Il Mondo: Le proteste in Francia diminuiscono ma i problemi restano. Chi era Victoria Amelina, la scrittrice ucraina uccisa in un attacco russo.

Internazionale Internazionale 7/4/23 - Episode Page - 26m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli, io sono Giulia Zoli e questo

è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo delle proteste in Francia e di una scrittrice ucraina uccisa in un

attacco russo e poi di figli di detenuti e di un romanzo.

È martedì 4 luglio 2023.

E quindi, face a slagge, condona con la più grande fermetà,

tutte celles e quei che utilizzano questa situazione e questo momento per

creare le disordre e attaccare le nostre instituzioni.

C'è una responsabilità di festa accadente e io condondo con la più grande fermetà,

noi la condondiamo tutti, queste violenze pure e ingestifiche che non hanno nessuna legittimità.

Face a slagge, la risposta sull'ensemble del territorio ha stato realizzata e adattata.

Siamo felicitati.

A una settimana dalla morte di Nael, il ragazzo di 17 anni ha ucciso il 27 giugno nella

panliepa Regina di Nanter da un poliziotto con un colpo di pistola bruciapelo durante

controllo stradale, la situazione sembra essere più calma in Francia.

Per giorni, il Paese è stato attraversato da proteste che hanno portato nelle strade

migliaia di persone con scontri violenti, saccheggi, incendi, feriti, almeno un morto

e più di 3.000 arresti, soprattutto di ragazzi minorenni.

Sono stati mobilitati più di 45.000 poliziotti.

Oggi il presidente francese Manuel Macron, che nell'audio che avete ascoltato si congratula

per la risposta pronta e adeguata della polizia, incontrerà i sindaci decommuni toccati dalle

violenze.

Ne parliamo con Brunse Bhan, tradutrice dall'italiano al francese che ha tradotto tra gli altri

i libri di Zero Calcare e che abbiamo raggiunto a Parigi.

La situazione è tesa ed è anche preoccupante, intanto effettivamente nelle città ci sono

tutti questi negozi sfasciati, ci sono stati diverse munici pii bruciati e poi le notti,

cioè nel caso mia santo i botti, usano un fuoco d'artificio molto potente, quindi

l'atmosfera è così è tesa e poi non c'hanno migliaia di arresti di ragazzini, quindi la

polizia ha fatto uno dei sindacati, ha fatto un comunicato in pratica minacci al governo

con toni molto minacciosi, l'estrema destra staccava al cando tutto questo e Macron tutto

ciò dà la colpa ai genitori, quindi la questione mi sembra adesso è quale risposta

si dà tutto ciò.

La morte di Nael ha riacceso il dibattito sulla violenza della polizia, in particolare

sulla questione della legittima difesa della polizia e sui morti raffiuddo tempere, cioè

quando una persona al volante si rifiuta di fermarsi durante un controllo della polizia,

come nel caso di Nael.

Ma le persone che hanno protestato in questi giorni sono convinte che la polizia non avrebbe

mai sparata a un ragazzo bianco di un quartiere centrale di Parigi.

Di fatto è vero che la legge del 2017, la legge noi la che abbiamo che ha snove del

ministro che l'ha fatta, aumenta le situazioni in cui la polizia può sparare a una macchina

che non si ferma, in caso di controllo, di blocco eccetera, ma si immagino sempre blocchi

della polizia, invece a volte è persone che non c'hanno la patente più in regola o che

non hanno potuto pagare la situazione, prima capire che è un po' questo, comunque i morti

sono aumentati da diversi anni, cioè un picco di morti dal 2020 in realtà.

Parliamo di 40 morti nel 2020, 50 di nel 2021, in cui tanti proprio, sai, la questione

sono i morti anche nei casi di controllo di polizia o di arresti, come ad amatravore,

o teo.

La situazione generale ha una situazione di paura verso la polizia che non è normale,

non so come dire, ed effettivamente in particolare dei ragazzi, delle banlie, dei ragazzi arabi,

magari Arabi e Neri.

Ma in questo caso parliamo di un bambino, cioè 17 anni, cioè chi è che spara in faccia

un regatino di 17 anni perché non c'ha la patente?

È molto preoccupante il punto a cui siamo arrivati di relazione tra la polizia e i

giovani.

Nel 2005 la cosiddetta rivolta delle banlie, cioè l'estrema e periferia più povere delle

grandicità francesi dove vivono molti francesi di seconda e terza generazione, quella rivolta

che era esplosa dopo la morte dei due adolescenti che appunto cercavano di sfuggire alla polizia

andando avanti per diverse settimane.

Sono passati molti anni, cosa è cambiato dall'ora in quei quartieri?

Ma in realtà è peggiore a tutto, noi si dice che è sarcosi, non so se vi ricordate,

quella battuta di sarcosi che fece cresposa una signora dalla finestra che dice vi sbarazzeremo

di tutta questa feccia, la Raqai.

Da l'impoya ha aperto un ciclo in cui la polizia considera ai ragazzi di preferire come

dei nemici interni, comunque le statistiche sono terribili, sono i quartieri che qui

chiamiamo politiche de la ville, si sa che sono poveri e ci dovrebbero essere delle politiche

particolari, in realtà peggiorato tutto, le discriminazioni sociali, il disagio sociali,

la disoccupazione, ci sono quindi quartieri con 45% di disoccupazione, c'è una cosa che

bisogna capire che in Francia, che ne sono obbligatori a avere la carta d'identità

in tasca, però la polizia non ti controlla mai tra nei cortei, se sei bianco non ti

controlla mai mai mai, se sei nero e arabo hai 20 volte più rischio ad essere controllato

dalla polizia, per nessun motivo, arrivano e controllano, perché aumentano i numeri

dei controlli, aumentano le loro statistiche o perché fanno così controllo sociale.

Quindi, cioè quando te sei un ragazzo nero e arabo, è proprio differente il modo in

cui puoi relazionarti nella città in cui puoi circolare e il ratturo apporto con la

polizia.

In più questi quartieri, in resta, sono stati più toccati dal Covid, tanto in termini di

malattia, perché meno gente faceva smart working e sono stati più malati e più morti, e poi

in termini di povertà, perché tanti anche lavoretti, lavori così precari, si sono fermati

e quindi già la situazione era disastrata.

Stanno notando le associazioni che in questi quartieri molta gente ha molte difficoltà

avere accesso ai diritti anche di base, perché a meno internet, o questa è la situazione,

una situazione di umiliazione, se vuoi, un po' perenne.

Le protesti sono state molto violenti, in alcuni casi sono date molto al di là, diciamo, dei

gesti di protesta con saccheggi, furti, aggressioni dirette anche ai sindaci di alcune città o

alle loro case.

Anche la protesta è cambiata rispetto al 2005?

Non so se la protesta è cambiata rispetto al 2005, nel senso che non è chiarissimo

ancora esattamente la dinamica.

La cosa sicura è che sono ragazzini, sono ragazzi molto giovani, parlano di un terzo

di meno anni sugli arresti, in termini dei 17 anni, tanti non sono conosciuta dalla polizia

per niente.

Sì, sono bande di ragazzi che sono già un po' per strada, legate a idee di spaccio

di cose, o semplicemente ragazzi di questi quartieri, con cui si hanno anche pochi legami

di associazioni.

Nel frattempo sono anche diminuite i soldi per le associazioni, tutte le cose parascolastiche,

tutte le… ce ne sono tantissime, perché arriva a uno quartiere anche molto vivace in cui

la gente ha molta solidarietà e molto associazionismo, però con sempre meno soldi e quindi anche

un po' più difficile essere presente sul territorio.

Con questi ragazzi qua mi sembra, ma adesso te lo dico così un po' più, il sentimento

che abbiamo, sì, meno legami, sappiamo anche un po' di meno chi sono.

E il presidente Manuel Macron ha lanciato un appello ai genitori perché li tengono a

casa, chiamato in caso ai social network, i videogiocchi.

Sarebbe ridicolo se non fosse tragica questa cosa.

Queste famiglie qua sono state le più colpite dagli ultimi anni, dal covid, dalle diverse

crisi, cioè avevamo parlato ultima volta, in una situazione di crisi economica comunque

forte.

Sono le stesse persone, sai, che erano le famose prime linee durante il covid, quelli che abbiamo

detto a Grazie a voi la società regge, tutti i neturbini, tutti, che faceva le casse

nel supermercato, tutte le gente si occupava delle persone.

Questi quartieri sono i posti dove vivono di più queste persone qui che erano tanto

sanate e che poi sono state abbandonate.

Di fronte a questa situazione viene chiamato in causa il cosiddetto modello di integrazione

francese.

Intanto, sì, voglio capire che Senzo ha continuato a parlare di integrazione, quando parliamo

di i ragazzi che sono i terzo o quarta generazione, ormai nel senso che sono francesi a tutti

gli effetti.

Vivono una situazione di discriminazione sociale e razzista.

Questi quartieri in generale, la popolazione, vive questa doppia discriminazione molto forte

e vivono anche in uno stato che dice tanto, che vuole difendere la laicità, ma ogni

volta che fa una legge che dice difendere la laicità, la Repubblica attacca l'islam,

una legge che si possono definire islamofobe, puntano proprio a vietare chi il velo nelle

scuole, poi il velo nei posti pubblici.

Essere una donna con il velo e provare a lavorare oggi è veramente una cosa molto difficile.

Di recente, la Presidente dell'Assemblea Nazionale ha detto che voleva una scuola

completamente laica, senza ramadon, senza abiti lunghi, che mette una volta le ragazze.

Siamo arrivati a un attacco veramente che divide, che rende proprio insopportabile e

altro che integrazione.

Poi questa cosa di qua abbiamo parlato della polizia, di un vero problema di razzismo dentro

la polizia francese, perché tra l'altro è stato condannato dall'ONU anche di recente.

Come ha reagito la politica istituzionale?

Guarda, il governo e tutta la maggioranza da destra ha risposto come risponde da anni,

con la violenza, la repressione, l'autoritarismo.

La buona notizia in tutta questa situazione, credo, è che la sinistra e la società civile

in senso generale ha risposto meglio con riunioni unitarie di sindacati politici e

associazionismo che prova a dare tanto un'analisi di quello che stavamo parlando, della vera

disugualianza, delle veri problemi sociali e di razzismo che ci sono in alcuni quartieri,

e poi a dare delle risposte a partire da istituire dei comitati per la verità e la giustizia

dentro la polizia, riformare la polizia e anche la cosiddetta polizia della polizia,

l'IPGN, vietare alcune tecniche che hanno provocato dei morti, tecniche del resto, combattere

a discriminazioni e poi ovviamente ampliare i servizi pubblici, la cultura, la scuola

e i servizi in questi quartieri. Bisogna era aprire il dibattito sul sentimento di impunità,

di quello che fa la polizia, di quando uccide. Non ci sono state estanzioni, quasi nessuna,

in tutti gli ultimi casi di ragazzi, anche molto giovane, che sono stati uccisi in

caso di arresti o in caso di Comenel. Questo mi sembra una cosa veramente essenziale se

vogliamo ripartire. Grazie a Brunzebhan. Grazie a voi.

Giuseppe Rizzo, giornalista di Internazionale racconta un articolo che ha scritto per il sito.

In Italia 100.000 bambini e bambini e ragazzi hanno uno o entrambi i genitori in cacere.

Questo significa che è un numero enorme di minoreni innocenti e costretto a pagare sulle

apropia pelle l'isolamento, il pregiudizio e il dolore causati da ogni detenzione. Molti

devono anche fare i conti con madri e padri che mentono convinti di proteggerli. Sul

sito di Internazionale ho raccontato una giornata passata nel carcere di bollate a Milano per

capire come affrontare situazioni del genere. Durante la partita con i papà, un evento

organizzato dall'Associazione Bambini senza sbarre, ho incontrato Alan, di 7 anni, a

cui il padre detenuto aveva detto di lavorare in prigione, ovviamente mentendo. E poi Teo,

di 18 anni, che ha sentito la rabbia del padre mentre gli spiegava cos'era successo, e infine

l'Auro Pippa, in cella per narcotraffico, che non ha mai visto la sua figlia più piccola

svegliarsi la mattina nel suo letto. Attraverso eventi come la partita con i papà e diversi

laboratori, Bambini senza sbarre cerca di proteggere i più piccoli, sia dalla violenza del carcere,

sia dalle bugia dei genitori, e prova a rafforzare quei legami familiari fondamentali per ogni

percorso di reinserimento.

Il 27 giugno due razzi terraria russi hanno colpito un ristorante pieno di persone a Kramatorsk,

una città nell'est l'Ucraina. Con 13 vittime e oltre 60 feriti è stato uno degli attacchi

russi più sanguinosi delle ultime settimane. Tra le persone che hanno perso la vita ci sono

anche alcuni bambini, e poi c'è la scrittrice ucraina Victoria Melina, che è morta sabato

scorso in seguito alle gravi ferite riportate quella sera. L'audio che avete sentito in

apertura è tratto da un suo intervento dello scorso anno sul ruolo delle donne nella guerra

in Ucraina.

A Melina era molto conosciuta nel suo paese e anche all'estero, e solo qualche settimane

fa avevamo pubblicato sui internazionali un articolo su di lei nella sezione di ritratti.

Parliamo di lei e della vita degli ucraini durante la guerra con la giornalista ucraina

Olga Tokaryuk e con Yarina Grusha che insegna ucraino alla statale di Milano e ha lavorato

alla traduzione in italiano dei lavori di Victoria Melina.

Il 27 giugno l'esercito russo ha colpito con un missile ballistico di tipo Iskander,

uno di quei missili che arriva in secondi, quindi non scatta neanche l'allarme anti

aereo, la gente non ha la possibilità di nascondersi di andare a cercare un rifugio,

e loro hanno colpito con questo missile ballistico una pizzeria nel centro di Kramatorsk, nella

regione di Donetsk.

In questo momento, quando stiamo parlando, sappiamo della morte di 13 persone, tra cui

la scrittrice ucraina Victoria Melina, sono state ferite circa 60 persone.

Tra le persone morte ci sono anche bambini, ci sono due sorelle gemelle di 14 anni che

cenavano in questa pizzeria con il loro padre, anche il padre è stato ucciso.

I militari russi hanno confermato la loro responsabilità per questo attacco, però hanno

detto che hanno colpito una sede, una base di soldati ucraini, mentre chiaramente in

questa pizzeria c'erano tantissimi civili, non è stato un oggetto militare, è stato

un posto pieno di civili, pieno di bambini, pieno di giornalisti che frequentavano quel

posto che lo conoscevano, che era praticamente l'unico posto nel centro di Kramatorsk,

aperto che serviva a Buon Cibo, che aveva buona connessione internet e quindi era frequentato

da tantissime persone, tantissimi civili.

Iarina, come dettolga, tra le vittime c'era anche la scrittrice Victoria Melina, noi avevamo

pubblicato un suo ritratto su internazionale proprio qualche settimana fa, tu che l'hai

conosciuta personalmente, sei stata una sua amica, ci racconti meglio chi era Victoria

Melina?

Di finire Victoria Melina in questo momento con qualche aggettivo è davvero difficile,

perché era una scrittrice, poi è diventata anche una poetessa perché ha cominciato a

scrivere la poesia dopo l'invasione russa su larga scala, era un attivista per i diritti

sociali ed era una persona che documentava i crimini di guerra russi andando nei posti

devastati, bombardati, guardando negli occhi delle vittime e riportando tutto questo sulla

scena internazionale con un grande desiderio di portare sui bancos degli imputati irresponsabili

per questi crimini di guerra.

Ci siamo conosciuti ancora nel 2014 quando lei stava per pubblicare il suo primo romanzo,

poi ha pubblicato un altro secondo bellissimo romanzo, una casa per Dom e lei proprio avendo

le radici dell'Es de l'Ucraina esplorava sempre lo spazio dell'identità, dei confini,

del passato della memoria, proprio alla memoria, documentare la memoria si dedicava in questi

giorni.

Vittoria Melina, un lettore italiano, la può conoscere per la traduzione delle sue

poesie nell'antologia poeti d'Ucraina, la sua poesia infatti è sulla quarta copertina

dell'antologia.

Queste poesie trovavano molta risposta nel pubblico internazionale e ero davvero stupita

per quanto prendeva piede, forse perché lei aveva questa mente molto aperta, viaggiava

molto, parlava l'inglese perfetto, scriveva in inglese ed era veramente una mente ucraina

importante nella scena internazionale, una voce davvero unica e la voce che davvero

ci manchera tanto.

Olga Vittoria Melina era anche una voce molto importante per testimoniare cosa sta succedendo

in Ucraina durante questa guerra.

In generale, tu come pensi che si è cambiato il modo di fare informazione nel vostro Paese?

Ci sono nuovi giornali e siti nati con la guerra oppure altri sono spariti?

Dopo l'inizio dell'invasione su larga scala dell'Ucraina, i giornalisti cosiddetti

citizen journalists, giornalisti cittadini, le persone che documentavano quello che

succedeva sui loro social hanno avuto sempre più influenza e Vittoria era una di loro,

non si definiva giornalista, ma sicuramente svolgeva anche il lavoro di una giornalista

perché viaggiava per tutto il territorio ucraino, ha visitato posti d'occupati dall'esercito

ucraino, nella regione di Kinn, la regione di Kharkiv, la regione di Kherson, andava

vicino al fronte, la regione di Donetsk, Vittoria ha anche fatto una cosa importantissima

perché come una scrittrice, ma anche come un giornalista, perché se non si definiva

così, ha scritto e ha fatto il mondo conoscere la storia dello scrittore e poeta Volodymyr

Vakulenko che è stato torturato, mazzato dai russi l'anno scorso durante la loro occupazione

della regione di Kharkiv, lei ha trovato il suo diario che lui durante questa occupazione

è nascosto nel giardino, alla sepolto proprio sotto la terra, così gli occupanti non lo

trovassero, quindi dopo la occupazione di questo villaggio Vittoria in Datalia ha trovato

il suo diario, qualche settimana prima è stato trovato il Corpo senza vita di Volodymyr

e quindi Vittoria ha fatto del tutto per far conoscere il mondo e la sua storia, solo

qualche settimana fa è stato pubblicato, molto grazie agli sforzi di Vittoria e quindi

il mio punto è che lei non era solo una scrittrice, non era solo un attivista, ma faceva anche

un lavoro di giornalista ed è anche quello che definition lo scenario mediatico di

Ukraine di oggi e che ci sono i media tradizionali, ci sono nuovi media che hanno avuto grande

influenza come cave independent, ma ci sono anche tante persone che hanno assunto questo

ruolo di giornalisti che forse prima non erano giornalisti, ma che di fatto sono diventati

giornalisti e raccontano il mondo quello che sta succedendo in Ukraine ai crimini

russi.

Iarine e russi hanno definito questa pizzeria un obiettivo militare, ma c'era un motivo

particolare per cui Vittoria Melina si trovava lì?

Ma era un modo molto frequentato, come lo aveva già detto Olga, molto frequentato dai

civili e in questi giorni abbiamo veramente raccolto tantissime testimonianze anche su

Twitter, anche dei giornalisti italiani che continuavano a dire, siamo stati in questa

pizzeria, siamo venuti lì a mangiare perché era davvero un punto di ritrovo per tanti.

Vittoria si trovava lì perché subito dopo aver presentato questo diario di Volodymar

Vakulenko nella più grande fiera del libro Akii nella capitale ucraina era partita con

un gruppo degli scrittori colombiani e con la giornalista Catalina Gomez per svolgere

il suo lavoro, continuare a riportare e di parlare dei crimini di guerra russi.

Infatti lei faceva quello che se la sentiva sempre di fare il meglio, quando doveva scrivere

scriveva, se doveva andare in un posto andava, se la sentiva di organizzare e di fondamentare

un festival di letteratura nel paesino piccolo del New York ucraina perché c'è questo

villaggio che proprio si chiama New York, se la sentiva così era attaccato alla vecchia

linea del fronte, quella nata nel 2014 e lei faceva quello che in quel momento era importante

da fare.

Infatti era Kramatorsk proprio perché secondo lei in quel momento lei doveva essere lì

e doveva raccontare quello che stava vedendo lì.

Olga per concludere vorrei chiederti questo, un bombardamento è sempre un fatto molto

drammatico ma ci ha colpito molto il fatto che in questo caso le vittime siano state

in una pizzeria, forse anche perché non abbiamo molto chiaro come è la vita quotidiana

degli ucraini in questo momento durante la guerra.

L'impatto della guerra lo sentono tutti in Ukraine, lo si sente ad ogni livello, però

è impossibile fare una linea netta e separare la vita civile dalla guerra perché non è

molti di civili di ieri, di professionisti, oggi fanno parte dell'esercito e combattono

per difendere l'Ucraina, anche chi è ancora un civile cerca di contribuire in qualche

modo alla resistenza ucraina donando soldi o facendo il volontariato o diffondendo informazioni

su quello che succede tramite social media.

Quindi non c'è una linea netta diciamo tra la guerra e la vita normale, ma anche nella

guerra la vita continua, la gente continua ad uscire, ad andare a mangiare, la gente

continua addirittura a festeggiare compleagni eccetera perché quando c'è questa minaccia

esistenziale alla tua vita e ogni ucraino credo sente questa minaccia, sente come i

russi anche nel loro talkshow di propaganda dicono che bisogna sterminare gli ucraini

in quanto ucraini, quindi ognuno sente questa minaccia presente ogni giorno, ma questo in

qualche modo ti incoraggia di vivere ancora di più, di fare delle cose normali ancora

di più e quindi è normale che la gente continua ad uscire, continua ad andare a mangiare

in una pezzeria.

Quella storia di due ragazze gemelle che sono state uccise in questo attacco a Cramatorsche

che è molto illustrativa perché la loro madre è stata in un'ospedale dopo un altro

attacco russo e queste ragazze sono venute con il loro padre da un altro villaggio più

sicuro per visitarla in un'ospedale e stavano tornando, per via sono passati da questa pezzeria

a fare la cena, quindi questo vi dice tanto su come la guerra è presente e come ognuno

rischia in ogni momento, come non puoi passare la vita in un rifugio, non puoi vivere 24

ore su 24, 7 giorni su 7 in un rifugio, la gente è cosciente che c'è un rischio che

potrebbe morire, ma molti come Victoria accettano questo rischio perché non vogliono arrendere

la loro vita, non vogliono arrendersi, non vogliono dire ok allora non viviamo, non usciamo,

non facciamo nulla perché possiamo morire, no viviamo ancora di più, usciamo ancora

di più, lavoriamo ancora di più perché così contribuiamo la resistenza e aiutiamo l'Ucraina

di vincere questa guerra.

Grazie a Olga Tokariuk, grazie a voi, grazie a Yadina Gruscia, grazie a voi.

Il libro della settimana è consigliato da Daniele Cassandro, editor di Cultura di

Internazionale.

Luis Mary Wether è una giornalista, scrittrice e attivista afroamericana nata nel 1923.

Quando papà dava i numeri è stato il suo primo romanzo ed era uscito nel 1970 con una

prefazione del grande scrittore afroamericano James Baldwin.

La casa di Trisha Sur lo ripropone per la prima volta in italiano nella traduzione

Silvia Manzio.

È la storia di Frensi, una dodicenne di Harlem che guarda il mondo intorno a lei con occhio

curioso e disincantato.

Frensi è una bambina ancora capace di sognare occhi aperti ma è già consapevole dei pericoli

e delle storture del suo quartiere.

Siamo nella New York degli anni 30, tra la grande depressione e i fermenti di quel movimento

intellettuale noto come Harlem Renaissance.

Lo sguardo di Frensi è innocente e spietato allo stesso tempo, pieno di spunti umuristici

ma anche di presi di coscienza brucianti.

Quando papà dava i numeri è una storia di crescita personale sullo sfondo di un Harlem

pericolosa, povera e sporca, ma anche straordinariamente vitale e solidale.

Luis Meriweather, quando papà dava i numeri, sur.

Sottotitoli a cura di QTSS

Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.

Per giorni il paese è stato attraversato da manifestazioni che hanno portato nelle strade migliaia di persone, con scontri molto violenti con la polizia. Il 27 giugno due razzi russi hanno colpito un ristorante pieno di persone a Kramatorsk, in Ucraina, uccidendo 13 persone tra cui una famosa scrittrice.

Brune Seban, traduttrice, da Parigi

Olga Tokariuk, giornalista ucraina
Yaryna Grusha, docente di ucraino e traduttrice

Video Francia: https://www.youtube.com/watch?v=yelw912aIqo
Video Victoria Amelina: https://www.youtube.com/watch?v=l-4lV0PQj-E&t=133s

Scrivi a podcast@internazionale.it o manda un vocale a +39 3347063050
Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.