Il Mondo: Jenin sotto attacco. L’acqua di Fukushima sarà riversata nell’oceano.
Internazionale 7/5/23 - Episode Page - 26m - PDF Transcript
Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli, io sono Giulia Zoli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.
Oggi vi parleremo dell'attacco israeliano su Genin e di Fukushima e poi del saccheggio della foresta mazonica e di un festival di fumetto.
È mercoledì 5 luglio 2023.
S'attacca l'attacco israeliano
La stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa stessa.
Nella notte tra domeniche e lunedì, Israele ha lanciato un'offensiva militare su larga scala contro il campo Profugi della città di Genin, in Cisjordania,
con bombardamenti aerei, condroni, mezzi corazzati e l'invio di migliaia di soldati.
È l'attacco più imponente compiuto dalle forze israeliane in Cisjordania in più di vent'anni.
Nell'operazione, che è proseguita per molte ore, almeno dieci palestinesi sono morti, decine sono stati feriti, mentre gli sfollati sono migliaia.
L'esercito israeliano ha dichiarato che l'obiettivo dell'azione militare è contrastare il terrorismo e porre fine alla reputazione di Genin come il luogo sicuro per i militanti giadisti.
Nell'audio che avete ascoltato, il primo ministro palestinese, Muhammad Stayye, si è rivolto alla comunità internazionale.
Chiediamo al mondo di fermare immediatamente l'aggressione, ha detto. Chiediamo l'imposizione di tutte le possibili sanzioni contro Israele, che sponsorizza il terrorismo dei coloni.
Ieri almeno otto israeliani sono rimasti feriti in un attentato compiuto da un ragazzo palestinesi a Tel Aviv, che a massa ha definito un'eroica vendetta per Genin.
Ne parliamo con Francesca Agnetti, editor di Medi Oriente d'Internazionale.
L'operazione è cominciata poco dopo la mezzanotte del 3 luglio, cioè nella notte tra domenica e lunedì, ed è proseguita per tutta la giornata di lunedì, la notte e fino al giorno dopo.
L'esercito israeliano l'ha definita come un'operazione limitata contro le infrastrutture del terrore, pianificata per durare tra le 24 e le 48 ore.
Si è trattato di un'incursione congiunta aerea e terrestre, cominciata con il lancio di almeno 10 attacchi con droni,
e proseguita con l'ingresso nella città di Genin e nel vicino Campo Profugi dei soldati israeliani, tra 1.000 e 2.000, accompagnati da bulldozer, corazzati e da cecchini sui tetti.
A cui hanno risposto gli abitanti e militanti palestinesi con colpi di arma da fuoco e con il lancio di pietre.
Secondo il bilancio, rilasciato martedì dal Ministero della Salute Palestinese, sono morte 10 persone e 100 sono state ferite, tra cui almeno 20 in modo grave.
Le vittime sono state identificate, sono tutti i ragazzi tra i 16 e i 23 anni.
I combattimenti hanno provocato la fuga anche di almeno 3.000 persone dal Campo.
Non è la prima volta che Genin è il bersaglio delle operazioni militari israeliane, anzi ce ne sono state molte nei ultimi mesi e nelle ultime settimane, anche con numerose vittime.
Solo il 19 giugno, per dire, erano stati uccisi i 6 palestinesi in un'altra incursione.
Il 21 giugno israele aveva usato per la prima volta in un altro attacco, vicino a Genin, i droni, cosa che non faceva dalla 2006.
Quindi queste attacche sono in qualche modo, diciamo, regolari.
Però questo, ultimo, cominciato tra domenica e lunedì, è in effetti il più massiccio, sia come potenza e sia come durata.
E per questo e molti l'hanno paragonato alla battaglia di Genin, che ha avuto luogo nell'aprile del 2002, durante la seconda intifada, e che dura una settimana e provocando la morte di 50 palestinesi e 23 soldati israeliani.
Perché proprio Genin e in particolare il Campo Profugi, che si trova ai confini della città, dove vivono migliaia di persone?
Si, Genin si trova nel nord della Cis Giardani occupata e il Campo Profugi è proprio appena fuori dalla città.
Fu all'esteto all'inizio degli anni 50 per i profugi palestinesi che avevano dovuto lasciare le loro case e le loro terre, in seguito alla creazione dello Stato di Israele nel 1948.
Secondo l'URWA, che è l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, ci vivono 14.000 persone in un'area che è meno di un chilometro quadrato.
Quindi la destabilitativa è molto elevata. Genin è proprio tradizionalmente un luogo simbolo della resistenza palestinesi.
Come dicevo prima, durante la seconda intifada, è stato al centro di importanti operazioni, ma l'URWA già prima e l'URWA è rimasta anche dopo.
L'ingresso e i vicoli del Campo sono pieni di bandiere, delle varie fazioni palestinesi, ci sono foto, ritratti dei morti palestinesi e simboli della lotta contro l'occupazione.
Nell'ultimo anno e mezzo, a Genin si sono radicati diversi gruppi armati, che sfuggono il controllo delle fazioni tradizionali, come Alphatamas e soprattutto dell'autorità nazionale palestinesi, che ormai è sempre più screditata, soprattutto tra i giovani.
La stessa cosa è successa a Nablus, che è un'altra città nel nord della Cisjordania, dove è attivo un gruppo che si chiama la fossa dei Leoni, e proprio Genin e Nablus sono state nell'ultimo anno, bersaglio di moltissime operazioni dell'esercito israeliano.
A Genin ci sono invece le Brigate di Genin, contro cui è stata lanciata l'operazione di questi giorni. La strategia di questi gruppi è simile e unisce Allez la lotta armata con altre forme di resistenza popolare.
I combattenti sono soprattutto giovani, tra i 18 e 24 anni, non frequentano le moschèi,
non sono influenzati da figure religiose, a volte hanno legami con gruppi militanti
come Amasso, la Già d'Islamica, compiono azioni locali, spontanei, non hanno un'ideologia
comunemente accettata, la struttura organizzativa non è definita e decentralizzata più che
altro. Tutto quello che conta per loro è combattere contro l'occupazione israeliana,
quindi il loro berzaglio sono i soldati e i coloni che vivono negli insediamenti e negli
avampossi illegali che si trovano sparsi in tutta la cisciardania. Secondo l'esercito
israeliano circa 50 tacchi compiuti da palestinesi contro israeliani nell'ultimo
anno e mezzo sono stati commessi proprio da persone provenienti da Genin, per questo la città
e il suo campo profughi sono al centro delle operazioni militari israeliane di questo ultimo
periodo e di questi giorni. Perché questo attacco su Genin così imponente è stato lanciato proprio
adesso? L'aumento delle violenze inceserdane è stato costante nell'ultimo anno, negli ultimi
mesi e anche nelle ultime settimane. Partendo da qui c'è del periodo più vicino, si può
ricordare che dopo il precedente attacco compiuto al campo di Genin, quello del 19 giugno, c'è stato
un attentato compiuto da due palestinesi che poi sono stati uccisi nei pressi della colonia
israeliana di Ieli sempre nel nord della cisciardania nel quale sono morti quattro israeliani e altri
quattro sono rimasti feriti. La sera dello stesso giorno c'è il 20 giugno centinaia di coloni hanno
attaccato la città di Awara e altri comuni intorno a Nablus, hanno incendiato veicoli, terreni
agricoli, hanno devastato alcune abitazioni terrorizzando la popolazione. Questo episodio ha
ricordato un altro molto grave, avvenuto a febbraio, quando c'era stata un'altra incursione
dei coloni sempre nella città di Awara in seguito all'uccisione di due fratelli israeliani. In quel
caso diversi osservatori avevano usato la parola pogrom per descrivere questa incursione di centinaia
di coloni la più grave in decenni, ma questa nuova ondata di violenza, di tensione in realtà si può
far risalire almeno al marzo del 2022 quando israeli ha lanciato la sua operazione chiamata break
the wave, rompi l'onda, in seguito a una serie di attacchi che erano stati compiuti da palestinesi
contro civili israeliani che avevano ucciso 19 persone. L'esercito israeliano aveva dichiarato
che l'obiettivo di questa operazione sono militanti, combattenti, però spesso le incursioni che sono
diventate sempre più regolari, sempre più costanti hanno colpito anche civili. Questo ha
portato il 2022 a essere definito dalle nazioni unite come l'anno più mortale per i palestinesi
dal 2006 con più di 170 morti, ma questo bilancio è già stato superato nel 2023 che quindi sarà
un anno ancora più sanguinoso, ma volendo andare ancora più indietro l'inizio di questa impennata
di violenza che diversi osservatori si chiedono se possa essere una terza intifada si può far risalire
addirittura al maggio del 2021 quando settimane di tensioni a jerusalemme causate dall'espulsione
nel quartiere di shake jarra e dai attacchi della polizia israeliana contro fedeli musulmani
durante il mese santo di ramadan hanno portato a una guerra contro amassa gaza che in 11 giorni ha
provocato la morte di più di 250 palestinesi insomma la scia è veramente lunga andando
a ritroso si potrebbe arrivare molto in là di certo a far precipitare le cose a dare fuoco a
una situazione già molto accesa è stato l'insediamento a gennaio del governo più a destra
della storia di israeli e quanto pesano le pressioni delle alleati del governo di netaniao in particolare
della componente ultranazionalista sicuramente gli esponenti più a destra del governo fanno
pressioni da mesi sul governo di benjamin netaniao per compiere un'azione più dura in césar dania
soprattutto contro genin il ministro della sicurezza nazionale itamar benvir ha parlato più
volte della necessità di exterminare terroristi dicendo non uno non due ma decine centinaia
migliaia se necessario secondo un'analisi di arez che pubblicheremo sul prossimo numero
di internazionale l'operazione contro genin è proprio un compromesso tra l'esercito israeliano
che avrebbe preferito continuare con la strategia che porta avanti appunto da più di un anno
di ride relativamente piccoli e rapidi e invece la richiesta di un'azione più decisa da parte
dei elementi più estremisti al governo d'altra parte anche i coloni ora ne loro rappresentanti
nell'esecutivo e fanno valere il loro peso sono mesi che i coloni e i loro sostenitori dentro e
fuori dal governo si lamentano con i militari perché non fanno abbastanza contro quelli che
definiscono i terroristi palestinesi e i coloni ormai agiscono nella più totale impunità abbiamo
accennato prima i pogrom che sono stati gli episodi di violenza dei coloni più evidenti e brutali
ma gli attacchi contro i palestinesi sono continui secondo l'ufficio degli affari umanitari del
lono dall'inizio del 2023 fino al 26 giugno ci sono stati in media a 95 attacchi ogni mesi
compiuti dai coloni contro i palestinesi a cui hanno preso parte centinaia di persone ma sono le
persone che adesso hanno le spalle coperte a livello politico il governo di bengio ammennetaniao
dipende dal sostegno dei partiti religiosi ultranazionalisti quindi se netaniao che
ricordiamo è sottoprocesso per corruzione vuole restare al potere deve in qualche modo dare a
questi politici quello che vogliono quello che chiedono e che hanno sempre chiesto e cioè lo
scontro cosa può succedere ora è difficile dire cosa succederà quello che si può dire che la
violenza non può che nascare altra violenza come si può vedere già subito dall'attentato che è
stato compiuto ieri a Tel Aviv in cui sono rimasse ferite 7 israeliani non c'è all'orizzonte una
fine dei combattimenti nessun tipo di negoziato serio di colloquio in vista come dicevo prima il
2023 si profila come un anno terribile sanguinosissimo volendo fare un conteggio io riporterei
quello dell'agenzia franspress che si basa su fonti ufficiali israeliane e palestinesi e che
ha registrato dall'inizio dell'anno nelle violenze legate al conflitto israeliano palestinese al
meno 186 morti palestinesi e 25 israeliani intanto bisognerà vedere che strasci chi lascerà questa
grande operazione contro genin come si riorganizzeranno i combattenti palestinesi come reagiranno i
politici israeliani se per un po i elementi più estremisti saranno soddisfatti ma allargando poi un
po lo sguardo quello che resta sono macerie non solo le macerie di genin ma le macerie di un
processo di pace per mettere fine al conflitto israeliano palestinese che semplicemente non
esiste più grazie a francescagnetti grazie a voi camilla desideri editor di america latina
di internazionale racconta un articolo dell'ultimo numero a giugno di un anno fa il giornalista
britannico don philips e l'antropologo e attivista bruno perera sono scomparsi nella
valle del giovari una regione protetta nella mazzone a brasiliana dove vivono molti popoli
nativi al confine tra il perù e la colombia philips stava lavorando a un libro che avrebbe
dovuto intitolarsi come salvare la mazzone e per era era la sua guida oltre a uno dei più
grandi esperti della zona e di popolazioni indigine di tutto il paese l'articolo del consorzio
giornalistico forbidden stories che pubblichiamo in questo numero di internazionale racconta che
durante quel viaggio i due stavano indagando sulle attività illegali che minacciano le
risorse e la sopravvivenza della foresta i loro corpi sono stati trovati dieci giorni dopo la
loro scomparsa in seguito alle confessioni dei principali sospettati cioè alcuni pescatori di
Frodo ma le incursioni nella terra indigena e i traffesi illeciti non si sono fermati per un anno
più di 50 giornalisti di forbidden stories hanno indagato sull'accaparramento delle terre,
sull'allevamento legato alla deforestatione, sull'estrazione mineralia e sulla pesca illegale,
continuando l'indagine che era costata la vita e due attivisti per la difesa della foresta mazzonica.
L'articolo falluce anche sulle attività criminali che hanno portato a loro omicidio e sui
possibili legami con i cartelli del narcotraffico ma anche sulle contraddizioni di una regione
dove gli interessi in gioco sono molti e spesso in conflitto tra loro.
Il Giappone è pronto a rilasciare in mare le acque della centrale nucleare di Fukushima. L'operazione è stata
approvata anche da un rapporto dell'Agenzia Internazionale per l'energia atomica, di cui avete
sentito parlare il direttore generale Rafael Grossi, secondo cui i livelli di radioattività
dell'acqua rientrano negli standard di sicurezza internazionali. La centrale di Fukushima è stata
danneggiata durante il terremoto e il conseguente tsunami che nel 2011 ha colpito il Giappone orientale.
Lo sversamento in mare dell'acqua radioattiva usata per affreddare i reattori è il primo passo
verso il totale smantellamento della centrale. Ma molti giapponesi accusa nel loro premier di
non offrire sufficienti rassicurazioni e trasparenza sul grado di tossicità dell'acqua. Una preoccupazione
condivisa anche da diversi governi dei paesi vicini. Ne parliamo con Giunco Terau, editor di Asia
di Internazionale. Il Giappone si prepara a procedere con il piano per lo smaltimento dell'acqua
usata per affreddare i reattori danneggiati nella centrale di Fukushima da Iichi ed è il primo
passo necessario per arrivare allo smaltimento della centrale e alla bonifica dell'area che però
ci impiegherà decenni. Si tratta di smaltire più di un milione di metri cubi di acqua stoccata
attualmente in barili nell'area circostante della centrale. Il problema è che la capienza di questi
barili sta finendo, cioè non c'è più terreno dove metterli, dove sistemare questi barili e quindi
hanno deciso di sversarla in mare dopo averla trattata ovviamente. Ha deciso e l'ha stato il
governo di Tokyo appunto che ha presentato questo piano nel 2021 tra molte polemiche e molte proteste
e l'aveva sottoposto alla IEA l'Agenzia dell'ONU per l'energia atomica. Secondo il governo giapponese
questa operazione è sicura e abbiamo visto che questo è confermato anche da un rapporto
dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica ma tra gli esperti c'è accordo su questa cosa?
Sì in questi due anni dopo la presentazione del piano da parte del governo di Tokyo la IEA ha
esaminato il piano proprio ieri come tu dicevi il capo dell'agenzia grossi ha consegnato il rapporto
finale di che dice sostanzialmente che lo sversamento nell'oceno dell'acqua trattata
avrà letteralmente dice un impatto radiologico trascurabile sulle persone e sull'ambiente.
Cioè secondo la IEA e gli scienziati su questo più o meno concordano la quantità di trizio che è
l'elemento appunto che non si riesce a filtrare, la quantità di trizio che sarà rilasciato ogni
anno con l'acqua trattata sarà ben al di sotto del trizio prodotto annualmente attraverso processi
naturali come dice la IEA l'interazione tra i raggi cosmici e con i gas nell'alta atmosfera quindi
la IEA rassicura e sì in generale il mondo scientifico concorda. Abbiamo sentito però che i
paesi e vicini sono preoccupati? Sì sono intanti a essere preoccupati in realtà non solo i paesi e
vicini ma prima di tutto i pescatori delle prefetture di Fukushima, di Miyagi insomma della zona
interessata sono preoccupati per l'impatto che questa decisione che questo piano questo sversamento
di acqua nell'oceano avrà sulla loro attività dopo che ci sono voluti anni per riprendersi. I
paesi e vicini in particolare Cine e Corea del Sud hanno ufficialmente protestato insomma hanno
chiesto al Giappone di discutere, la Cina in particolare ha chiesto al Giappone di discuterne
con la comunità internazionale e di dare delle garanzie scientifiche trasparenti. La Corea del
Sud a Maggia ha mandato una delegazione scientifica che dovrà rendere in auto il suo rapporto quindi
in questo momento Corea del Sud del Giappone sono in rapporti diplomatici diciamo abbastanza buoni
e quindi la Corea del Sud ha fatto questo passo, anzi il Giappone ha fatto il passo di accettare,
di accogliere questa commissione scientifica sudcoreana e quindi vedremo quali saranno i
risultati. Quello che chiedono gli altri paesi appunto include le isole del pacifico che vivono
di pesca e di turismo che sono comprensibilmente preoccupati quindi sono prima di tutto informazione
e trasparenza quello che chiedono al governo questo. Il governo di Tokyo ha promesso che le avranno
ma adesso vedremo se sarà così. Intanto l'Unione europea si prepara a toglier le restrizioni
sull'importazione di prodotti alimentari giapponesi che è in vigore appunto dall'incidente di Fukushima
forse lo farà oggi stesso. Finora i prodotti della zona di Fukushima e d'intorni come per
esempio i funghi selvatici della prefettura di Fukushima o il peice ai germogli di bamboo di
Miyagi erano sottoposti a controlli sulla radioattività mentre quelli delle altre regioni
del Giappone dovevano avere un certificato che provasse che non provenivano da quelle zone per cui
l'Unione europea sta per farlo e gli Stati Uniti queste restrizioni hanno abolite nel 2021. Ecco
per quanto riguarda la terra ferma cioè l'area intorno alla centrale è ancora abiettato a
abitarci a 12 anni dal terremoto più potente ma registrato in Giappone qual è la situazione
nella regione di Fukushima adesso? Sì è ancora abiettato a abitare e nella zona di esclusione
da cui sono state sfollate evacuate 150 mila persone che non potranno più tornare a casa
loro e ci vorranno decenni per smantellarli impianto e addontanare il combustibile e
bonificare l'area. L'esultato è che intere comunità sono state disgregate ed è venuta
soprattutto meno la fiducia verso le autorità. Gli abitanti di Fukushima vivono ora a distanza
di anni, vivono soprattutto questo e autorità avevano assicurato che mai ci sarebbe potuto
essere un incidente alla centrale eppure c'è stato quindi comprensibile che la fiducia si appare
a zero. Gli abitanti negli anni hanno imparato ad arrangiarsi quindi a organizzarsi tra loro
per esempio a misurare l'area di attività nell'ambiente nei prodotti alimentari senza basarsi
troppo sulle mappe e fornite dal governo che dicevano in quali zone erano più o meno radioattive. In
realtà gli abitanti hanno scoperto su molto presto che bastava un colpo di vento per scombinare
le cose quindi la vita a Fukushima adesso è editata dalla sfiducia nei confronti delle autorità.
I giapponesi sono stati gli unici al mondo ad aver subito i danni di un bombardamento atomico e
questo gli ha dato sempre una sensibilità particolare sulla questione dell'energia atomica.
L'incidente di Fukushima che effetto ha avuto sull'opinione pubblica giapponese in questi anni?
L'ho avuto un effetto enorme sull'opinione pubblica per più di dieci anni è rimasta molto
contraria alla riattivazione delle centrali nucleari che sono state spenti dopo il 2011 e
ricordiamo che da allora solo dieci dei 33 reattori presenti in Giappone sono stati riattivati perché
rispettavano le norme di risicurezza mentre tutti gli altri no vanno messi a norma e successo però
che l'anno scorso cioè nel 2022 per la prima volta in un sondaggio la maggioranza degli
intervistati anche se di poco insomma il 53% si è dichiarato favorevole alla riattivazione
delle centrali a patto chiaramente che si è garantita la sicurezza su questo chiaramente
ha pesato il rincaro dei prezzi dell'energia e dei carburanti a causa della guerra in Ucraina.
C'è un'altra cosa da dire che il Giappone essendo povero di materie prime e dovendo quindi
importare quasi tutto il secondo importatore di gas naturali di cui è fatto al mondo ha bisogno
di rimettere in funzione i reattori nucleari per poter rispettare gli obiettivi sul climale
dentro 2030 e quindi questa è una questione una questione con cui anche l'opinione pubblica
dovrà fare i conti. Grazie a Giunco Terrao. Grazie a voi.
Barbara Bonomi Romagnoli, giornalista che collabora con Internazionale, segnala un festival a Roma.
Inizia domani a Roma e precisamente al Pigneto Bandefan 2023, festival femminista di fumette
illustrazione dal respiro internazionale. Bandefan sta per bande di donne e femministe,
ma nel gioco linguistico con il francese indica anche le strisce illustrate dei fumetti e fino
a sabato 8 luglio saranno tre giorni di dibattiti in Libri d'E per festeggiare i primi dieci anni
del festival nato all'interno della Liberia Ottubre di Roma. L'apertura ufficiale vedrà
autrici della scena internazionale Quirra, fra queste a Franz Scannon, a Roma della Sera,
ma nel corso della tre giorni saranno tantissime le autrici a salire sul palco, tra queste
Laura Pugno, Claudia Palmarucci, Lina Gebett, Sonno, Laura Mango e ricordiamo anche Calina
Mujova che è stata ospitata con le sue tavole anche all'interno di Internazionale. Un focus
specifico sarà sull'ecofeminismo con un'iniziativa che coinvolge anche la cittadinanza perché ci
saranno delle autrici che faranno in diretta delle illustrazione sul ciclo dei rifiuti per
capire dove vanno a finire. E poi se ne indagliamo le sorti di Santa Matita, una torinese che arriva
con un testo veramente molto molto particolare, sentitola all'ultima estate al cimitero racconta
di un'improbabile luogo di velleggiatura che sta per chiudere, in cui i suoi vaganzeri
abituali devono affrontare il pensiero di un futuro altrove.
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Junko Terao, editor di Asia di Internazionale
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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.