Il Mondo: Il vero motivo dell’arresto dell’ex premier pachistano Imran Khan. La differenza di stipendio tra giovani e anziani in Italia è raddoppiata.

Internazionale Internazionale 5/11/23 - Episode Page - 23m - PDF Transcript

Questo podcast è reso possibile da tutte le persone abbonate internazionale.

Se lo ascolti e vuoi sostenerci, abbonati anche tu.

Per farlo vai su www.internazionale.it slash podcast.

Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli.

Io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo del Pakistan e degli stipendi dei giovani in Italia

e poi della copertina del nuovo numero di internazionale e di un disco hip hop.

È giovedì 11 maggio 2023.

Il 9 maggio l'ex-premier del Pakistan Imran Khan è stato arrestato a Islamabad.

Quello che avete sentito è un video del momento dell'irruzione degli agenti

che hanno sfondato una finestra del tribunale in cui si trovava Khan.

L'arresto è arrivato il giorno dopo che i vertici militari pakistani avevano duramente criticato

Khan per le sue accuse contro di loro, visto che l'ex-premier considera l'esercito

il vero responsabile della sua destituzione dello scorso anno.

La notizia della sua detenzione ha subito in escato di sordini in varie città del Paese

e ha messo le forze dell'ordine in stato di allerta.

Parliamo con Giunco Terrao, editor di Aser Internazionale, per capire cosa c'è dietro

questo arresto e cosa significa per gli equilibri di potere in Pakistan.

Il 9 maggio l'ex-premier di Pakistan Imran Khan è stato arrestato mentre si trovava a Islamabad

in un aula di tribunale dove era comparso per difendersi dalle accuse di corruzione e sedizione

nell'amito di un processo a suo carico.

Da arrestarlo sono state delle forze paramilitari del Punjab che l'hanno prelevato su richiesta

delle autoritanti corruzione del Paese e l'hanno portato in un luogo di detenzione.

Anche in questo caso Khan è accusato di corruzione, in particolare il ministro dell'interno ha

detto a fatto sapere che è stato arrestato perché non ha voluto partecipare a un'indagine

in merito a un caso di corruzione ai danni dello Stato.

E che reazione c'è stata al suo arresto da parte delle istituzioni e dell'opinione

pubblica nel Paese?

L'arresto di Khan è immediatamente scatenato, violente, manifestazioni di proteste in tutto

il Paese.

Questo denota la popolarità di cui l'ex-priministro ancora god è tra i Pakistani e varie città

sono state messe a ferro e fuoco, più di mille persone sono state arrestate e già

otto persone sono morte nelle prime 24 ore dopo il fatto.

Le proteste non accennano a fermarsi, a diminuire e anzi il rischio è proprio chi divampino

definitivamente anche a causa della crisi economica molto pesanti in cui il Paese versa da ormai

un anno.

Prima dicevi che le accuse contro di lui sono di corruzione.

In realtà però pare ci sono dei motivi più profondi e più radicati nella storia recente

del Paese.

Quali possono essere i veri motivi per cui è stato arrestato?

L'arresto è la resa dei conti tra l'esercito e Imran Khan.

Questo perché mentre nel 2018 Imran Khan era arrivato al governo proprio grazie all'esercito

che storicamente in Pakistan è il vero detentore del potere, nulla si muove, nulla succede

se l'esercito non lo vuole.

Questi quattro anni, nonostante anche la grande popolarità di cui godeva Imran Khan tra

i Pakistani, il suo rapporto con l'esercito sia di fatto rotto, sia guastato, c'è

stato un fatto.

Lui si è messo a preso le parti di uno dei due contendenti alla leadership dell'esercito

e questo ha decretato sostanzialmente la sua caduta.

Questo arresto è visto da tutti gli analisti come l'entrata gambattesa dell'esercito che

ormai neanche più dissimula troppo il suo intervento in politica e leggevo l'editoriale

di oggi del quotidiano Don che è il principale quotidiano pakistano in lingua inglese che

diceva sì, la cosa di corruzione in questo caso, ma poteva essere anche qualsiasi altra

cosa, in realtà è ormai esplicito, soprattutto per il fatto che arrestarlo è stata questa

forza paramilitare del Punjabi, non la polizia di Islamabad, il fatto che sia sotto l'esercito

a volere l'arresto di Imran Khan e in generale a fargli la guerra.

Yair Il Gardian in un articolo definiva Imran Khan come la figura più divisiva che c'è

in Pakistan.

Qual era la sua storia politica e perché spacca il Paese in maniera così profonda?

Yair Imran Khan è prima di entrare in politica e era stato un grande campione di cricket,

con una vita all'estero, mogli occidentali, una vita passata nel jet set internazionale

che l'ha reso molto popolare in patria, popolarità che lui ha voluto capitalizzare entrando

in politica, che di fatto è una scelta che effettivamente è stata azzeccata nell'esercito

evidentemente visto in lui l'uomo giusto per un cambio di governo nel 2018.

È così che Imran Khan è stato eletto, grazie anche a interventi dell'esercito durante

la capania elettorale per esempio contro la stampa che criticava Imran Khan.

La mano dell'esercito è stata decisiva anche in questo senso e nella sua elezione.

Imran Khan si presentava come l'outsider rispetto alle dinastie politiche che da sempre governano

il Pakistan e in un certo senso è così, è vero, aveva promesso di rinnovare il Paese,

di combattere la corruzione, insomma chiaramente slogan a che appavoti neanche troppo sofisticate,

insomma che quindi lo rendono da una parte molto popolare e dall'altra appunto una

vera minaccia per l'establishment, sia militari sia politico.

Il Pakistan come è accennato prima sta attraversando un momento economico molto difficile, forse

il più difficile della sua storia qualcuno dice, mancano bene i deprimissimi necessità

come cibo e acqua.

Questo arresto di Khan potrebbe aggravare in qualche modo la situazione o interferire

comunque con la situazione?

Quello che appunto si teme adesso è che le violenze, le proteste violente che sono

cominciate poche ore dopo il suo arresto degenerino in una vera rivolta popolare perché la popolazione,

i 200 milioni di Pakistani stanno soffrendo la fame letteralmente, ci sono state decine

di morti fino ora proprio per fame oppure nelle resse per accappararsi gli aiuti alimentari,

ci sono stati vari morti.

Il costo per dire il livello di sperazione in cui verse la popolazione.

Le state scoste ci sono stati delle gravissime alluvioni che hanno distrutto i raccolti,

hanno tolto l'acqua potabile a milioni di persone, l'inflazione è alle stelle, il

costo, la svalutazione della rupia pakistana ha di fatto gettato nella povertà milioni

di persone.

Il Pakistan è proprio sul loro del falimento perché le riserve di valuta straniera con

cui il paese importa i beli di prima necessità e come carburante e i prodotti alimentari

stanno finendo.

Il governo sta negoziando da un anno con il Fondo Monetario Internazionale un piano

di salvataggio che però non riesce ancora ad ottenere perché il Fondo Monetario Internazionale

ha posto delle condizioni tra cui per esempio l'innalzamento delle tasse che il governo

ancora non sta mettendo in atto.

Quindi la situazione è veramente seria e l'arresto di imbrancane rischia di gettare

il paese nel totale caos.

Grazie a Giunco Terrao.

Grazie a voi.

Maisa Moroni, fotoeditor di Internazionale racconta la copertina del nuovo numero.

Cabo del Gado è una provincia settentrionale del Mozambico dove attivo il gruppo giadista

di Alshabab.

In questa zona, dal 2017, è in corso un conflitto che ha causato più di 4.000 morti e circa

un milione di sfollati.

Sempre in Mozambico, in particolare a largo delle sue coste, si stima ci siano almeno

3 mila miliardi di metri cubi di gas, la nona riserva mondiale di questa risorsa.

Il giornalista Stefano Liberti è andato per internazionale nei campi profugi dove vivono

gli sfollati per capire cosa sta succedendo, ma soprattutto per spiegarci lo stretto legame

tra questo conflitto e gli interessi delle principali multinazionali straniere per le

riserve di gas di questo paese.

Cercando l'immagine per la copertina, abbiamo trovato il lavoro di Mario Masilaou, fotografo

mozzambicano.

Masilaou da ragazzo lavorava nel mercato di Maputo, la capitale del Mozambico.

Ha iniziato a scattare i primi ritratti in bianco e nero con una macchina fotografica

pressata da un amico.

Fotografava passanti, amici, lavoratori del mercato e dopo sviluppava le foto in una

camera oscura che aveva attrezzato a casa.

Anni dopo Alisbona inaugurava la sua prima mostra personale.

Dal suo lavoro abbiamo scelto un intenso primo piano in bianco e nero di un uomo, sdraiato

a terra che guarda in macchina, che ci guarda il prezzo del nostro gas e la nuova copertina

di internazionale.

Da 27 anni devo vivere con 171 euro, non mi sono andato, no.

Con le 100 ore in partita l'Iva, ce n'avevo niente, io non ci vivo, perché tu stai

da mamma e papà che ti possono mantenere, però io che sono poco italiana, lavorate

tanto quanto ti hai.

Assunto non si sopiri, tanto quanto, ma io vivo da solo a tre anni, non stiamo parlando

di gente che non ti può pagare e gente che sa che il sistema è così e non ti pagare.

In questo video di TikTok, che all'inizio di febbraio ha circolato su tutti i social

network, Ornela Casassa, ingegnera, si sfoga con un'amica e rivendica il diritto dei

giovani a uno stipendio dignitoso.

In Italia le persone più anziane lavorano più delle persone giovani e guadagnano anche

di più.

Lo dice uno studio condotto da due ricercatori italiani, Nicola Bianchi e Matteo Paradisi.

Tra il 1985 e il 2019 l'età media della forza lavoro in Italia è passata da 35,8 anni

a 42,7.

Nello stesso periodo il divario salariale è raddoppiato.

Ne parliamo con Roberta Carlini, ricercatrice dello European University Institute di Firenze

e giornalista che collabora con Internazionale.

Lo studio ci parla di una crescente di seguiglianza tra giovani e vecchi.

Si potrebbe dire non è una novità, ma in questo caso noi abbiamo una situazione particolare

sul gap salariale, cioè qual è la differenza tra il salario dei più giovani e quello

dei più vecchi.

Potrebbe essere considerato normale e in parte è normale che al momento in cui si comincia

la carriera lavorativa si guadagna di meno e la progressione della carriera dà dei redditi

più alti.

Però quello che questo studio dimostra è che nel 1985 questa differenza era minore di quella

che c'è adesso all'ultimo anno della sua implementazione, cioè nel 2019.

La differenza è di 40 punti percentuali adesso, cioè nel 1985 chi entrava al lavoro guadagnava

circa il 20% in meno dei suoi colleghi che erano alla fine della carriera.

Adesso è il 40% in meno rispetto ai colleghi che sono a fine carriera, intendiamo dopo

i 55 anni, quindi si è raddoppiato il gap salariale tra i più giovani e più anziani

sul mercato del lavoro.

Quali sono le cause di questo crescente di vario quindi?

Come sempre in questi fenomeni complessici possono essere più cause tra le quali c'è

anche la questione demografica, però poi che qui parliamo proprio di gap, di differenza

tra salari medi, quello che incide di più è il cambiamento delle condizioni dello

stesso mercato del lavoro, cioè è molto probabile che quelli che hanno cominciato

a lavorare diversi decenni fa si trovavano in un mercato del lavoro che in Italia non

è mai stato florido e comunque era migliore di quello attuale.

Direi che la questione principale che incide qui è la tipologia dei lavori che vengono

presi dai più giovani, cioè il fatto che si tratti di lavori che molto spesso sono

precari, che molto spesso sono di durata limitata nel tempo e anche con tipologie contratuali

delle più varie per esempio con un maggiore ricorso anche a forme di lavoro autonomo e

al part time, questo sicuramente incide, non abbiamo adesso sottomano tutto lo studio

quindi non possiamo essere precisi, però sicuramente si potrebbe dire che questi risultati

mettono in rilevo un aspetto spesso tralasciato quando parliamo dei problemi del lavoro o

meglio non preso che la debita considerazione, cioè che è proprio il livello salariale

che è troppo basso, non è solo la questione della precarietà, naturalmente queste cose

possono andare insieme ma non sempre vanno insieme, si possono avere anche dei contratti

stabili per tutta la vita però in part time o comunque a un livello retributivo troppo basso.

Quello che anche andrebbe considerato è che nella progressione delle carriere la persona

che cominciava a lavorare due o tre generazioni fa aveva davanti una prospettiva di aumento della

propria retribuzione molto più favorevole di quella che hanno adesso i più giovani.

In questo squilibrio che responsabilità hanno i governi? Che cosa hanno o non hanno fatto?

Io penso che negli ultimi tempi sia pure con responsabilità diverse, non c'è mai

stata una reale intenzione di mettere mano allo squilibrio generazionale,

intendiamoci, lo hanno sempre detto, tutte le misure prese sul mercato del lavoro in genere

sull'occupazione vengono sempre giustificate in base alla volontà di aiutare i giovani però poi

di fatto la maggior parte della base elettorale dei partiti e anche della base degli scritti al

sindacato è di età più avanzata quindi queste fasce generazionali più giovani non pesano

anche demograficamente abbastanza per cambiare il corso delle cose o quanto meno non è successo

finora. Questa è la spiegazione ampia, la spiegazione più specifica a mio avviso c'è sempre

stata un'attenzione spasmodica eccessiva alle forme contratuali per l'appunto job-sact,

contratti a termine, non contratti a termine, l'articolo 18 non articolo 18, non si è mai messo

mano a una prospettiva di aumento dei livelli salariali. Il fatto che siamo tra i pochissimi

i paesi europei andano a avere un salario minimo è la prova l'ampante di questo. Un salario minimo

in Italia, intendo dire un salario fissato con un minimo legale in tutti i settori e in

particolare nel settore privato, aiuterebbe soprattutto i giovani. In questi giorni gli

studenti universitari di varia città italiane da Roma a Milano passando per Pavia, Caalia,

Ritorino si stanno mobilitando contro l'aumento del costo degli affitti che peso alla casa

nell'aumento delle disuguaglianze di cui c'è parlato. Per i giovani ci sono meno lavoro e

meno soldi, ma c'è anche meno accesso alla casa. Sì, questa è la grande questione assolutamente

anche questa tralasciata, ancora di più della questione del salario, almeno di salario minimo

negli ultimi tempi si è cominciato a parlare. Non c'è una politica abitativa in Italia,

da quando è sparito l'ecocanone, che nella preistoria del secolo scorso comunque non risolsa

tutti i problemi e non funzionò, però che comunque è stato marginalizzato, non ci sono

politiche abitative pubbliche. L'unico modo per uscire di casa per i più giovani è avere una

famiglia che assiste questo passaggio attraverso il finanziamento di affitti carissimi o dell'acquisto

della casa. Questo spiega anche perché nel nostro Paese 7 giovani su 10 vivono in casa con i

genitori. Nella media europea sono 5 su 10, insomma 1 su 2. Quindi siamo tra i Paesi europei

quello che ha più lunga permanenza in casa dei giovani. È praticamente impossibile per i più

giovani uscire di casa con stipendi così bassi e affitti così alti. Quindi questo movimento

finalmente soprattutto nelle grandi città mette in evidenza questo anche perché nei centri più

piccoli la soluzione familiare è spesso più apportata di mano. Quindi da questo punto di vista

io penso che paghiamo oltre agli effetti del mercato immobiliare che peggioreranno nel senso che

con l'inflazione e con il fatto che gli impieghi alternativi del risparmio non sono molto convenienti.

Di nuovo le case diventano un bene investimento invece le case sono soprattutto un bene di

consumo dovrebbero essere cioè sono quello che ci serve per vivere quindi ci sia ora che questo

movimento oltre a una rivedicazione specifica di una fascia di popolazione in alcune città diventi

uno spunto per capire che un Paese con la complessità della società italiana e con questi

squilibri generazionali con queste tendenze economiche non può non avere a livello dei

comuni delle regioni e dello stato un'idea sull'affrontare le questioni delle case invece

noi l'affrontiamo sempre e solamente per difendere i proprietari e soprattutto bisogna affrontare la

fascia dei più ambienti che magari possiedono diverse abitazioni e le tengono vuote oppure

le affittano a cannoni che sono impossibili da pagare per la popolazione normale. Il governo

Meloni ha appena provato nuove regole sul lavoro e ha introdotto tra l'altro la possibilità di

prorogare i contratti a tempo determinato. Che conseguenze avrà questo per i lavoratori più

giovani? Li aiuterà o li penaliserà? Io penso che li penaliserà come dicevo prima non è che

aver limitato per legge il ricorso al tempo determinato come avevano fatto i governi

precedenti di per sé aumentava le garanzie però andare di nuovo in una liberalizzazione

dei contratti a termine non è una misura che aumenta le tutele per i lavoratori più

deboli e in particolare per quelli più giovani. Lo stesso si può dire per un'altra misura che

era stata presa da questo governo qualche mese fa ossia un ritorno all'uso dei voucher anche

qui siamo sempre nella direzione di una maggiore flessibilità sul mercato del lavoro e voucher

si intendono i buoni con i quali si pagano alcune prestazioni lavorative senza dover formalizzare

un contratto. Inoltre sempre con questi nuove riforme il governo ha anche promesso di ridurre

ulteriormente il cuneo fiscale in misura non molto ingente però comunque anche qui incidendo

un po sul costo del lavoro. Si tratta di alcuni passi che vanno nella direzione i primi di una

maggiore flessibilità il secondo di comunque aiutare la riduzione del costo del lavoro che

è positivo però non affrontano il tema di cui stiamo parlando oggi il divario tra le generazioni per

affrontare il divario tra le generazioni servono delle politiche che vanno direttamente a tutelare

di più i nuovi entranti le loro organizzazioni, sostenere le loro rivendicazioni in caso di

paghe troppo basse e lo strumento principale per aiutare a sostenere le paga più basse è quello

dell'introduzione di un minimo legale sotto il quale non si possa andare. Grazie a Roberta

Carlini. Grazie a voi. Il disco della settimana è consigliato da Giovanni Anzaldo editor di

musica di internazionale. Billy Woods non è molto famoso ma è probabilmente uno dei

migliori rapper in circolazione. È un musicista molto schivo, non ha male situazioni affollate e

sul palco non da certo il meglio di sé eppure negli ultimi anni questo rapper di New York ha

registrato una serie di album bellissimi come Hiding Places e Etiops. Il 5 maggio è uscito il suo

nuovo disco, si intitola MAPS ed è stato realizzato insieme al produttore Kenny Seagol che è lo

stesso con il quale aveva fatto a Hiding Places. MAPS è ispirato al tour che Billy Woods ha fatto

l'anno scorso in Europa ed è caratterizzato da canzoni brevi che esprimono la frammentarietà

della vita nomale tra conti del ristorante e voli in classe economica. Non dovete aspettarvi la

solità celebrazione della vita in tour con tanto di elenco delle donne conquistate e delle bottiglie

di champagne stappate. Woods dipinge la realtà con crudo surrealismo, facitazioni colte evocando

Tony Moe a Rison e Matisse e tocca anche vette poetiche piuttosto alte. I passaggi in cui racconta

il disagio di essere un nero in mezzo agli hipster bianchi sono un saggio di cinismo, mentre la

produzione di Seagol fa sempre il suo dovere. MAPS è uno dei dischi più belli del 2023 e lo

ritroveremo probabilmente in molte classifiche di fine anno.

Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.

Il 9 maggio la polizia del Pakistan ha arrestato l’ex premier Imran Khan per corruzione, ma si pensa che la vera causa siano le sue critiche ai vertici militari. Tra il 1985 e il 2019 l’età media della forza lavoro in Italia è passata da 35,8 a 42,7 anni e il divario salariale è arrivato al 40 per cento.

Junko Terao, editor di Asia di Internazionale
Roberta Carlini, giornalista e ricercatrice dell’European university institute di Firenze

Video Khan: https://edition.cnn.com/2023/05/09/asia/imran-khan-arrest-intl/index.html
Video stipendi: https://www.youtube.com/watch?v=s34Mbo41fXY

Scrivi a podcast@internazionale.it o manda un vocale a +39 3347063050

Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.