Il Mondo: In Russia celebrazioni sottotono per la Giornata della vittoria. Dopo dodici anni finisce l’isolamento diplomatico della Siria di Assad.

Internazionale Internazionale 5/9/23 - Episode Page - 24m - PDF Transcript

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Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli.

Io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo delle celebrazioni per la giornata della vittoria in Russia

e del ritorno della Siria nella Lega Araba e poi di Rio de Janeiro e di un film spagnolo.

È il martedì 9 maggio 2023.

Questo parnico, C.V.K. Wagner, che sono morti oggi,

e c'è acqua più forte!

Remindono mod **** se abbonійportate su cracks.

Stamperonci grogni scerpite ordinance,

algo sangue!

Siamo gli piedi väccanni,

sempre con i differenti g Systems

e il mare più permetto di х8 faithful strilivizzare.

E ho visto captures di sc

e vertici russi, accusandoli di non inviare alla Wagner sufficienti munizioni.

Questo messaggio pubblico è arrivato in un momento delicato per il Kremlin,

che oggi si appresta a celebrare con una parata militare la giornata della vittoria,

la festività russa che ricorda la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Parliamo con Andrei Pipino, editor di Europa d'Internazionale,

per sapere quest'anno in che modo il 9 maggio sarà diverso per la Russia.

Il 9 maggio è una data di fondamentale importanza per la Russia,

come lo è stata del resto per l'intera unione sovietica,

perché segna la firma della capitolazione senza condizioni dei tedeschi,

che in realtà fu siglata la sera dell'8 maggio del 1945,

quando però in Russia era già il 9 maggio.

È di fatto la vittoria sul nazismo,

la fine di quella che i russi chiamano la Grande Guerra Patriottica,

ed è stata sempre festeggiata con un parato imponente

e da sempre è stata una ricorrenza molto sentita e molto popolare tra i russi

e tra gli altri popoli dell'Unione Sovietica.

Quest'anno però le celebrazioni sono segnate da un forte nervosismo politico,

che è legato agli sviluppi abbastanza complicati per Mosca del conflitto in Ucraina,

e sono sicuramente intorno a minori.

Addirittura alcune regioni hanno cancellato proprio del tutto i festeggiamenti.

Quali sono in particolare questi avvenimenti in Ucraina

che hanno spinto il Kremlin a organizzare delle celebrazioni più sobre quest'anno?

Il problema è che Putin non è in grado di dare all'opinione pubblica russa

quei risultati sul terreno che l'opinione pubblica si aspettava

e che potrebbero essere usati per trainare e dare un senso alle celebrazioni.

I giorni scorsi, infatti, è stata ordinata, tra le altre cose,

l'evacuazione della città di Saporizia dal Sindaco Filorusso,

cioè quello che è stato messo al suo posto agli occupanti.

E a Saporizia c'era più grande centrale nucleare d'Europa,

cosa che evoca quindi gli rischi nucleare,

specialmente in vista della controffensiva ucraina di cui si parla già da parecchio tempo,

che a questo punto dovrebbe essere ormai alle porte.

Inoltre, all'interno delle forze militari russe c'è una specie di guerra tra bande,

combattuta in primo luogo dal capo del gruppo di mercenari Wagner,

Vieni Prigozhin, che nei giorni scorsi ha pubblicato un video,

quello che abbiamo sentito all'inizio,

che è stato girato davanti ai corpi di soldati appena uccisi,

attaccando generali e dirigenti del Ministero della Difesa Russo,

eminacciando la città di Bakhmut,

che ricordiamolo ancora con tesa tra la Russia ucraina,

se la Wagner non avesse avuto l'appoggio e le munizioni richieste dal Ministero della Difesa.

Alla fine pare che le munizioni diviranno e la Wagner rimarrà Bakhmut,

ma certo la vicenda è segno di un clima non molto sereno

ai vertici del potere militare russo.

Inoltre, poi, negli ultimi giorni c'è stata la storia del drone

intercettato sopra il crimlino,

che a quanto pare doveva servire a uccidere Putin.

E poi l'ultimo incidente,

ossia all'attentato che ha quasi ucciso lo scrittore ultranazionalista

Zakhar Prilepin, che un tempo era un oppositore di Putin a posizioni stariniste.

E oggi, anche in virtù della svolta in qualche modo neo-starinista di Putin,

è diventato un sostenitore del Presidente e della guerra in ucraina.

Le celebrazioni del 9 maggio con il regime di Putin

hanno assunto un valore diverso rispetto al passato?

Sì, in questi ultimi anni la ricorrenza del 9 maggio è stata caricata

di un significato in qualche modo nuovo.

Nel corso di tutto il periodo del regime di Putin, gradualmente,

la vittoria sul nazismo si è imposta come il vero cardine

dell'identità della nuova Russia, della Russia,

odierna almeno nella visione storica del Presidente.

È un concetto che tiene insieme l'idea della grandezza del Paese,

la sua potenza militare, la capacità di resistenza del suo popolo

e soprattutto un nazionalismo molto virulento

che da anni è proiettato soprattutto verso l'esterno,

in particolar modo verso l'Occidente nel suo insieme.

Soprattutto l'idea che quella grandezza e quelle vittorie

possano in qualche modo essere replicate ancora oggi.

Tutto questo spiega anche lo sessione che i russi hanno

per i presunti nemici nazisti e che è stata ampiamente dimostrata

nella guerra in ucraina, che i russi hanno combattuto

proprio all'insegna della denazificazione del Paese.

Oggi, insomma, per i russi il nazista è qualsiasi soggetto,

qualsiasi Paese, che si opponga alla loro visione della storia

e alla loro ambizione.

Per i russi, insomma, i nazisti non sono come per noi

quelli che hanno cominciato la guerra,

tra l'alto dove avevo stipulato un patto di non aggressione

e di spartizione territoriale proprio con Mosca

e non sono nemmeno i responsabili del loro causto,

ma sono prima di tutto quelli che hanno imbaso l'Unione Sovietica.

A riguardo, in russo è stato perfino congnato un neologismo,

la parola pabbe d'abiesie, che si traduce con mania della vittoria

e che indica l'avere proprio ossessione per il culto del 9 maggio

del giorno e la vittoria, sempre più usato per giustificare

l'aggressione all'Ukraine e per alimentare lo spirito nazionalista dei russi.

È una sessione che è anche delle manifestazioni molto evidenti.

Per esempio, le foto dei bambini dell'asilo vestiti da soldati

che guidano a carri armati di cartone, armati di tutto punto,

con mitra sempre di cartone.

Un quadramento che ormai comincia a scuola e prosegui in ogni ambito

della vita sociale in modo sempre più pervasivo.

I giorni scursi poi sono ripresi i bombardamenti in Ucraina,

in particolare a Kiev e a Odessa.

Anche questi sono collegati al 9 maggio?

Sì, in effetti il rito del giorno della vittoria del 9 maggio

è stato preparato dalla Russia con la più grande ondata

di bombardamenti degli ultimi mesi, diciamo,

il culmine di quella campagna di attacchi contro obiettivi civili

che era cominciata alla fine di aprile, esattamente il 28 aprile,

con le bombe sui condomini di Kiev e di Uman nel centro del Paese,

bombe che avevano fatto più di 30 morti tra i civili.

Probabilmente i bombardamenti recenti sono anche, in qualche modo,

una risposta al presunto attacco con il drone di cui abbiamo parlato prima.

Per gli attacchi dell'8 maggio, dicevamo, sono stati utilizzati

oltre 60 dononi kamikaze di fabbricazione iraniana,

36 dei quali erano indirizzati esclusivamente su Kiev,

per fortuna sono sani tutti intercettati.

Sono state colpite anche Odessa, violentemente,

e anche la regione di Sumi.

Ci sono stati anche dei morti, anche se ancora non sappiamo esattamente quanti.

L'Ucraina poi, in quanto ex Paese dell'Unione Sovietica,

ha festeggiato per molto tempo il 9 maggio.

Oggi che succede in questa data, viene celebrata anche lì.

Tradizionalmente è vero, l'Ucraina ha sempre festeggiato la vittoria

sul nazismo del 9 maggio,

ma è anche vero che la festa negli ultimi anni,

soprattutto a partire dal 2014,

cioè la data del crollo del Regime Filorus

e della nessione della crimea,

è diventata sempre meno popolare tra gli Ukraini,

una popolarità che poi è crollata definitivamente

dopo l'invasione dello scorso anno.

Tanto che quest'anno il Presidente Zelensky ha presentato

un progetto di leggio che provvede di spostare i festeggiamenti

per la vittoria sul nazismo dal 9 maggio,

all'8 maggio, il giorno in cui la vittoria del nazismo

è celebrata anche nei Paesi dell'Europa occidentale.

Tutto questo per distanziarsi dal significato politico

che quella festa ha acquisito in Russia

e per allinearsi invece ai Paesi dell'Europa.

È, diciamo, questo uno delle strane conseguenze

dell'atteggiamento e dei comportamenti di Mosca

nei confronti dell'Ucraina,

che in fondo fino adesso hanno ottenuto

i risultati opposti a quei desiderati,

cioè erano allontanato gran parte della popolazione Ukraina.

Dalla Russia hanno alimentato i risentimenti antirussi,

anti-Solietici di tanti Ukraini

e li hanno invece avvicinati all'Europa e al mondo occidentale.

Grazie d'Andrea Pipino.

Grazie a voi.

Camilla Desideri, editor di America Latina,

presenta il nuovo numero di internazionale extra.

Dopo Tokyo e Lisbon abbiamo deciso di dedicare

un numero di internazionale extra a Rio de Janeiro,

forse la più fotografata rappresentata

di tutte le città latinoamericane.

Anche chi non l'ha mai visitata, infatti,

avrà sicuramente familiarità con il profilo della città,

incastonata tra il male e le montagne,

con il pan di zucchero, le spiagge di Panema e Copacabana,

la statua del Cristo Redentore

che si innazza sulla cima del Corcovado.

Di solito dirio, però, si parla

soltanto su una città,

di solito dirio, però, si parla solo in occasioni canoniche,

per esempio, durante le coloratissime parate del carnevale,

quando c'è un episodio di violenza

o se si gioca un'importante partita di calcio.

Nel numero che da oggi potete trovare in Enicola e online,

abbiamo cercato di raccontare gli aspetti meno noti della città,

per non fermarci alla sua immagine da cartolina.

Così, sfogliando la rivista,

scopriamo alcune opere d'arte bellissime nascoste nella foresta,

ci immergiamo in un carnevale alternativo e inquietante

che si svolge nelle periferie,

seguiamo le tracce dimenticate del passato schiavista della città

e passeggiamo nei quartieri che hanno espirato autori

come Clarisse Lispector e Machado de Assis.

Arrio, la musica, l'arte e il samba sono ovunque,

per le strade, nei mercati, nei musei,

e anche nelle galerie d'arte che stanno nascendo in periferia e nelle favelas.

Abbiamo chiesto a un artista, a una musicista e a una giornalista

di raccontarci i loro posti preferiti in città,

dove amano rifugiarsi, dove vanno a prendere un aperitivo

o passano il loro tempo libero.

Anche per loro il rapporto con la natura,

esplosive, avvolgente e fondamentale.

Nel numero toverete anche delle poesie dedicate a Marielle Franco,

l'attivista per i diritti delle persone LGBT e Consigliera Comunale,

uccisa a marzo del 2018.

Come dice a un certo punto il musicista che è tano veloce

in un bellissimo articolo uscito sul New Yorker,

che occupa la parte centrale del giornale,

Rio è il Brasile, perché in lei si fondono tutte le anime del Paese,

quella di São Paulo, del Salvador e dell'Amazzonia.

Internazionale Extra, Rio de Janeiro, da oggi in Edicola e online.

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quell'anno. La riamissione è stata preceduta da mesi di trattative con i Paesi membri che

hanno messo fine all'isolamento internazionale del Paese. La prossima riunione annuale della

Lega Araba si svolgerà il 19 maggio a Riyadh, in Arabia Saudita. Ne parliamo con Francesca

Agnetti, editor di Medio Oriente di Internazionale.

Questo riavvicinamento è in corso da mesi. Già febbraio a marzo ci sono state le visite

del dittatore siriano Assad e Nohman negli Emirati Arabi Uniti. Sempre a febbraio il

ministro degli esteri egiziano è andato a Damasco. A metà aprile si è tenuto in

Arabia Saudita un incontro in cui i rappresentanti di 9 Paesi della regione hanno discusso il

ritorno della Siria all'interno della Lega Araba. Poi il ministro degli esteri Saudita

è andato a Damasco, ha incontrato Assad. E ancora nell'ultima settimana i ministri degli

esteri di Siria, Giordania, Arabia Saudita, Egitto e Iraq si sono incontrati in Giordania

il primo maggio per discutere di normalizzazione. E due giorni dopo il presidente erianiano

Ibrahim Raisi è andato a Damasco. Il 19 maggio ci sarà il summit della Lega Araba in Arabia

Saudita e Assad sarà il benvenuto se vorrà partecipare, così ha prescitato il segretario

generale dell'Organizzazione Gate. Comunque non tutti i 22 Paesi di Lega Araba sono d'accordo

sul ritorno di Damasco nell'Organizzazione. Giordania, Kuwait e Qatar hanno definito

prematuro qualunque invito rivolto ad Assad prima che lui accetti di negoziare un piano

di pace per la Siria. Il Qatar ha ribadito che non normaliserà le sue relazioni con

Damasco. A insistere sono stati invece soprattutto gli Emirati Arabi Uniti, che sono stati il

primo Paese del Golfo a restabilire le relazioni con la Siria. Nel 2018 hanno riaperto la loro

ambasciata da Damasco e poi è cambiata anche la posizione della rabbia Saudita.

Ma perché adesso? Perché questo riavvicinamento avviene ora? Cosa è cambiato?

La Siria è stata espulta dalla Lega Araba nel 2011 a causa della repressione attuata

da regime contro i manifestanti pacifici che poi ha fatto del generale la sollevazione

popolare in una sanguinosa guerra civile. Oggi a Assad, grazie all'intervento dei suoi

alleati russeraniani, ha riaffermato del tutto il suo dominio su un Paese che però è ancora

in gran parte distrutto e molto provato da questi 12 anni di guerra. Negli ultimi tempi

quello che è cambiato sono soprattutto i calcoli e gli interessi delle grandi potenze

della regione. Intanto il 10 marzo Iran era rabbia Saudita, i grandi rivali regionali

hanno ristabilito le loro relazioni diplomatiche in terrore del 2016 e subito gli esperti

hanno sottrinato che quest'accordo avrebbe avuto delle repercussioni anche sui grandi

conflitti della regione. Infatti poi, il 9 aprile c'è stato un primo incontro a Sanaa

tra una delegazione Saudita e i belli shiti uti per negozare una possibile tregua, mettere

fine a un'altra grave guerra, quella dello Yemen che dura da otto anni. Il principale

editorio Saudita Muhammad Bin Salman vuole far dimenticare alla comunità internazionale

i suoi grandi errori del passato e presentarsi non solo come un fautore della grande trasformazione

e modernizzazione del suo Paese ma anche come un grande leader regionale, capace di fare

la pace con gli iraniani, di riportare nel suo campo la Siria l'Iraq, Paesi dove l'influenza

di Tehran è particolarmente forte. E poi c'è stato il terremoto in Siria in Turchia

del 6 febbraio che in Siria ha provocato più di 8.000 morti. Diverse osservatori hanno

subito notato che Assad ha approfittato della catastrofe per rompere il suo esolamento e

per usare a suo vantaggio gli aiuti internazionali provenienti soprattutto dai Paesi Arabi e

i soldi della ricostruzione. E poi ci sono altre due questioni che hanno avuto un peso

nella decisione della Lega Araba che sono i profoghi e il Captagon, secondo un comunicato

pubblicato in seguito all'inconto del 1 maggio tra i ministri degli esteri di alcuni Paesi

Arabi. La Siria ha accettato di garantire il ritorno dei profoghi e di mettere fino

al traffico di droga. Alcuni Paesi della Regione, soprattutto Giordania e Libano che insieme

alla Turchia sono i Paesi che hanno accolto un maggior numero di Siriani infugue dalla

guerra, da tempo parlando della possibilità di far rientrare i profoghi nel loro Paesi

almeno nelle zone controllate da regime che sono ritenute più sicure anche se in realtà

molti esperti hanno denunciato che le condizioni in questa zona non sono affatto sicure per

le persone che sono fuggite. E poi nei ultimi anni la Siria si è trasformata in quello

che è stato definito un narco stato, con i vertici del regime direttamente coinvolti

nella produzione e nel contrabando di Captagon che è una fetamina che crea una forte dipendenza

e che sta inondando i Paesi della Regione, soprattutto i Paesi del Golfo. E alcuni giornali

hanno sottolineato che il tentativo di recuperare i rapporti con la Siria per i Paesi arabi nasce

anche dalla necessità di fermare i fiumi di Captagon.

Stiamo parlando come ci è ricordato di un Paese distrutto da 12 anni di guerra con profoghi

sfollati interni colpito duramente dalle sanzioni internazionali anche quindi impoverito e a

tutto questo si ha aggiunto il terremoto del 6 febbraio. Ora con il ritorno nella lega

araba possiamo sperare che la situazione migliorerà come vivono oggi Siriani.

Come accennavo prima, Sad è rimasta aggrappata al potere grazie all'intervento nel 2015

della Russia e grazie all'appoggio dell'Iran e ha riconquistato gran parte del territorio

Siriano. Oggi controlla i due terzi della Siria anche se alcune zone sfuggono ancora il suo

dominio, in particolare il Nord-Est che è controllato dai Kurdi e la Regione di Idlib

nel Nord-Ovest che è l'ultima rocca forte dei ribelli in Siria, controllata da gruppi

islamisti siriani sostenuti dalla Turchia. Ma quello su cui Regna Sad è un paese appunto

ancora devastato da 12 anni di guerra e di violenze e soprattutto un paese senza giustizia.

Secondo le Nazioni Unite sono morti più di 300.000 civili nella guerra e 100.000 persone

sono scomparze. Metà dei 21 milioni di abitanti sono stati costretti a lasciare le loro case

e a rifuggiarsi in altre zone del paese o all'estero. E in teoria città distrutte

devono ancora essere ricostruite alle Epo, RAC, Palmyra, quindi per molti siriani dentro

e fuori dal paese. Vedere il principale responsabile della devastazione del loro paese, recuperare

una posizione nella comunità internazionale è considerato come un tradimento, come un

ulteriore pietra tombale sulla loro rivoluzione. Vero che i Stati Uniti, il Regno Unito, altri

paese occidentali hanno ribadito che non restabileranno le loro relazioni con Assad,

non toglieranno le sanzioni imposte sul paese. Però ormai è chiaro che il peso di questi

paesi in generale nella regione e soprattutto nella questione siriana forse è diventato

marginale. Al di là dei nuovi equilibri regionali e degli interessi più o meno immediati dei

paesi membri dei singoli governi di cui ci ha parlato, qual è il senso di questo riavvicinamento,

il progetto che c'è dietro a questa normalizzazione dei rapporti con il regime siriano?

In un interessante articolo che abbiamo pubblicato due settimane fa su Internazionale, Gassina

Lajsale, uno scrittore dissidente siriano che vive in Esiliu a Berlino, si domandava proprio

questo. Ripretteva sul fatto che tutte le spiegazioni logiche più o meno razionali

riguardano il riavvicinamento, in realtà non hanno fondamento. L'influenza dell'Iran in

Siria non sarà indebolita perché ormai è troppo radicata. La sabbrità della regione

non ne uscirà particolarmente rafforzata perché la natura del regime di Assad è bellicosa

e violenta fin dalle sue origini dal colpo di Stato che nel 1970 portò al potere a

fezza l'Assad il padre dell'attuale presidente. Le condizioni di vita dei siriani non ne trarranno

beneficio come abbiamo visto perché non sembrano interessare da nessuno tra l'altro. Può

attrattarsi forse di una presa di coscienza del ritiro degli Stati Uniti d'Almedio Oriente,

dei rischi legati all'emergere di centri, di potere regionali e alternativi che hanno

buoni rapporti con Russia, Cina e loro alleati. Ma in quest'ottica un riavvicinamento a un

dittatore brutale non sembra molto efficace. Secondo Alash Salih, la spiegazione di questo

ritrovarsi sta nella condivisione di un ideale, un progetto portato avanti da vari

leader autoritari e dittatori nella regione, da Assad in Siria, Muhammad bin Salman in

Arabi e Saudita, del Fatah al Sisi in Egitto. Cioè quella di creare una società senza

politica, senza diritti, senza un dibattito, dove non c'è spazio per la giustizia, per

la dignità umana e rapporti sociali. Un sistema reazionario brutale,

incentrato sull'annientamento di qualunque movimento popolare. A una conclusione simile

arriva anche Anthony Samrani, il vice-direttore del quotidiano libanese l'Oriole Jours e

opinionista d'internazionale. In un editoriale sul suo giornale scrive che Muhammad bin Salman

e gli altri sostenitori della normalizzazione sicuramente vogliono una stabilità nella regione

che possa introdurre a una nuova era, ma è un'era della contro-revoluzione e della

chiusura definitiva della parentesi della primavera araba, il movimento rivoluzionario che nel

2011 aveva portato a un'ondata di speranza e di rinnovamento in tutta la regione e che

in Siria aveva provato a mettere in discussione il regime di Assad. 12 anni dopo sembra essere

stata del tutto schiacciata e il ritorno di Assad sulla scena araba ne è la conferma,

ma non è detto che i semi che ha diffuso magari non germoglieranno in altri luoghi

e in altri tempi.

Grazie a Francesca Agnetti, grazie a voi.

Anna Frankin, copierditor di Internazionale, consiglia un film spagnolo.

Asbestas, l'ultimo film del regista spagnolo Rodrigo Sorocoyen, comincia in un bosco.

Vediamo una madre di cavalli che si muove libera, poi uno di questi cavalli che viene

isolato e pian piano bloccato da un uomo, poi da due e poi da tre uomini.

La lotta tra l'animale e gli uomini che vogliono ammansirlo dura diversi minuti, è una lotta

potente, fisica, esporca e anche perché girata a rale intiespiancante.

La tensione che si prova guardando quei primi minuti continua a crescere per tutto il film,

che racconta una storia di cattivo vicinato, di terreni e di paleoliche nell'entrotarra

della Galizia.

Presentato a Cannes nel 2022, Asbestas è stato celebrato dai critici e agli ultimi

premigoia, che sono il più importante riconoscimento del cinema spagnolo, ha sbaragliato la concorrenza,

vinto praticamente tutto, in tutto portato a casa a nove statuette.

Asbestas è un film molto convolgente e per quanto duro vale la pena di vederlo e ancora

in pochi cinema.

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o mandate un messaggio vocale al numero che trovate nella descrizione del podcast e dell'episodio.

Sottotitoli a cura di QTSS

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Sulla festa nazionale russa del 9 maggio quest’anno pesa lo stallo militare in Ucraina.La Siria è stata reintegrata nella Lega araba, l'organizzazione che riunisce i paesi del Nordafrica e della penisola araba.

Andrea Pipino, editor di Europa di Internazionale
Francesca Gnetti, editor di Medio oriente di Internazionale

Video Wagner: https://www.youtube.com/watch?v=bSWrhFf-6mI

Intervista a Aboul Gheit: https://www.memri.org/tv/ahmed-aboul-gheit-arab-league-sec-gen-syrias-return-is-inevitable

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.