Il Mondo: Il grano ucraino fa litigare l’Europa. Macron usa la violenza della polizia per fermare le proteste.

Internazionale Internazionale 4/19/23 - Episode Page - 23m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi Marcelli e questo

è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo del blocco delle importazioni di grano ugraino in Polonia, Ungheria e Slovakia

e delle violenze della Polizia Francese e poi di un articolo sull'immigrazione in Italia

e di un profilo Instagram.

È mercoledì 19 aprile 2023.

La Polizia Francese è una polizia di competenza esclusiva, che significa che è a livello europeo

dell'Unione Unione, che i decisioni possono essere ottenuti e è perché abbiamo detto che l'unilateral

attenzione non è possibile sotto la polizia europea.

C'è una sospensione di più dei prodotti e di tutti i prodotti, questo è qualcosa che

abbiamo proposto fino a l'anno e adesso abbiamo un'altra sospensione.

Attraverso la sua portavoce Miriam Garcia Ferrer, che avete appena sentito, la Commissione

europea ha duramente criticato la scelta unilaterale da parte di Polonia, Ungheria e Slovakia,

di vietare l'importazione di grano proveniente dall'Ucraina nei loro paesi.

I tre governi hanno ceduto alle proteste degli agricoltori, che hanno visto crollare il prezzo

del loro grano da quando con l'inizio dell'invasione russa, quell'Ucraina aveva cominciato a essere

importato dai paesi confinanti in grandissime quantità e con alcune condizioni agevolate.

In attesa che Bruxelles trova il modo di riprendere il controllo della situazione, ora ci si chiede

se questa spaccatura all'interno dell'Unione europea possa essere il primo segnale che

il fronte unito a favore di Kiev sta cominciando a vacillare.

Ne parliamo con Andre Pipino, editor d'Europa di Internazionale.

Dunque, partiamo dall'inizio.

Cioè, ricordando che l'Ucraina è uno dei più grandi produttori mondiali di grano

e di granaglie e che dopo l'inizio della guerra non è riuscita a esportare, come aveva fatto

per anni, la sua enorme produzione, che di solito arrivava anche a mercati molto lontani,

per esempio in nord africa, in medio oriente o in asia centrale.

Per risolvere questo problema, il problema dell'esportazione ukraine, che ha rischiato

a un certo punto addirittura di creare una crisi alimentare globale e per riaprire il

traffico dal mar nero, rompendo così il blocco navale russo, lo scorso luglio, nel 2022,

è stato raggiunto un accordo con Mosca, negoziato grazie all'intervento delle Nazioni Unite.

L'intesa però non ha risolto tutti i problemi dell'export ukraine, inoltre ultimamente la

Russia sta minacciando di non prorogarla oltre la scadenza del 18 maggio, che è ormai una

data prossima.

Il risultato è che tutti i prodotti agricoli rimasti negli silos ukraini a un certo punto

sono stati reindirizzati verso i mercati dei paesi confinanti, quindi soprattutto Polonia,

Ungheria, Romania e Slovakia.

Chi è esattamente che ha reindirizzato il grano ukraine verso questi paesi?

Dopo l'inizio della guerra è successo che l'Unione Europea ha consentito e favorito

l'esportazione del grano e dei cereali ukraini verso i paesi dell'UE, con cui tra l'altro

esiste un accordo di libero scambio ormai dal 2016.

I prodotti sono arrivati attraverso dei corridoi commerciali, come dire di solidarietà, senza

ovviamente pagare d'azzi o tarifio commerciali, in teoria quelle enormi quantità di granaglie

dovevano essere riesportate, ma alla fine, per diversi motivi, buona parte di quei cereali

ha rimasta nei mercati di quei paesi e ha fatto così crollare il prezzo del grano prodotto

localmente, cosa che poi a sua volta ha alimentato le proteste degli agricoltori e l'ha diventata

un problema politico per i governi in carica.

All'inizio di aprile, per esempio, si è dimesso il ministro polacco dell'agricoltura

Henrik Kowalczyk e pochi giorni dopo sono stati presi i primi provvedimenti restrittivi

in tal senso.

Il 15 aprile, Varsavia, ha sospeso le importazioni di grano ucraino, compreso quello in teoria

destinato ai paesi terzi, poche ore dopo l'ungheria ha fatto più o meno la stessa

cosa.

Il 17 aprile, anche la Slovakia ha bloccato il grano in arrivo dall'Ucraina, ma non il

suo transito nel paese, poi c'è stata anche la Bulgaria che ha introdotto dei controlli

sanitari addizionali e ha chiesto aiuti finanziari a Bruxelles, ricevendo già 50 milioni di

euro.

Anche la Romania sta valutando misure simili, per mesi la Romania aveva contribuito alla

riasportazione del grano ucraino attraverso soprattutto il porto di Costanza, ma ora

anche a buca resti il governo sta subendo le pressioni degli agricoltori e dei partiti

di opposizione.

Ora, se la Polonia e la Slovakia si sono già mosse in gran parte perché entrò l'anno

questi due paesi andranno alle urne per lezioni legislative e in entrambi i casi l'elettorato

rurale ha una grande importanza.

In Polonia in particolare forma lo zoccolo duro del sostegno a diritto giustizia, che

è il partito nazionalista e conservatore che ha il potere ormai dal 2015.

E l'Unione Europea come reagita a queste azioni unilaterali?

Allora, compressibilmente Bruxelles ha criticato le restrizioni imposte da Varsavia, Budapeste

e Bratislava e ha fatto notare che le politiche commerciali sono di sua competenza, però ha

chiesto anche chiarimenti sulle misure adottate per poter essere in grado di valutare attentamente

i provvedimenti e le contro misure ad adottare.

Anche altri paesi occidentali hanno criticato le mosse unilaterali di Polonia e Ungheria.

C'è addirittura chi ha parlato di un cambio di atteggiamento nei confronti dell'Ukraine

da parte di tutti i paesi dell'Europa ex-comunista.

In realtà però tra i paesi dell'Europa ex-comunista c'erano già delle posizioni diverse, no?

Sulla Ucraina.

In effetti è vero, in un certo senso una decisione come quella di bloccare le importazioni

Ucraine e non sorprende troppo quando arriva da un paese come Lungheria di Viktor Orban,

che dall'inizio della guerra ha sempre avuto un atteggiamento molto comprensivo verso

la Russia e in aperto contrasto con l'Unione Europea e gli altri paesi dell'area.

Però Lungheria in un certo senso è un caso assestante perché tutti gli altri paesi

coinvolti in questa piccola crisi sono sempre stati risolutamente dalla parte di Kiev.

Per questo la posizione polacca può essere in qualche modo sorprendente.

Tuttavia devo dire che secondo me è ingeneroso attaccare la Polonia sostenendo che da una

parte si spende per spingere l'Europa da aiutare i Kiev e dall'altra appena è toccata

dalle conseguenze pratiche della guerra corre a chiedere aiuto a Bruxelles.

In realtà finora la Polonia ha davvero fatto enormi sforzi per aiutare i proprio Ucraini

e schiespesa politicamente molto per sostenere la resistenza di Kiev.

Il punto è che il difetto sta probabilmente nel funzionamento del sistema degli approvvigionamenti

a livello molto più ampio.

Cioè può anche essere comprensibile che i paesi dell'Europa Centroidentale vogliano

evitare il dumping del grano ucraino.

Ma allo stesso tempo bisogna fare in modo che i prodotti ucraini possano transitare

in queste aree per raggiungere davvero i paesi che ne hanno bisogno dove servono.

Solo così io credo che si possano evitare nuove crisi politiche, aiutare l'economia

ucraina e garantire la sicurezza alimentare a livello globale.

Però non pensi che questa spaccatura del fronte europeo, seppure in riferimento al settore

specifico, possa invece essere il primo segnale che la coesione europea riguarda la guerra

in Ucraina comincia a vacillare?

Questa piccola crisi del grano è sicuramente un altro test per l'unità dei paesi europei,

per la loro capacità e soprattutto per la loro volontà di sostenere l'Ucraina.

In effetti c'è il discchio che un simile problema se non sarà affrontato appunto a

livello europeo e potrà alimentare un malcontento che a sua volta potrà poi essere cavalcato

e sfruttato politicamente da quei partiti populisti di vario tipo che, come abbiamo

visto negli ultimi tempi, poi tendono tutti a essere molto anti-europei e ad essere sempre

pronti ad avere un atteggiamento condiscendente nei confronti di mosca.

Per questo è essenziale che a certe decisioni vengono prese non in modo uniraterale ma

a livello comunitario, che siano condivise e ragionate.

Poi ci sono anche altre leve, ovviamente con cui l'Europa può agire, per esempio le

compensazioni nel denaro previste dalla politica economica agricola.

Nell'ultimo anno più volte era stata prevista una spaccatura europea sull'appoggio a Kiev.

Si era detto che gli interessi nazionali avrebbero presto, prevalso, su una comune politica europea.

Lo si era detto sia rispetto alla questione delle importazioni di gas dalla Russia e sia

per quanto riguarda le forniture di armi invece a Kiev.

Alla fine una strategia monetaria condivisa a livello europeo è stata trovata e arretto.

Io credo che con l'eccezione di un paese che ha deciso di seguire una strada tutta

propria in questa vicenda, che è lungheria, molto probabilmente anche stavolta le cose

andranno in lo stesso modo.

Grazie d'Andrea Pipino.

Grazie a voi.

Annalisa Camilli racconta un articolo che è scritto per il sito di Internazionale.

In Italia nell'ultima settimana sono avvenuti fatti importanti per quanto riguarda l'immigrazione.

Prima è stato dichiarato lo Stato di Emergenza per sei mesi a causa dell'arrivo Via Mare

di 32.769 persone.

Poi la maggioranza ha deciso di appoggiare la proposta della Lega di tornare ai decreti

Salvini del 2018-2019, presentando un emendamento al cosiddetto Decreto Cutro in discussione

al Senato dal 18 aprile.

L'emendamento prevede una stretta alla protezione speciale, con delle restrizioni ai permessi

di soggiorno per calamità e per cure mediche.

Inoltre, permessi per protezione speciale non saranno più convertibili in permessi di

soggiorno per motivi di lavoro.

Infine, è prevista una marcha indietro anche sull'accoglienza.

Come era previsto dai decreti Salvini nel 2018, i richiedenti asilo non saranno più

ospitati nel sistema di accoglienza ordinario, che sarà riservato invece solo a chi ha

già ottenuto lo status di rifugiato.

Nell'articolo racconto come, se dovesse passare, la riforma sarebbe una vera e propria rivoluzione,

che rischia di smantellare definitivamente quello che resta del sistema di asilo e d'accoglienza

italiano.

E per questo le associazioni che si occupano di migrazione hanno convocato protesti e

settin.

Ma i più grossi oppositori alla riforma sono i sindaci e gli amministratori locali, che

temono una nuova gestione prefettizia e straordinaria dei migranti, che anche in passato è avvenuta

senza nessuna attenzione per gli equilibri dei territori.

Quello che avete ascoltato è un'estratte di una registrazione fatta di nascosto il 24

marzo, in una strada del testo a rondisman di Parigi, dopo una manifestazione contro

la riforma delle pensioni.

Un poliziato si rivolge a una persona che è stata fermata.

Abbiamo già una tua foto, prova a farvi vedere per strada le prossime manifestazioni.

E poi, la prossima volta non ti facciamo salire sulla camionetta per andare alla stazione

di pulizia, ma su un'altra cosa che si chiama ambulanza.

Seguono minacce, intimidazioni e insulti razzisti a un ragazzo sciadiano a cui viene chiesto

di mostrare il permesso di soggiorno.

Difusa alla fine di marzo sul sito d'informazione Loopsider e ripresa dai mezzi di informazione

francesi da registrazione a ripeto il dibattito sulla violenza della polizia in Francia, alimentato

anche dalla pubblicazione sui social network di video che mostrano le forze dell'ordine

in azione contro i manifestanti con cariche, manganelli e arresti arbitrari.

Da settimana i francesi scendono in piazza per protestare contro la riforma delle pensioni

volute dal Presidente Emmanuel Macron, che ha alzato l'età del pensionamento da 62

a 64 anni.

Nel suo discorso in TV il 17 aprile, il primo dopo l'approvazione della riforma, il Presidente

ha detto di non essere sordo alla rabbia dei francesi.

Ne parliamo con Stefano Palombarini, che insegna economia politica all'Università di Parigi

8 e fa parte di un gruppo di economisti vicine alla Nupès, la coalizione di partiti di sinistra

ed ecologisti francesi.

Parliamo di un uso della polizia che è stato sperimentato già all'epoca del mandato

Hollande contro le protesti per una legge che si chiama la Legge del Comri, che poi si è

sviluppato con forza sotto Macron all'epoca dei gilets jaunes.

È un uso della polizia che non tiene nessun conto la libertà di manifestare, al contrario.

E per dare un esempio di come viene usata la polizia c'è una tecnica che chiamano la

tecnica de la NAS, che consiste a isolare dei gruppi di manifestanti circondandoli con

un cordone di polizioti e tenere blocati su posto.

Per ora e poi molti di questi che vengono blocati finiscono in fermo di polizia, ci sono stati

in queste giornate le azioni centinaia e centinaia di fermi che implicano che questa gente si

fa 24-48 ore al posto di polizia e poi praticamente tutti finiscono senza nessun tipo di accuse.

I rarissimi che vengono accusati di qualcosa sono accusati di insubordinazione alla forza

pubblica, ma insomma niente.

E poi ci sono anche violenze fisiche.

Dall'epoca dei gilets jaunes c'è un'arma che si chiama LBD che lancia delle palle di

plastica, ma la lancia è fortissima, ci sono stati tantissime persone che hanno perso un

occhio.

La causa di questo c'è un uso dei lacrimogeni sconsiderato, c'è un uso molto importante

dei manganelli, poi ci sono proprio episodi di intimidazione aperta, posso dire una cosa

su questo ragazzo, su dei manchi avete fatto sentire registrato agginizio, si sa che è

stato avvicinato da tre persone che gli hanno proposto dopo essere stato rilasciato, che

gli hanno proposto di andare insieme a loro a incendiare delle cose durante una manifestazione,

cose che lui ha rifiutato, si è scoperto che queste tre persone erano tre agenti della

polizia e si è fatta incriminare per tentato incendio, per fortuna c'erano delle telecamere

di sorvegliazza che dimostrano per una provocazione di tre poliziotti, per vendicarsi delle registrazioni

che avete fatto sentire, il clima è questo.

I poliziotti che abbiamo sentito appunto nella registrazione fanno parte di un'unità

speciale della polizia, di cosa si tratta?

Questa unità speciale si chiama le BRAV-M che sta per brigata di repressione della

registrazione violenta e quella M per motorizzata, perché sono dei corpi di polizia su motocicchietta,

sono due poliziotti, uno che guida e un'altro in tenuta anti-sommosa, riprende una vecchia

organizzazione di un corpo che si chiamava Voltiger, che era stato creato nel 1969 in

seguito ai moti di piazza del 68, che aveva una pessima riputazione, perché è ovviamente

un poliziotto che arriva lanciato in motocicchietta con un altro dietro che manganela, non è che

può prendere tanto la mira e decidere prima su chi manganela, questo corpo poi era stato

sciolto nel 1986 a seguito di un episodio gravissimo che aveva visto da morte di un

ragazzo, Malikusekina, è stato sciolto dal ministro all'interno nel 1986, è stato ricreato

con un altro nome, BRAV-M, nel 2019 proprio in seguito al movimento dei gilajoni.

De BRAV-M sono appunto spesso chiamate in causa quando ci sono degli abusi da parte

delle forze dell'ordine, quindi sono loro il problema?

Sono un aspetto del problema, forse più visibile, il vero problema è l'organizzazione d'insieme

della polizia e il tipo di ordini politici che vengono trasmessi per capire che il problema

non sono le BRAV-M, basta pensare al fatto che le inchieste che vengono fatte, perché

a volte è chiarissimo che si sono dei delitti commessi da questi poliziotti, finiscono tutti

in un uomo di fatto, all'epoca dei gilajoni c'era stata una serie di violenze terribili,

nessun poliziotto è stato condannato appena di prigione o amute, le condanne più alte

sono state a sospensioni dal servizio per qualche mese, queste violenze poliziesche sono

coperte dalla jerarchia che a sua volta esegue degli ordini che vengono dal potere politico,

c'è stata una prefetta che è espresso pubblicamente delle critiche su questo tipo di uso della polizia

e per un talentimministro degli interni l'ha obbligata a dimettersi e adesso è senza funzione,

cioè pur essendo sempre formamento una prefetta non lavora, non gli è stato assegnato

nessun nuovo ruolo. Il Presidente Macron ha provato questa

riforma tirando dritto, nonostante l'opposizione parlamentare, le manifestazioni imponenti con

folle che non si vedevano da decenni, con i sondaggi che erano conto di lui, con un

paese bloccato dagli scioperi, il governo come risponde alle accuse e c'è un legame

tra questo atteggiamento e le violenze della polizia?

C'è un legame molto chiaro nel senso che il governo ha fratto passare per che ormai

è stata commogato una riforma che ha contro la grandissima parte dell'opinione pubblica

90 per cento della popolazione attiva secondo i sondaggi che non ha maggioranza in parlamento,

la maggioranza era conto alla riforma ed è stata approvata grazie a un articolo della

costituzione francese che permette al governo di far passare una legge anche senza maggioranza,

a conto tutte le organizzazioni sindacari rappresentativi alle rivelle nazionali, 10 su 10, tra queste

10 ci sono anche delle organizzazioni molto moderate, c'è anche il sindacato dei quadri

dirigenti.

In questa situazione la possibilità di cercare un compromesso cambiando la legge, un compromesso

magari solo con i sindacati più moderati o con la destra parlamentare, questa possibilità

è stata lasciata cadere da Macron che ha voluto portare fin in fondo la riforma come

aveva pensato a lui, quindi l'unica risposta possibile alle proteste una volta che si scusa

si è ritiro della riforma che è la ricerca di compromessi con le forze associative, sindacali

e politiche, l'unica risposta che resta è la risposta repressiva, in questo uso della

violenza, al di là della repressione di chi manifesta, c'è sicuramente un obiettivo più

fondamentale che è spermentare la gente, quindi anche se la gente contro la riforma

vedendo che andando in piazza si rischiano le botte, probabilmente molta gente già lo

fa di restare a casa, comunque l'obiettivo del governo è scoraggiare i potenziari manifestanti

e poter dire che l'opposizione alla riforma ha perso vigore.

Questa risposta repressiva è stata denunciata ad Amnesty International dalla Commissione

per i diritti umani del Consiglio d'Europa, c'è stato anche un richiamo del relatore

speciale delle Nazioni Unite per la libertà di associazione, ma sono arrivate accusi e

pesanti anche dall'interno, dalle stesse istituzioni francesi, in particolare dalla

difensora dei diritti, dalla Commissione Nazionale su diritti umani e poi anche i grandi mezzi

di informazione sono stati abbastanza critici, il quotidiano Le Monde ha pubblicato delle

inchieste, tutto questo è una novità?

È una novità relativa, intanto i grandi mezzi di informazione hanno una posizione vagamente

critica non del tutto, ad esempio i grandi televisioni importanti che sono tutte controllati

da 3 miliardari in Francia, propongono in maniera sistematica la versione della polizia e del

prefetto, è come versione reale, danno un po' di spazio anche alle critiche, il che

è effettivamente nuovo per due ragioni, la prima è che queste violenze poliziesche

sono una cosa purtroppo abituale in Francia, nelle periferie urbane, che sfuggono un

po' all'interesse mediattico, quello che è cambiato è che queste pratiche violente

che sono antiche oramai, nelle periferie urbane si sono spostate nei centricità e

quindi diventano più visibili e toccano anche quartieri meno disagiati di quelle delle

periferie urbane e poi l'altra novità relativa, perché oramai è qualche anno,

queste violenze sono attestate da una quantità enorme di video e manifestanti oramai sono

tutti abituati quando vedono che succede qualcosa di genere a tirare fuori il telefonino,

a filmare e quindi di fronte alla quantità di immagini, di testimoneanze irrefutabili

perché quando c'è il video della violenza si fa fatica dire che non c'è stata violenza,

i media sono in qualche modo obbligati a prendere in conto, globalmente però resta

un paesaggio mediatico quello dei grandi media favorevole al potere di Macron.

Per ora le manifestazioni continuano e le violenze anche, come andrà a finire secondo

te?

Lo scenario su cui scommette i governi, quello che c'è delle manifestazioni che perdono

di vigore, sempre in questa prospettiva Macron ha promulgato la legge a grandissima

velocità, aveva due settimane per promulgare dopo che era stata convalidata dal Consiglio

Costituzionale e la promulgata la sera stessa per poter dire che è una cosa che oramai

è dietro le spalle, quindi bisogna continuare.

In realtà credo che questo episodio lascerà un segno profondissimo nei rapporti tra

la popolazione e il presidente, tra i sindacati e il presidente, tra le forze politiche e

il presidente, il quale presidente Macron ha davanti, in teoria, quattro anni ancora.

Per finire il secondo mandato mi pare molto difficile pensare che questi quattro anni

gli permetteranno di governare come si immagina, girando una pagina come se non fosse successo

niente, credo che invece che il segno, i segni che lascerà questo episodio saranno molto

profondi e renderanno difficile per Macron continuare a governare come immagina lui.

Grazie Stefano Palombarini.

Grazie a voi.

Catrin Corne, giornalista che colabora con Internazionale, consiglia un profilo Instagram.

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I governi di Polonia, Ungheria e Slovacchia hanno bloccato in modo unilaterale le importazioni del grano ucraino. La diffusione di video e audio che testimoniano gli abusi delle forze dell’ordine ha riaperto il dibattito sulla violenza della polizia in Francia.

Andrea Pipino, editor di Europa di Internazionale
Stefano Palombarini, economista dell'università di Parigi 8

Video grano: https://www.euronews.com/my-europe/2023/04/17/not-acceptable-eu-decries-bans-on-ukrainian-grain-imports-imposed-by-poland-and-hungary
Audio polizia: https://www.youtube.com/watch?v=Q2It2z6taRY

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.