

La protagonista è una giovane ballerina che, dopo un'aggressione,

non è più un grado di dansare, ma anche di parlare.

Durante la riabilitazione conosce alcune donne,

che come lei hanno in qualche modo subito dei traumi,

e non riescono a comunicare con il mondo esterno.

Quelle donne diventano sue amiche

e l'aiutano a trovare un nuovo modo di esprimersi con il corpo.

In un'intervista, la regista spiega che con il film

voleva parlare di isolamento, solitudine, disabilità,

ma soprattutto di ricostruzione,

pensando a Curia, che alla fine diventerà più forte,

e all'Algeria, che è un paese con molte ferite,

ma ancora in piedi.

Curia, di Mounyame Dur, e nelle sale.

Dalla redazione di internazionale, per oggi è tutto.

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Il 21 giugno sono cominciati gli esami di stato per 536mila studenti e le tracce della prova d’italiano hanno suscitato molte perplessità. Il 9 giugno il governo colombiano di Gustavo Petro e la guerriglia dell’Esercito di liberazione nazionale hanno siglato un accordo per un cessate il fuoco di sei mesi.

Christian Raimo, giornalista e scrittore

Simone Bruno, giornalista che vive a Bogotá

Video maturità: https://tg24.sky.it/cronaca/2023/06/21/maturita-2023-tracce-prima-prova-diretta
Video Colombia: https://www.youtube.com/watch?v=b6icAeclB0g

Documentario di Simone Bruno sui falsos positivos: https://www.aljazeera.com/program/fault-lines/2023/6/21/the-confession-a-colombian-colonel-faces-his-victims

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.