Il Mondo: La pandemia è finita? Un accordo importante tra Serbia e Kosovo.

Internazionale Internazionale 3/6/23 - Episode Page - 26m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli, io sono Giulia Zoli e questo

è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo della fine della pandemia e di un accordo di intesa tra Serbia e Kosovo

e poi della ludopatia tra gli anziani e della fiera dell'editoria per l'infanzia a Bologna.

È l'unedì 6 marzo 2023.

È l'unico motivo per cui oggi ho fatto l'annunzionamento per riuscire ad esplorare l'esplorazione di maschistica,

come soltanto è possibile iniziare da avanti.

Siamo iniziando a risulterci a normalizzare e questo sarà molto beneficio

alla sviluppazione economica, alla competitiveness del mondo,

e anche alle nostre attività che involvevano tutti in Hong Kong.

Dal primo marzo, a Hong Kong non è più obbligatorio indossare la mascherina,

né all'aperto, né al chiuso, né anche sui mezzi pubblici.

John Lee, il governatore di Hong Kong, l'ha annunciato nella conferenza stampa che avete appena sentito,

dopo due anni e mezzo di mascherine obbligatorie per tutti.

È un chiaro messaggio per mostrare che Hong Kong sta tornando alla normalità, detto lì.

Pochi giorni prima l'obbligo era stato tolto anche nel vicino territorio autonomo di Macao.

Intanto, dall'altra parte del Pacifico, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden,

ha annunciato che firmerà la dichiarazione che sancisce

la fine dell'emergenza sanitaria dovuta al Covid l'11 maggio.

Secondo l'OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, la situazione migliorata rispetto a un anno fa

e in tutto il mondo il numero di nuovi casi segnalati diminuisce o rimane stabile.

A tre anni dal primo lockdown in Italia, mentre la procura di Bergamo indaga sulle responsabilità nella gestione iniziale del Covid,

e dopo 188 mila morti e più di 25 milioni di contagi registrati,

poi c'è ne sono altri unofficiali. La situazione in Italia ovviamente molto migliorata, però perché non è finita?

Perché dal punto di vista strettamente sanitario, è l'OMS che può dichiarare che la pandemia sia finita.

E' stata l'OMS a dire che eravamo in uno stato di pandemia l'11 marzo, proprio quando è cominciato il lockdown in Italia,

e sarà appunto l'OMS a dire se possiamo considerare conclusa l'emergenza.

In una conferenza stampa non molto tempo fa, il direttore generale dell'OMS, Gebbre Jesus, ha dichiarato che anche se non è ancora finita, la fine sembra vicina

e potrebbe essere dichiarata alla fine dell'emergenza quest'anno, alla fine del 2023.

Quindi sono risultati incoraggianti da questo punto di vista.

Intanto comunque nel mondo abbiamo avuto 758 milioni di casi e quasi 7 milioni di morti, e questi sono appunto di nuovo soltanto i casi registrati.

Secondo l'OMS, circa il 90% della popolazione del mondo è entrata in contatto con il virus o attraverso la vaccinazione o attraverso l'infezione.

Tutto questo riguarda però, come dire, la fine sanitaria della pandemia, però si può considerare anche la fine sociale della pandemia, che è una cosa un pochino diversa.

Che cosa si intende per fine sociale della pandemia?

La percezione della fine di una pandemia non coincide con la fine dei contagi.

Radamente, d'altra parte, una pandemia finisce

finisce

che non ci sono più casi.

Sono proprio casi eccezionali.

In solito il caso del vaiollo è una delle poche malattie che è stata effettivamente radicata.

Di solito, semplicemente, la pandemia viene gestita.

Ci sono sempre meno casi e soprattutto a livello sociale, cominci a fare meno paura.

Le persone non vivono più nel panico, sono soprattutto stanche delle restrizioni,

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

le persone non vivono più.

Grazie Elena Boille.

Grazie a voi.

La dipendenza dal gioco d'Azzardo colpisce soprattutto le persone con più di 65 anni.

Alice Facchini racconta l'articolo che ha scritto per il sito di Internazionale.

Quando si pensa alla dipendenza dal gioco d'Azzardo non si pensa agli anziani, in Italia un anziano su 4 ha giocato almeno una volta nella vita.

e di questi il 12% ha un approccio problematico al gioco, quindi una percentuale molto alta.

Questi spazi diventano per loro spazi di aggregazione e questo ci indica anche quanto il gioco sia importante per loro per contrastare un vuoto.

Quindi la solitudine oggi è diventata un fattore di rischio molto evidente, diciamo che gli anziani con molto tempo libero pochi legami sociali e un po' di soldi a disposizione sono più propensi a cadere nella dipendenza rispetto ad altri.

E quindi tra i momenti critici della vita c'è il pensionamento, la morte del partner ma anche per esempio il trasferimento all'estero dei figli.

Gli anziani che giocano spesso hanno anche altre fragilità, economiche, sanitarie, psichiche e sociali.

Alcuni ad esempio hanno solo la pensione minima o vivono nelle case popolari.

Faccio questo esempio, ho raccontato la storia di questa donna, di 76 anni che ha solo la pensione minima e che ha portato al monte dei pegni tutti i suoi gioielli per riuscire ad avere un po' di soldi da giocare,

sperando poi di riscattarli, in realtà non gli ha mai più ripresi e tra questi c'era anche una collana che il marito li aveva regalato quando lei era rimasta incinta la seconda volta

e lei mi ha raccontato questo fatto di aver perso questa collana con una grandissima tristezza.

Io devo adonare che le relazioni tra Kosovo e Serbia non sono normali, anche se il nostro paese è normalo.

Per l'altro, Serbia, secondo Freedom House, non è un paese democratico, ha un regime di hybrid.

Il 27 febbraio, il premierco sovvaro Albin Kurti, che avete appena sentito parlare in un'intervista con l'emittente Franz Von Kattr, ha incontrato a Bruxelles il Presidente Serbo Aleksandar Werner

Durante l'incontro hanno finalizzato un accordo di 11 punti per normalizzare i rapporti tra i loro paesi.

Da qualche mese, infatti, la tensione tra Serbia e Kosovo è tornata alta, al punto che per qualche giorno si è perfino temuto un nuovo conflitto militare in Europa.

Il Kosovo, che ha abitato in gran parte da Albanesi, ha raggiunto l'indipendenza dalla Serbia nel 2008, ma Belgrado non l'ha mai riconosciuta.

Da quel momento i rapporti diplomatici tra i due paesi sono sempre stati difficili e negli scorsi anni ci sono stati molti momenti di crisi.

Ma oggi i rapporti tra Serbia e Kosovo devono tenere conto anche del nuovo contesto politico che si ha creato in Europa con l'invasione russa dell'Ukraine.

Ne parliamo con Iako Pozzanchini, vice direttore di Internazionale.

L'incontro del 27 febbraio tra il presidente Serbo, Alexander Vucic e il premier Kosovaro Albincurti a Bruxelles ha una portata storica. I due hanno concordato un piano di 11 punti per normalizzare i rapporti tra due stati.

Due stati che, come vedremo, ancora hanno dei rapporti molto complicati.

L'alto rappresentante dell'Unione Europea per la politica estera, Joseph Borrell, ha parlato di una pace nuova e duratura per normalizzare le reazioni tra due paesi balkanici.

C'è un conflitto congelato tra questi due paesi e infatti questo conflitto blocca l'adesione dei due paesi all'Unione Europea e in generale un po' tutta la situazione politica e strategica dei balkani.

Facciamo un momento un passo indietro.

Ci ricordi a grandi linee quali sono stati gli sviluppi nella regione del Kosovo dagli anni 90 oggi che ci portano alla situazione attuale?

Ricordiamo intanto che il Kosovo era una provincia della Serbia all'interno della Yugoslavia, questo grande paese che si è disolto all'inizio degli anni 90, da cui sono nati ben 7 paesi a questo punto.

Il Kosovo, invece, che ricordiamo è grande come la Bruzzo e ha neanche 2 milioni di abitanti, tra cui 100.000 Serbia, appunto, si è proclamato unilateralmente indipendente nel 2008, lo è diventato di fatto già dal 1999, dopo la guerra del Kosovo nel 98 e i bombardamenti della NATO contro la Serbia e l'allora Yugoslavia, guidata da Slobodan Milosevic, nel 1999.

E quindi da l'ora c'è un lungo percorso diplomatico nel quale il Kosovo è stato riconosciuto, ma non da tanti paesi.

L'indipendenza è infatti riconosciuta da 101 paesi membri dell'ONU su 193, tra questi ovviamente non c'è la Serbia, ma non c'è neanche la Russia, non c'è neanche la Cina, non c'è il Sudafrica, non c'è l'India.

Insomma, non ci sono dei paesi molto importanti, inoltre 5 paesi dell'Unione Europea ancora non lo riconoscono e sono Cipro, Spagna, Grecia, Romanie e Slovakia, questo è complicato perché succede?

Perché questi paesi hanno a loro interno dei problemi di indipendentismo e quindi vogliono aspettare per riconoscere il Kosovo che la questione diplomatica tra la Serbia e il Kosovo si risolva in qualche maniera.

Normalizzati questi rapporti, loro lo riconosceranno.

Nel 2010 si è pronunciata anche la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite che ha stabilito che la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo non violava il diritto internazionale.

Da quando è finita la guerra o comunque l'ostilità? Come sono stati i rapporti tra Serbia e Kosovo? Si è raggiunto comunque un equilibrio perché anche se i due paesi non hanno rapporti diplomatici comunque sono strettamente legati dalla minoranza serba che abita nel Kosovo che invece di maggioranza albanese.

Esatto, 1 milione e 900 mila abitanti sono Kosovari albanesi e rimangono 100 mila serbi che sono concentrati essenzialmente nella parte nord del Kosovo.

I rapporti quindi sono rimasti sempre molto tesi, abbiamo visto che a fine anno c'è stata una fiammata di tensione con le barricate fatte dai serbi del Kosovo che non volevano mettere sulle loro automobili, le targe nazionali del Kosovo che vanno a mantenere le targe serbe.

Diciamo che gli anni si sono seguiti in una serie di momenti di grande tensione e momenti di abbassamento della tensione, anche diciamo fatti ad arte dai politici locali.

Quello che dobbiamo sapere è che la comunità internazionale è molto presente, il Kosovo non è che riscoppio una guerra in Kosovo, in questione non c'è un nuovo scoppio delle ostilità vere proprio, in questione c'è da capire il destino del Kosovo come è stato e quindi della regione.

Tornando all'attualità, quindi questo accordo di cui hai parlato che è stato raggiunto a Bruxelles il 27 febbraio, cosa prevede nel dettaglio?

L'accordo è un accordo pragmatico, parte dai problemi concreti, la Serbia non ha ne sua intenzione di riconoscere formalmente ufficialmente il Kosovo.

Gli si chiede semplicemente di rispettare la sua integrità territoriale, di riconoscere i suoi documenti di identità, i passaporti, appunto le targe delle auto, di stabilire una missione permanente a Pristina e di smettere di bloccare soprattutto la lesione del Kosovo alle organizzazioni internazionali.

Questa è la grande concessione che deve fare la Serbia che finora ha bloccato il Kosovo in tutte le organizzazioni a partire dal LONU, un riconoscimento di fatto ma non di diritto.

Allo stesso tempo, quale concessione hanno fatto gli Albanesi, che è quella più importante?

I Kosovari si impegnano a costituire un'associazione dei comuni serbi che dovrebbe riunire tutti i municipi, dove la minoranza serba è maggioranza,

e dare a questa associazione un adeguato livello di autonomia e di autogestione.

Anche qui è una concessione grossa per il Kosovo che teme una situazione tipo Bosnia in cui poi la parte serba cerca di ogni volta rimettere in discussione l'unità del territorio, ma ognuno ha fatto le sue concessioni.

Tu ritieni che raggiungere questo accordo sia stato possibile anche perché sono un po' mutati gli equilibri di poteri in Europa dopo l'invasione russa dell'Ucraina?

Certamente gli Stati Uniti vogliono evitare che l'influenza della Russia nei Balkani e la sua influenza tradizionale in Serbia, soprattutto ricordiamoci che la Serbia è un paese cristiano ortodosso che scrive in cirilico e ha delegami strutturali con la Russia.

I serbi sono tendenzialmente filo-russi e soprattutto dopo i bombardamenti dell'anato del 1999 il Che è inevitabile e considerano la Russia un partner.

Il Presidente Serbo Vucic si barcamena tra l'Unione Europea che gli ha promesso che un giorno entrerà e che chiaramente è un partner economico di primo livello e i rapporti con la Russia cerca di fare il furbacchione tra queste due potenze.

Ora è chiaro che con la guerra in Ucraina la questione sia molto complicata sia gli Stati Uniti che soprattutto l'Europa vogliono evitare che la Russia cerchi di alimentare i conflitti nella regione, rimettere in discussione i confini nei Balkani attraverso il peso che ha in Serbia ma anche in Bosnia nella parte serba.

Quindi c'è stata sicuramente un'accelerazione in generale del processo di inizio di discussione sulla desione di tutti i paesi cosiddetti dei Balkani occidentali, quindi il Kosovo, la Bosnia Herzegovina, la Macedonia, il Montenegro e un giorno forse la Serbia.

Ci sono quindi le condizioni per cui questo accordo possa davvero funzionare?

Naturalmente l'applicazione dell'accordo sarà difficile, i due paesi e le due leadership politiche potrebbero per diverse ragioni avere voglia di mettere i bastoni tra le ruote, in particolare Belgrado potrebbe tornare a guardare alla Russia.

È chiaro che l'Unione Europea e la comunità internazionale devono continuare a fare pressioni sulle due parti perché l'accordo funzioni e soprattutto diciamo con una prospettiva certa di adesione all'Unione Europea questi paesi potrebbero avere davvero interesse a superare le ferite del passato.

Grazie Giacomo Zanchini, grazie a voi.

L'evento di questa settimana è la più grande fiera dell'editoria per l'infanzia del mondo. La consiglia Alberto Emiletti, editor di Internazionale Kids.

Oggi comincia la sessantesima edizione della Bologna Children's Book Fair che è il più importante appuntamento internazionale dedicato all'editoria per ragazzi e ragazzi. Si dà un appuntamento a Bologna, non solo le casi d'itrici ma anche autrici, illustratori, fumettiste che provengono da tutto il mondo.

In fiera ci sono numerosi appuntamenti per le dette dei lavori, quest'anno si parlera molto della censura nei libri per bambini e bambini mentre la città si riempie di incontri e laboratori per scuole e famiglie grazie al Festival Boom.

In particolare tra i tanti eventi vorrei segnalare due mostre che mi sembrano molto interessanti.

Beauty and the World, organizzata dall'Associazione Amilin alla Biblioteca Salaborza, è dedicata ai libri illustrati di divulgazione, una novità che è cresciuta molto negli ultimi anni, una sorta di saggistica per immagini, rivolta a bambini e bambini.

A Salaborza sarà possibile consultare oltre 600 libri provenienti da tutto il mondo. E poi c'è Buon Compliano Biscotto, che è una mostra allestita alla cineteca di Bologna, a cui come internazionalechizia teniamo molto perché festegge 10 anni della rivista a fumetti francesi Biscotto, un giornale indipendente, femminista, antirazzista, in cui fumetti sono tradotti su internazionalechizia fin dal nostro primo numero.

La mostra racconta come nasce un giornale, come si crea un reportage a fumetti, come lavorano la redazione, mercoledì mattina le redazioni di Biscotto e di internazionalechizia insieme incontreranno alcune classi per provare a costruire un giornale.

La Bologna Children's Book Fair comincia oggi lunedì 6 marzo e finisce

da

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS

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In tutto il mondo le restrizioni contro il covid diminuiscono, ma l’Oms non ha ancora dichiarato la fine della pandemia, con Elena Boille. Il 27 febbraio a Bruxelles il premier kosovaro Albin Kurti e il presidente serbo Aleksandar Vučić hanno finalizzato un accordo di 11 punti per normalizzare i rapporti tra i loro paesi, con Jacopo Zanchini.

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.