Il Mondo: La Germania chiude con il nucleare. Geopolitica dei microchip.

Internazionale Internazionale 4/20/23 - Episode Page - 23m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli, io sono Giulia Zoli

e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo della fine del nucleare in Germania e della geopolitica dei microchip

e poi della copertina del nuovo numero di Internazionale ed un film italiano.

È giovedì 20 aprile 2023.

ITO

È davvero una race fiancesche, chiamando oggi i capaci exercises di200 polo stottarri.

Il tendedore è che non si sa capire lo il loro massime versem willa.

Non c'è il pasto a Laura, dove sarebbe.

Il 15 aprile è stata una giornata storica per la Germania.

Alle 23.45 le ultime tre centrali nucleari attive nel paese, quella di Emsland, nella

bassa Sessonia, quella di Isard 2 in Baviera e quella di Neckarvestheim, nel Baden-Württemberg,

sono state scollegate dalla rete elettrica.

Le voci che avete sentito sono di due attivisti che a Monaco hanno festeggiato l'evento insieme

a migliaia di tedeschi.

I tre reattori producevano circa il 6% del fabbisogno di energia elettrica della Germania,

fornendo energia a più di 10 milioni di famiglie tedesche.

Il percorso che ha portato il paese a smantellare tutte le sue centrali nucleari è stato lungo

e tormentato.

Ora l'obiettivo del governo è riuscire a produrre l'80% del fabbisogno di elettricità

da energie rinnovabili entro il 2030.

Ma il dibattito sul nucleare andrà avanti.

Ci vorranno anni per smantellare le centrali tedesche e smaltire le scorie, mentre nell'Unione

Europea ci sono al momento 170 reattori attivi.

Ne parliamo con Gabriele Crescente, editor di Europa d'Internazionale.

Il 15 aprile sono state sconnesse dalla rete le ultime tre centrali nucleari in attività

in Germania che producevano ormai solo il 6% del fabbisogno del paese rispetto al 25%

che il nucleare rappresentava nel 2011.

È la fine di un processo che era cominciato all'inizio degli anni 2000 e che aveva avuto

diversi subbalzi.

A decidere la scadenza del 2022 per l'abbandona del nucleare era stato il governo di Gerhard

Schroeder che era sostenuto dai verdi, un partito nato dai movimenti di protesta contro

il nucleare che aveva fatto appunto dell'abbandono dell'uso dell'energia atomica in Germania

e alla sua principale battaglia politica.

Questo piano era stato messo in discussione da Angela Merkel nel 2010 di fronte alla possibile

aumento dei costi dell'energia e dei malumori del settore industriale ed economico, ma

era poi tornato su i binari nel 2011 con l'incidente di Fukushima che aveva provocato una nuova

condata di proteste contro il nucleare in Germania e che Merkel aveva subito cercato

di intercettare con la decisione di spangere immediatamente 8 reattori sui 17 allora in

funzione in Germania e con l'impegno a rispettare la scadenza originale del 2022.

Poi nel frattempo è arrivata la guerra in Ukraine a complicare le cose?

La guerra in Ukraine ha complicato notevolmente i piani del governo tedesco come quelli

di quasi tutti gli altri paesi europei perché ha significato la riduzione drastica e poi

l'interruzione delle importazioni di gas dalla Russia su cui la Germania faceva danni affidamento

come fonte di sostituzione per appunto compensare la perdita del nucleare.

Questo problema è stato risolto nel Stato del 2022 decidendo la riattivazione di alcune

parti centrali a carbone cosa che ha provocato forti polemiche contro i verdi che facevano

parte del governo.

Alla fine del 2022 al termine di una forte diatriba politica tra i partiti che compongono

una coalizione alla decisione di rinviare la data per lo spegnimento delle ultime centrali

al 15 aprile del 2023.

Come verrà prodotta l'energia elettrica che non viene più fornita da questi tre centrali?

Il governo ha promesso che la calo della produzione dovuta all'abbandone nucleare

sarà coperto soprattutto dall'espansione delle rinnovabili che dovrebbero arrivare

a coprire l'80% del fabbisogno tedesco entro il 2030.

Nell'immediato però parte di questo ammanco è stato coperto grazie alla riapertura delle

tre centrali a carbone e all'uso più intenso di quelle che erano già in attività e questo

nonostante il calo dei consumi energetici dovuto alle misure di risparmio approvate in seguida

la guerra in Nukeraina ha portato le emissioni di anegliete carboniche in Germania a risalire

per la prima volta di circa l'1% da anni e questo ha creato ovviamente nuove polemiche

sull'opportunità di questa scelta.

Ora che sono state scollegate dalla rete elettrica che ne sarà di questi tre centrali nucleari?

Sì, l'abbandono del Nukleare non rappresenta solitamente la fine del problemi legati all'energia

atomica in Germania perché questi centrali dovranno essere smantellate, il loro carburante

dovrà essere immagazzinato in luoghi sicuri e dal 2013 dice che il governo cerca una soluzione

a lungo termine per il problema dell'escoria.

L'idea è quella di immagazzinarle in miniere di sale abbandonate o altre formazioni geologiche

che stabili che possono contenerle in modo sicuro.

Il problema è che ogni volta che viene scelto un possibile luogo per questa soluzione la

sola idea provoca fortissime proteste come quelle avvenute a Gorleben e il governo è

costretto a fare marcen dietro.

La questione sta da rimandata adesso al 2031 quando dovrà essere presa una decisione

definitiva.

Anche se questa tabella di marcia dovrebbe essere rispettata però secondo gli esperti prima

che questi siti siano pronti a ospitare l'escoria e prima che il trasporto sia ultimato bisognerà

attendere probabilmente a fine di questo secolo.

Nel frattempo cosa sta succedendo in Europa, i governi stanno seguendo l'esempio della

Germania?

No, la scelta della Germania va decisamente in controtendenza rispetto a quello che si

osserve in Europa soprattutto dopo l'inizio della guerra in Nukeraina quando il nucleare

è improvvisamente tornato di moda come soluzione non solo al problema dell'approvvisionamento

energetico ma anche a quello di abbattere le emissioni dato che la produzione di energia

nucleare non comporta le emissioni diretti di anidride carbonica.

Lo stesso giorno in cui la Germania ha staccato le ultime centrali in Finlandia è stato connesso

la rete, il reattore più grande d'Europa, quello di Olchiluoto, il primo a essere messo

in attività negli ultimi 15 anni in Europa.

Il nucleare è oggetto di un rinnovato dibattito anche in seno all'Unione Europea, dato che

alcuni paesi capeggiati dalla Francia spingono per includerlo tra le fonti che dovrebbero

essere finanziate e sostenute per accelerare la transizione energetica e l'abbandono

delle fonti fossili.

Grazie a Gabriele Crescente.

Grazie a voi.

Rosi Santella, foto editor di Internazionale racconta la copertina del nuovo numero.

I negozi online dicono di voler rendere più sostenibile l'industria dell'abbigliamento,

ma un'inchiesta del settimanale tedesco di ITZITE rivela che dietro queste promesse si

nasconde spesso un sistema che alimenta i consumi e gli sprecchi ed è poco trasparente

sul modo in cui gestisci i resi, cioè la merce restituita.

Un altro articolo del settimanale olandese de Greenhamster Dummer aggiunge che anche

comprare e vendere vestiti usati online non è la soluzione.

Il vero cambiamento dovrebbe essere una maggiore consapevolezza del valore delle cose, dovremo

smettere di trattare i vestiti come prodotti usa e getta e riabituarci a ripararli invece

di buttarli via.

Abbiamo visualizzato questa massa di vestiti che gira per il mondo come una montagna che

richiama sia quelle che ci ritroviamo a volte sulle sedie delle nostre camere, sia

appunto una montagna dei rifiuti.

Per realizzarla abbiamo chiesto all'illustratore statunitense Doug Chaika di lavorarci partendo

da un'immagine di stock, cioè una delle tante foto che si possono comprare online

da archivi specializzati.

Doug l'ha poi modificata aggiungendo vestiti di colori diversi sia da uomo sia da donna

e mettendo in cima una camicia che fa somigliare la montagna a un gigante senza testa.

Il grande spreco è la copertina d'internazionale di questa settimana.

I microchip ormai fanno parte della nostra realtà quotidiana, eppure non molti sanno

ancora come funzionano esattamente.

In questo video della fine dello scorso anno, perfino il presidente statunitense Joe Biden

si confonde sulle parole giuste da usare quando ne parla.

I microprocedori sono diventati una risorsa fondamentale per il mondo industrializzato

e la competizione per accapararsi la tecnologia per progettare e produrre quelli più sofisticati

sta creando tensione tra le grandi potenze, prima tra tutti gli Stati Uniti e la Cina.

Sulla ultima nuora di internazionale è uscito un articolo dello scrittore e giornalista

britannico John Lancester, intitolato i CIP, fanno girare il mondo.

E partiamo proprio da questo per discutere la questione con Pier Francesco Romano, Capo

Redattore e Alessandro Rubello, editor di Economiera Internazionale.

Pier Francesco nel suo articolo Lancester scrive che i microchip sono tra gli oggetti più

straordinari che l'umanità abbia mai creato.

Ci aiuti a capire perché?

I Transistor, che sono la componente più piccola dei microchip di cui parla l'articolo

di Lancester, possiamo considerarli degli interruttori, non sono veri i propri interruttori,

ma tanto per capirci, diciamo che ogni Transistor è un interruttore.

Le prime radio linee a Transistor, di 50 a 60, forse più anni fa, avevano circuiti

con quattro Transistor.

Il processore di uno degli smartphone che noi abbiamo in tasca oggi può contenere miliardi

di Transistor e già questo è qualcosa di assolutamente straordinario.

Sono straordinari le dimensioni di questi Transistor, perché per mettere miliardi di

elementi in uno spazio ristrettissimo è servito una tecnica di miniaturizzazione pazzesca

al punto che oggi un Transistor, il singolo Transistor, è più piccolo anche di un virus.

E poi un altro aspetto importante è la differenza tra i microchip di fascia alta e quelli meno

elaborati, giusto?

Oggi microchip sono praticamente ovunque in quasi tutti gli oggetti di uso comune, da

gli aspirapolveri, ai telefoni come abbiamo detto, ma anche alle automobili, esistono

perfino delle lettiere per i gatti che hanno un microchip che aziona la porticina per

fare entrare la gatta e farla uscire.

Ovviamente non tutti i microchip sono uguali, se sono un microchip di fascia alta chiamiamoli

così, particolarmente complessi, quelli che contengono miliardi di Transistor, che a volte

da soli non bastano neanche, ci sono automobili particolarmente avanzate che per gestire

tutte le funzioni della vettura hanno bisogno di centinaia, anche di un migliaio di microchip.

La cosa pazzesca di microchip di fascia alta che li rende forse ancora più straordinari

è anche il processo industriale che serve per produrli.

Oggi il 50% dei chip di tutto il mondo è prodotto a Taiwan, dove ci sono gli impianti

in grado di fare questa produzione, il 90% dei chip di fascia alta è prodotto a Taiwan.

In genere, su brevetti e disegni statunitensi, con macchinari che hanno dei componenti prodotti

in America o in Germania e usando una tecnologia che è stata messa appunto da un'azienda

dei paesi bassi.

Tutto l'insieme di queste cose li rende come dice l'Anchester oggetti straordinari.

Alessandro, invece, per quanto riguarda il mercato che ruoto intorno ai microchip, l'amministratore

delegato della Intel, Pat Gelsinger, ha fatto un'altra affermazione che suona molto forte,

perché ha detto che i microchip sono il petrolio del nuovo millennio.

È un'esagerazione?

Non è affatto un'esagerazione, perché, come diceva Piaz Francesco, i microprocessori

sono presenti praticamente in tutti i prodotti e quindi sono indispensabili, la loro mancanza

blocca automaticamente la fabbricazione.

Per esempio, la carenza di processori recenti nel settore automobilistico ha bloccato catene

di montaggio in tutti i paesi e, secondo alcune stime, è costata circa 200 miliardi di dollari

di perdite alle case automobilistiche.

Se ci limitiamo solo a questo settore, le scifre sono già impressionanti.

Gelsinger in particolare ha sottolineato che, negli ultimi 50 anni, l'economia globale,

la geopolitica, è stata influenzata dalla posizione dei pozi di petrolio.

Per decenni ancora oggi il petrolio è stata la leva di ogni economia, di ogni attività

produttiva.

In futuro, secondo lui, la geopolitica sarà influenzata anche, ma soprattutto, dal luogo

in cui si trovano le fabbriche che sviluppano e producono i processori.

Quindi non è un'esagerazione.

È il fatto che il settore sia concentrato tra tecnologie, fabbriche in pochi paesi e,

in particolare, in Asia e soprattutto in Taiwan, che potrebbe anche finire sempre di più

in futuro nella sfera di influenza cinese.

Non fa dormire sonni tranquilli al resto del mondo, in particolare all'Occidente, che

negli ultimi anni ha cominciato a pensare di portare le fabbriche delle tecnologie a

Occidente e anche cercare in qualche modo di limitare lo sviluppo in questo settore della

Cina.

Pier Francesco, ma perché questa tecnologia in mano ha così poche persone e così pochi

paesi?

Perché gli altri non riescono a recuperare questo svantaggio e a svilupparlo anche loro?

Questa tecnologia si basa su progetti che sono nati negli Stati Uniti.

Una volta brevettati hanno avuto non solo una tutela commerciale, ma anche una tutela

industriale legata alla sicurezza nazionale, perché sono progetti finanziati originariamente

soprattutto dai militari, che anche oggi hanno un'importanza strategica fondamentale.

Molti paesi hanno provato a copiare o a rubare questi segreti industriali per riprodurli, ma

ovviamente mentre riuscivano a imitare qualcosa nei laboratori più avanzati, si continuava

ad andare avanti e quindi il vantaggio rimaneva pressoché intatto.

Oggi i ship più avanzati usano una tecnologia talmente raffinata che soltanto una singola

azienda nei paesi bassi è in grado di padroneggiarla e per usare quella tecnologia servono dei

macchinari che hanno una lente costruita da un'unica azienda in Germania e copiare

questi macchinari è praticamente impossibile perché servono degli impianti giganteschi

per produrre poi un microchip di grandezza infinitesimale, ma le macchine per produrre

questi oggetti minuscoli sono in realtà gigantesche e hanno bisogno di elementi tecnologicamente

a loro volta avanzatissimi che è impossibile copiare ed è anche economicamente assolutamente

svantaggioso provare a imitare.

Questo ha fatto sì che ci sia una concentrazione di pochissime aziende coinvolte in un processo

industriale che coinvolge tutto il mondo, ma le aziende sono pochissime e i risvolti

geopolitici di questa situazione sono chiaramente enormi perché essendo elementi di importanza

strategica e anche militare gli Stati Uniti hanno molta paura che paesi come la Cina

o chiunque altro possa prima o poi raggiungerli o almeno avvicinarsi al loro grado di competenza

tecnologica.

Alessandro perché dopo la pandemia c'è stata una grave carenza di microchip e adesso

ancora così?

La situazione oggi è cambiata.

Durante la pandemia c'è stato da un lato un aumento molto sostenuto della domanda di

prodotti elettronici perché ha aumentato notivolmente l'attività online e i consumi

elettronici.

Dall'altro la filiera produttiva globale che è molto delicata nel caso dei processori

si era inceppata quindi questo ha prodotto la carenza.

Con il tempo con la fine della pandemia tutto si è risolto e ripresa la produzione e anzi

oggi c'è il problema opposto ci sono troppi processori.

La Samsung ha annunciato di recente il taglio alla produzione di chip di memoria perché

ha i magazzini pieni che vanno smaltiti e la domanda nello stesso tempo era aldentata

rispetto al passato fortemente.

Rialacciandosi invece a quello che parlava via Francesco prima in questi giorni i servizi

segreti holandesi hanno indicato la Cina e il suo interesse ad acquisire tecnologie

avanzate come quelle per i microchip come la principale minaccia per la sicurezza dei

paesi bassi.

Questa rivalità tra i paesi per lavorare con le poche aziende in grado di produrre i microchip

di fascia alta soprattutto.

Che tipo di tensioni politiche sta creando e potrà creare in futuro?

Sicuramente adesso il settore dei processori non ha più problemi diciamo economici o logistici

ma è un problema politico ha creato tensioni fra i vari paesi nel mondo.

Oggi l'economia globale non è più un blocco unico ma si sta frammentando in vari blocchi

principalmente quello legato agli Stati Uniti da un lato e quello cinese.

Il settore dei processori è al centro di questa tensione soprattutto perché la Cina

e in questa tecnologia è arretrata a rispetto agli Stati Uniti o in generale rispetto all'Occidente.

Nei paesi bassi è stato lanciato l'allarme proprio perché la Cina è molto interessata

a un azieno l'andese, l'ASLM, l'unica al mondo che produce questa tecnologia per la

fabbricazione dei transistor di dimensioni microscopiche.

Di recente il governo l'andese ha limitato fortemente la possibilità di esportare questa

tecnologia proprio per tutelarla dagli attacchi cinesi che in secondi servizi segreti cercano

nei paesi bassi di avere più informazioni in vari modi con metodi di spionaggio, con

investimenti di copertura.

I paesi bassi hanno aderito all'appello degli Stati Uniti che già ottobre avevano introdotto

forti limitazioni alle esportazioni di tecnologie legati e processori e si ha aggiunto anche

il Giappone che è un altro paese importante nel settore e poi c'è Taiwan, dove si trova

la più importante produttore al mondo di processori.

Gli Stati Uniti hanno convinto la TSMC, questa azienda, ad aprire fabbriche fuori da Taiwan.

In passato la TSMC non ne apriva quasi mai, aveva solo un grosso centro in Cina.

Adesso ne stavrendo alcuni con enormi difficoltà negli Stati Uniti, potrebbe aprirne di nuovi

anche in Europa, in particolare in Germania.

Queste tensioni in futuro sono destinate a continuare e anche a peggiorare proprio per

questo squilibrio perché è l'intero economia globale che si sta frammentando e questo

vuol dire anche che rispetto al passato cambieranno alle figlieri di produzione, ci sarà meno

efficienza diciamo e i prodotti probabilmente saranno più costosi, un po' più difficili

da produrre e da realizzare.

Grazie Alessandro Lubello, grazie a voi e grazie a Pier Francesco Romano.

Grazie a voi.

Il film della settimana è consigliato da Chiara Nielsen, vice direttrice di Internazionale.

Mixed by Harry, nelle sale già da qualche settimana, è un film di Sidney Sibilia che

racconta la storia vera che però sembra incredibile dei fratelli frattasio.

Questi tre giovani napoletani negli anni 80 sono riusciti a mettere in piedi un sistema

di produzione, distribuzione, di cassette musicali copiate che per volume faceva concorrenza

alle grandi case discografiche.

I frattasio sono considerati gli inventori della perioderia musicale, ma è molto difficile

non simpatizzare con questi tre sognatori che, partendo da Vicoli di Forcella, hanno

conquistato il mercato musicale italiano.

Anche perché la storia è raccontata come fosse un'avventura e, inoltre, il casting e la recitazione

sono più che conviccenti.

E poi, come se non bastasse, il racconto immersi in una colonna sonora strepitosa, fatta di

tutti i più grandi successi degli anni 80.

Insomma, in conclusione, Mixed by Harry è un film molto piacevole, che emozione diverte.

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L'appuntamento con il mondo è domattinale 6.30.

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Il 15 aprile le ultime tre centrali nucleari attive in Germania sono state scollegate dalla rete elettrica. Il mercato dei microprocessori crea forti tensioni tra le grandi potenze, che si vogliono accaparrare la tecnologia per produrli.

Gabriele Crescente, editor di Europa di Internazionale
Alessandro Lubello, editor di economia di Internazionale
Pierfrancesco Romano, caporedattore di Internazionale

Video
Biden: https://www.youtube.com/watch?v=sSh6hYSMQzA
Monaco: https://www.dailymotion.com/video/x8k49ri

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.