Il Mondo: In Islanda anche la premier sciopera per la parità di genere. A Rio De Janeiro i gruppi paramilitari scatenano il caos.

Internazionale Internazionale 10/25/23 - Episode Page - 25m - PDF Transcript

In esclusiva su Disney Plus, i Leoni di Sicilia, una serie originale con Michele Riondino e Miriam Leone.

Ora in esclusiva su Disney Plus.

Dalla redazione di Internazionale, io sono Giulia Zoli.

Io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo dello sciopero delle donne in Islanda e di gruppi paramilitarie Rio de Janeiro,

e poi di acqua potabile e di un disco.

È mercoledì 25 ottobre 2023.

Risale al 24 ottobre 1975, l'ultimo sciopero generale delle donne islandesi durato un intero giorno.

Quella che avete ascoltato è la voce di un attivista, una casalinga, che in un comizio di quella storica giornata

si rivolge alla folla di donne radunate in una piazza di Reqiavik per protestare.

Ieri, a 48 anni di distanza, in Islanda c'è stato un nuovo grande sciopero di un giorno,

contro il divario di retribuzione tra uomini e donne e contro le violenze sessuali e di genere.

Nel Paese più vicino al raggiungimento della parità di genere del mondo,

secondo i rapporti annuali del World Economic Forum,

migliaia di donne e persone non binarie si sono stenute dal lavoro retribuito e da quello non retribuito,

compresa la Prima Ministra.

Ne parliamo con Barbara Latakemi, esperta di politiche di genere della fondazione Giacomo Protolini,

coordinatrice di InGenere.it e collaboratrice di Internazionale.

Ieri, 24 ottobre, le donne islandesi hanno scioperato per la settima volta dal 1975,

anno in cui il 90% delle donne islandesi sono scese in strada chiedendo la parità.

Il giorno che in Islanda viene ricordato come il Gvenna Free,

giorno libero delle donne, che diede la spinta ad alcune sostanziali riforme.

Lo sciopero poi è stato ripetuto nell'85, nel 2005,

e dal 2010, in poi, la formula dello sciopero era iniziare a scioperare

dall'orario che segnava la differenza salariale.

Quindi nel 2010 le donne hanno iniziato a scioperare alle 2,25 del pomeriggio,

nel 2016 alle 2,38 del pomeriggio, e vuol dire comunque si registra un miglioramento,

nel 18 alle 2,55 del pomeriggio.

Mentre invece lo sciopero di ieri è un ritorno allo sciopero totale,

quindi ha una giornata totale di fermo delle donne.

E la cosa interessante è che come nel 1975 le donne hanno scioperato

non solo dal lavoro produttivo, ma anche dal lavoro riproduttivo.

Da anni però siamo abituate a considerare l'Islanda un punto di riferimento

per la parità di genere. Quali sono le rivendicazioni di questa protesta?

Le organizzatrici dicono che fanno uno sciopero totale,

intanto perché persiste il differenziale salariale,

ossia c'è un gender pay gap, le donne vengono pagate meno.

I dati che forniscono è che questo pay gap è del 10,2%,

che si allarge e cresce in Islanda come nel resto del mondo,

però a mano a mano che si sale nelle gerarchie e nei lavori del settore finanziario.

L'altra tema che sollevano l'organizzatrici dello sciopero

è che le donne lavorano più spesso nei settori sottopagati o meno pagati

e lavorano principalmente in alcuni settori,

cioè contestano la segregazione,

quella che chiamiamo segregazione del mercato o del lavoro,

ossia che alcuni settori occupazionali

siano in grandissima maggioranza femminili oppure maschili.

Femminili, per esempio, lavori legati alla cura,

come salute o insegnamento e maschili,

sappiamo che sono quelli legati alle stemoste

e alle scienze tecnologie, ingenierie e matematica.

L'altro motivo per cui si sono autoconvocate le donne islandesi

è per protestare contro quella che loro definiscono,

la masculinità tossica e la violenza contro le donne.

I dati che riportano dicono che il 40% delle donne

ha vissuto subito una qualche forma di violenza di genere

e che una su quattro, secondo uno studio dell'Università dell'Islanda,

dichiara di essere stata abusata o stuprata

e che, nella maggior parte dei casi, le denunce non sono arrivate a processo.

Questo significa che l'Islanda non è un paradiso del femminismo come è stata definita?

L'Islanda nel cammino per la parità è andata con un passo molto veloce.

Dal 75 ad oggi è cambiato moltissimo,

ma una delle cose che dicono le organizzatrici

è che sanno, sono consapevoli di essere in qualche modo

in una posizione di avanguardia,

ma che proprio per questo devono continuare a lottare

la dove la parità è incompiuta.

Certo, guardando questi dati sulla violenza,

sembrerebbe che dove c'è più parità c'è anche più violenza.

In realtà è un dato che dobbiamo un po' contestualizzare

nel senso che ormai abbiamo un sacco di ricerche che mettono in correlazione

la maggiore parità, la maggiore ugualianza con la minore violenza di genere.

Quello che cambia è la percezione,

cioè la soglia di sopportazione delle donne in un certo senso,

per cui sono molto più inclini a denunciare,

a nominare la violenza e a nominare come violenza

delle cose che in altri paesi più patriarchali e più sessisti

vengono invece normalizzate.

Anche la prima ministra Katrin Jakobsdottir ha aderito allo sciopero

e ha detto che si aspettava la stessa adesione

da parte di tutte le donne del suo governo.

Cosa pensi di questo gesto?

Intanto ha un gesto molto forte

che ci parla di quanto questo sciopero

non sia uno sciopero per rivedicare diritti che non esistono

o per chiedere qualcosa allo stato o alle imprese,

ma che è uno sciopero delle donne in quanto classe.

E in quanto classe viene meno la distinzione

tra donne dei movimenti, donne delle istituzioni,

perché quello che invece fanno le donne islandesi sottraendosi

è isolare l'elemento maschile e quindi denunciare

la matrice culturale e patriarchale

dell'oppressione delle donne.

Quindi credo che la forza di questo sciopero

sia proprio questo,

rimendicare come prima appartenenza,

la appartenenza di genere in una giornata di sottrazione

dal lavoro retribuito e non retribuito

per sottolineare che senza le donne la società non funziona,

ma anche per isolare,

per sottolineare la responsabilità maschile

dell'oppressione sulle donne.

E in questo senso trovo molto interessante

che una delle cose che è cambiata dal 1975 al 2023

è che lo sciopero chiama le donne

e le soggettività non binarie

in un'alleanza tra femminismo e movimento e leggibiti

cui ha più che sicuramente

rappresenta il cambiamento e il passaggio del tempo,

i cambiamenti interni al femminismo,

ma anche un sistema solido di alleanze sui diritti di genere

e nella denuncia della matrice patriarchale e la violenza di genere.

Possiamo definirlo un femminismo intersezionale?

Credo proprio di sì.

Uno degli indizi che abbiamo è che se, per esempio,

andate a vedere il sito che lancia lo sciopero

e la piattaforma di adesioni, il manifesto di rivendicazioni,

vedrete che è in tre lingue,

l'islandese, l'inglese e il polacco.

Ecco, se mentre possiamo pensare che l'inglese

sia un modo per raccontare al mondo

che cosa sta succedendo in Islanda,

il polacco invece ci racconta l'intersezionalità

del movimento islandese,

perché la comunità polacca è la prima comunità migrante in Islanda,

c'è una lunga storia di migrazione polacca in Islanda

e le donne migranti, quindi le donne polacche,

sono le donne che lavorano nelle peggiori condizioni,

quindi questa traduzione in polacco,

il manifesto dello sciopero delle donne

ci racconta in qualche modo il desiderio,

la volontà del femminismo islandese

di tenere in considerazione diversi fattori di disuaglianza

e di tenerli uniti nella loro lotta.

Proprio ieri sono usciti nuovi dati

sulla parità di genere in Europa, che cosa dicono?

Intanto ci raccontano che le donne

nel loro complesso in Europa stanno un pochino meglio,

buona notizia.

La cattiva è che in Italia invece stiamo sempre male

e siamo sotto la media europea,

quindi questo avanzamento europeo non è merito dell'Italia.

Siamo sempre fanalino di coda,

soprattutto nella dimensione riguarda l'occupazione delle donne

e la qualità del lavoro delle donne.

Si migliora leggermente a livello sia italiano che europeo,

nell'uso del tempo,

ma a quanto pare questo non è merito degli uomini,

ma è merito delle nuove tecnologie,

per cui fa più il delivery della cena a casa

per la parità di quanto non facciano gli uomini.

Ritornando all'Islanda e ai dati europei,

la connessione interessante può essere che i dati sulla parità di genere

ci raccontano una dimensione più ampia dell'uaglianza sociale.

L'Islanda non è soltanto la vanguardia della parità

nei rapporti tra uomini e donne,

ma è anche la vanguardia di una società che pensa alla parità,

per esempio il Paese con meno di vario di ricchezza del mondo

e il Paese che investe di più in educazione pubblica.

Quindi i dati sulla parità di genere

misurano anche l'aspirazione più ampia di una società verso l'uaglianza.

Grazie a Barbarelle da Kenney.

Grazie a voi.

Martina Recchiuti, caporetatrice di Internazionale Kids,

racconta un articolo uscito sul nuovo numero.

La copertina del nuovo numero di Internazionale Kids è sulla coa potabile.

Abbiamo scelto di tradurre un articolo da Dain Spiegel,

la versione per bambini del settimane alle tedesco Der Spiegel,

e racconta che in Germania una famiglia di quattro persone

consuma in media 500 litri di acqua potabili al giorno.

A questo però bisogna sommare una quantità ancora più grande,

quella usata per produrre cibo ed energia elettrica.

Visto che il problema delle riserve idriche riguarda l'intero pianeta,

collaborare e trovare nuovi modi per difendere l'acqua conviene a tutti.

L'articolo porta l'esempio di tre persone che con il loro lavoro

cercano di fare proprio questo.

Sono un'attivista canadese che da anni si batte per rendere l'acqua un diritto umano universale,

un'architetta dei paesaggi che ha contribuito a trasformare Copenhagen in una città spugna,

cioè una città capace di assorbire l'acqua piovana

e rilasciarla gradualmente nel terreno per evitare gli allagamenti.

E infine, un ingegnere specializzato nel riciclo delle acque grigie,

cioè le acque che provengono dagli scarichi della vandini, docce e vasche,

che una volta ripulite si possono riusare per lavarsi o per fare le pulizie,

al posto dell'acqua potabile.

Perché, come dice l'articolo, è troppo preziosa per finire nello scarico del bagno.

Potete leggere dove è finita l'acqua sul nuovo numero d'internazionale Kids.

Stanno buttando fogo in una stazione e in un treno.

E' questo, Odioniso Freitas?

E' questa stazione Santa Veridiana, nel momento la alva e l'attacco fatto

per i criminosi in retaliazione alla morte di un miliciano.

In più di 35 onibus, e ora stanno buttando fogo nel treno.

C'è un passaggio dentro, Odioniso? Non ha questa informazione?

Non abbiamo questa informazione, ma apparentemente hanno fatto

che i passaggi erano essendo scelte.

Il 23 ottobre, alcuni gruppi criminali hanno dato fuoco a decine di autobusario de Janeiro.

Anche se per il momento non sono state riportate vittime,

la stampa i telegiornali brasiliani l'hanno definito uno dei peggiori attacchi terroristici

mai avvenuti nella città.

Quello che avete sentito in apertura era un servizio dell'emittente brasiliana

a RecordTV che seguiva la situazione indiretta.

Negli ultimi anni, quello dei gruppi paramilitari è diventato

uno dei principali problemi di sicurezza della regione,

sia per le violenze tra i gruppi rivali, sia per i frequenti scontri con la polizia.

Parliamo di quello che è successo a Rio de Janeiro con Alberto Riva,

scrittore e giornalista esperto di Brasile, che collabora con Internazionale.

35 autobus incendiati e un treno nel pomeriggio di lunedì 23 a Rio de Janeiro

hanno gettato nel terrore la zona ovest della città,

condizionando poi tutto il traffico e la circolazione della metropoli brasiliana.

È effettivamente un attacco senza precedenti, si sono già svolte in passato.

Però questo è molto forte e la circolazione in tutta quella zona,

molto popolosa della città, che conta circa 2,5 milioni di abitanti,

è la zona per intenderci a sud della spiaggia di Panema,

che si dilunga in una grandissima periferia fatta di tantissimi quartieri, anche molte favelas.

Quindi ha condizionato, ha bloccato e ha gettato poi nel panico anche moltissimi lavoratori,

perché bisogna ricordare che il 70% dei lavoratori della gente di Rio de Janeiro

si sposta con una grandissima flotta di autobus.

Quindi non solo durante gli attacchi un grande spavento per la popolazione che si trova in mezzo a questo tipo di azione,

ma poi un condizionamento di tutta la circolazione che ci metterà del tempo tra l'altro tornare alla normalità.

È già chiaro che ha commesso queste attacci e perché?

Per adesso sono stati individuati, arrestati, 12 esecutori materiali.

I mandanti sarebbero 3 boss, 3 capi di alcune frazioni di militias della zona ovest della città.

Infatti sarebbe avvenuto per una rappresaglia, per lo scontro a fuoco,

avvenuto l'une di mattina tra Matteo Zerezende, detto Faustown, nipote di uno di questi boss,

morto nello scontro a fuoco con la Polizia Civile.

Matteo Zerezende ha sua volta considerato vice capo di una di queste fazioni,

nome già molto noto alle forze dell'ordine sul quale pendono inchieste per 20 omicidi,

tra cui uno politico, perché è accusato dell'omicidio di un consuliere comunale nel 2020, detto Geronimo.

Parliamo un pochino meglio di queste militias, chi sono e quanto controllo hanno sulla città?

Le militias sono un fenomeno che ormai c'è da molti anni, hanno un grande controllo su alcune parti della città

e un vero e proprio controllo del territorio, cioè sono proprio crimini organizzato,

che si sono in qualche maniera contrapposte alle fazioni tradizionali della città,

che erano Comando Vermelio e Altersiero Comando e Amigos dos Amigos.

Ecco, allora in questo contesto bisogna considerare che Amigos dos Amigos erano per lo più agenti di pubblica sicurezza corrotti

che agivano anche come fazione criminosa.

Le militias sono una sorta di estensione di questa brancia, diciamo, delle fazioni criminose,

cioè sono per lo più composte da agenti di pubblica sicurezza,

quindi poliziotti corrotti sostanzialmente o appartenenti ad altre parti dell'esercito, comunque degli agenti sul territorio,

e questo tipo di avvenimento si inquadra in una dialettica tra fazioni che coinvolgono purtroppo anche la polizia.

Quindi è difficile mettere ordine, questo è stato sempre uno dei punti cruciali nella lotta della criminalità organizzata di Rio,

nel senso che lo stato è fortemente infiltrato dalla criminalità organizzata.

Lo stesso governo del governatore attuale Claudio Castro ha visto in questo periodo alcuni arresti proprio del suo gabinetto.

Per esempio, sono stati arrestati alcuni suoi collaboratori, uno per delegami con la mafia del cosiddetto gioco dobiscio,

cioè delle scommesse clandestine, e invece il segretario della sezione penitenziale dello Stato è stato arrestato

perché stava negoziando una tregua con una frazione criminosa.

Quindi inquadrare questo tipo di crimine è inquadrarlo in una dialettica tra parti dello Stato corrotto, criminali e parte della sicurezza pubblica corrotta.

Rio de Janeiro è una città con un tasso di violenza molto alto.

Questi attacchi terroristici contro il sistema di trasporti sono già accaduti in passato oppure si tratta di un fatto eccezionale?

No, no, si tratta di un fatto eccezionale.

Si tratta di una prassia abbastanza comune che si va configurando da un 20-25 anni a questa parte,

che è spesso proprio come rappresaglia o alla morte di qualche esponente criminale o alla uccisione nello scontro a foco come in questo caso.

Era già successo per esempio un caso che aveva fortemente sconvolto la città, era capitato nel 2010,

quando alcuni criminali avevano incendiato un micro-autobus che sono tra l'altro più numerosi nella città,

quelli che fanno dei tragitti più brevi rispetto alle grandi linee come questi autobus che sono stati incendiati adesso,

e in quel caso c'erano stati dei feriti molto gravi che erano rimasti intrapolati tra le fiamme, 7-8 di loro erano finiti in ospedale con ustioni molto gravi.

Questo tipo di avvenimento peraltro è un avvenimento che mette grande scompiglio nella città,

perché i più colpiti sono poi gli utenti del trasporto pubblico, che sono poi i lavoratori che escono dalle favelas di mattina per andare a fare tutti i tipi di lavori

nel commercio, nella pubblica amministrazione eccetera, quindi di solito i criminali cercano di configurare questo tipo di fatto come una difesa del territorio,

mentre in realtà mettono a repentaglio proprio la vita dei territori che loro occupano.

Certo, un numero così alto non si era mai verificato tutto contemporaneamente, a volte ci sono, come dire, degli attacchi diversificati nella grande mappa della città,

ma non in una zona precisia come quella più tra l'altro popolosa e che ha bisogno del trasporto, perché quella parte della città,

la parte che scavalca le montagne della parte, diciamo, sud, e va verso la cosiddetta zona Oves, dove peraltro c'è una delle più grandi favelas della città,

che è Rio da Spedras, che è proprio una rocca forte delle militias, quindi diciamo che è un fatto abbastanza eccezionale.

Per essere un fatto abbastanza eccezionale, probabilmente bisogna leggere anche dietro questo fatto, cioè che non è soltanto la rapresaglia per l'omicidio

del nipote del boss, ma è anche un messaggio che viene dato al governo dello Stato rispetto appunto a tutte quelle zone oscure di complicità che ci sono

e che tengono in piedi il fragilissimo equilibrio della sicurezza della città.

Ecco, a questo punto il governo della città sta prendendo delle misure per risolvere il problema alla radice,

cioè l'eccezionalità di questo episodio secondo te provocherà una reazione più forte di prima.

Potrebbe provocare una reazione spettacolare, ricordiamo che Claudio Castro, governatore bolsonarista,

appartenente al medesimo partito liberale di Bolsonaro, si era già distinto per azioni poliziesche,

nelle quali partecipava in prima persona sugli elicotteri che sparavano ai criminali nascosti nei vicoli delle favelas.

Quindi non è escluso a un'azione spettacolare, ma andare a risolvere il problema alla radice è quasi impossibile,

perché è andare a scoperchiare tutta una rete di rapporti opacchi che corrono e di equilibrio tra queste varie forze in gioco,

che poi ogni tanto vengono alla luce con questi fatti eclatanti.

Grazie da Alberto Riva.

Grazie a voi.

Il disco della settimana consigliato da Giovanna Dascenzi, foto editor di Internazionale.

I beni Shintwin sono un terzetto nato a Londra, anche se i suoi componenti sono nati altrove.

In Belgio la cantante e polistrumentista Katy Lukas, in Italia la batterista Valentina Magaletti,

e in Giappone Susumu Mukai, al basso e ai sintetizzatori.

In questo quadro cosmopolita di musicisti sperimentali trapiantati a Londra,

al misaggio del nuovo album Afternoon X, ci ha pensato l'italiana Marta Salogni,

produttrice e ingegnera del suono che ha già lavorato con Bjork, The Pashmode e Frank Ocean, solo per citarne alcuni.

Se dovessi inserire questa band in una casella, potrei facilitarvi le cose dicendo che potrebbero piacervi

se amate il pop elettronico con elementi vintage, come quello degli stereo lab e dei broadcast.

Tuttavia le vanishing twins stanno facendo un percorso tutto loro e sarebbe riduttivo lasciarli in questa casella.

Afternoon X è un lavoro che crea degli spazi, più che dei brani, in cui riverberano suoni elettronici,

strumenti acustici, percussioni e la voce distante e fantasmagorica di Katy Lukas.

Ascoltare più volte e di seguito questo disco ci trasporta in sequenze oniriche, dove si è onirica

tra immagini sfocate come se lo zoom dell'inquadratura arretrasse e avanzasse, senza stare fermo.

Ma questo non vuol dire che la musica evaporia appena spalanchiamo gli occhi.

La varietà dei movimenti alterna suoni distorti e densi, a momenti più morbidi e minimalisti,

che nel loro insieme rendono questo lavoro perfettamente coerente.

Dalla redazione di internazionale per oggi è tutto.

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Ieri c’è stato un grande sciopero di un giorno contro il divario di retribuzione tra uomini e donne e contro le violenze sessuali e di genere. Il 23 ottobre alcuni gruppi criminali hanno dato fuoco a decine di autobus a Rio Da Janeiro.


CON
Barbara Leda Kenny, esperta di politiche di genere della Fondazione Giacomo Brodolini
Alberto Riva, scrittore e giornalista

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Video ostaggi: https://apnews.com/article/hostages-israel-hamas-war-what-to-know-406920c384818fa4fe3525327adf3f50

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni e Vincenzo De Simone.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.