Il Mondo: Le elezioni più importanti del 2023 sono domenica in Turchia. Geopolitica di Eurovision.

Internazionale Internazionale 5/12/23 - Episode Page - 26m - PDF Transcript

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nazionale.

Quattordesimaggio in Turchia si svolgeranno le elezioni presidenziali, se nessun candidato

riuscirà a raggiungere la soglia del 51% ci sarà un secondo turno il 28 maggio e contemporaneamente

si svolgono anche le elezioni parlamentari. A sfidarsi sono il Presidente Recep Tayy

Pertoghan sostenuto da un'alleanza chiamata Alleanza del Popolo che comprende il suo

partito eslamoconservatore giustizia e sviluppo e il partito del movimento nazionalista che

è una formazione di estrema destra nazionalista. Dall'altra parte, Kemal Kilish Daroglu, economista

di 74 anni, leader del Partito Repubblicano del Popolo di centro sinistra, ha sostenuto

da una coalizione dei principali sei partiti di opposizione che va dal centro sinistra

alla destra nazionalista e religiosa. Non incluso in questa alleanza è il Partito

Democratico dei Popoli, un partito di sinistra filo curdo forte soprattutto nell'area a

maggioranza curda che, pur non essendo stato incluso formalmente nell'alleanza, ha espresso

il suo sostegno a Kilish Daroglu. Gli ultimi sondaggi danno per favorito Kilish Daroglu

che è avanti di qualche punto rispetto a Erdogan, ma questo vantaggio potrebbe ampliarsi

ulteriormente dopo la notizia del ritiro di Muare Mince, un candidato di sinistra che probabilmente

avrebbe sottratto punti a Kilish Daroglu. Perché questa volta la vittoria di Erdogan

non è scontata? Principalmente perché per la prima volta l'opposizione si presenta

unita a un'elezione generale. È stato un processo molto lungo e difficile perché le

differenze tra i partiti sono forti e fino all'ultimo è stato in dubbio se sarebbero

riuscite a cordarsi su un candidato comune, ma alla fine la volontà di mettere fine

all'era di Erdogan ha prevalso sulle differenze. Inoltre il voto si svolge a tre mesi di distanza

dal disastroso terremoto del 6 febbraio che ha provocato 55.000 morti nel suo veste la

Turchia e che ha societato forti polemiche soprattutto per l'inadequatezza dei soccorsi

ma anche perché ha rivelato la rete clientelare di appalti e la violazione delle regole sulle

costruzioni antisismiche che si era creata durante l'era di Erdogan. Se Erdogan è riuscito

a mettere a tacere in parte queste polemiche grazie al suo controllo sui mezzi di informazione

non è però riuscito a nascondere gli effetti della gravissima crisi economica che ha colpito

la Turchia negli ultimi anni soprattutto a causa della sua ingerenza nella politica

della banca centrale con un'inflazione che ha toccato l'80% nel 2022 che attualmente

si trova oltre il 40%. È stato questo il tema centrale della campagna elettorale ed

è questo soprattutto che gli elettori rimproverano a Erdogan.

Ecco come siamo arrivati fin qui? In questi vent'anni alla guida della Turchia come ha

governato Erdogan? Erdogan sarà sicuramente ricordato come una

delle figure più significative della storia moderna della Turchia. È stato il primo leader

democraticamente letto a riuscire a opporsi al potere dei militari che dal 45 a 2003

avevano compiuto quattro colpi di Stato e avevano esercitato un controllo quasi assoluto

sulla politica del Paese. Ha dato voce alla maggioranza islamica della Natalia che fino

ad allora era stata marginalizzata dall'elit secolariste e ha riuscito a invertire la crisi

economica cominciata nel 2001 restabilendo la crescita e arricchendo decine di milioni

di Turchi di classe media e povera che sono rimasti fedeli a lui per tutti questi anni.

Per questi successi è stato lodato durante i primi anni il suo mandato e è considerato

un modello per un islam politico moderato che anche gli altri paesi musulmani della

regione avrebbero potuto imitare. Inoltre ha cercato di mettere fine alla questione

curda prendo una drattativa di pace con il pick up k, approfittando del fatto che molti

dei suoi sostenitori vinivano dalla minoranza curda.

Oggi però conosciamo Erdogan come un leader autoritario che reprime il dissenso che ha

ridotto l'indipendenza dei mezzi di informazione della magistratura. Cosa è cambiato?

In il corso degli anni il tentativo di Erdogan di rivoluzionare l'assetto istituzionale della

Turchia e di aprire appunto alla partecipazione della religione dell'islam nella politica

ha societato resistenze sempre più forti all'interno della società con molti che

lo accusavano di voler islamizzare il paese. Questo malcontento è diventato evidente durante

le proteste del parco Kezi del 2013 a Istanbul quando le proteste per la distruzione di un

parco della città sono diventate il catalizzatore per un movimento di massa che ha espresso

per la prima volta l'ampiezza del dissenso nei suoi confronti. Erdogan ha risposto a

questa sfida adottando uno stile sempre più autoritario e cercando di esercitare un controllo

sempre più forte sulle istituzioni. Questa tendenza si è accentuata ulteriormente

dopo che nel 2015 il suo partito ha perso la maggioranza in parlamento per la prima volta.

A quel punto Erdogan ha cercato di recuperare voti rompendo la tregua con il pick up a

capa e riaccendendo il conflitto con i kurdi in modo da accadalizzare il voto dell'elettorato

nazionalista. Questo però ha portato a una nuova ondata di violenza nel suo testo del paese che

l'ho portato a perdere il sostegno degli elettori kurdi su cui aveva contato fino a quel momento

Il vero punto di svolta però è arrivato nel 2016 con il tentato colpo di Stato ordito da una

parte dell'esercito che è fallito per poco e che Erdogan ha attribuito a un complotto ordito

dall'Occidente e dalle potenze stranieri ostili messo in atto dal movimento di Fetulla Gulen che

era stato un suo alleato fino a poco tempo prima. Erdogan ha reagito al colpo di Stato con un ondata

di operazioni senza precedenti, licenziando 160.000 funzionari pubblici e arrestando 70.000

persone spesso con accuse inconsistenti e ha rotto con gli Stati Uniti che accusava di aver

sostenuto attivamente il colpo di Stato. L'anno successivo Erdogan ha varato una riforma per

trasformare il sistema parlamentare in uno presidenziale in modo da centralizzare il potere

dato che nel fattempo aveva assunto la carica di presidente. L'anno successivo nel 2018 c'è

stato il crollo della Lira Turca che ha portato il suo partito a perdere ulteriormente consensi e ha

posto le basi per la sconfitta alle amministrative del 2019 durante le quali il partito di Erdogan

ha perso il controllo di Istanbul, di Ankara e di altre città fondamentali.

E se il 14 maggio dovesse essere sconfitto cosa possiamo aspettarci?

Innanzitutto non è detto che all'opposizione basti vincere le lezioni per arrivare al

governo infatti la legge elettorale attuale favorisce accepts il partito più grande che è il

partito giustizio e sviluppo di Erdogan quindi una vittoria di misura potrebbe non bastare per

ottenere la maggioranza in Parlamento. Inoltre alcuni temono che Erdogan possa cercare di sfruttare

la sua influenza e il suo controllo sul Commissione elettorale e sulla magistratura per

imbalidare il voto e costringere una ripetizione oppure semplicemente ignorare il risultato del

voto e decidere di rimanere al potere cosa che probabilmente significerebbe la transizione

della durchia verso un sistema abbertamente autoritario. In ogni caso anche se l'opposizione

riuscisse ad arrivare al potere le differenze tra i partiti che la compongono sono dalmente

profonde che è difficile immaginarsi una vera rivoluzione almeno nell'immediato. La priorità

dichiarata di Kilish Taroglu sarà l'immediare alle riformi più discusse dell'era Erdogan a

cominciare dal passaggio al sistema presidenziale e al mettere fine alla persecuzione degli oppositori.

Un altro provvedimento che c'è da aspettarsi nei primi giorni è la ratifica della desione

della Svezia alla NATO che la durchia aveva fino ad era bloccato. Per quanto riguarda la

questione curda è difficile aspettarsi delle concessioni significative dato che all'interno

dell'opposizione c'è un partito nazionalista che è contrario a qualsiasi apertura in questo

senso. Per quanto riguarda invece i rapporti con l'Unione Europea probabilmente assisteremo

a una distensione nei toni è difficile pensare a una ripresa del processo di adesione dato che

l'opposizione di molti paesi europei all'ingresso della durchia è ancora forte non cambierebbe

da un giorno all'altro. Una misura fondamentale sarà restabilire l'indipendenza della banca

centrale anche se nell'immediato potrebbe provocare un forte aumento dei tassi di interesse che

a sua volta potrebbe innescare una crisi economica che potrebbe mettere a rischio la stabilità del

governo. Grazie a Gabriele Crescente. Grazie a voi. Chiara Nielsen, vice-direttrice di

Internazionale, presenta tre lavori che hanno vinto il premio Pulitzer.

Queste settimane sono stati assegnati negli Stati Uniti Premi Pulitzer che sono

considerati più importanti riconoscimenti giornalistici del mondo anche se poi in realtà ci

sono dei Pulitzer pure per la letteratura e la musica. I premi sono assegnati dalla

Columbia University di New York. Quest'anno sono andati a vari lavori sulla guerra in

Ucraina di grandi giornali e agenzie di stampa ma come ogni anno tra vincitori ci sono anche

quotidiani i siti locali. Il premio più prestigioso, quello per la categoria public

service giornalismo per il bene pubblico, è andato a una squadra di giornalisti dell'agenzia

Associated Press per il loro reportage dalla città ucraina sediata di Mariupol.

Internazionale ha pubblicato questi articoli nel numero del 25 marzo 2022 con il titolo

di Copertina, 20 giorni a Mariupol. Poi sul sito internazionale è stata invece pubblicata

la visual investigation della squadra di giornalisti al New York Times, premiata nella categoria

International Reporting, per un video sulle strade di bucia che abbiamo intitolato inchiesta

su un massacro. Infine, per la categoria Illustrated Reporting

and Commentary, il Pulitzer è andato la giornalista britannica Mona Chalabi, che per il New York

Times Magazine ha realizzato alcune illustrazioni che aiutano a capire il livello di ricchezza

e di potere di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon. Nel numero 1460 di internazionale

abbiamo usato queste illustrazioni per accompagnare l'articolo di Copertina dal titolo, i miliardari

sono un peso per tutti.

Il 9 maggio è cominciato all'Everpool, l'edizione

di

ha scritto il libro Capire l'Aurovision per volo libero.

L'Aurovision è, innanzitutto, la più grande manifestazione musicale al mondo che viene

seguita ogni anno da oltre 200 milioni di inspettatori che si riuniscono per questo rito annuale

e sempre di più anche politico, perché nel corso del tempo questa enorme audience e una

serie di particolarità del regolamento hanno fatto sì che l'Aurovision sia anche diventata

una sorta di cartina di torna sole per osservare e pesare il soft power, cosiddetto, dei paesi

partecipanti, cioè la capacità di attrarre e influenzare gli altri, non solo con la forza,

ma in questo caso attraverso la cultura e i valori, e specificamente attraverso le canzoni

e tutto quello che avviene durante l'Aurovision.

Facciamo un passo indietro, come è nata questa competizione canora?

Il format veniva un po' dal Festival di Sanremo, però la volontà e il motivo per cui viene

creato dall'Unione europea di radio diffusione è in linea con quello che in quegli anni

stava accadendo tutto il percorso di ripacificazione dell'Europa che usciva dalla seconda guerra

mondiale, quindi non è un caso che alla prima edizione partecipino gli stessi paesi che vanno

a formare la comunità europea del carbone dell'acciaio, quindi la base di quello che poi diventerà

l'Unione europea, più la Svizzera che ospita l'Unione europea di radio diffusione, quindi

Germania, Italia, il Benelux e la Svizzera. Per semplificare, possiamo dire che nasce

per spingere il pubblico a tornare a guardare artisti tedeschi, artisti francesi attraverso

la frontiere. Poi nel tempo però ha seguito lo sviluppo dell'Unione europea, quindi si

ha allargato sempre di più, prima verso il Nord, poi dopo verso il Mediterraneo, diventato

sempre più grande e in particolare dopo gli anni 2000 si è allargato fino ad arrivare

a partecipare quasi una cinquantina di paesi e rappresentare veramente una manifestazione

che riunisce spezia tutta il continente.

In tutti questi decenni è rimasta sempre fedela se stessa la formula o è valuta in qualche modo?

E' cambiata molto, in particolare è cambiata dopo il 2000, in senso che attorno al 1999 e 2000 sono stati vari modifiche,

in particolare la possibilità di cantare in lingue diverse dalla propria, questo ha aperto la possibilità

di competere per paesi con lingue che molto poche conosciute, come il lituano o altri che potevano

in questo momento cantare in inglese, e poi soprattutto il metodo di voto e quindi da quando c'è

il televoto, perché prima votavano solamente delle giurie, poi ha votato solamente il televoto e questo

ha rivoluzionato completamente le gerarchie, perché se prima le giurie potevano essere più

influenzate dal soft power che è ancora una volta della Francia o dei paesi, poi invece il

pubblico mostra dei risultati completamente diversi, fino ad arrivare a oggi che c'è una

sintesi tra tutti questi, sia un voto di giurie che un voto del pubblico.

L'Italia in tutto questo in questi decenni ha avuto un atteggiamento abbastanza discontino

nei confronti di Eurovision, e la bandifestazione si può dire che è stata un po' riscoperta di

recente dagli italiani, come mai?

È una serie di fattori che si intrecciano fra loro, il punto di vista più tecnico diciamo,

c'è il fatto che la RAI non abbia mai spinto, non abbia mai investito particolarmente su

Eurovision, non si sa se perché già c'era il festival di San Remo e questo bastava,

anzi questo avrebbe potuto oscurare la miraglia di San Remo e quindi molti italiani non lo conoscevano

neanche, le puntate venivano trasmesse indifferita in orari infelici, non era certo lanciato come

un evento, quindi c'era una scarsa conoscenza motivata da aspetti televisivi da questo punto

di vista, perché questo si è avvenuto io azzardo delle ipotesi, vogliamo chiamarle

psicodiplomatico, nel senso che politicamente nessuno ha mai detto alla RAI investi su questa

cosa, veniva fatto un po' come all'interno del compitino del processo di integrazione

europea, facciamo anche questa, come facciamo giochi senza frontiere, come facciamo queste

altre cose, ma senza capirne il peso, o quantomeno senza sentirne la necessità, per esempio la

Germania sentiva il bisogno di farsi perdonare da questo punto di vista, quindi ci mette 30 anni,

ma alla fine dopo 30 anni riesce a vincere con una canzone che non a caso si chiama un po' di pace,

la Francia aveva una spinta patriottica, aveva tutta una serie di paesi francofoni che la sostenevano

e così via, la Spagna inizia a partecipare quando è ancora sotto il regime di Franco e quindi è

un'opportunità di apertura e di essere accolti quando ancora si è un po' dei pari

internazionali, così via, l'Italia non sentiva nessuna di queste esigenze strategiche, di conseguenza

a un certo punto per la scarsa successo si ritira a partire dal 97, per 15 anni, e si perde proprio

questa trasformazione di cui parlavamo prima, questa hyper politicizzazione, questa diventa

molto più grande, i partecipanti raddoppiano con tutti i paesi dell'est, aumenta la spettacolarità,

aumenta il pubblico, aumenta tutto, aumenta anche l'aspetto politico, quindi quando ritorna

l'Italia nel 2011 si ritrova davanti a uno spettacolo completamente diverso, lì ha iniziato a

rinteressarsi e poi ovviamente con la vittoria dei maniskin questo ha dato una maggiore visibilità.

Il particolare sistema di assegnazione dei punti e quindi anche della vittoria fa parlare proprio

di una diplomazia di Eurovision, ci spiega in che senso? Sì questo è il vero colpo di genio

dei funzionari europei che l'hanno creata e quello che fa la differenza rispetto a comunque

altra competizione internazionale, cioè che non si può votare per il proprio paese,

questo era come abbiamo detto nasce con una funzione positiva però poi ci sono state delle

applicazioni un po' più controvesse soprattutto perché a livello più semplice succede che ci

sono paesi che sono tra loro vicini e quindi hanno sia una vicinanza politica che gusti comuni dal

punto di vista musicale e culturale magari che sono lasciato di passati imperi o momenti storici

di vicinanza. L'esempio per eccellenza è quello dello scambio regolare di voti tra Grecia e

Repubblica di Cipro, parlano la stessa lingua, sono politicamente vicini, i musicisti fanno parte

dello stesso mercato musicale e quindi ogni anno si scambiano i 12 punti quindi il massimo che

può essere assegnato tra i fischi del pubblico perché altro momento fondamentale è anche questo

partecipa a dare una carica politica al tutto, l'assegnazione dei punti da parte di ogni paese

avviene pubblicamente quindi ognuno viene in collegamento dalla capitale del paese,

assegna i propri massimi punti a un altro paese quindi rendendo ancora più pubblico

la dichiarazione di vicinanza o invece di ostilità. Però ce ne sono tantissimi altri come il cosiddetto

blocco scandino o blocco vikingo quindi tra i paesi della scandinavia o blocchi nell'exugoslavia

oppure in generale nei paesi ex sovietici. La scorsa edizione è stata vinta dall'Ukraine

anche sull'onda emotiva dell'invasione russa venuta pochi mesi prima. Storicamente in che modo i

conflitti bellici o anche solo diplomatici tra i paesi hanno influenzato il modo in cui per sé svolta

questa gara. Proprio conflitto tra Ukraine e Russia è quello che più ha influenzato la

manifestazione non solo adesso ma negli ultimi vent'anni. Altri però sono quelli ad esempio

tra l'Armenia e l'Azerbaijan, altre competizioni oppure nell'exugoslavia ci sono stati diversi

episodi oppure il fatto che non ci siano partecipazioni da paesi arabi che potrebbero partecipare

ma per protesta per la presenza di israele oppure il caso della brexit con il regno unito che ha

preso ripetutamente 0 punti arrivando ultimo dopo la scelta di uscire dall'Unione europea. Però

bisogna è un po' forse più complicato anche di così. Non sempre sono rapporti diretti perché per

esempio non basta essere in vasi per vincere quindi in molti hanno preso la vetra dell'Ukraine

come in questo modo ma ad esempio la Bosnia partecipò la prima volta proprio durante la serie

di Sarajevo. Il cantante Bosnico uscì di notte da Sarajevo per riuscire a partecipare e arrivò

16. E' un po' più complessa. L'Ukraine in ultimi vent'anni aveva costruito una rete di relazioni proprio

grazie all'Eurovision. Quindi è quasi il contrario in questo caso. Mi viene quasi da dire che la

resistenza successiva e il supporto internazionale nel caso dell'invasione e dopo l'invasione sono

venuti anche grazie all'Eurovision, è quasi il contrario. E anche nel caso della brexit,

sì, senz'altro c'è una correlazione però è anche vero che i risultati erano negativi anche

prima quasi che guardando l'Eurovision uno possa anzi anticipare quelli che siano dei fenomeni di

distaccamento in questo caso. Cioè il Regno Unito già si era distaccato prima della brexit.

Un'ultima domanda che non posso non farti, chi vincerà secondo

l'edizione di quest'anno? Anche in questo caso ci entrerà un po' la politica perché dopo

l'espulsione di Russia e Belarusia degli ultimi anni e quest'anno il ritiro di Bulgaria, Montenegro

e Macedonia, questi blocchi di voto slavi diciamo hanno perso molti punti e questo quindi ha ridato

peso ai vecchi blocchi di voto come quello scandinovo. Quindi la Svezia quest'anno potrà ricontare su un

grosso blocco di voto e in più porta una cantante particolarmente a matra pulico dell'Eurovision

che già l'ha vinto in passato e quindi direi che è la decisa favorita per la vittoria.

Grazie Giacomo Natali. Grazie a voi.

Il film della settimana è consigliato da Piero Zardo, editor di cultura di internazionale.

Plan 75 di Cie a Iakawa affronta un tema sempre in qualche modo attuale, cioè l'euvanasia.

Il punto di vista non è nuovo ma è sicuramente insolito almeno in Italia. L'idea è che nel

Giappone di oggi, anzi di domani, il governo approvi un piano per incentivare gli anziani

soli, non più autosufficenti, diciamo a togliersi elegantemente di mezzo.

Michi, che ha 78 anni e hanno danno ancora autosufficente, ma alla fine decide di aderire

al piano del governo perché la sua vita è sempre più precaria, vede le persone che

conosce, che frequenta morire intorno a lei, insomma è sempre più sola, sempre più

spinta ai margini della società. Il film non è una distopia perché in Giappone,

dove la popolazione invecchia molto rapidamente, la premessa non è fantascientifica, realistica,

diciamo. E non è neanche una provocazione, anche se in maniera molto discreta, la regista

a Iakawa sottolinea dei paradossi e delle situazioni quasi ironiche che si creano intorno

a questa vicenda.

Invece il tono sobrio, l'assenza di ogni forzatura, di sentimentalismi, di ricatti

sentimentali, appunto, ci mette nella posizione ideale per riflettere su un argomento che

in qualche modo in Italia prima o poi dovremmo affrontare e in più possiamo apprezzare plenamente

l'interpretazione dell'attrice protagonista, cioè Chieko Baishou, che ha una grandama

del cinema giapponese, che fornisce un'interpretazione magnifica.

Plan 75 è uscito il 11 maggio nel sale.

Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.

Si vota per rinnovare il parlamento ed eleggere il presidente, e l’attenzione è rivolta soprattutto alle presidenziali, una sorta di referendum sul presidente in carica Recep Tayyip Erdoğan. Il 9 maggio è cominciata a Liverpool l’edizione 2023 di Eurovision, la gara canora più vista nel mondo.

Gabriele Crescente, editor di Europa di Internazionale
Giacomo Natali, analista di comunicazione e geopolitica

Video Turchia: https://youtu.be/4AHH8KIeGAs

Video Eurovision: https://www.youtube.com/watch?v=RZFoFiasrE0

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.