Il Mondo: Israele e il dilemma degli ostaggi. In Svizzera vince la destra che non vuole i lavoratori stranieri.

Internazionale Internazionale 10/24/23 - Episode Page - 23m - PDF Transcript

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Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo degli ostaggi israeliani di Amas e della Svizzera, e poi di Pomodori e di una serie TQ.

È martedì 24 ottobre 2023.

Ad Vahadar è sconvolta. Nessuno vorrebbe vivere in un mondo dove i neonati, i bambini e gli anziani, dove i civili vengono rapiti nelle loro case, dice.

Sua nonna e suo cugino sono stati catturati da miliziani di Amas durante gli attacchi del 7 ottobre nel sud di Israele e di loro non si hanno notizie.

Secondo l'esercito israeliano sono 222 e le persone attualmente in ostaggio di Amas, un numero senza precedenti nella storia di Israele.

Tra loro ci sono una decina di bambini e almeno 10 persone di più di 60 anni.

Il 28 ottobre due donne sono state rilasciate.

Due giorni dopo i familiari degli altri ostaggi hanno chiesto al presidente israeliano Isaac Herzog di negoziare con Amas.

Mentre a Tel Aviv e in diverse città europee si svolgevano manifestazioni di solitari età con gli ostaggi e i loro familiari.

Intanto i bombardamenti sulla striscia di cazza si intensificano.

Ne parliamo con Merron Rappoport, giornalista del sito d'informazione israeliano 972 magazine che abbiamo raggiunto a Tel Aviv.

Sappiamo adesso che le scifre ufficiali sono 220 ma può essere anche di più perché non è chiaro se Amas stesso sa dove ci sono tutti gli ostaggi.

Sappiamo che sono stati rilasciati due ostaggi ma non sappiamo quasi niente di quale è la situazione dei ostaggi a Gaza se sono vivi o morti veramente niente molto chiaro.

Il 28 ottobre Amas ha liberato due ostaggi e due donne israelo statunitanzi.

Come ha venuta questa liberazione?

Di quanto sappiamo questa liberazione non ha avuto molto con Israele, era una trattativa tra gli americani e Qatar e Amas.

Si deve dire che sono probabilmente l'unico ostaggi che non hanno soltanto una cittadinanza non israeliana ma anche hanno vissuto fuori Israele.

Queste due vivono a Chicago sono state qui in visita familiare ma veramente non si sa quasi niente è abbastanza interessante che dal momento che sono state liberate

Triglioni fa non c'era niente, non c'era neanche un'intervista con loro o come è stata, come gli hanno trattati Amas, si è detto che sono in un stato di salute abbastanza bene ma non si sa di più di questo.

L'esercito israeliano da un lato dice di voler mettere in salvo gli ostaggi.

Dall'altro sta continuando a bombardare l'astriccia di Gaza probabilmente in vista dell'attacco via terra mettendo però in pericolo la sicurezza degli ostaggi.

Israele ha già deciso che la priorità è smantellare Amas.

Nessuno può dare una risposta chiara.

Da un lato c'era una dichiarazione di Zafia Negbi che è capo del National Security Council israeliano che ha detto che noi non facciamo trattative con Hamas che è una organizzazione che vogliamo distruggere.

Quello forse significa che non ci saranno nessun trattative con Hamas per la liberazione degli ostaggi e che la operazione di terreno andrà avanti senza riguardi ai ostaggi.

Dall'altro lato c'è un lobby non molto forte ma comunque c'è un lobby dei familiari dei ostaggi qui in Israele e c'è anche un lobby perché ci sono qualche decine che hanno anche cittadinanza.

Stati utensi europea e di molti paesi che fanno pressione su Israele di rimandare l'operazione sul terreno prima a rilasciare gli ostaggi.

E' abbastanza evidente che comincia l'operazione sul terreno sarebbe molto molto più difficile di avere liberazione di questi ostaggi.

E qual è l'atteggiamento dell'opinione pubblica israeliana su questa crisi?

Ci sono molti che appoggiano che prima di tutto ci sarà la liberazione dei ostaggi ma devo dire che non è un animo questa opinione.

Ci sono abbastanza che dicono ok è ovvio che vogliamo che tutti ritornano il più presto possibile

ma questo non può rimandare le operazioni militare a Gaza né i bombardamenti né un'operazione sul terreno.

Direi che l'opinione pubblica abbastanza divisa su questo.

Israele ha una lunga storia di prese di ostaggi che comincia almeno negli anni sessanta.

Come è cambiata la sua strategia negli anni?

Ha sempre mantenuto una linea intransigente?

All'inizio credo negli anni settanta quando c'erano lierei che sono stati sequestrati dai miliziani palestinesi.

All'inizio e anche c'erano incursioni palestinesi in Israele.

La posizione era abbastanza intransigente e non si accettava di liberare prigioneri palestinesi in cambio di israeliani.

Poi credo che soprattutto nella prima guerra di Libel non le 82 c'erano qualche decina o forse di più di soldati israeliani caduti nei mani dell'OLB.

E lì c'erano dei trattative che alla fine si sono liberati miliaia di prigioneri palestinesi in cambio di questi soldati.

Era così più o meno la posizione ufficiale o ufficiosa di Israele che contro soldati si può liberare dei prigioneri palestinesi nelle carcere israeliani.

E questo è avvenuto con Gilad Shalit, un soldato che è stato sequestrato a Gaza in 2006 e era liberato contro più di 1.000 prigioneri palestinesi compresi il chiesinuale che adesso è il capo di Hamas a Gaza.

Ma dopo questa liberazione, questo scambio, c'era una critica abbastanza sedera soprattutto dalla parte della destra israeliana ma non soltanto della destra israeliana contro questi scambi perché erano rilasciati così tanti per un soldato.

Si può parlare che adesso la posizione è un po' cambiata e non è scontato che ogni soldato deve essere cambiato contro dei prigioneri palestinesi.

Allora la posizione è un po' più ambigua adesso.

Questa crisi è senza precedenti anche perché Israele non ha mai dovuto negoziare con Hamas per un numero così elevato di ostaggi.

Non è chiaro se veramente ci sono delle proposte di Hamas che non sono ufficiali ma sono quasi ufficiali per cessate il fuoco per 24 ore o 48 ore contro tutti gli ostaggi civili.

E' sempre che Hamas, che ha un problema nel suo public relation dopo la strage a Trocce, che ha fatto nei Kibbutzimi e nei settlementi vicino a Gaza, vuole guadagnare qualche punti nell'unione pubblica e internazionale rilasciando questi ostaggi civili.

E che questa proposta è Israele non risponde, non dice sì e non dice no, ma se alla fine le operazioni continueranno e questi ostaggi saranno uccisi, questo sarebbe un problema enorme per il governo israeliano che hanno lasciato perdere i loro cittadini, questo sarebbe un problema enorme, veramente terribile.

Grazie a me ero un rapoport.

Grazie a voi.

Iaco Pozzanchini, vice direttore di internazionale, racconta un video che si può vedere sul sito.

Nel 2022 l'Italia ha prodotto più pomodori di qualsiasi altro paese europeo ed è stata il terzo produttore mondiale di pomodori processati. Il giro da affari del settore è stato di 4,9 miliardi di euro, ma la criminalità organizzata è da anni infiltrata nell'agricoltura italiana e continua a controllare molti aspetti della filiera dalla mano d'opera al trasporto fino alla distribuzione.

Spiega il video del Guardian pubblicato in italiano su www.internazionale.it

Secondo l'Osservatorio Agromafia, nel 2019 il settore agroalimentare ha rappresentato addirittura il 10% del ricavato complessivo di tutte le attività criminali mafiosi in Italia.

Queste organizzazioni riescono a fornire prodotti a basso costo ai supermercati e alla grande distribuzione, grazie soprattutto al sistema del caporalato, che sfrutta la mano d'opera di lavoratori e lavoratori italiani e stranieri.

Il video spiega bene come questo sistema continua a funzionare, nonostante la legge del 2016, che lo ha reso illegale prevedendo forti sanzioni.

L'immigrazione è necessaria alla crescita dell'economia della Svizzera, ma riusciremo a sostenere un livello di arrivi così elevato?

Il presentatore del programma Let's Talk è quella che ha dominato la campagna elettorale Svizzera prima delle elezioni federali che si sono tenute il 22 ottobre.

Il partito più votato è stato l'UDC, Unione Democratica di Centro, una forza della destra radicale nazionalista che è stata scelta da quasi un terzo degli elettori, mentre a uscire sconfitti sono stati partiti verdi in calo di oltre 4 punti percentuali.

L'UDC ha vinto puntando sul tema dei limiti all'arrivo di lavoratori stranieri e sulla promessa di limitare per legge il numero di abitanti della Svizzera, che al momento sono 9 milioni e che secondo la proposta dell'UDC non dovranno superare i 10 milioni.

Un quarto degli abitanti della Confederazione elvetica è nato all'estero e la popolazione del Paese cresce a un ritmo 16 volte superiore a quello della Germania.

Se download i lavoratori stranieri servono a sostenere l'economia Svizzera, dall'altra cittadini temano che il loro Paese possa diventare troppo affollato.

Ne parliamo con Thomas Miglierina, giornalista della radio-televisione Svizzera, di questo stato corrispondente da Bruxelles per 20 anni.

Le elezioni federali Svizzere si possono riassumere in due elementi, un vittoria superiore all'aspectative dell'UDC, l'Unione Democratica di Centro, che rappresenta la destra più radicale,

l'Udc ha puntato molto su una retorica contro i lavoratori stranieri, che si è rivelata a vincente, ma l'economia Svizzera soffre di una grande carenza di mano d'opera,

e non potrebbe crescere senza l'arrivo di lavoratori dall'estero. Come si spiega la scelta degli elettori apparentemente in contrasto con gli interessi economici del Paese?

Sì, è vero, l'economia Svizzera ha molto bisogno di mano d'opera, ci sono anzi delle preoccupazioni per il futuro, perché, ad esempio, il Lombardia si comincia a avantiare,

l'idea di far tornare gli italiani che lavorano, per esempio, nella sanità di cinesi, e quindi potenzialmente domani potrebbe esserci un conflitto,

e quindi potenzialmente, domani, potrebbe esserci un conflitto, un conflitto, un conflitto, un conflitto, un conflitto, un conflitto, un conflitto.

Il fatto che, però, l'economia abbia bisogno di persone, non spiega tutto. Intanto non c'è una serie di settori che non sono più soltanto i settori di alta tecnologia.

Il fatto che, però, l'economia abbia bisogno di persone, non spiega tutto. Intanto non c'è una serie di settori che non sono più soltanto i settori di alta tecnologia.

Il fatto che, però, l'economia abbia bisogno di persone, non spiega tutto. Intanto non c'è una serie di settori che non sono più soltanto i settori di alta tecnologia.

Il fatto che, però, l'economia abbia bisogno di persone, non spiega tutto. Intanto non c'è solo l'economia.

Anzi, bisognerebbe forse evitare di dare l'impressione alle persone che la politica serve soltanto ad adeguare i comportamenti delle persone agli interessi economici.

C'è la preoccupazione per l'identità, c'è la preoccupazione per i valori tradizionali, specialmente in questi grandi momenti di cambiamento e di crisi.

Ma c'è anche una componente di xenofobia?

È sempre facile utilizzare l'espressione xenofobia, penso che bisogna andare un po' più in là. La Svizzera è il terzo paese per presenza di stranieri, dopo il Liechtenstein e il Luxemburgo.

Questo, appunto, produce molti vantaggi, ma produce anche alcuni problemi e non sempre le persone, sia quelle che arrivano, sia quelle che in Svizzera ci stanno, sono attrezzate per gestire questa situazione.

Attrezzate, diciamo, così culturalmente.

Inoltre, vorrei aggiungere che Ludicin non è tu-cur contro l'immigrazione.

Se si parla, specialmente in privato con loro, anche una serie di esponenti del partito riconoscono questa importanza.

Sono contro la mancanza di controllo, sono contro l'idea che ci possa essere un effetto lampedusa, che ci possono essere flussi incontrollati di persone,

la paura, per esempio, di persone che possano utilizzare il sistema sociale senza contribuire all'economia.

Sono cose diverse, una cosa è la presenza di lavoratori stranieri e una cosa è, appunto, la preoccupazione per quelle che sono le conseguenze migratorie delle moltissime crisi concorrenti che stiamo vivendo.

Ludicin in particolare poi ha portato avanti la promessa di limitare per legge la popolazione della Svizzera a 10 milioni. Perché la questione demografica ha così tanto appiglio sugli elettori?

Ci sono due tipi di paesi in Europa, ci sono paesi che si spopolano, pensiamo a certi paesi dell'est, e ci sono paesi che invece riescono ad attrarare molta mano dopo,

la Svizzera fa parte di questi e, come dicevamo, economicamente può essere un vantaggio, ma non c'è solo l'economia nella percezione delle persone.

Te lo spiego con un esempio molto pratico, io ho visto, tornando in Svizzera dopo 20 anni a Bruxelles, la cimentificazione enorme di certe aree del Paese,

soprattutto quelle che economicamente vanno molto bene e questo a tante persone non piace, anche a me francamente fa sollevare più di un soprazziglio.

La Svizzera ha un sistema fragile e molti Svizzeri hanno preoccupazione per la possibilità che questo sistema venga compromesso,

è anche per esempio una democrazia molto di base, con molti referendum, le persone sono soprattutto attaccate alle elezioni locali,

già la dimensione federale viene vissuta già come un po' lontana.

Ecco, è sempre più un Paese dove c'è una divergenza importante tra la Svizzera politica, quindi chi ha la cittadinanza decide partecipare alle elezioni e la Svizzera lavorativa.

Oltre all'economia e l'immigrazione, quali altri temi hanno tenuto banco in questa tornata elettorale?

Collegato al discorso che ti facevo, uno dei problemi è quello dei costi alla salute che si ripercuotono sull'aumento importante dei prezzi della sistema sanitario.

In Svizzera le tasse sono basse, ma le tasse non comprendono la sanità.

E il sistema, per intenderci, è quello che voleva introdurre Obama negli Stati Uniti e veniva attacciato di socialismo, invece è tutt'altro con un sistema socialista,

cioè è obbligatorio avere una assicurazione sanitaria, sono tutte private e il prezzo dipende dalle prestazioni, non dal reddito dell'assicurato.

Al netto di alcune compensazioni che però vengono versate dalle autorità locali, miliardario e un operaio pagano praticamente la stessa cosa.

Questo sistema è costoso, i socialisti hanno proposto di lavorare ad una cassa malata unica e uno di loro cavalli di battaglia.

Il tema dei costi e la salute è importante e rende la trattività fiscale della Svizzera un po' meno forte di quello che sembrerebbe di primo achitto.

Oltre alla vittoria della destra radicale, un altro dato rilevante di queste lezioni, ledettuto prima, è stato il crollo dei partiti verdi,

soprattutto perché l'ecosistema alpino è particolarmente fragile e in Svizzera si parla molto dello scioglimento degli acciai.

Il cambiamento climatico quindi non è stato più un tema centrale per gli svizzeri?

Il cambiamento climatico è importante ma non è stato percepito come il principale dei problemi in questa campagna elettorale.

Poi i verdi, questo tra l'altro dicono oggi molti editorialisti sulla stampa Svizzera, hanno pagato una certa dispersione,

forse delle loro priorità, una cattiva comunicazione, un concentrarsi anche su altri temi.

Quindi ci sono dei problemi del partito che tra l'altro gli esponenti hanno riconosciuto,

problemi di comunicazione che dovrà cambiare, perché ovviamente il cambiamento climatico ha un problema,

però la gente più che sentirsi raccontare i problemi vorrebbe cominciare a vedere delle soluzioni o a sentire qualcuno che in grado di dire

ce la facciamo, facciamo questo. Non so se una delle forze dell'UDC è proprio anche quella di dare questa impressione di partito che sa cosa fare.

E in questi tempi turbulenti, ricordiamo che anche per la Svizzera è stata una legisolazione di crisi tra Covid, guerra in Ucraina,

adesso il Medio Oriente, in queste stranzioni di crisi loro si propongono come quelli che sanno cosa fare.

È una cosa vera, anche quando non sei d'accordo con le loro posizioni tu sai sempre come la pensa l'UDC,

quindi anche quando perdono sono comunque loro a tenere le redini della tematizzazione dello spazio politico.

Grazie a Thomas Miglierina. Grazie a voi.

La serie TV della settimana consigliata da Valentina Pigmei, giornalista che colabora con Internazionale.

Everything Now è un tindrama che dovreste vedere insieme ai vostri figli adolescenti.

Non sarà sempre facilissimo condividere questo show e forse creerà un po' un imbarazzo,

ma che cos'è l'adolescenza se non una lunga età dell'imbarazzo?

La serie In 8 episodi riesce infatti a mio avviso a raccontare come nessun'altra i disturbi alimentari

e più in generale la difficoltà di convivere con se stessi tipica di nuovo dell'adolescenza.

Molto ben scritta, magnificamente recitata, la serie britannica è creata da Ripley Parker,

una giovinissima autrice figlia d'arte.

Ambientata in una Londra per classe molto queer è la storia di Mia Sophie Wilde,

una sedicenne che torna a casa dopo 7 mesi di ricovero per una grave forma di anoressia

e di come lei tenti di trovare la sua strada separandosi a poco a poco dalla malattia.

Priva diretorica, delicata, piena di sfumatura e nel raccontare un tema così scivoloso,

la storia di Mia e dei suoi amici è anche molto divertente.

I personaggi hanno relazioni mosessuali che succedono senza che se ne discute si mette in dubbio il sosteno dei genitori.

Genitori che comunque non hanno fatto vita facile.

Menzione speciale per Stephen Fry, che interpreta l'adorabile psicoterapeuta della ragazza.

Everything Now su Netflix.

E su un nuovo episodio iscrivetevi al podcast.

L'appuntamento con il mondo è domattina alle 6.30.

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Secondo l'esercito israeliano sono 222 le persone attualmente in ostaggio di Hamas, un numero senza precedenti nella storia di Israele. Il 22 ottobre un elettore svizzero su tre ha votato per l’Unione democratica di centro, una forza politica della destra nazionalista.


CON
Meron Rapoport, giornalista di +972 Magazine
Thomas Miglierina, giornalista

LINK
Video ostaggi: https://apnews.com/article/hostages-israel-hamas-war-what-to-know-406920c384818fa4fe3525327adf3f50
Video Svizzera: https://www.youtube.com/watch?v=JkMd-zrCDjA

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni e Vincenzo De Simone.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.