Il Mondo: La fine della pandemia. Mayotte, l’isola francese nell’oceano Indiano che non vuole migranti.
Internazionale 5/10/23 - Episode Page - 24m - PDF Transcript
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Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli.
Io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.
Oggi vi parleremo della fine della pandemia e dell'isola di Mayotte
e poi del Festival di Internazionale Kids e di una serie di bu.
E' mercuri di 10 maggio 2023.
Il Comitè di Emergenza ha incontrato per la 15e volta
e mi ha raccomandato che io dichiarare un punto per l'emergenza pubblica di internazionale.
Ho accettato questo sviluppo.
E quindi è molto piaciuto che dichiaro il Covid-19 come un pomo globale.
In Italia lo Stato di Emergenza è finito a marzo dello scorso anno
con il graduare al lentamento dell'obbligo di Green Pass,
di vaccinazione, di indossare le mascherine e di tutte le altre misure di contenimento del Covid.
Secondo la nuova ordinanza affirmata dal Ministro della Salute Eurasio Schillaci,
dal 1 maggio la mascherina resta obbligatoria solo
nei reparti delle strutture sanitarie che ospitano pazienti fragili,
anziani o immunodepressi.
Per capire cosa significa alla fine dello Stato di Emergenza
e fare un bilancio di questi tre anni di pandemia,
parliamo con Elena Boille, vice-direttrice di Internazionale
e con Gabriele Crescente, giornalista di Internazionale
che ha scritto storia mondiale del lockdown per la terza.
Le dichiarazioni di Emergenza servono all'OMS
per segnalare una crisi sanitaria,
a spingere i paesi, a coordinarsi, a collaborare,
ad adottare misure speciali e a sbloccare fondi.
Quindi la fine dell'emergenza apre a una nuova fase di monitoraggio, diciamo ordinario,
con un probabile ridimensionamento della sorveglianza e delle risorse disponibili.
Negli Stati Uniti, per esempio, la fine dello Stato di Emergenza
significa che alcuni costi torneranno a pesare sui cittadini.
Per ora i vaccini continueranno a essere gratuiti, ma non si sa per quanto.
E da subito le assicurazioni sanitarie
non saranno più obbligate a rimborsare i costi detestati a casa.
In Italia, dove lo Stato di Emergenza è finito da tempo,
a partire dal 1 giugno i principali obiettivi
saranno a tenere sotto osservazione le varianti
che circolano e sequenziarle per individuare eventuali mutazioni.
La cosa peggiore che si possa fare, secondo l'OMS,
è abbassare la guardia e smantellare i sistemi costruiti per combattere l'epidemia,
facendo passare il messaggio che è tutto finito e non c'è da preoccuparsi, mentre non è così.
C'è da dire, però, che ormai si parla sempre meno del Covid in Italia e all'estero,
ma qual è lo Stato attuale dei contagi in questo momento
e qual è, se possiamo farlo, un bilancio complessivo di come è andata finora?
Allora, in Italia negli ultimi giorni si sono registrati in media
poco meno di 25 morti al giorno e circa 3.000 casi.
Considerando, però, che molte persone fanno il test a casa,
qualcuno non lo fa proprio, sono sicuramente di più.
Il virus, insomma, continua a circolare.
Comunque, nel mondo, ad aprile, sono stati segnalati quasi 3 milioni di casi,
più di 17.000 morti, con dei picchi, soprattutto nel sud-est asiatico e in medio oriente.
Nel complesso, dall'inizio della pandemia, sono stati registrati circa 700 milioni di casi
e quasi 7 milioni di morti.
Ma secondo la stessa MES, il numero va moltiplicato per tre,
quindi i morti dovrebbero essere più o meno 20 milioni.
Gabriele, volendo fare un bilancio, ma dal punto di vista sociale,
secondo te che effetti ha avuto la pandemia e soprattutto il lockdown sulle persone?
La pandemia è stata essenzialmente un enorme stress test di portata planetaria.
È stata la prima volta, probabilmente, nella storia
che uno stesso problema è stato sottoposto a tutti i paesi del mondo.
E quindi come un esperimento, il modo in cui i paesi hanno reagito,
dice molto di loro e del loro stato di salute interno.
E quello che ha rivelato questo grande esperimento è stato evidenziare una volta di più
se ce ne fosse stato bisogno, le norme portata delle disuguaglianze
attualmente nel mondo, non solo tra i paesi ricchi
che sono stati in grado di sostenere le politiche restrittive
che hanno imposto e le conseguenze che hanno avuto.
E quelli che invece hanno dovuto a un certo punto tagliare corto queste misure
perché non erano più in grado di sostenere, hanno dovuto a un certo punto fare i conti
con la realtà che l'alternativa sarebbe stata peggiore, come ha detto il Presidente
Pakistano Imran Khan, inutile salvare le persone dal Covid se puoi muoiono di fame.
Ma anche le disuguaglianze all'interno degli stessi paesi tra chi ha potuto affrontare
questo periodo con gli strumenti dati da una partenenza, una fascia di reddito
e una fascia sociale di un certo tipo, ma vivere in lockdown, in una casa comoda
con tutte le comodità portata di mano e a poter lavorare a distanza.
E chi invece si è ritrovato chiuso in una situazione insostenibile, in monolocali,
appartamenti sovraffollati e con l'impossibilità di portare avanti il proprio lavoro
oppure di doverlo fare esponendosi a rischi per la salute.
E quindi anche alle differenze all'interno della società come le differenze di genere
tra le donne e gli uomini, perché le donne sono state sposte in modo spropositato
alla dovere di accudire i figli.
Ellen, a questo punto, guardando al futuro, dobbiamo aspettarci l'arrivo di nuove varianti.
Il fatto che l'OMS abbia decretato la fine dell'emergenza dovrebbe rassicurarci almeno in parte,
perché significa che non si aspetta l'arrivo di una nuova variante pericolosa nei prossimi mesi.
Però ovviamente il virus è imprevedibile, quindi non possiamo saperlo con certezza.
Il Washington Post scrive in un articolo che diversi esperti consultati dalla Casa Bianca
hanno stimato che c'è una probabilità del 20% che nei prossimi due anni ci possa essere una nuova
ondata pandemica, paragonabile a quella che abbiamo avuto con la variante Omicron.
Qualcuno arriva anche al 40%, però insomma nessuno ha la palla di vetro.
Quello che sappiamo e che prima o poi ci sarà una nuova pandemia.
Non sarebbe male arrivarci un po' più preparati.
Con il Covid la mancanza di preparazione, di coordinamento e anche di equità e solidarietà,
come diceva Gabriele, hanno provocato molte morti.
Queste si sarebbero potute evitare e si potranno evitare se si agisceombi in modo più oculato.
Gabriele, secondo te c'è un modo in cui la pandemia ha cambiato le nostre società in maniera permanente,
ci resterà qualcosa di buono da questa esperienza collettiva.
Adesso che il mondo ha voltato pagina e è in corso una sorta di rimozione collettiva di quello che abbiamo
vissuto durante la pandemia, sarebbe facile pensare che non è cambiato niente rispetto al 2020
quando tutti i politici si profondevano in impegni a costruire un mondo migliore dopo la pandemia
e tutti pensavano che sarebbe stata una svolta di portata storica.
In realtà la svolta c'è stata, ci sono stati degli effetti tangibili come la sconfitta di Donald Trump
alle lezioni presidenziali statunitanzi che probabilmente non ci sarebbe stata senza la crisi
economica provocata dal coronavirus o la sospensione del patto di stabilità europea o l'indevitamento
comune tra i paesi dell'Unione europea che fino a qualche anno fa sarebbe stato assolutamente impensabile.
C'è chi dice che anche l'invasione dell'Ukraine sia un frutto della pandemia perché la Russia e altri
paesi autoritari avevano erroneamente pensato che l'Occidente sarebbe uscito fadalmente indebolito
dalla crisi e addirittura qualcuno pensa che Putin abbia concepito il piano dell'invasione
durante il lockdown quando era rinchiuso da solo insieme ai collaboratori più stretti.
Un effetto concreto a livello economico sarà sicuramente il ripensamento della globalizzazione
come la conoscevamo prima, il fatto che gli stati stanno già cercando di rilocalizzare o quanto
meno riprendere il controllo delle alcune cadene di approvisionamento per non ritrovarsi nella
stessa situazione traumatica del 2020. Per quanto riguarda la vita di tutti i giorni dei cittadini
novità sono evidenti con l'introduzione del telelavoro, l'espansione dei servizi digitali,
ma anche il fatto che molte persone hanno approfittato di questa pausa per ripensare
le loro priorità e c'è stata un'ondata di dimissioni di massa all'interno di alcuni
settori economici con persone che hanno lasciato i loro impieghi per passare a tutt'altro.
Quello che non è cambiato è evidente, il mondo è già ricominciato a girare sulle stesse minari
di prima, a cominciare dal turismo di massa che ha già raggiunto i livelli di prima della pandemia
nonostante le ultime restrizioni agli spostamenti siano state revocate alla fine poco tempo fa.
Cosa ancora più preoccupante, non c'è stato il picco delle missioni di indriere carbonica
che alcuni prevedevano, che ci sarebbe stato quando le strade siano svuotate, la domanda di
Petroli era crollata, tutti pensavano che sarebbe stato un momento di svolta anche nella lotta
al cambiamento climatico. La pandemia ha confermato che gli esseri umani non sono
capaci di pensare a lungo termine e di prendere decisioni scomode nel presente,
pensando a un'emergenza futura, però ha anche dimostrato che sono in grado di reagire
e di accettare decisioni drastiche di fronte a una crisi di cui invece comprendono gli effetti
nel presente. La fine prima di impurre i lockdown molti governi pensavano che i loro cittadini
non avrebbero mai accettato misure così radicali e invece così è stato. Questo dovrebbe
convincerci che anche le misure necessarie per contrastare il cambiamento climatico che molti
pensano siano in applicabili e realistiche sarebbero probabilmente accettate di buon grado se
i cittadini capiscero la portata dell'emergenza. Grazie a Gabriele Crescent. Grazie a voi.
Grazie a Elena Bohille. Grazie a voi.
Martina Recchiuti, caporetatrice di Internazionale Kids, presenta il Festival della Rivista in programma
questo fine settimana Reggio Emilia.
Internazionale Kids è Reggio Emilia è un festival di giornalismo per bambini e bambini
dagli otto anni in su, circa, anche perché poi in realtà sono benvenute persone di tutte
l'età. Si svolge a Reggio Emilia dal 12 al 14 maggio e chi verrà a Reggio Emilia appunto avrà
l'impressione di sfogliare il giornale dal vivo. Da una parte potrà incontrare le persone che
fanno materialmente il giornale, la redazione, i fumettisti, i giornalisti e dall'altra potrà
incontrare quella comunità di lettrici e lettori che si sono lentamente appassionati
al mensile di Internazionale. Il festival si aprirà con un incontro sull'attivismo,
tenuto da Alice Quattrocchi, che è una giovane attivista del movimento Fridays for Future,
e si chiederà con un racconto su come si diventa pop star con la cantante Dito Nella Piaga.
In mezzo durante tre giorni ci saranno incontri sull'opera, la danza, l'importanza della paglietta,
la scienza, incontreremo un astrofisico per parlare di stelle.
Tutti gli incontri sono gratuiti e il festival si svolgerà questo weekend dal 12 al 14 maggio
a Reggio Emilia. Il programma è online, ha link internationali.it slash kids.
La sicuretà a Mayotte c'è a lì crescendo, la sicuretà a Mayotte c'è,
e questo per esempio, quando una persona, un'individu... un'individu... un'individu humain
ehm... vous donne un coup de machette sans sommation sur la tête. Sans aucune sommation.
C'è ça l'insécurité, oggi, a Mayotte.
È cominciata il 24 aprile, sull'isola di Mayotte, il Dipartimento francese nell'Oceano indiano,
l'operazione Wombushu, decisa dal governo francese per espellere i migranti regolari,
distruggere le paracopoli e contrastare la criminalità.
Il portavoce del collettivo degli abitanti di Mayotte, che avete ascoltato in un'intervista
dell'AFPE, descrive la paura e lo stress che gli abitanti dell'isola vivono quotidianamente,
tra aggressioni, assalte e scuola bus, risse e omicidi negli scontri tra bande criminali
rivali. Nelle ultime settimane la tensione è aumentata. L'operazione Wombushu, che nella
lingua locale, il maurè, vuol dire recupero, ha esasperato le contraddizioni e le questioni
risolte di questo territorio che si trova a 8.000 km da Parigi, nel canale di Mozambico,
tra l'arcipiale Gotolekomore e il Madagascar.
Ne parliamo con Francesca Sibani, editor di Africa di Internazionale.
Alla fine di aprile il governo francese ha deciso di mandare 1.800 poliziotti dalla
Francia metropolitana a questo suo territorio oltre mare, l'isola di Mayotte, con l'obiettivo
di sgomberare le numerose baraccopoli con il protesto della loro insalubrità e per
arrestare le persone che non avevano i documenti in regola. Questo per arginare la violenza
che si è scatenata negli ultimi mesi sull'isola. L'obiettivo sarebbe di allontanare almeno
20.000 persone in situazione irregolare nell'arco di due mesi. Come spesso accade in queste
situazioni di criminalità dilagante, di conflittualità sociale molto alta, il caprespiatorio diventano
le persone più povere e con meno diritti, cioè i migranti senza documenti, molti dei
quali sono di nazionalità comoriana.
Finora l'operazione di polizia ha portato alla distruzione di baracche e all'allontanamento
di decine di persone, ma ha incontrato da subito delle difficoltà. Per esempio le comore non
hanno accettato di far attraccare una nave con bordo dei deportati e un tribunale di
Mayotte ha ordinato quasi subito di sospendere le espulsioni, constatando che le procedure
erano troppo affrettate e quindi irregolari. Allo stesso tempo un'altra corte sta decidendo
se procedere con la demolizione di un abidonville dell'isola. Alle comore, d'altro canto, ci
sono state proteste da parte dei sindici dell'isola e anche forti critiche da parte del
governo. L'operazione è sostenuta da buona parte degli isolani di Mayotte che sono favorevoli
al pugno duro del governo di Parigi.
Prima di parlare dei fatti recenti facciamo un passio indietro. Ci spieghi qual è lo status
di Mayotte, qual è il rapporto la lega alla Francia e come si è arrivati alla sua definizione?
Il fatto che Mayotte appartenga alla Francia è uno dei paradossi ereditati dall'epoca
della decolonizzazione. Le comore infatti furono colonizzate dai francesi alla metà
dell'Ottocento insieme al Madagascar perché avevano una importanza strategica sulle rotte
commerciali importanti che andavano verso l'Asia. Quando si è arrivati al periodo delle indipendenze
si sono scontrati, qui in questo caso, due principi che hanno guidato la decolonizzazione.
Il primo è quello del diritto dei popoli all'autodeterminazione, quindi di decidere
loro stessi conquistare gli abitanti di Mayotte in occasione di un referendum nel 1974 hanno
votato contro l'indipendenza dalla Francia. Allo stesso tempo c'è un altro principio che è
quello del rispetto della integrità territoriale di un paese ed è quello a cui si appellano
le comore quando sostengono che Mayotte faccia ancora parte del loro territorio e in questo sono
in parte appoggiati dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, anche se nel corso del tempo
questa posizione sia sempre più indebolita. Lo stesso governo delle comore, pochi anni fa,
nel 2019 ha stretto un accordo sulle questioni migratorie con Parigi, accettando in cambio
un sostegno finanziario da 150 milioni di euro. Nel 2019 gli abitanti di Mayotte hanno votato
grande maggioranza in un referendum per diventare un Dipartimento francese e quindi mandare i loro
deputati all'Assemblea Nazionale. In questo i Comoriani hanno potuto farci poco e nulla,
anche perché al governo di Moroni, che è la capitale delle comore, mancano le leve per fare
pressioni su Parigi. Tornando ai patti migratori che hanno stretto negli ultimi anni, sembra che
ora questi accordi possano essere in parte saltati dopo la decisione della Francia di lanciare l'operazione
Wambushu. I Comoriani hanno cercato in tutti i modi di chiedere a Parigi di ripensarci,
ma senza successo. Il ministro dell'interno francese, Gerard Darmanin, che è stato il
fautore di questa operazione, ha detto che l'operazione Wambushu serve a lottare contro
l'immigrazione illegale, l'insalubrità pubblica e l'insicurezza sull'insieme del territorio.
Che cosa sta succedendo a Mayotte? Perché la situazione è così grave e così degenerata?
Il governo francese a Mayotte vuole mostrare il pugno di ferro. Forse perché, come scrivono
alcuni giornali francesi, Darmanin flerta con la destra in vista delle prossime presidenziali,
ma non tiene conto della situazione molto particolare che c'è sull'isola. Metà
dei 300.000 abitanti di Mayotte vive in povertà. Sappiamo che Mayotte è il più
povero tradutti di partimenti francesi. In particolare, nel capoluogo Mammushu,
moltissimi vivono nelle baracche anche perché c'è una grave carenza di alloggi.
Allo stesso tempo dobbiamo ricordare che la metà delle persone che stanno a Mayotte è
straniera e non gode dei benefici sociali che sono riservati ai francesi. Anche la situazione
economica è parecchio debole, non c'è un'industria, sono pochi servizi. E gli occupati sono appena
al 30% della forza a lavoro. Allo stesso tempo la scuola non è il trampolino verso un futuro
radioso visto che più del 40% dei diplomati si ritrova senza lavoro. In una situazione già
così difficile ci sono dei flussi migratori molto importanti dalle isole vicine, dalle
comore ma anche dalle alma da gascar. Da 20 anni migliaia di persone cercano in ogni
modo di raggiungere Mayotte con mezzi di fortuna, spesso con imbarcazione a motore chiamate
Quassa Quassa. E allo stesso tempo decine di migliaia di persone ogni anno vengono rispedite
indietro dalle autorità di Mayotte, sono state per esempio 26.000 nel solo 2022 senza
che questo abbia scoraggiato i migranti a ritentare la traversata. Bisogna infatti considerare
che anche se abbiamo detto che Mayotte è molto povera la vita alle comore è ancora
più dura e le comore continuano a essere uno dei paesi con i tassi di sviluppo più
Ci si potrebbe chiedere quindi che cosa vada a cercare a Mayotte gli abitanti delle comore.
Si può dire non vanno là per trovare lavoro perché abbiamo detto che il lavoro ce n'è
molto poco. Il loro principale obiettivo è probabilmente trovare il modo di finire,
di viaggiare e di andare nella Francia metropolitana dove c'è una diaspora comoriana che conta
ormai 300.000 persone. Queste persone mandano le loro rimesse a casa e secondo quanto ha riferito
il presidente delle comore asali a Suman in una recente intervista queste rimesse costituiscono
quasi l'integralità del bilancio nazionale delle comore.
A marzo nella prima tappa del suo viaggio in Africa il presidente francese Manuel Macron ha detto
che l'era dell'interferenza francese in Africa è finita. È davvero così questo rapporto
privilegiato tra la Francia e il continente africano è qualcosa che appartiene a passato.
Come vediamo nel caso di Mayotte è difficile dire che l'interferenza francese in Africa
sia finita. Di certo Macron ha cercato di presentarsi come un presidente di rottura che non vuole
ripetere gli errori fatti da tutta una serie di suoi predecessori che erano più implicati
nelle vicende della colonizzazione. Allo stesso tempo il momento della Francia in Africa è molto
complicato perché lo scenario mondiale sta cambiando e ci sono potenze tra cui la Russia
che fanno concorrenza a Parigi in Africa occidentale. Per questo Macron ha cercato di presentarsi
in un modo nuovo di dare l'immagine di un presidente in grado di cambiare le carte
in tavola, di smarcarsi dal passato e di puntare sui giovani africani. Però quello che succede
a Mayotte contraddice tutti questi tentativi. I giovani africani vengono lasciati da parte,
vengono dimenticati e si tiene conto solo dei bisogni di un elite che si potrebbe dire privilegiata.
Il che è ironico perché nelle ultime presidenziali del 2022 gli abitanti dell'isola non hanno votato
in maggioranza per lui, ma per Marine Le Pen che aveva ottenuto il 42% dei voti.
Grazie a Francesca Sibani. Grazie a voi.
Stefania Mascetti, responsabile del sito di Internazionale, consiglia una serie di V.
The Diplomat racconta una vicenda di fanta politica che non è troppo fanta. Comincio con
un'esplosione, una nave da guerra britannica viene attaccata e tutti i punti nel dito
contro l'Iran. Questa è solo la premessa alla vicenda di Kate Weiler, una diplomatica
statunitense esperta di Medioriente di Zone Calde che è riluttante e viene mandata a Londra
per gestire la possibile crisi con l'Iran. Weiler è sposata con un ex ambasciatore,
un uomo carismatico ma capriccioso ed egocentrico e che soprattutto non si rassegna l'idea di
essere diventato soltanto il marito Di. The Diplomat quindi si muove su un doppio binario,
da una parte la vicenda diplomatica, dall'altra quella sentimentale tra i due. Ma quello
che tiene incollati un po' allo schermo sono il ritmo della narrazione. La costruzione
di questa vicenda geopolitica è assurda e pure credibile, in cui le donne sono il vero
ago della bilancia. De Diplomat si può vedere su Netflix.
Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.
A tre anni dall’inizio della pandemia di covid-19 l’Oms e Gli Stati Uniti hanno dichiarato la fine dell’emergenza sanitaria. A Mayotte, dipartimento d’oltremare francese, è cominciata l’operazione Wuambushu per espellere i migranti irregolari, distruggere le baraccopoli e contrastare la criminalità.
Elena Boille, vice direttrice di Internazionale
Gabriele Crescente, giornalista di Internazionale
Francesca Sibani, editor di Africa di Internazionale
Video Omsr:http://www.cbc.ca/player/play/2202747459504
Video Mayotte: https://www.youtube.com/watch?v=y9hTUft5Emc
Internazionale Kids a Reggio Emilia: https://www.internazionale.it/notizie/2023/03/24/torna-il-festival-di-internazionale-kids-a-reggio-emilia-2023
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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.