Fare un fuoco: Italo sovietico: Calvino nell’URSS che non c’era

Lucy - Sulla cultura Lucy - Sulla cultura 5/12/23 - Episode Page - 21m - PDF Transcript

Le grandi narrazioni ci tengono insieme. Un popolo, un paese, prima ancora che da

leggi o da un sistema politico, è tenuto insieme da una narrazione condivisa, accettata

dalla maggior parte delle persone, funzionano così le democrazie e a maggior ragione funzionano

così i regimi. Il problema è capire che rapporto intercorre fra il soddisfacimento

di questo bisogno e il soddisfacimento del principio di realtà.

Una domanda scomoda è cosa succede quando le storie che dovrebbero tenerci insieme

cominciano a scricchiolare perché raccontano una realtà che proprio non esiste. Forse

queste narrazioni raccontano sempre una realtà falsata, non potrebbe essere altrimenti, bisogna

allora capire quanto si può tirare la corda per evitare che si spezzi.

Nel 2023 si celebra il centenario di Italo Valvino, scrittore particolarmente rischiarato

dall'ume della ragione. Eppure anche lui, in un certo momento della vita, si affidò

a una narrazione o forse dovremmo dire a un mito, a cui credette, a una narrazione a

cui aderì in maniera molto convinta, salvo in seguito a avvertirne con angoscia, angoscia

crescente, l'inaffidabilità. All'inizio degli anni 50 Italo Valvino fece un viaggio

assai particolare ma molto comune per gli intellettuali di quei tempi. Assieme a una

delegazione del partito comunista italiano di cui faceva parte, si recò in unione sovietica.

Che cosa cercava Calvino laggiù? E per estensione cosa cercavano alcuni grandi intellettuali

occidentali come lui spingendosi a Est. Oggi guarderemo un mondo che non c'è più

con gli occhi di Italo Calvino ma anche con quelli di Andrei Gid, fino a che punto dobbiamo

credere alle grandi narrazioni. Io sono Nicola la gioia e questo è fare un fuoco,

il podcast di Lucy che racconta come le store continuano ad accendere la nostra immaginazione.

Se qualcosa non esiste ma molti credono che esista, quella cosa finisce davvero per esistere? La

domanda non è semplice e tuttavia difficile negare che chi racconta bene una storia governi

il mondo. Quando scrive Tacquino di viaggio in Ursa, Calvino ha 28 anni, è stato partigiano,

è sodale di pavesi e vittorini, ha scritto il sentiero dei nidi di ragno,

insomma non è poco, però Calvino è ancora molto giovane, non è ancora il Calvino che

impareremo a conoscere quello che abbiamo letto e studiato e che oggi è famoso in tutto il mondo.

In quel periodo, Italo Calvino è un militante comunista. Crede davvero non solo che in unione

sovietica la storia stia cambiando, ma che la storia universale, con lo scandalo che dura da

10 mila anni come diceva il Samorante, possa cambiare grazie all'Unione sovietica. Desiderare

un mondo migliore, lottare per un mondo più giusto a pochi anni dalla fine della seconda guerra

mondiale è un sentimento legittimo di cui oggi forse siamo troppo sprovvisti e sentiamo la mancanza.

A ogni modo, nel ottobre del 1951, Calvino, giovane e fiducioso, parte così per un viaggio che

durerà una quarantina di giorni. Si muove dal caucaso alleningrato per visitare città, fabbriche,

scuole, università, stadi, colcoz. A la stazione di Leopoli, Calvino e la sua delegazione vengono

accolti dalle ragazze del Como Small, sarebbe l'Unione comunista della gioventù. Le belle ragazze

intonano sul mare l'Uccica, riempiono i vagoni di mazzi di fiori, salutano, abbracciano, mandano

baci. Non c'è per nulla un tipo di ragazza standardizzata qui, scrive Calvino, nei suoi tacquini.

Un elemento su cui Calvino insisterà spesso è la diversità. Le cose più banali gli sembrano

atipiche in unione sovietica. Gli sembrano migliori rispetto all'Italia. Forse gli sembrano perfette.

Qualche anno prima, nel 1936, anche Andrei Gid, futuro premio Nobel per la letteratura,

va anche lui in unione sovietica. Era una unione sovietica diversa da poi da di Calvino,

per esempio non aveva ancora sconfitto i nazisti nella seconda guerra mondiale,

ma era già un po' attrattivo per diversi intellettuali europei. Al suo ritorno in

patria, a differenza però di Calvino, Gid è pieno di dubbi. Dubbi che lo porteranno a scrivere

ritorno dall'URS e poi le postille al mio ritorno dall'URS, scritti molto critici nei confronti

dell'Unione sovietica, tanto che gli costeranno amicizia di grandi intellettuali come Brex,

Marlowe, Visane e tanti altri. La sua morte, la morte di Andrei Gid, l'umanité, il giornale del

partito comunista francese, titola senza alcun riguardo, è morto un cadavere. Gid è scettico,

individualista, per certi versi in politico, beh non è un buon militante, forse questo però fa di

lui un più grande scrittore. Sul treno che lo porta a mosca c'è una carrozza lussuosa a sua

disposizione, ma c'è una cosa che già non gli piace, che non piace ad Andrei Gid, non può

comunicare con il resto del treno. In Unione sovietica Gid è come se vedesse i negativi

di ciò che fotografa Calvino, che cosa vede? Omologazione, prostrazione dello spirito, conformismo,

parlare con uno dice e parlare con tutti. Molto diverso da ciò che crede di vedere Calvino.

Negli anni 50 il partito comunista italiano era molto vicino all'Unione sovietica e a Stalin.

Alla morte di quest'ultimo il PC si mette al lutto. L'unità titola è morto l'uomo che più

ha fatto per la liberazione del genere umano. Letta oggi questa frase mette i brividi, ma

rinnegare Stalin significava, avrebbe significato per alcuni anzi per molti rinnegare la propria

stessa storia, la propria stessa identità. I miti della propaganda sovietica come l'abolizione

della disoccupazione, il miglioramento dei salari, delle condizioni di vita, la riduzione

dell'orario di lavoro erano considerati verità non soltanto dai militanti ma anche da alcuni

dirigenti di spicco del partito. Solo nel 1956 Khrushchev denuncerà Stalin per le grandi purge,

per aver distrutto le aspirazioni igualitarie e democratiche della rivoluzione per aver creato

intorno a sé un vero culto della personalità. Come mai ogni modo Gide Calvino reciprocano

in modo così diverso la storia, la narrazione, la grande narrazione che l'Unione sovietica racconta loro?

In un episodio dei Simpson Homer si trasferisce nuancesce a Cyprus Crick per lavorare alle

dipendenze di Hank Scorpio. Scorpio è un uomo atletico, casual in look, informale

nei modi, attento alle esigenze dei suoi dipendenti, insomma, sembrerebbe il capo ideale. Cyprus Crick

sembra uscito dalla brochure del sogno americano. Giardine ordinate, vicini gentili,

nessun barbone per le strade. Ho meglio il nome del decoro, quelli che un tempo erano

barboni si sono trasformati in buche per le lettere, molto ordinate, molto decorose.

Insomma tutto sembra così perfetto che Homer è certo non brilla per a come, ma per questo anche lo

sentiamo vicino. Non si accorge che Scorpio in realtà è un criminale, una sorta di super

cattivo che potrebbe essere uscito da un film di James Bond e non si accorge Homer di essere lui

stesso diventato un ingranaggio in un diabolico piano di distruzione di bassa.

Ora, senza voler paragonare anche Scorpio all'Unione sovietica, ed è impossibile però

mutare il smutandis, non pensare ai vari Elon Musk, Jeff Bezos e ai campus della Silicon Valley,

senza voler ovviamente accostare Homer Simpson a Idolo Galvino, non ci permetteremmo mai,

questo episodio di Simpson ha però qualcosa in comune con le pagine di molti resoconti

di viaggio dei paesi socialisti dell'epoca, degli intellettuali dell'epoca.

L'Unione sovietica come un sovrano un po' vanitoso si impegnava tantissimo a mostrare

il suo profilo migliore per alimentare l'entusiasmo degli intellettuali occidentali.

Il tentativo era quello di alimentare il patrimonio politico, mediatico e reputazionale da spendere

nella contrapposizione con l'Occidente in particolar modo con gli Stati Uniti.

In quegli anni, tanti intellettuali occidentali vanno in visita in Unione sovietica.

I loro viaggi sono raccontati dal sociologo Paul Hollander, che nel suo pellegrini politici fa

un parallelo fra il resoconto di questi intellettuali occidentali che magnificano

l'Unione sovietica con i viaggi dei cristiani in terra santa.

Gli intellettuali, gli scienziati ma pure le più modeste delegazioni di operai diventavano

gli opinion leader, oggi diremo gli influencer, in grado appunto di influenzare la percezione dei

propri connazionali in patria, circa ciò che accadeva in Unione sovietica.

Per questo le cortesie per gli ospiti erano fondamentali, manifestazioni d'accoglienza,

hotel prestranieri, itinerari lontani dal degrado, visite a scuole ma soprattutto

le guide, da sempre perché una storia funzioni serve qualcuno grasappi a raccontare,

servono gli aevi, in quel caso erano appunto le guide, allegre, cordiali, colte, ecco le

guide messe a servizio delle delegazioni straniere avevano il compito più importante e saltare

il paese agli occhi dei visitatori. Nel viaggio di Italo Calvino la sua guida Victor

Stepanovic è un personaggio importante, preparato, rigoroso, dall'allegria spontanea e comunicativa

ed alla risata irrefrenabile scrive Italo Calvino della sua guida. E ancora scrive Calvino,

quando a un momento libero Victor tira fuori di tasca un volumetto di diumà perché non c'è

niente di meglio di diumà per riposare la mente e tenersi in esercizio con il francese.

Le guide dovevano essere membri del partito, educate, fluenti, in almeno una lingua straniera.

Dopo aver dato la buona notta agli ospiti compilavano però un rapporto scritto per i loro superiori.

C'è un episodio abbastanza significativo del viaggio di Calvino. Andando per l'ivietà

del centro scrive, vede una coda di gente ferma sul marciapiede davanti a un negozio, più in

là c'è un'altra fila. Un'altra fila ancora, chiedo spiegazione agli interpreti, aspettiamo

l'apertura dei negozi, rispondono. Ah, capisco, dice a sua volta Calvino, ma continua a rimuginare,

non è soddisfatto. L'avevo già sentito dire in Italia, a nota, di coda e negozi di Mosca,

ma pensavo fossero le solite bugie. Calvino confida i propri dubbi a Stepanovic,

da noi in Italia quel tipo di coda e lì significano di solito guerra e miseria. Mi dovete

spiegare come è possibile che ci siano code così in unione sovietica. Niente di più facile,

risponde pronto Stepanovic, li attacca con una dettagliata disertazione sugli orari di

apertura dei negozi in unione sovietica, sulle abitudine dei colcosiane, dei moscoviti,

oggi diremmo, gli fa una supercazzola. Calvino allora propone a sua volta influenzato

la questa supercazzola di migliorare i turni di lavoro già ho fatto, risponde Stepanovic.

Ora è tutto chiarissimo, c'è una razzio per quelle file, in realtà sono, diciamo così,

un sintomo più di efficienza che no di inefficienza, più di una società sana che no di una società

misera. Cercavo di trovare una disorganizzazione a nota, una magagna e invece tutto semplice e

naturale. Insomma questa è l'unica occasione nella quale calvino dubita per un attimo della

versione che gli viene suggerita. Andre Gid anche qui la vede diversamente,

con piangere persone che aspettano ore in coda per il pane, la verdura, la frutta,

tutto tra l'altro a suo dire di pessima qualità. Capiscejadi vale a dire che quelle file sono la

conseguenza della miseria, nonna di un'ottimale organizzazione. Gide e Calvino sono abitati, abbiamo

capito da sentimenti diversi, se il primo ha paura di andare in unione sovietica perché non vuole vedere

le sue speranze di sin luce, il secondo ci va per confermare il suo desiderio.

Ecco, ripartiamo dalla domanda con cui abbiamo aperto la puntata. Se qualcosa non esiste, ma molti credono

che esiste, allora quella cosa finisce bento per esistere? Platone credeva che, in una mente

umana sana, la sfera della logica governasse le emozioni e non viceversa. Platone non amava le

storie, in particolare le storie inventate perché le storie hanno un obiettivo emozionare,

e puntano, tra l'altro molto spesso non alla verità, ma alla persuasione e posisà che le emozioni

e emozioni e ragione non sempre vanno d'accordo e fra le due e le prime hanno spesso il sopravvento sulla

seconda. Pensando alla forza emotiva del racconto propagandistico sovietico-sovietico, che si alimentava

dei reportaggi entusiastici d'intellectuali rispettabili, viene da ricordare che una buona storia

per avere efficacia ha bisogno di venire raccontata e riraccontata e riraccontata e riraccontata e così

via, all'infinito, come una barzelletta o come un pettegolezzo deve passare di bocca in bocca,

deve diventare popolare e attraverso la ripetizione diventare vera, specie, se tanto vera, non è.

Calvino va in unione sovietica alla ricerca di quella verità, ci va per verificare la forma

esatta che hanno i suoi sogni, augurandosi di vederli realizzati nella società in cui vive,

cioè in Italia, in Occidente. Nel viaggio cerca ciò che vuole trovare, vede ciò che vuole vedere,

come può accadere a una versione di noi più giovane quando ci fidanziamo con una persona

lungo, desiderata, immaginata, fantasticata e vogliamo per forza che quella immaginazione,

che quella idea mentale, quella figura mentale che ci siamo fatti di lei aderisca

alla sua figura reale, spesso questo non accade ed è un disastro.

Si può dire allora che l'esperanza è dita lo Calvino, anche le nostre non sono tanto un

viaggio nel presente ma nel futuro. L'unione sovietica è un mondo che non sta mai fermo e

di cui non puoi mai dire è così perché è sempre il movimento, lo vedi contemporaneamente

come era, come sta diventando e come diventerà scrivere piuttosto, generosamente, italo Calvino.

Un po' come te che l'alla città invisibile di cui Calvino scriverà diversi anni dopo,

sempre in costruzione, non si ferma mai, ogni giorno è sempre diversa.

Aspettare che il sogno si realizi, questa è anche la natura della critica che Paul Nisan fa a Gid,

bisogna avere pazienza, nel futuro la nuova società sovietica sarà in grado

di apportare correzioni alle storture del presente.

Quella società tuttavia stava già cambiando, risponde Gid, solo che cambiava in peggio giorno dopo giorno.

A distanza di qualche anno Calvino non sarà più così fiero del sott'acquino di viaggio.

La storia non darà ragione nel suo entusiasmo giovanile, il cuore e gli ideali subiranno

un duro colpo dopo la rivolta di Poznan, quando nel 1956 gli operai della città polacca

scioperarono contro il regime comunista mantenuto dall'Unione sovietica al grido di pane e libertà.

Poi arriveranno i fatti di Ungheria, la sollevazione armata di spito antisovietico

divampata nell'ungheria socialista e poi duramente repressa dall'intervento proprio delle truppe soviete.

Così il 26 ottobre del 1956 Calvino denuncia l'inammissibile falsificazione della realtà

operata dall'unità nel riferire gli avvenimenti di Poznan e Budapest e critica l'incapacità

del partito comunista italiano di rinnovarsi. Nell'agosto del 1957, dopo aver scritto un racconto

la gran bonaccia delle antille molto critico nei confronti del PC, lo scrittore pubblicherà

una lettera sull'unità tanto dura quanto affettuosa.

Cari compagni, comincia così, devo comunicarevi la mia decisione ponderata e dolorosa di dimettermi

dal partito. Quel giorno si chiuderà una fase della sua vita e se ne aprirà un'altra,

dove la politica lascerà via via sempre più spazio alla letteratura. Quelle vicende mi hanno

estraneato dalla politica scriverà Italo Calvino, non l'ho più ritenuta da allora

un'attività totalizzante e ne ho diffidato. Sarebbe troppo facile oggi, a distanza di anni,

giudicare chi come Italo Calvino aveva creduto nella grande narrazione le promesse di ugualianza

e di giustizia sociale dell'Unione Sovietica. Chi credeva in buona coscienza della bontà

del progetto comunista credeva anche nella possibilità di creare un mondo migliore per

tutti e non soltanto per se stessi. La storia in fondo servono anche a questo, a proiettare i

nostri desideri. Sono un investimento che a volte magari non ci ripaga, ma che ci costringe a metterci

in gioco, ci costringe a tornare sui nostri passi e ci costringe anche a diventare più saggi.

Da qui una domanda che lasciamo per forza di cose in evasa. Abbiamo parlato delle grandi

narrazioni del 900, in questo caso della seconda metà del 900, ma passando nella condizione

dei Italo Calvino alla nostra condizione. La domanda è, a quale falsa grande narrazione

stiamo credendo noi, oggi, uomini del terzo decennio del ventonesimo secolo?

Fare un fuoco è un podcast settimanale di Lucy condotto da me, Nicola la gioia.

Le musiche originale, il montaggio e il sound design sono di Sharon DeLorean, la cura editoriale

di Giada Arena e Lorenzo Grammatica, che ha anche scritto questa puntata. A venerdì prossimo.

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Se qualcosa non esiste, ma molti credono che esista, quella cosa finisce davvero per esistere? Nella quindicesima puntata, accompagniamo Italo Calvino e André Gide in Unione Sovietica per indagare il difficile rapporto tra propaganda e realtà.

Fare un fuoco è il podcast di Lucy che racconta come le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione. Ogni venerdì una nuova puntata, scritta e condotta da Nicola Lagioia.
Le musiche originali, il montaggio e il sound design sono di Shari DeLorian, la cura editoriale è di Giada Arena e Lorenzo Gramatica, che ha scritto questa puntata. Si ringrazia Spreaker per il supporto tecnico.

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