Il Mondo: Le tensioni internazionali ostacolano gli aiuti in Marocco. Il processo allo stato italiano per la crisi climatica.

Internazionale Internazionale 9/12/23 - Episode Page - 23m - PDF Transcript

Dalla redazione di internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi

Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di internazionale.

Oggi vi parleremo della situazione in Marocco dopo il terremoto e di una causa

contro lo stato italiano e poi di Avvoltoi e di una serie TV.

è martedì 12 settembre 2023

L'Otto settembre, il Marocco è un'altra situazione

L'Otto settembre, il Marocco è stato colpito da un violentissimo terremoto che ha provocado oltre 2.500 vittime.

Nell'audio che avete sentito, una donna in un villaggio della catena montosa dell'Atlante racconta di aver perso tutta la sua famiglia sotto le macerie e chiede al giornalista del settimanale francese Lobs di far sentire la sua voce alla autorità marocchine.

La maggior parte delle persone che sono morte si trovavano nel distretto di Hala-Uts nell'alto-Atlante dove si scava ancora anche a mani nude per cercare i superstiti.

Ma mentre i succorritori fanno fatica ad arrivare nelle aree montane rimaste isolate, il governo marocchino vi ha accusato di non voler accettare le offerte di aiuto da parte di alcuni paesi stranieri per via di motivazioni politiche.

Ne parliamo con Francesca Sibani, editor di Africa d'Internazionale.

Il terremoto che ha colpito l'8 settembre del Marocco è uno dei più grandi della storia recente del paese e un evento da cui Magnitude è stata registrata in 6.8 secondo l'Istituto Sismologico degli Stati Uniti e di Magnitude 7 secondo l'Istituto Marocchino.

L'Epicentro, come è detto, è stato sui monti dell'Alto-Atlante, una regione isolata, montuosa, di piccoli villaggi, ma le scosse sono state avvertite in gran parte del paese e anche nelle grandi città.

Marocchic, la nota località turistica, si trova da appena 70 km a nord dall'Epicentro ed è stata in parte toccata da questo sisma.

Secondo i bilanci del governo, le vittime registrate all'11 settembre sono ormai 2.500 con un numero paragonabile di feriti e le famiglie è colpita solo in tutto 18.000.

In questa stagione rimarranno chiuse anche 585 scuole precludendo l'inizio dell'anno scolastico per i bambini marocchini.

Sono stati registrati gravi d'anni anche al patrimonio culturale artistico del paese che conta molto sul turismo come fonte di ricchezza.

Per esempio, nel centro di Marrakesh è crollato il minareto di una moschea e un altro molto famoso, quello della moschea della Qtubyà, ha subito gravi d'anni.

Il Marocco è considerato una zona d'alto rischio sismico?

In realtà questo sisma ha preso un po' alla sprovvista molti osservatori.

Il terremoto è stato molto forte, è stato paragonato a un evento precedente che era avvenuto nel 1960 ad Agadir,

una località costiera che però si trova in un territorio che è interessato dalle stesse caratteristiche al punto di vista sismologico.

Agadir era stata l'epoca partealmente rasa al suole, erano morte 12.000 persone.

Dall'ora c'era stato un terremoto in anni più recenti nel nord, però non eventi di questa portata.

Sul giornale Marocchino Telkel ho letto il paere di un ingegnere marocchino che la metteva in questi termini.

Il rischio sismico nel paese è possibile definirlo moderato.

Essere elevata invece è la fragilità delle case e degli edifici a più piani che non sono costruiti in modo da assorbire bene le scosse e quindi collassano molto facilmente.

Per cercare di capire il contesto in cui avviene questo disastro naturale ci dice qualcosa su che paese è il marocco oggi?

Il marocco un paese che negli ultimi 25 anni ha cercato di modernizzarsi,

investendo anche sulle infrastrutture, sulla reta autostradale, sui treni ad alta velocità,

ma anche sullo sviluppo dei grandi porti.

Somma sviluppato settori industriali e di servizi tra banche, assicurazioni e telecomunicazioni.

Tuttavia è un paese che va a due velocità.

Il paese magari che gode anche delle entrate del turismo, che rappresenta circa il 7% del pilnazionale e che beneficia la storia del paese.

Conosciamo bene le città, la casa blanca, la stessa Marrakech, le località di mare, come Agadir, con i suoi grandi villaggi turistici.

Tuttavia questa ricchezza derivante dal turismo o no, o d'altri settori, non beneficia la maggior parte della popolazione,

ma una classe media urbana, una classe media urbana che per alcuni versi forse a Marrakech è stata anche toccata,

ma il terremoto ha interessato soprattutto le aree rurali, dove ci sono quelli che sono un po' dimenticati dello sviluppo,

le persone che rimangono indietro.

Il Marocco è ancora al 123° posto su 183 Paesi, secondo il Programma di sviluppo umano delle Nazioni Unite,

quindi ancora molti passi avanti da fare, anche nella lotta all'analfabetismo, che si attesta intorno al 24%.

E poi c'è la figura del re del Marocco, come si sta comportando durante questo momento critico?

Molti hanno fatto notare l'assenza che potremmo definire cospicua del re dal paese durante il terremoto,

il re si trovava in Francia in una delle residenze di Lusso che appartengono alla monarchia marocchina.

Questo, però, non stupisce tape gli osservatori del regno, perché il sovrano è spesso assente,

si dice che conduca una vita di Lusso in altre parti, si è anche parlato di una malattia del re.

Quindi abbiamo un'autorità che, in Marocco, oltre ad essere un'autorità politica,

anche soprattutto un'autorità religiosa, perché è il capo della comunità islamica del Marocco,

che è assente, che non fa il suo ruolo di guida.

I mezzi di informazione marocchina hanno messi in evidenza che il re nel frattempo, poche ore dopo il sismere,

ha tornato, ha partecipato delle riunioni di emergenza e ha preso le prime decisioni.

In realtà il re sempre accompagnato dal figlio Molae San, che è il re del trono, un ragazzo di vent'anni,

che si prepara a succedere al padre, che da sua vita recente sembra sempre più ritirarsi

da questo ruolo.

In un articolo uscito ieri sul sito d'Internazionale, il giornalista francese Pierraschira contà un po'

la geopolitica che sta dietro le offerte di aiuto al Marocco da parte degli altri paesi.

Cosa sta succedendo da questo punto di vista?

Ha fatto molto scalpore il fatto che, almeno all'11 settembre, il Marocco non avesse ancora

accettato le offerte di aiuto arrivate dalla Francia e dal presidente Francesa Macron in persona.

Questo ignorare le offerte è stato visto come uno sgarro nei confronti della Francia,

che ricordiamo ha avuto un ruolo di potenza coloniale in Marocco, che mette in evidenza

quella distanza diplomatica tra i due paesi, che hanno varie questioni in ballo a creare attriti.

Innanzitutto c'è stata la decisione della Francia due anni fa di limitare il numero dei visti

concessi ai Marocchini per entrare in Francia e ricordiamo che la comunità Marocchina in Francia

è enorme, ci sono un sacco di persone che a questo punto si vedono limitate nella possibilità

di viaggiare verso l'Europa per incontrare le famiglie e cosa che ha creato veramente

tensioni enormi. Allo stesso tempo, Rabà chiede a Parigi di riconoscere come hanno fatto

Spagna e Stati Uniti la sovranità Marocchina sul territorio del saro occidentale. Ricordiamo

l'ultimo territorio non decolonizzato del continente africano che è stato occupato dal Marocco

negli anni 70 e che da allora viene rivendicato dal fronte polisario che è l'organizzazione

che rappresenta le rivendicazioni di autonomia del popolo Sarawi. La Francia non vuole compiere

il passo in questa direzione perché su questo territorio prende ancora la possibilità,

la speranza di un referendum di autodeterminazione organizzato dalle Nazioni Unite. Invece,

altri paesi come la Spagna che ha inviato i suoi soccoritori in Marocco hanno fatto

questo passo come avevano fatto gli Stati Uniti di Donald Trump come premio dopo che

il Marocco ha accettato di normalizzare le relazioni con Israele. Quindi vediamo che c'è

un grande intrigo di relazione internazionale anche dietro la decisione di accettare aiuti

e soccoritori d'un Paese o dall'altro. Altri paesi di cui sono stati accettati gli aiuti

dal Marocco sono per esempio il Catare e gli Emirati Arabi Uniti che stanno investendo

tantissimo sul continente africano e che sicuramente in Marocco hanno loro interessi.

Grazie Francesca Sibani. Grazie a voi.

Jacopo Zanchini vice direttore di Internazionale racconta un video che si può vedere sul sito.

Nell'immaginario collettivo gli avvoltoi non sono proprio in cima la lista degli animali più simpatici

e preoccuparsi della loro salute, non viene spontaneo. Ma in Afria questi rapaci sono diminuiti

del 90% in 50 anni intossicati involontariamente dagli esseri umani. Gli allevatori e i pastori

infatti per tenere lontani predatori come iene, leoni o licaoni che spinti dalla scarsità

di cibo e acqua si avvicinano sempre di più al bestiame avvelenano le carcasse degli animali

con un pesticida e questo uccide gli avvoltoi. Le conseguenze della diminuzione di questi

rapaci sono però molto gravi e il Vito del Guardian che trovate sottotitolato in italiano

sul nostro sito spiega il ruolo importante che hanno nel preservare l'ecosistema, nell'imitare

le emissioni di gas serra e nel fare da scudo agli esseri umani di fronte a una serie di malattie.

E questo non solo in Africa ma anche in India e in molti altri paesi del mondo dove ora

si cerca addirittura di tornare a far crescere il numero di avvoltoi.

Questa battaglia è reclamare un diritto, reclamare il diritto a vivere una vita tranquilla,

felice, un futuro vivibile come è stato quello delle generazioni precedenti e come anche noi

pensiamo di meritare, per come stanno andando le cose noi rischiamo veramente un futuro

estremamente fosco, un futuro che le vecchie generazioni forse non riescono neanche a immaginare

è quasi un crimine per la politica costringerci a questo tipo di futuro e come qualsiasi crimine

si porta in tribunale per cui anche per questo si fa causa.

Era la voce di Filippo Soggio, portavoce dei Fridays for Future, uno degli attivisti che

il 5 giugno 2021 partecipavano a un flash mob in Piazza Montecitorio a Roma per sostenere

e far conoscere la prima causa climatica contro lo Stato italiano.

Dall'ora l'azione legale è promossa nell'ambito della campagna di sensibilizzazione e giudizio

universale e è andata avanti raccogliendo il sostegno di associazioni e singoli cittadini.

Domani, il 13 settembre, nelle Aule del Tribunale Civile di Roma si terrà la terza

audience del processo di primo grado che accusa lo Stato italiano per in azione climatica.

Ne parliamo con Alessandro Coltre, giornalista ambientale che lavora per l'associazione a

Sud e colabora con il magazine economiacircolare.com.

Domani nel Tribunale Civile di Roma ci sarà la terza audience di questo contenzioso climatico,

il primo contenzioso climatico in Italia. Nel 2019 inizia come una campagna curata dall'attivismo

ecologista soprattutto dall'associazione a Sud e che ha deciso di metter a terra le

climate litigation, quindi contenziosi climatici anche nel nostro Paese. Nel mentre nelle strade

del centro di Roma ci saranno delle maghette gialle con un hashtag con scritto la crisi

climatica è colpa di Stato. Queste maghette gialle amplificheranno quello che accadrà

in Tribunale per rilanciare la campagna giudizio universale.

Cosa è questa campagna e chi esattamente ha fatto caso allo Stato italiano?

La campagna giudizio universale è appunto un contenzioso climatico quindi ha tutti

gli effetti un processo civile al Tribunale di Roma. Però nel 2019 inizia come una campagna

curata dall'attivismo ecologista soprattutto dall'associazione a Sud e che ha deciso di

metter a terra le climate litigation, quindi contenziosi climatici anche nel nostro Paese.

Sono 200 ricorrenti, ci sono 162 adulti e 17 minoreni e 24 associazioni che hanno deciso

proprio di andare in Tribunale e cercare di dichiarare lo Stato colpevole di inadimpienza

climatica. Su quali basi quali sono le argomentazioni di chi porta avanti questa causa?

Beh, lo Stato è tenuto a rispettare, osservare e quindi poi praticare diverse obbligazioni

climatiche sia di natura internazionale ma anche nazionale iniziando anche dalla nostra

costituzione e ovviamente per quanto riguarda gli accordi internazionali quello più famoso

che ormai tutti conosciamo è di sicuro l'accordo di Parigi del 2015 e poi ci sono anche altri

trattati sempre di natura internazionale, delle fonti internazionali come la cedula,

convenzione europea dei diritti dell'uomo e poi appunto come dicevo la costituzione

italiana. L'azione legale quindi non ha un valore simbolico, si punta realmente a una

condanna perché lo Stato ha esposto la popolazione ai rischi della crisi climatica provocata

ovviamente da un aumento delle temperature dovute a un modello di sviluppo. Lo Stato ha fatto abbastanza

per difenderci e per tutelare territori e persone più fragili secondo chi fa causa

con giudizio universale? No. Perché no? Perché lo Stato deve tutelare il diritto umano a un clima

stabile e sicuro. Siamo proprio nel campo dei diritti umani fondamentali appunto come il diritto

alla vita, alla salute, al progettare una vita basata sulle risorse naturali e le risorse naturali

sono minacciate da un sistema di sviluppo ma lo Stato non tutela la propria popolazione

dalla crisi climatica. Lo Stato nelle altre audience in generale da quando è iniziata

la causa ha deciso di discutere, di giudizio universale, di questo impianto accusatorio.

Siano stati dei mesi di fermo in sostanza proprio come è tipico anche dei processi

insomma nelle cause civili. Ora la prossima audience dopo l'udienza di domani sarà il giudice a

decidere innanzitutto una data di sentenza e soprattutto se emettere sentenza. Noi abbiamo chiesto

un target di riduzione delle missioni attraverso Kaimat Analytics che è un grande centro di

ricerca indipendente che ha valutato questo target di riduzione 90 per cento in base al

nostro pregresso, alle nostre capacità sia tecnologica ma anche di quanto abbiamo inquinato

nella storia. È anche una questione di responsabilità no? Perché non tutti i paesi hanno emesso

in atmosfera la stessa quantità di sostanze climalteranti questo uno dei primi principi

e quindi Kaimat Analytics ha basato questo target di riduzione ambizioso proprio come

sfida e l'altra cosa è che non è detto che il giudice deve accettare questo target però

può anche indicare un altro target di emissioni quindi uno gli obiettivi è sicuramente uscire

dal tribunale con un target di emissioni l'altro però ed è il primo è consegnare una sentenza

che dica che lo stato è stato inadempiante. Come stanno andando queste climate litigation

queste azioni legali climatiche in Europa o nel resto del mondo? Ecco proprio a giugno di quest'anno

da un importante istituto di ricerca internazionali sui cambiamenti climatici sappiamo che i

contenziosi climatici le cosiddette climate litigation sono di fatto raddoppiate, il numero

totale di cause sui cambiamenti climatici è di fatto raddoppiato rispetto all'ultimo rapporto.

Nel 2017 si contavano 884 cause legali insomma individuate e ora siamo nel 2022 a più di

2000 cause legali fatte in tribunali ovviamente a seconda di dove ci troviamo sono cause che hanno

un impianto diverso insomma rispetto al paese dove vengono iniziate queste cause. La maggior parte

si trova negli Stati Uniti d'America ma anche in Europa cresce il numero delle climate litigation

e ci sono state delle sentenze favorevoli? Sì e tra tutte per dare anche il portato

storico di quest'azione che alla fine è uno strumento in mano all'attivismo c'è la sentenza

del 2019 in Holanda, nei Paesi Bassi, una pioniera se vogliamo delle climate litigation,

una pronuncia fatta il 20 dicembre 2019 in cui la Corte Supremo l'Andese dà ragione all'ambientalismo

alla fondazione Urgenda che nel 2013 aveva iniziato un contenzio sul giudiziario. L'associazione

in nome portando quindi tribunale 886 cittadini holandesi acilato in giudizio il governo per

non aver adottato misure sufficienti a mitigare gli effetti negativi e quindi potenzialmente

una minaccia per le persone soprattutto più fragili nei cambiamenti climatici sulla salute

dei cittadini e quindi la Corte Distitutuale dell'AIA nel 2015 e poi la Corte d'Appello

nel 2018 si sono pronunciate a favore dei ricorrenti. Lo stato è stato condannato a

tagliare le emissioni di Cassera di almeno 25% nel 2020. Il caso di Urgenda è un caso

contro il governo l'Andese che è stato il primo di fatto al mondo in cui cittadini hanno stabilito

che il governo ha una responsabilità, un maio proprio l'obbligo legale di prevenire i rischi

e poi le conseguenze del cambiamento climatico sulla popolazione.

Come si può sostenere la campagna giudizio universale?

Si può sostenere firmando la causa appunto unendosi a quella che noi definiamo la causa

del secolo che serve appunto a invertire un processo e a mitigare il cambiamento

climatico sul sito giudizio universale punto EU è possibile firmare e sostenere la causa

e il nostro obiettivo è quello di arrivare a 50.000 firme, non abbiamo solpassate 20.000

che siamo quasi diciamo al 50%. Ecco, vogliamo arrivare a 50.000 firme ma soprattutto

è importante proprio territorializzare la campagna perché la crisi climatica va territorializzata.

A volte quando si parla di attivismo ecologista e soprattutto di quello climatico sembra che

stiamo lottando contro una cosa grandissima, no? Ecco quello che ha caduto quest'estate

ci dimostra che territorializzando questo problema noi abbiamo i territori in cui

sono più esposti e questa campagna serve anche questo a amplificare quello che accade

anche fuori dalle grandi città nelle aree interne, nelle aree più vulnerabili che prima di tutti

forse capiscono gli effetti della crisi climatica. Pensiamo ora siamo a settembre, tempo di vendemia

uno dei settori appunto del settore agricole è quello che subisce di più l'economia del vino

ne risente sui cambiamenti climatici. Questo anno è stato l'anno della Peronospera e quindi

i produttori del vino sono in crisi adesso è un risultato della crisi climatica sicuramente sì.

Grazie Alessandro Coltre. Grazie a voi.

La serie tv della settimana è consigliata da Valentina Pigmei, giornalista che colabora con internazionale.

A dispetto del nome Greg Salat è una miniserie tv francese.

8 episodi che hanno per protagonisti assoluti alcuni esponenti della generazione Z,

ma forse più che a loro questa serie piace a noi, spettatori nostalgici.

La storia ruota attorno a Mia e Tom, sorella e fratello. Lei è il studente Erasmus che ha lasciato

l'università per fare l'attivista con i rifugiati. Lui, neo laureato, un po' ambizioso, che sogna

di aprire una start-up. I due si ritrovano da Tene dove il nonno ha lasciato loro un edificio

in eredità. È qui, in questo edificio fattiscente, ma dalla vista strepitosa, che si intrecciano

le storie dei giovanissimi protagonisti della serie.

Italiani, Croati, Francesi convivano a quei miei grandi siriani, in questa Tene in piena rinascita.

Tra violenza di genere, transenderismo o i patemi familiari vari, Greg Salat è una

drama di appassionante e con il tocco inconfundibile dei due registi.

Cedric Lapis e Lola Dualon. Lui, regista di alcuni film di culto, come l'appartamento

spagnolo. Mentre lei ha diretto chiamli mia gente, è una serie tv altrettanto famosa.

Eibummer non sfugirà la presenza degli attori, i protagonisti proprio dell'appartamento

spagnolo, un vecchio film del 2002, che qui interpretano niente meno che i genitori e gli

amici di Tome Mia.

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ll governo marocchino viene accusato di non voler accettare le offerte di soccorso da parte di alcuni paesi stranieri per motivazioni politiche. Domani al tribunale civile di Roma si terrà la terza udienza del processo contro lo stato italiano per inadempienza climatica.

CON
Francesca Sibani, editor di Africa di Internazionale
Alessandro Coltrè, giornalista climatico

LINK
Video Marocco: https://www.youtube.com/watch?v=FoOqPN8XRjA

Video clima: https://youtu.be/7w54EyFCDAA

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni, con Vincenzo De Simone.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.