Il Mondo: In Paraguay ha vinto di nuovo il Partito Colorado, al governo da settant’anni. Perché scioperano gli sceneggiatori di Hollywood.

Internazionale Internazionale 5/3/23 - Episode Page - 23m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi Marcelli e questo

è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo delle elezioni presidenziali in Paraguay e dello sciopodo degli sceneggiatori

a Hollywood e poi di un archifelago tonisino e di un libro su Gooduso.

È mercoledì 3 maggio 2023.

Pueblo Paraguayo, buonasoche del Pueblo Colorado.

Quiero agradecer a los miles de Paraguayo y Paraguayas che en esta larga jornada nos

entregaron sus sueños, che confiarono en este proyecto conciliador y patriotico,

que depositarono en nuestras manos sus esperanzas para que mañana podamos estar mejor y vamos

a estar mejor.

Questo è il discurso di ringraziamento di Santiago Peña che il 30 aprile ha vinto le

elezioni presidenziali in Paraguay.

La sua vittoria è stata una riconferma per il partito conservatore, un risultato in

controtendenza rispetto a diversi altri paesi dell'America Latina dove invece negli ultimi

anni la sinistra è tornata al potere.

Peña che entrerà in carica ad agosto dovrà affrontare la crisi economica che attraverse

il Paraguay, ma anche gestire difficili rapporti con gli Stati Uniti e la Cina.

Ne parliamo con Camilla Desideri, editor di America Latina di Internazionale.

Il 30 aprile ci sono state le elezioni presidenziali in Paraguay, un paese che ha solo 7 milioni

di abitanti, non ha sbocchi al mare ed è stretto tra due giganti latinoamericani, cioè

il Brasile e l'Argentina.

Anche se i sondaggi avevano previsto uno scrutino piuttosto combattuto, in realtà

Santiago Peña, il candidato conservatore del partito colorado, ha vinto con un ampio

margine, cioè quasi con il 43% dei voti.

In Paraguay non c'è un secondo turno, quindi viene letto presidente chi ottiene più voti.

Al secondo posto è arrivato il candidato Efrain Allegre, che era la guida di un'ampia

coalizione di partiti di centro-sinistra e che però ha ottenuto circa il 27% dei voti,

quindi con un distacco importante dalla vincitore.

La vera sorpresa è stato Paraguay o Kubas, un candidato antisistema populista che ha

ottenuto più del 20% dei consensi.

Un avvocato che si è reso noto in passato per episodi discutibili come aver gettato una

bottiglia d'acqua addosso a un collega senatore o aver defecato nell'ufficio di un giudice.

Non c'è stata quindi in Paraguay la svolta a sinistra che alcuni giornali, alcuni analisti

politici avevano previsto, anzi il partito colorado ha ottenuto la maggioranza anche

alla camere al Senato e ha vinto in 15 di 17 dipartimenti in cui si è votato per leggere

i governatori.

Parliamo meglio di Santiago Pena e del suo partito, il partito colorado, che storia politica

hanno?

Santiago Pena è un economista abbastanza giovane a 44 anni e ha lavorato in passato al Fondo

Monetario Internazionale e anche se in campagna elettorale si è presentato come il volto

nuovo della politica paraguayana, in realtà è stato ministro dell'economia nel governo

dell'ex presidente Horacio Cartes che ha governato dal 2013 al 2018 ed è ancora oggi

un personaggio importantissimo all'interno del partito colorado oltre a essere uno degli

uomini più ricchi del Paraguay perché è proprietario di varie industrie di tabacco

e di alcolici e in passato era proprietario anche di una squadra di calcio.

Per quanto riguarda il partito ha una storia antichissima perché nasce alla fine dell'Ottocento

e rimane al potere dall'ora fino ad oggi, il governo è il paraguay quasi ininterrottamente

dalla 1947 con una brevissima parentesi di quattro anni quando nel 2008 fu eletto presidente

l'ex bescovo di sinistra Fernando Lugo. Il partito colorado è rimasto al potere anche

negli anni della dittatura militare del generale Alfredo Stresner che ha governato una trentina

d'anni dagli anni 50 alla fine degli anni 80 ed è un partito molto potente che controlla

quasi tutti i settori della società. Secondo i suoi critici è riuscito a mantenersi così

a lungo al potere anche in democrazia perché ha una macchina elettorale molto potente

e ricorre a mezzi anche l'eciti per spingere le persone a votare.

Come avviene per tutti i Paesi dell'America Latina anche in questo caso con le elezioni

in paraguai gli Stati Uniti hanno seguito con molta attenzione la situazione. Questo

risultato elettorale in che modo influenzi i rapporti con Washington?

Sì gli Stati Uniti hanno seguito con molto interesse il voto in paraguai che è un suo

alleato nella regione però molte analisi pensano che la vittoria di Peña possa complicare

un po' i rapporti tra i due Paesi perché Peña è un protetto dell'ex presidente Horacio

Cartes che a gennaio scorso è stato oggetto di sanzioni economiche da parte del tesoro

dei Stati Unitense. Washington infatti accusa Cartes di corruzione di essere rimasto al potere

pagando numerose tangenti e di avere anche legami stretti con il gruppo militante libanese

Hezbollah. Addirittura i critici di Cartes lo definiscono il Pablo Escobar del paraguai

riferendosi al narcotrafficante colombiano. Il nuovo presidente quindi avrà un compito

delicato perché dovrà destreggarsi tra il suo alleato nel partito e il suo alleato

internazionale cioè gli Stati Uniti. Per mantenere buoni rapporti con Washington comunque

il presidente letto ha garantito che non interromperà i rapporti diplomatici con Taiwan.

Perché quali sono i rapporti diplomatici tra Taiwan e il paraguai?

Oggi solo 13 Paesi al mondo riconoscono Taiwan come stato autonomo e il paraguai è uno di

questi. In America Latina è rimasto l'unico a parte Haiti, il Guatemala e Belize perché

l'onduras ha rotto i rapporti con Taiwan proprio lo scorso marzo. Ovviamente questo crea dei

contrasti interni perché per l'opposizione ma anche per alcuni politici interni al partito

colorado sarebbe più vantaggioso poter esportare soia e carne alla Cina piuttosto che rafforzare

i legami commerciali con Taiwan. Tuttavia il presidente letto Santiago Pena ha ribadito

in campagna elettorale che non ha nessuna intenzione di interrompere rapporti diplomatici

con Taipei. Oltre alla questione dei rapporti con la Cina quali saranno secondo te le sfide

per il prossimo presidente del paraguai? In campagna elettorale Pena ha promesso la creazione

di 500.000 nuovi posti di lavoro, di offrire a Silinido gratuiti e di ridurre i prezzi del

combustibile dell'energia anche se non ha spiegato in che modo intende finanziare

queste politiche. Oggi il paraguai è uno dei paesi più poveri di tutto il sud america,

un quarto della popolazione vive sotto la soglia della povertà, in particolare le persone

che lavorano nelle campagne e le persone che vivono nelle comunità native. Le scuole

sono tra le peggiori della regione e negli ospedali mancano o medicinali di base. Questa

situazione si è aggravata durante la pandemia di Covid-19 che non è stata gestita bene

dal presidente oscente motivo per cui si pensava che paraguai anni avrebbero votato

contro il Partito Colorado e avrebbero scelto il cambiamento. Per la Pena quindi le sfide

principali saranno quelle di rilanciare l'economia, combattere il lavoro informale perché oggi

più del 64% della popolazione attiva non ha un lavoro in regola e affrontare gli effetti

del cambiamento climatico che colpiscono soprattutto un'economia principalmente agricola

e quindi incidono sulle esportazioni in particolare di soia.

Inoltre dovrà fare conti con il fatto che il candidato populista ha ottenuto un numero

inaspettatamente alto di voti, quindi dovrà sforzarsi di tenere a bada il malcontento

della popolazione perché il rischio è che possa altrimenti prendere il sopravvento.

Grazie Camilla Resideri.

Grazie a voi.

Stefano Liberti, giornalista e scrittore racconta un articolo che ha scritto sull'ultimo

numero di internazionale.

L'articolo che ho scritto e che sta obbligato da internazionale questa settimana racconta

l'immigrazione dalle due sponde del Mediterraneo, in tunisia tra i pescatori dell'isola Gherkenna

che ho incontrato alla fine dell'anno scorso e poi in Sicilia tra i giovani immigrati che

arrivano con i barchini.

Io ho incontrato un padre e un figlio, il padre è pescatore che non riesce a più pescare

e il figlio 15 anni che, vista la crisi della pesca, ha sfruttato le sue conoscenze del

mare non per pescare ma per partire alla Volta della Sicilia.

In tutto questo c'è il Mediterraneo che diventa qualcos'altro e soprattutto ci sono nuove

specie invasive che giocano un ruolo importante in questa vicenda e non sono gli immigrati

ma i granchi blu.

Il miglior sviluppo, io direi, è probabilmente trovare consistenti peggiori, e io credo che

ha cambiato molto più come io, solo l'ultimo lavoro libero che devi fare sulle strade di

tv.

Dopo il fallimento di settimane di trattative con i rappresentanti dei produttori cinematografici

e televisivi è cominciato ieri lo sciopero della Writers Guild of America, l'associazione

che rappresenta agli sceneggiatori che lavorano a Hollywood.

Come spiega uno di loro nell'audio che avete appena sentito, per gli autori trovare un

lavoro sicuro e retribuito è sempre più difficile, mentre la mole di lavoro non pagato

è aumentata sensibilmente.

È la prima volta in 15 anni che negli Stati Uniti gli scrittori per il cinema alla tv

scioperano.

Chiedono un aumento di compensi e delle tutele perché spiegano il successo delle piattaforme

di streaming ha cambiato profondamente il modo di lavorare e di guadagnare nel settore.

Le prime conseguenze dello sciopero riguarderanno i popolari talk show della sera e ritarderanno

l'uscita di film e serie tv.

Ne parliamo con Piaro Zardo, editor di cultura di internazionale.

Ogni tre anni l'association of movie pictures and television producers discute rinnovo di

contratti di lavoro con l'associazione di categoria.

Tutte, sceneggiatori, registri, etc.

L'ultima volta è successa in piena pandemia, le discussioni sono andate molto per le spiche

lasciando aperte tantissime questioni che negli ultimi anni sono diventate ancora più

urgenti.

Perché oltre alla pandemia, che ha colpito con forza il box office statunitense, poco

meno della metà dei guadagni di un film prima della pandemia venivano dalle sale, ora si

stanno riprendendo ma non ancora così.

Poi c'è stato l'avvento e la concelerazione dello streaming, su cui i lockdown e confinamenti

hanno avuto fatto Davolano, sono fenomeni in qualche modo interconnessi e hanno cambiato

radicalmente lo scenario dell'industria livodiana.

La WGA rappresenta circa 11.500 scrittori, qualcosa del genere, più di 9.000 di loro,

due settimane fa hanno votato a favore di uno sciopero se il contratto non fosse stato

firmato.

La WGA e i produttori, l'associazione dei produttori, c'è distanza su tutto, non sono

l'accordo fondamentalmente su nulla.

Ma le questioni più calde sono la retribuzione dei condizioni di lavoro e il problema dei

residual, cioè dei soldi che gli sceneggiatori percepiscono ogni volta che un loro film,

un loro telefilm, c'è drava in onda, che sulle piattaforme in streaming è diventato

molto una specie di groviera, loro non riescono a sapere e non ricevano retribuzioni.

C'è un precedente, un famoso sciopero degli sceneggiatori del 2007, che era in qualche

modo legato alle residual, cioè in quel momento c'era il boom dei DVD e pioivano nelle casse

degli studio su una montagna di soldi che loro non dividevano con gli sceneggiatori

semplicemente perché la vendita di DVD era fuori dal loro contratto e loro si fermarono

per tre mesi causando all'industria dei danni che sono stimati intorno a un miliardo

e mezzo, due miliardi di dollari.

La WGA, cioè il sindacato degli sceneggiatori, ha usato l'espressione crisi esistenziale

per descrivere la condizione della categoria. Cosa ha provocato questa crisi?

Il mestiere dei sceneggiatore è considerato di per sé saltuario. In un articolo che è

stato pubblicato a Le Monde c'è una battua di uno sceneggiatore anonimo che dice siamo

abituati a non lavorare per lunghi periodi, quindi tanto vale escioperare e poi ritorna

a lavorare in condizioni migliori. Gli ultimi anni, in particolare con lo streaming, le

condizioni di lavoro sono peggiorate anche se la domanda di contenuti ha avuto un boom

incredibile. Nel 2022, secondo l'economist, sono stati contati 600 show televisivi originali

che è una cifra che non si era mai vista. Questo però non ha portato a più soldi per

chi li scrive, ma soltanto a ritmi più elevati. C'è questo termine che si chiama short order,

cioè serie o film commissionati un giorno per l'altro che costringono a ritmi di lavoro

elevatissimi, senza un aumento della retribuzione. Anzi c'è stato un innalzamento del numero

di sceneggiatori che lavorano al minimo sindacale. L'innalzamento è stato sensibile, era uno

delle cifre che prima che fosse chiamato lo show però si usava per far capire qual era

uno dei problemi e poi ci sono delle cose che hanno cambiato di fatto le condizioni

di lavoro, come per esempio le cosiddette mini room che sono dei gruppi di lavoro molto

ristretti di uno showrunner, cioè di un produttore e sceneggiatore insieme ad altri sceneggiatori

che per sviluppare concetti e idee su serie e show che potrebbero anche non andare in

onda, cioè non arrivare mai alla fase esecutiva. E questo crea un problema proprio a determinare

come pagarli questi sceneggiatori che lavorano nelle mini room che sono sempre di più.

Un'altra questione su cui si sono scontrate WGA e produttori è quella dell'intelligenza

artificiale che ovviamente forse a livello esistenziale, quella che può cari più problemi

agli sceneggiatori, ma è un argomento su cui non si è dibattuto, cioè si è rimandato

tra tre anni perché anche gli studio e i produttori non sono preparati a questo tipo di dibattito.

Cioè qual era il punto in questione? Che l'intelligenza artificiale potesse scrivere

le sceneggiature. Esatto, no, più che altro c'era una richiesta da parte

da WGA che dice non esiste che venga usilizzata l'intelligenza artificiale per adattare contenuti

letterari o che venga usata l'intelligenza artificiale come source materiale cioè come

materiali da cui prendere spunto per una sceneggiatura. A questa richiesta molto chiara

degli sceneggiatori, i produttori hanno detto per adesso non ne parliamo, ne parliamo

alla prossima volta perché non sono pronti a discuterla.

In un paese come gli Stati Uniti, dove l'organizzazione sindacale è quasi assente in molti settori,

gli sceneggiatori spiccano un po' come un gruppo unito con una forte coscienza sindacale?

Allora, l'idea degli sceneggiatori come categoria debbole o comunque un po' a parte è antica

quanto antica Hollywood. Anche l'idea dell'intercambiabilità di uno scrittore è diffusa per

primi tra gli sceneggiatori. In un reportage di Le Monde è citato un articolo su New Yorker

in cui John Dion che ha scritto diverse sceneggiature soprattutto negli anni 70 dice

chi assume gli sceneggiatori non ha ben chiaro il lavoro che fanno, sono ritenuti intercambiabili

e per questo si parla di loro sempre al plurale. Il motivo per cui registri estallano più

potere contratuale è già un po' più intuitivo, nel senso che sono più riconoscibili, sono

più in alto nel cartellone. Una curiosità, di solito l'associazione degli sceneggiatori

firma i contratti con i produttori sempre dopo che hanno firmato i registri e l'ultima

volta che i registri non avevano ancora firmato quando gli sceneggiatori sono andato a discutere

il contratto era nel 2007, cioè all'epoca del famoso shoppero.

Per gli spettatori quali conseguenze potrebbe avere questo shoppero?

Se ne accorgeranno soprattutto negli Stati Uniti qua più difficile, qua forse arriverà

ritardo qualche serie che tendiamo tanto eccetera. Più che sul pubblico le conseguenze sono

per l'industria e quindi per l'economia. Lo shoppero del 2007, di cui abbiamo già

parlato è durato tre mesi e mezzo, è inciso su tutta l'industria perché senza sceneggiatore

non lavorano scenografie, fotografie, macchinisti, tutti quelli che lavorano nell'ambito della

produzione, della post produzione e anche tutto l'indotto, quindi ristoranti, pizzeria,

tutta l'economia di Los Angeles che tra l'altro è una città dove il costo della vita è

molto alto ne risentirà.

E in tutto ciò le case di produzione e le piattaforme di streaming come se la passano?

Dopo anni di investimenti fogli e caccia l'abbonato, condotte in tutti i modi possibili e con

l'inevitabile bolla economica che si è creata di conseguenza, anche le piattaforme in questo

momento devono rivedere un po' le loro politiche da tempo, di Disney+, Netflix che sono forse

tra le più aggressive, tra le piattaforme, hanno cominciato a parlare di tagli e costi

al personale, meno prodotti di qualità maggiore e speriamo che sia così sempre meglio che

un'infinità di cose brutte da vedere.

Ora che lo sciopere è cominciato, secondo te cosa potrà sbloccare la situazione?

Come dicono sia Variety, sia Economist e tante altre giornali, si tratta di una di quelle

rivoluzioni che ogni tanto colpiscono inevitabilmente l'industria dell'intrattenimento.

Probabilmente verranno trovati dei punti di contatto, ma ovviamente nel processo qualcuno

si farà male, basta pensare ai divi del muto che non sono sopravvissuti all'avvento

del sonoro.

Quello che posso dire io, che le sceneggiatori e gli sceneggiatori sono sempre fondamentali.

Quelle serie che passano sulle piattaforme nascono spesso da ottime idee, anche geniali,

leggi lasinossi, la trama, non vedi l'ora di vederle e poi risultano deludenti anche

in maniera molto irritante.

Ci sono serie che sulla carta possono sembrare già viste, che si riveneranno meravigliosi

e soddisfacenti come un bel romanzo.

Un altro esempio è la meravigliosa signora Maisel di Amy Sherman Palladino, che non

solo è stata scritta in modo meraviglioso, ma l'ultima stagione che sta andando in

onda in parte ambientata dietro le quinte di uno show televisivo e quindi può essere

quasi istruttiva sull'argomento.

Grazie a Piero Zardo.

Grazie a voi.

Il libro della settimana è consigliato da Daniele Cassandro, editor di Cultura d'Internazionale.

La casa elitrice cellerio di Palermo fa uscire il primo libro del critico d'arte scrittore

britannico John Berger, che si credeva disperso, era uscito nel 1957 solo in tedesco.

È un piccolo saggio dedicato alla pittura dell'artista siciliano Renato Guttuso, che

era stato anche per un breve periodo suo grande amico.

Quello che colpisce fin dalla prima riga del libro è come l'atteggiamento dell'allora

giovane Berger davanti alla pittura fosse già quello della sua maturità.

L'arte di Guttuso per lui è un modo per parlare dell'Italia del dopoguerra, del lavoro

dei contadini degli operai, ma lo fa sempre partendo dalla pittura, da quello che vediamo

sulla tela e sui fogli da disegno.

Il saggio si apre con una descrizione particolarmente ispirata della luce mediterranea, che, come

scrive Berger, dà forma quasi scultoria alle figure di Guttuso, ed è una descrizione

che era una nulla dell'esotismo con cui di solito gli intentori d'arte inglesi parlavano

della luce nell'arte italiana.

Per Berger, il sole abbagliante della Sicilia è un dato di fatto, come sono dati di fatto

le mani callose dei lavoratori e i passaggi brulli e irtidifiche di india.

Il linguaggio di Berger è come al solito semplice e diretto, e il suo libro riesce a essere ancora

oggi a distanza di quasi 70 anni, un'opera di critica d'arte molto militante e all'ossesso

tempo un appassionante saggio rivolgativo.

John Berger, Guttuso, Sellerio Editore.

Dalla redazione di Internazionale, per oggi è tutto.

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L'appuntamento con il mondo è domattina alle 6.30.

Sottotitoli e revisione a cura di QTSS.

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Contrariamente ai pronostici Santiago Peña, del Partito Colorado, è stato eletto presidente del Paraguay. Le piattaforme di streaming hanno cambiato il modo di lavorare e di guadagnare degli autori, che chiedono più soldi e più tutele.

Camilla Desideri, editor di America Latina di Internazionale
Piero Zardo, editor di cultura di Internazionale

Video Paraguay: https://www.youtube.com/watch?v=wIEuoFXc0_Y

Hollywood: https://www.youtube.com/watch?v=mymvtze99oA

Articolo di Stefano Liberti: https://www.internazionale.it/magazine/stefano-liberti/2023/04/27/via-dalle-isole-dove-non-si-pesca-piu

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.