Il Mondo: L’avvelenamento di centinaia di ragazze iraniane. La Corea del Sud cerca di riavvicinarsi al Giappone.

Internazionale Internazionale 3/8/23 - Episode Page - 25m - PDF Transcript

Dalla redazione di internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi

Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di internazionale.

Oggi vi parleremo del presunto avvelenamento di centinaia di ragazze in

Iran e del piano della Corea del Sud per esercire i sudcoreani costretti a

lavori forzati durante l'occupazione giapponese e poi di congelo mestruale e

di una serie tipù francese.

È mercoledì 8 marzo 2023.

Un crimine grave e imperdonabile è così che la Yatollah Khamenei definisce

il probabile avvelenamento di centinaia di ragazze che frequentano le scuole femminili in Iran.

Nessuno ha rivendicato questi presunti attacchi e non c'è neanche

certezza che siano collegati tra loro, ma in tutto il Paese si multiplica nei casi di

ragazze ricoverate con sintomi da intossicazione e mentre le istituzioni iraniane faticano a dare una spiegazione precisa a quello che sta accadendo, sullo sfondo resta il sospetto che si possa trattare di una forma di rappresalia per le manifestazioni contro il regime che sono scoppiati in Iran nei mesi scorsi.

18 studenti sono sentite male, sono state portate in ospedale.

Dallora le segnalazioni si sono moltiplicate in tutto il Paese.

Secondo un conteggio ufficiale sono più di 52 istituti coinvolti e sarebbero centinaia se non addirittura mille o di più le ragazze colpite.

Si tratta soprattutto di dicea femminili in Iran e le scuole sono divise in basa al sesso, ma ci sono state anche delle scuole elementari.

Gli ultimi casi registrate finora si sono verificati domenica scorza, il 5 marzo in 3 città, ma in questi mesi ci sono stati episodi anche della capitale Tehran e molte altre città in varie zone del Paese.

Quali sono quindi le possibili case di questi avvelenamenti?

Il fenomeno si ripete sempre allo stesso modo, le giovani hanno raccontato di aver sentito lo due risgradevoli o sconosciuti e poi manifestano sintomi come nausea, fanno, vertiggini.

Alcune sono state ricoverate per poco tempo, per ora non sembrano esserci state gravi conseguenze, però non è ancora chiaro se i sintomi scompariranno nel tempo.

Secondo diversi esperti internazionali consultati da mezzi di informazione come il Gardian e la BBC, gli attacchi non sembrano sofisticati.

Qualcuno ha avanzato all'ipotesi che possa essere stato usato un blando organo fosfato, che di solito è impiegato in agricoltura come pesticida.

Però i risultati di alcuni esami del sangue delle ragazze che sono arrivati per via informali e non ufficiali nelle mani di un professore di tossicologi ambientali dell'Università di Litz, nel Regno Unito,

smentirebbero queste ipotesi perché non ci sarebbero segni di tossine.

Ovviamente dovrebbero essere infatti altri esami molto più sistematici e approfonditi, però il momento delle autorità sanitarie iraniane non sembrano risposte a compiere questo esame o quantomeno a condividerli.

E su il possibile mandante di questi attacchi non si sa nulla. Quali sono le ipotesi o le spiegazioni che girano in Iran e anche sulla stampa straniera?

Sì, la vicenda ha molti lati oscuri, a volta proprio da una grande confusione, anche perché in Iran ovviamente informazioni circolano in modo intermittente e difficile da verificare.

E così appunto sono state date, avanzate varie ipotesi, sono state lanciate varie accuse sulle motivazioni e sulle modalità degli attacchi.

Molte persone credono che le studenti siano state prese di mira per aver partecipato alle protesse contro il governo degli ultimi mesi,

altri insistono che l'obiettivo è far chiudere le scuole femminili.

Secondo queste ipotesi, alcuni gruppi estremisti vorrebbero rimettere in discussione la scolarizzazione femminile dopo i 12 anni come hanno fatto i tali in Afghanistan.

Diversi esperti hanno sottolineato anche delle similitudini con una serie di misteriose intossicazioni avvenute appunto nelle scuole afghane negli anni di 2010.

Oppure si parla anche di possibili casi di emulazione.

Poi c'è anche chi suggerisce

che ci possa essere un fattore psicologico, per esempio uno psichiatra epidemiologo citato dalla BBC, soziani che potrebbe trattarsi di un caso di malattia sociogenica di massa,

in cui sintomi si diffondono in un gruppo di persone senza che ci sia una causa biomedica evidente.

Cioè i sintomi sono reali, ma sono causati però dall'anzia e questo potrebbe essere legato alle manifestazioni che hanno scosso il Paese.

Parliamo proprio di queste protesti. Ci ricordi un pochino a grandi linee cosa è successo e in che modo quelle protesti poi possono essere direttamente legate a questi episodi?

Le scuole femminili sono state uno degli epicentri della grande protesta contro il regime eraniano che si è diffusa in tutto il Paese da metà a settembre.

È stato seguito la morte di Masajina Mini, una ragazza arrestata dalla Polizia religiosa perché ha accusata di indossare il velo in modo scorretto. Le giovani anche giovannissime sono state in prima linea nella protesta,

e loro sono state uccite e sono diventate dei simboli potentissimi, ispirando molte altre donne e ragazze. Quindi è difficile pensare che in un modo o nell'altro queste intoxicazioni non siano collegate a quello che è successo nei ultimi mesi in Iran e che comunque non è ancora finito.

E le autorità come hanno reagito e come hanno commentato e cosa stanno facendo? Qual è l'atteggiamento del regime nei confronti di questa serie di avvenenamenti misteriosi?

Per aver ignorato a lungo gli incidenti le autorità sono state costrette a esprimersi sulla vicenda dato il susseguirci delle intoxicazioni e anche l'attenzione crescente dei mezzi di informazioni internazionali.

Il primo marcio è il Presidente, Brian Reisy ha ordinato l'apertura di un'inchiesta, è stato formato un comitato apposito, mentre il sei marcio per la prima volta è leader supremo, Alicca Menei ha parlato pubblicamente del caso, sostenendo che le intoxicazioni sono state causate intenzionalmente e colpevoli dovrebbero essere condannati a morte per aver commesso crimini imperdonabili.

Proprio ieri ci sono stati i primi arresti legati alla vicenda, si parla di diverse persone arrestate in cinque province, ma non sono stati diffusi ulteriori dettagli, l'endaggini comunque vanno avanti.

Intanto in un comunicato nel 2 marcio il Consiglio Zendacale degli insegnanti ha invitato alla popolazione a scendere in piazza per denunciare la situazione, ci sono già state diverse proteste anche organizzate da genitori e cittadini.

Ci può dire se ancora sono in atto in parte del Paese delle proteste e soprattutto la suppressione da parte del Regime?

In questo momento la mobilitazione si è attenuata per vari motivi, innanzitutto la terribile repressione delle autorità, che secondo le organizzazioni per i diritti umani, da metà a settembre hanno ucciso 500 persone e ne hanno arrestate 20.000 oltre ad aver eseguito la condanna a morte di 4 uomini.

A pagare il tributo più pesante nei riscontri con le forze di sicurezza sono state proprio le ragazze, i ragazzi di licei e di università.

Poi hanno pesato anche sicuramente dei fattori economici, spingendo una popolazione già molto provata dalle sanzioni internazionali a tornare alle loro occupazioni.

Facciamo anche il freddo invernale, però quello che è certo è che in Iran qualcosa è cambiato e che le giovani e i giovani non sono disposti a tornare indietro. Lo diceva molto bene un articolo che abbia pubblicato qualche settimana fa su Internazionale, in cui un giornalista o una giornalista anonima raccontava che a Tehran e in altre città del Paese si vedono molte donne andare in giro a capo scoperto, sfidando apertamente una delle regole della Repubblica islamica.

E che le autorità sembrano chiudere un occhio davanti a questi comportamenti impensabili fino a qualche mese fa.

Quindi come se ci fosse uno stallo che in questo momento va bene a tutti, il regime ha fatto qualche timidissima apertura, comunque è più tollerante, appatto che il suo potere non venga messo in discussione.

E le giovani e giovani, ma non solo anche persone più adulte, continuano a portare avanti la mobilitazione online o in altri modi meno apertamente sfidanti nei confronti delle autorità.

Aspettando la prossima ondata rivoluzionaria che molti sono convinti si verificherà prima o poi.

Grazie a Francesca Anietti.

Grazie a voi.

Una legge approvata in Spagna introduce un congedo per chi soffre di mestruazioni dolorose.

Lo racconta in un articolo su internazionale.it, Giulia Blasi, che ha appena pubblicato per il battello a vapore il libro per adolescenti scintila nel buio.

La Spagna ultimamente ha fatto passare una legge per il cosiddetto congedo mestruale, un argomento che da noi è ancora tabù perché di mestruazioni non si parla.

È come se la mestruazione fosse una cosa che deve necessariamente succedere, ma non se ne deve parlare.

Ma che cos'è questo congedo mestruale? Si tratta di giorni di congedo da aggiungersi ai giorni di malattia già garantiti dai contratti nazionali che permettono le donne che soffrono di disturbi correlati alle mestruazioni di rimanere a casa, lavorare da casa o prendere dei giorni di congedo proprio per curarsi.

I disturbi legati alle mestruazioni sono considerati un po' una inevitabilità della vita femminile. Molte donne soffrono di disturbi che vanno dai crampi fino addirittura alla nausea e a disturbi gastrointestinali gravissimi, cali di pressione.

Comunque, malesteri che generalmente rendono molto difficile, se non impossibile per loro, condurre una vita normale fuori casa. Succede a varie fasi della vita, in vari momenti dell'esistenza, sono disturbi però che possono essere anche molto invalidanti.

Se una donna o come una persona che ha le mestruazioni è costretta a ricorrere i giorni di malattia o addirittura i giorni di ferri e rischia di esaurirli perché come è noto il ciclo mestruale si ripresenta ogni 28 giorni circa, il problema è consistente e regolare.

Quindi, una legge che va incontro a una necessità specifica delle donne ma che da molte persone è vista come un arretramento sul cammino della parità. Nell'articolo ho provato a spiegare perché non lo è e perché è necessario e in molti paesi, soprattutto in Oriente, è già una realtà.

Il 6 marzo, il ministro degli astri sudcoreano, Park Jin ha annunciato che il governo di Seoul istituerà un fondo per risarcire i sudcoreani che, tra il 1910 e il 1945, quando il Paese era occupato dal Giappone,

furono costretti a lavorare nelle fabbriche giapponesi. È una delle iniziative più importanti in traprese finora per risolvere una disputa antica.

Dal punto di vista di Tokyo, la questione delle vittime e dei lavori forzati è già regolata da un trattato del 1965, quando il Giappone, riconoscendo le sue responsabilità, pagò alla presidenza del Giappone.

L'accordo, però, non ha mai soddisfatto molti coreani che hanno continuato a chiedere giustizia per le vittime dei crimini commessi da giapponesi durante l'occupazione.

Nel 2018 la Corte Suprema sudcoreana ha ordinato a due aziende giapponesi di risarcire 15 sudcoreani messi a lavori forzati durante la Seconda Guerra Mondiale.

In base al piano annunciato da SEUL, a pagare questi inizii non sarebbero quindi le aziende giapponesi, ma il fondo istituito dal governo sudcoreano.

Ne parliamo con Marco Zappa, ricercatore di studi sul Giappone all'Università Kafoscare di Venezia, che in questo momento si trova a Tokyo.

Questo piano, come lo conosciamo per la proposta che sarebbe stata fatta dal governo sudcoreano, prevede di creare un fondo finanziato soprattutto da soggetti privati sudcoreani,

a cui potranno partecipare anche aziende, soprattutto giapponesi, e che dovrebbe raccogliere denaro da versare come indennizzo a vittime del sistema di deportazione di lavoratori dalla penisola coreana al Giappone,

negli anni della dominazione giapponese della penisola coreana, quindi tra il 1910 e il 1945, e i loro familiari sostanzialmente.

Che cosa è successo in quel periodo? Ci puoi raccontare quei 35 anni di dominazione giapponese? Quali crimini furono commessi in Corea del Sud?

La dominazione giapponese nella penisola coreana, perché si tratta di estendere un po' lo sguardo anche al nord del 38esimo parallelo, prima naturalmente del 1945, quindi del ritiro delle forze giapponesi della penisola non esisteva la differenza corea del sud, corea del nord, inizia appunto nel 1905 e 1906,

quando l'impero giapponese riceve un mandato dalla società delle nazioni e istituisce un protettorato sulla penisola.

Dopo pochi anni il protettorato lascia il posto sostanzialmente un'annessione a pieno titolo all'impero giapponese e quindi l'allora insomma impero di Corea perde la sua indipendenza a favore naturalmente dell'imperatore del sovrano giapponese.

Una volta perfezionata l'annessione della penisola coreana e una volta insomma istituzionalizzato anche il governo giapponese sulla penisola, avvengono quelli che sono processi che vediamo e a cui abbiamo assistito in tutte le altre imprese imperialistiche del XX secolo.

Una sostanziale attenzione allo sfruttamento delle risorse territoriali e non solo. Nel caso della dominazione giapponese sulla penisola coreana abbiamo una serie di cose che oggi insomma noi definiamo crimini a tutti gli effetti come deportazione di lavoratori costretti appunto a lavorare a regimi forzati,

senza uno stipendio nelle fabbriche giapponesi soprattutto in periodo bellico e sfruttamento anche naturalmente del corpo per esempio di centinaia di migliaia di donne che vengono costretta a prostituirsi per le forze di occupazione giapponesi.

Il Giappone questa questione si è chiusa nel 1965 con un accordo in base al quale Tokyo ha pagato milioni di risarcimenti a Seoul e ai cittadini sudcoreani. Come si arrivò a quell'accordo e perché non ha mai soddisfatto una parte delle vittime e delle opinioni pubbliche sudcoreana?

L'accordo del 1965 è sostanzialmente un trattato di tipo economico, risolve questioni appunto legate alla proprietà, per esempio degli stabilimenti giapponesi installati sul territorio della Repubblica di Corea. Quindi risolve una questione di trasferimento di proprietà.

Risolve naturalmente anche, come dicevi giustamente, in parte, anche se non viene specificato nel testo del trattato, la questione degli indennizi di guerra. Si lasciano delle ambiguità in quel trattato, ambiguità che non hanno mai davvero soddisfatto soprattutto una parte politica specifica dello spettro costituzionale,

ecco poi della Repubblica di Corea, quando in questo modo si configura alla fine degli anni 80 con le riforme democratiche, e in particolar modo il fronte progressista che ha insistito e ha fatto del convincere,

dello spingere il Giappone a riconoscere a pieno titolo anche da un punto di vista morale le proprie responsabilità nel periodo di occupazione della penisola coreana. È una battaglia che nasce dalle riforme democratiche, nasce dalla lotta del fronte progressista degli anni 80,

ecco nella Repubblica di Corea, e che è stata portata avanti ovviamente anche da una serie di governi che in Corea del Sud facevano riferimento soprattutto a quel fronte progressista.

Che ancora oggi non sembra soddisfatto di questo accordo, che cosa chiedono?

Il fronte progressista sudcoreano richiede che ci siano delle scuse sentite, non sono bastate e probabilmente non basteranno neanche in questo caso delle mancette come potrebbero essere definite,

non basterà questa diplomazia dell'assegno per il fronte progressista sudcoreano, perché l'accusa principale è che i governi giapponesi che sono dal dopoguerra fondamentalmente stati di orientamento conservatore

non hanno mai davvero riconosciuto le responsabilità dello Stato giapponese nei confronti di ciò che era venuto prima, cioè dell'impero e del governo di stampo militarista che ha condotto e ha spinto l'occupazione di vaste aree dell'asi orientale.

Che cosa vuol dire scuse sentite? Un riconoscimento formale, un riconoscimento ufficiale che in realtà in parte c'è stato per esempio a metà degli anni 90 con un governo a Tokyo di orientamento socialista presieduto da Tomiichi Murayama,

che non a caso è anche conosciuto proprio per una dichiarazione che porta il suo nome e che riconosceva le responsabilità e la profonda riflessione che le istituzioni giapponesi dovevano operare per rialacciare rapporti positivi con i vicini asiatici.

Queste scuse però non hanno mai davvero convinto i governi di Seul che continuano a spingere su questo tasto e anche quando nel 2015 fu firmato un altro accordo che avrebbe dovuto mettere il punto finale sulla questione delle cosiddette donne di conforto,

le donne che furono costrette a prostituirsi per i militari giapponesi durante l'occupazione militare non furono in grado di riappacificare di mettere d'accordo le parti.

Adesso Seul si è offerto di istituire un fondo per esercire i suoi stessi cittadini, quindi un gesto di grande generosità in un certo senso verso Tokyo. Perché ha deciso di farlo proprio adesso?

La decisione arriva in un momento storico di grande tensione a livello regionale in cui assistiamo a una competizione strategica ed economica tra grandi potenze e in particolar modo tra gli Stati Uniti e la Repubblica popolare cinese.

Questo piano di accordo presentato dal governo di Seul che non convince in realtà al 100% Tokyo va osservato secondo me nell'ambito della strategia costatunitense che vorrebbe Seul e Tokyo più vicine in ottica anti-cinese.

Il discorso che va fatto in questo caso è anche legato alla guerra commerciale che è iniziata nel 2019 tra Tokyo e Seul proprio all'indomani delle sentenze della Corte Suprema che condannavano Tokyo a ripagare, a versare degli indennizi alle vittime del sistema di deportazione di lavoratori.

Questo naturalmente però non sembra convincere al 100% Tokyo in questo momento anche se il governo giapponese si è detto disponibile comunque al dialogo e ottimista nei confronti dell'approccio della controparte coreana.

Dal punto di vista culturale come sono cambiati i rapporti tra i due paesi? Negli ultimi vent'anni la Corea del Sud è diventata una potenza culturale con la musica, le sue serie di full, la tecnologia, la cucina che sono arrivate anche fino a noi e che hanno contagiato anche il Giappone. Le nuove generazioni cosa dicono?

È interessante vedere il contrasto che c'è tra la freddezza dei governi di Tokyo e Seul per gran parte della loro storia del dopoguerra e invece il calore con cui in realtà le due culture si parlano e si abbracciano in qualche misura.

In Giappone ci sono ancora decine di migliaia di residenti coreani, i due paesi sono estremamente vicini per andare da Seul a Tokyo, ci fa poco più di un'ora di volo, quindi le due sponde del mare sono estremamente ben connessi.

Anche da un punto di vista culturale, il K-pop ha avuto fortuna in Europa, negli Stati Uniti, ma prima ha colpito come un'ondata il Giappone, la Repubblica Popolare Cinesa e tutti i Paesi dell'Asia che si sono appassionati anche per esempio agli sceneggiati alle serie tv coreane, che sono diventate uno dei prodotti di punta dell'esportazione della diplomazia culturale sudcoreana all'estero.

Diceversa anche la cultura giapponese ha avuto un forte impatto dopo la riapertura, la fine dell'embargo sulla cultura popolare, iniziato negli anni 2000, alla vigilia dei mondiali di calcio del 2002, quindi ha portato a un riavvicinamento delle due popolazioni.

Ancora oggi i giovani giapponesi continuano ad apprezzare quello che arriva dalla Corea del Sud, che è visto come ovviamente più cool in questo momento di, se vogliamo, disillusione nei confronti del soft power giapponese rispetto a quelli che sono i prodotti di oggi, dal punto di vista musicale e anche cinematografico, in parte del paesercipelago.

Grazie a Marco Zappa.

Grazie a voi.

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Da settimane in Iran centinaia di ragazze che frequentano le scuole femminili sono vittima di presunti avvelenamenti non rivendicati da nessuno. La Corea del Sud ha annunciato un piano per risarcire i coreani costretti ai lavori forzati durante l’occupazione giapponese.

Francesca Gnetti, editor di Medio oriente di Internazionale
Marco Zappa, ricercatore in studi sul Giappone all’università Ca’ Foscari di Venezia

Link:
Video Iran: https://globalnews.ca/news/9516474/iran-schoolgirls-poisoned-close-schools-qom/

Video Corea del Sud:
https://www.washingtonpost.com/world/2023/03/06/south-korea-japan-forced-labor-compensation/

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.