Il Mondo: Nuova Zelanda, Scozia, Moldova, Finlandia: i maschi tornano al potere. Dalla parte delle drag queen.
Internazionale 4/7/23 - Episode Page - 27m - PDF Transcript
Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli, io sono Giulia Zoli e questo
è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.
Oggi vi parleremo di Donnel Comando nel mondo e di una legge contro le DRAQUIN e poi di
un articolo di Internazionale e di un film.
È venerdì 7 aprile 2023.
Si può essere ansiose, gentili e vulnerabili, si può essere
al comando come sono stata io, ha detto l'ex-prima ministra neozelandese Jacinda Ardern nel suo
discorso con cui si è congedata dal Parlamento il 5 aprile.
Ardern si era dimessa sorpresa lo scorso gennaio, dopo di lei a febbraio si è dimessa
Nicola Stagion, prima ministra scozzese per più di 8 anni.
Poi è toccato alla Moldava Natalia Gavriliza che ha guidato il suo paese per un anno e mezzo
e domenica scorsa la Premier Finlandese Sanna Marin è stata sconfitta alle elezioni politiche
nel suo paese, dopo essere stata la più giovane Premier del mondo.
Negli ultimi anni c'è stato un aumento progressivo della rappresentanza femminile
a livello globale, ma nel 2023 in pochi mesi il mondo ha perso 4 leader di spicco, 3 erano
leader europee e tutte e 4 saranno sostituite da uomini.
Ne parliamo con Barbara Leda Kenney, esperta di politiche di genere della fondazione Jacomo
Brodolini, coordinatrice di ingenere.it e collaboratrice di internazionale.
Questo 2023 si apre con una serie di missioni o di elezioni perse per cui i danni che avevano
raggiunto dei posti di potere sono uscite fuori dalla mappa dei leader nazionali.
Certo, stiamo parlando di un numero esiguo di persone e un numero ancora più esiguo
di donne per cui siamo passati da 16 leader a 12 leader donne in tutto il mondo.
Negli ultimi 40 anni la presenza delle donne nel Parlamento europeo è più che raddoppiata.
Abbiamo un'avanzata delle donne sia come candidate che poi in posizioni di rappresentanza e
oggi siamo più o meno al 36% di donne nel Parlamento europeo.
Però se questo dato ci parla di una buona salute, in un certo senso delle democrazie
e di una migliore salute, va un po' associato invece a un dato che ci racconta come queste
donne quando diventano pubbliche vengono invece esposte a forme di violenza molto forti.
Per cui uno studio ha realizzato al Consiglio d'Europa su 45 paesi membri del Consiglio
d'Europa ci dice che due donne su tre hanno ricevuto attacchi sessisti sui social network
e quasi la metà ha ricevuto minacce di morte o di stupro o violenza fisica.
Inoltre c'è un rischio fortissimo non solo di violenza psicologica durante i loro mandati
ma anche una forte esposizione alla violenza digitale quindi essere vittime di discorsi o attacchi
d'odio sui social network e questo carico aumenta di più se le donne di cui stiamo
parlando sono donne razzializzate o appartenenti alla comunità LGBT cuppio.
Tutte queste leader si sono dimesse o nel caso di Marina hanno perso una elezione in una fase
di crescente militarizzazione in tutto il mondo che è cominciata dopo l'invasione russa dell'Ucraina.
È un caso?
Ci sono diverse pensatrici femministe che raccontano come le guerre siano momenti in cui
i ruoli di genere vengono richiamati a un ordine patriarcale tradizionale.
Susan Falludi ha scritto un bel libro dopo l'11 settembre che in italiano è stato tradotto come
il sesso del terrore in cui racconta proprio come il post 11 settembre sia stato un momento
di ripristino dell'ordine dell'uomo coraggioso e della madre che protegge la casa e questo lo
vediamo ogni volta che c'è uno shock economico e sociale, lo abbiamo visto anche con covid,
lo vediamo nelle famiglie quando c'è uno shock economico come per esempio che uno dei due è
per del lavoro, questi sono momenti in cui vediamo un'impennata della violenza contro le donne da una
parte e del bilanciamento ulteriore del carico di cura dall'altro.
Ma le guerre, gli shock economici e gli shock sociali sono anche un modo in cui viene priorizzata
l'agenda quando c'è qualcosa di così ingombrante nel piano anche della narrazione collettiva,
tutte le istanze che riguardano i diritti vengono messe in secondo ordine, come per dire c'è una
guerra, vuoi preoccuparti adesso delle pari opportunità per le donne. Quando invece al comando ci
sono le donne quali sono le politiche che crescono? Io qui vorrei fare un distinguo nel senso che ci sono
leader donne e leader femministe e forse questo è quello che distingue le loro agende perché
abbiamo visto anche come le donne che rompono il soffitto di Cristallo molto spesso l'hanno
fatto rappresentando il potere maschile conservatore e promuovendo una divisione tradizionale dei
ruoli, come a dire il femminismo gli ha dato la possibilità di avere potere ma poi questo potere
viene usato contro il femminismo quindi direi che l'agende politica e cambiano a seconda che
parliamo di donne leader o di femministe leader e il modello di famiglia di ruoli di genere intorno
a cui le leader femministe ragionano la loro agenda non è quello patriarcale che considera le donne
in primo luogo come fornitrici, il lavoro domestico e di cura gratuito, sono agende che potenziano i
servizi sociali, le infrastrutture sociali promuovono nuove forme di abitare dove spazi e cure
siano condivise per esempio in Norvegia dove il femminismo istituzionale è avanzato c'è uno
studio che ha trovato una correlazione tra donne alla guida dei comuni e servizi per la prima
infanzia possiamo dire che un'agenda femminista quindi è un'agenda per la vita quotidiana
attenta anche alla riproduzione sociale e non solo alla produzione, non si può generalizzare e
spesso le dimissioni di queste donne hanno coinciso con delle crisi politiche ma le cose che hanno
detto al momento delle loro dimissioni si somigliano, Ardern ha detto che non aveva più abbastanza
energie per svolgere il suo lavoro e che voleva dedicarsi alla famiglia, Gavriliza ha dichiarato
è arrivato il momento, Sargeon più o meno lo stesso ha detto bisogna capire quando è il momento
di lasciare il posto a qualcun altro, come interpreti questo atteggiamento? Non è che si
rischia di alimentare lo stereotipo della donna debole che non è in controllo? Spero che possa
abbattere lo stereotipo dell'uomo forte più che alimentare quello della donna debole, nel senso
che intanto la democrazia richiede proprio che ci sia una dimensione temporale del potere quindi
a mettere quando si è raggiunto il limite delle proprie energie nell'esercizio di questo potere
mi sembra un atto di grande onesta ma anche un modo di mettere davanti il bene comune rispetto
alla propria posizione individuale, riconoscere la fatica e riconoscersi come vulnerabili forse è
qualcosa a cui non siamo abituati ma che segna un cambiamento positivo. Credo che tutto questo
denoti che sono donne che non pensano di essere le uniche in grado mentre invece noi siamo molto
abituati a queste narrazioni di uomini che salvano, che sono dei salvatori e in quanto tali sono
insostituibili. L'ultima cosa è che nel riconoscere che altre persone potrebbero agire quel ruolo
riconoscono anche di non essere sole e quindi riconoscono le competenze delle altre persone che
hanno intorno, questa a me sembra una nuova forma di narrazione. Questo però ci parla anche del
bisogno di cambiare in maniera strutturale il potere e la rappresentanza finché le donne ma
anche per esempio esponenti della comunità le GBTQ più saranno un'eccezione nella rappresentanza
dovranno confrontarsi con una fatica maggiore nel loro lavoro. Nel suo discorso da dimissionaria
Cassin Tardern ha detto sono stati cinque anni molto impegnativi della mia vita, ho dovuto
affrontare una crisi dell'abitare, la povertà infantile, il cambiamento climatico ma anche
terrorismo interno, un disastro naturale, una pandemia globale, una crisi economica,
chiunque avrebbe fatto fatica ma forse dobbiamo anche dire che proprio per le passioni che subiscono
il modo in cui vengono giudicate le donne fanno più fatica, intanto perché vengono giudicate
sempre prima come donne e poi per quello che fanno. E ce lo dice un po' anche questa nostra
conversazione, siamo indagando tutti i motivi per cui queste donne si sono dimesso la fatica e
possono aver provato ma non sappiamo quanti leader uomini si dimettono ogni giorno nel mondo perché
non reggono più il carico perché si sentono stanchi o perché vogliono passare il testimone.
L'ex-premier finlandese Santa Marina era molto popolare e apprezzata come figura pubblica,
non solo nel suo paese ma anche all'estero. Eppure non è sfuggita un certo modo di raccontare le
donne che fanno politica o che hanno roli di responsabilità anche fuori dalla politica.
Su questo terreno non è cambiato nulla? Su questo terreno non cambia nulla e devo dire che secondo
me quella distinzione tra donne leader e femministe leader pieni meno nel senso che tu sia di destra
o di sinistra, progressista o conservatrice, i media ti tratteranno allo stesso modo e la
narrazione che verrà fatta di te è una narrazione che in qualche modo sminuisce la tua autorevolezza
e la tua autorità prendendo in esame tutta una serie di elementi che non hanno niente a che fare
con il ruolo che ricopri e così che ci ritroviamo con articoli sul cambio di scarpe di meloni i
completi di Maria Elena Boschi, il modo in cui si veste elish line e questi articoli non sono
completati da altrettanti articoli sull'oro operato, sull'oro pensiero, sulle loro idee.
Cioè un'attenzione che diventa quasi morbosa quando sono le donne oppure gli stessi elementi che
non ledono l'autorevolezza di un uomo per cui se Obama balla questo non è un problema per
nessuno anzi diventa ancora più fico, se balla San Amarin bisogna fare una alzata di scudi
internazionale per dire che tutte balliamo, tutte ci divertiamo e che anche una premier può ridere
perché altrimenti viene considerata meno autorevole perché l'unica autorevolezza che siamo
disposti a concedere alle donne è quando vengono meno tutti quelli elementi e vengono considerati
femminili, quindi quando non ridono, quando si vestono con un taglie completo pantaloni e
giacca neri o grigi, quando le scarpe sono basse insomma quando sono meno donne.
Grazie a Barbara Ledacchenni.
Grazie a voi.
Valentina Pigmay, giornalista e consulente d'itoriale che collabora con Internazionale,
racconta un articolo che ha scritto per il sito.
Dopo aver letto il nuovo libro di Matteo Bibianchi intitolato La vita di Chiresta,
una storia autobiografica che racconta a vent'anni di distanza il tormento dell'autore dopo che
il fidanzato si è tolto la vita, ho deciso di approfondire questo tema così poco esplorato,
come sopravvivendo le persone dopo il successo di un amico, di una fidanzata, di un figlio,
che tipo di supporto c'è in Italia per loro, purtroppo ho scoperto quasi nessuno.
Nonostante nel nostro paese muoiano 4.000 persone l'anno per suicidio, secondo i dati
Istat, e nonostante il suicidio sia la terza causa di morte per la popolazione che va dai 15 e 19
anni, l'assistenza pubblica, perché affronta una perdita così traumatica, un lutto così diverso dagli
altri è quasi inesistente. Ci sono però delle iniziative di volontariato o private. Ho cercato
allora di disegnare una mappa di informazioni utili per il lettore, gruppi di sostegno,
associazioni o fondazioni che si occupano di prevenzione, linee di ascolto. Ho lavorato con
l'aiuto di persone che hanno vissuto questo trauma e che generosamente mi hanno raccontato la loro
esperienza. Come scrive Bianchi nel libro e come mi hanno detto tutte le persone intervistate,
la cosa più importante è la condivisione di questo evento traumatico con persone che hanno
vissuto la stessa cosa. Forse solo così, parlando e ascoltando, è possibile andare avanti e smettere
di condannarsi. Hey look over there, a classic distraction technique, distracting us away from
the real issues that they were voted into office to focus on. Jobs, healthcare, keeping our children
safe from harm at their own school, but we know that bullies are incompetent at solving real issues.
They look for easy targets so they can give the impression of being effective. They think our love,
our light, our laughter and our joy are signs of weakness, but they're wrong because that is our
strength. Drag queens are the marines of the queer movement. Pensano che il nostro amore, la nostra luce,
la nostra risata e la nostra gioia siano un segno di debolezza, ma si sbagliano, le drag queens
sono le marines del movimento queer. Questo è il messaggio che RuPaul, la drag queen più conosciuta
al mondo, ha postato sui social media per protestare contro l'entrata in vigore di una legge nello
stato del Tennessee che evita le esibizioni di persone travestite negli spazi pubblici. La
legge è entrata in vigore il 1 aprile, ma è stata temporanamente sospesa da un giudice del Tennessee.
In ogni caso sono almeno 8 gli Stati americani dove sono in discussione misure che in qualche
modo limitano o censurano gli spettacoli delle drag queens, che molte di queste proposte di
legge vengono definite come persone che se si biscono con abiti, trucco e atteggiamenti appartenenti
a un sesso diverso da quello assegnato alla nascita. Si tratta di misure che rientrano in un più
ampio attacco contro la comunità LGBT americana che va dal divieto di parlare di homosexualità
nelle scuole della Florida a quello di somministrare farmaci per la transizione a minorenni trans in
Texas. Ma in questo caso la vaguezza delle leggi potrebbe diventare uno strumento di censura
comportata molto ampia, che per esempio potrebbe far vietare una parata del Pride o l'intervento
di una persona trans in pubblico, ma anche di un banale spettacolo teatrale dove un personaggio
femminile è interpretato da un uomo. Ne parliamo con Daniele Cassandro, editor di cultura di
internazionale. Le drag queens da sempre sono un elemento fondamentale della cultura LGBT e
da molto tempo sono anche ormai entrate nel mainstream grazie alla televisione, al cinema.
Pensiamo che la trasmissione, il talent show di RuPaul è stato adattato praticamente in
tutti i paesi del mondo e va avanti da 14 anni. Queste leggi restrittive che hanno provato a fare
mettere in vigoria negli Stati Uniti nascono da un caso molto specifico e molto particolare,
che però è diventato un po' un cavallo di troia che ha permesso ai conservatori di proporre leggi
di questo tipo. Tutto nasce da un'iniziativa che hanno preso alcune biblioteche pubbliche,
Stati Unitensi, chiamate Drag Queen Story Hour, in cui una drag queen leggeva per i bambini
delle favole, spesso erano favole comuni, che avevano contenuti però legati all'inclusività.
Quest'attività di Drag Queen Story Hour ovviamente non era un'attività curricolare,
cioè non era legata al corso scolastico dei bambini, era un'attività facoltative a cui i
bambini o le famiglie potevano decidere se partecipare o no. Usando la scusa di uno spettacolo non
adatto ai bambini, i conservatori americani hanno sferrato un attacco forte in generale alla forma
di spettacolo che è lo spettacolo in drag. L'idea che c'è dietro, è tipica anche di chi ragiona dal
punto di vista conservatore, è quello di ritenere un uomo vestito da donna che fa spettacolo,
uno spettacolo per adulti, ritenerlo quindi qualcosa di sessualizzato, quando invece i bambini
che partecipano a questi incontri qui, quello che vedono con i loro occhi, è fondamentalmente
l'incrocio tra una vecchia signora e un clown. Facciamo innanzitutto chiarezza sulla questione,
cosa si intende esattamente per Drag Queen? Dunque la parola Drag Queen in inglese è
comparsa in tempi relativamente recenti, a partita del 1870, e indicava appunto un mailing
personator, ovvero un uomo che impersona un personaggio dell'altro sesso. La parola drag
deriva dal verbo trascinare e ha a che fare con lo strascico, quindi dalle gonne lunghe
dai vestiti lunghi, era proprio l'idea di questi gonnelloni che venivano trascinati
in giro per il teatro. Quindi l'attività della Drag Queen è esclusivamente un'attività
teatrale. Poi nel tempo ha assunto anche un'altra valenza, è diventata appunto una
parte di identità della cultura LGBT, quindi è diventato anche un modo di identificarsi
per esempio nelle parate del gay pride. Non ci dimentichiamo che le grandi lotte, tipo
la rivolta di Stonewall, sono nate da persone otra vestite o transgender, però è importante
sottolineare che c'è una profonda differenza tra Drag Queen e transgender. La Drag Queen
è un lavoro, è una performance teatrale. Essere transgender è un'identità di genere.
Al di là della questione di libertà individuale ed espressione che sollevano queste leggi,
dal punto di vista strettamente culturale che problemi potrebbero presentare.
La miopia di proposte di legge di questo tipo sta tutta nel fatto che non ci si rende
conto che il fenomeno delle Drag Queen è in qualche modo parte della nostra storia,
in Occidente e non solo. Il concetto di Drag Queen nasce dal teatro Shakespeareano, quel
teatro inglese del 500 in cui le donne non potevano recitare e che quindi i ruoli femminili
erano interpretati da uomini travestiti. Ma in generale, ruoli per uomini travestiti
ci sono nell'antica commedia greca, ci sono nel teatro giapponese, ci sono veramente
in tutti i tipi di teatro che conosciamo. Ma anche nelle rappresentazioni sacre, negli
oratori del 700, soprattutto se seguiti a Roma o Napoli, quindi città in cui era impossibile
per le donne cantare, in particolare cantare in rappresentazioni sacre, il ruolo di Maria
Maddalena, spesso in oratori di Scarlatti e compositori del genere, erano interpretati
da castrati a cui Maria messa una barrucca rossa, quindi erano uomini grandi e grossi
con voci da soprano che facevano la parte di Maria Maddalena penitente con le lunghe
trecce rosse sciolte sulle spalle. Parliamo di un contesto religioso, andare a trovare
minaccioso, uno spettacolo che è veramente parte della sensibilità occidentale e non
solo è una mossa decisamente miope. Parlando dell'Italia in particolare, anche
noi abbiamo una cultura drag. Assolutamente sì, abbiamo una cultura drag di tipo underground
legato alla scena LGBT, abbiamo esempi anche di tipo più mainstream, c'è stato un grande
film di Tognazzi che si chiamava Splendore e miseria di Madame Royale in cui la protagonista
era appunto una drag queen, poi abbiamo nello spettacolo televisivo per famiglie degli
esempi, personaggi come Platinette, personaggi come la signora Coriandoli, secondo le leggi
americane sarebbero dei pericolosi esempi di drag queen esposte allo sguardo dei bambini.
E poi ovviamente c'è l'opera?
Beh, ci sono opere antiche diciamo quelle del 600 di Claudio Monteverdi per esempio in
cui alcuni personaggi devono essere proprio da libretto maschi travestiti, per esempio
la nutrice dell'incoronazione di Poppea è un tenore travestito, ma poi più avanti che
Rubino, nelle nozze di Figaro, è un ragazzino ed è interpretato sempre da una donna, quindi
il travestimento è veramente qualcosa di comune nell'opera lirica e arriva fino al
900 fino al cavaliere della Rosa Ristraus in cui Octavian è un mezzo soprano, una donna
travestita da ragazzo.
Lo stesso nel musical pensa per esempio alle varie riprese del musical Hairspray, è vero
che Hairspray è tratto da un film di John Waters in cui la protagonista era una drag
queen, ovvero Divine, ma tutte le produzioni che sono state fatte dopo sono state fatte
da uomini travestiti da donna, quindi il ruolo della madre di Hairspray è stato fatto anche
da John Travolta per dire.
Quindi una legge come quelle che vengono proposte negli Stati Uniti avrebbe l'effetto
anche un po' grottesco di far considerare fuori leggi e spettacoli di questo tipo.
In teoria se ci fosse un bambino, un minorenne in teatro a vedere l'incoronazione di Poppea
si dovrebbe forse interromper lo spettacolo.
Perché secondo te negli Stati Uniti si attaccano le drag queens proprio in questo momento storico?
Questo attacco alle drag queens fa parte di un attacco molto più ampio del mondo conservatorio
americano alle comunità LGBT.
Attaccare le drag queens è attaccare l'obiettivo più facile.
Le drag queens sono molto visibili, sono molto colorate, sono in prima fila nelle sfilate
del Pride, sono facilmente identificabili e sono un bersaglio molto facile.
Il vero obiettivo non sono tanto loro e non sono tanto i loro spettacoli che potrebbero
turbare bambini o minorenni.
Il vero obiettivo sono le persone transgender.
Perché non ci dimentichiamo che il travestimento, il travestitismo è una parte importantissima
della prima fase della transizione di una persona transgender, quindi impedia le persone
di poter indossare pubblicamente abiti diversi da quelli del genere assegnato alla nascita.
È un modo proprio di andare a marginalizzare ancora di più le persone che intendono intraprendere
un passaggio di transizione di genere.
Grazie a Daniele Cassandro.
Grazie a voi.
Il film della settimana è consigliato da Piero Zardo, editor di cultura di internazionale.
Esce nelle sale la conspirazione del Cairo di Tariq Saleh che è un regista svedese di
origine egiziane e che già nel 2017 ha girato un film di un certo successo omicidio al Cairo,
sempre ambientato nella capitale egiziana.
Nella conspirazione, il giovane Adam arriva all'università di Al-Hasar, che è la più
importante istituzione universitaria del mondo islamico sull'Unità.
Poco dopo il suo arrivo muore il grande Imam, che è la figura religiosa del riferimento
dell'Ateneo, bisogna leggerne il successore, il che avviene con una specie di conclave
sempre all'interno dell'università.
Adam verrà reclutato dai servizi segreti egiziani per cercare di pilotare le lezioni del grande
Imam.
Il film di Tariq Saleh ha una prima curiosità che è girato a Istanbul, nella mosca del
solimano.
Il film non è tenero con i servizi segreti egiziani, di cui mostra le feratezza, mostra
anche un Islam diverso da come lo vediamo solitamente raccontato nelle serie e nei film occidentali.
Questo è sicuramente un motivo per andarlo a vedere.
L'altro motivo è che il film ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura al
Festival di Khan ed effettivamente è una sceneggiatura molto asciutta che non si concede
nessuna pausa.
Cospirazione del Cairo nelle sale.
Dalla redazione d'internazionale per oggi è tutto.
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L'appuntamento con il mondo è martedì 11 aprile alle 6.30.
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La rappresentanza femminile a livello globale sta aumentando, ma nel 2023 si sono dimesse quattro leader di spicco. Le leggi contro le drag queen negli Stati Uniti sono un danno anche per la cultura.
Barbara Leda Kenny, esperta di politiche di genere della Fondazione Giacomo Brodolini
Daniele Cassandro, editor di cultura di Internazionale
Jacinda Ardern: https://www.youtube.com/watch?v=auvqMokRqUk
Drag queen: https://www.independent.co.uk/arts-entertainment/tv/news/rupaul-anti-drag-bills-tennessee-b2297182.html
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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.