Il Mondo: I viaggi di Paolo Giordano, parte 5
Internazionale 8/25/23 - Episode Page - 13m - PDF Transcript
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Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli, io sono Giulia Zoli
e questa è la serie stiva del mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.
Questa settimana analisa Camilli, giornalista di Internazionale, intervista lo scrittore
Paolo Giordano.
È venerdì 25 agosto 2023.
Paolo Giordano è uno scrittore italiano.
A 40 anni è un dottorato in fisica.
Il suo ultimo romance è Tasmania, pubblicato dai Naudy nel 2022.
Nell'episodio di oggi parla di Islanda, paternità e erei.
L'ultima scena di Divorare il Cello è il tuo penultimo romance ambientato in Islanda.
Ci puoi raccontare che rappresenta per te l'Islanda.
Per tanti anni l'Islanda è stato il viaggio dei miei sogni.
Finché a un certo punto ci sono andato, poi ci sono tornato altre due volte.
Ne ero affascinato da bambino per la posizione geografica così a nord, così sganciata.
E perché nell'immaginario l'Islanda è un paradiso naturale,
un luogo di natura quasi incontaminata.
E effettivamente l'impatto con la natura in Islanda è un impatto che difficilmente si trova altrove.
Quello che trovo però è interessante il motivo per cui poi è al fondo di quel libro
che Divorare il Cello che è una riflessione sulla nostra idea di natura in parte.
E che questa natura che a noi sembra così incontaminata in realtà è una delle nature più
antropizzate e più trasformate che ci siano.
L'Islanda è stata completamente disboscata e quindi oggi ci appare così brulla lunare
anche per l'azione dell'uomo.
E questo riguarda ormai gran parte del mondo anche bello e naturale che noi andiamo a cercare.
C'è il turismo dei parchi naturali in Africa in cui andiamo a cercare gli animali selvaggi,
le bestie ferroci in libertà.
E quei parchi in realtà sono severamente regolati, le specie vengono contate, tenute d'occhio,
si praticano agli incendi controllati per garantire la possibilità di vedere gli animali.
Ecco questa nostra illusione della natura primigenia.
È qualcosa che porta in realtà a un rapporto molto mistificato con la realtà.
Ed è qualcosa che continua ad affascinarmi e fonti di molti malintesi.
È una cosa su cui ho riflettuto di recente che in questo, conoscere, cioè sapere di più
approfondire la conoscenza di che cos'è la natura in realtà da un certo punto in avanti
più che una fonte di meraviglia diventa una fonte di perdita, di meraviglia.
Mi è capitato di fare una passeggiata con un climatologo in un cerdino della sua università.
E a un certo punto lui mi ha indicato una pianta e mi ha detto, sai cos'è questa, no?
Io non distinguo molto le piante e lui mi ha detto, ma questo è l'ailanto, lo vedrai
dappertutto in continuazione e mi ha spiegato dell'invasività della pianta in autoctona.
Da quel giorno io vedo l'ailanto ovunque.
Lo riconosco ovunque e le riconosco alla carica invasiva.
Ecco, quando qualcuno ti dà uno strumento in più per guardare la natura e distinguerla
in modo più approfondito, purtroppo molto spesso questo non è quivale a vederne la
meraviglia, ma a vederne quanti aspetti in realtà sono stati trasformati o contaminati
o sono a rischio e questo è un tema dell'oggi, dell'umano e del naturale.
Indivorare il cielo, Teresa e Berni, i protagonisti vanno a Kiev in Ucraina per avere un figlio
con la fecondazione eterologa, il libro è stato scritto prima che la guerra scoppiasse
naturalmente.
Nel romanzo c'è questo viaggio addirittura in un altro paese per provare a diventare
genitori.
Racconti questo viaggio per accedere a delle tecniche riproduttive da una prospettiva
maschile, questo io lo trovo molto interessante perché di solito la maternità, la sua mistica,
le sofferenze che genera sono raccontate dalle donne, dalle scrittrici e invece tu
provi in maniera molto delicata e originale ad aprire questa riflessione sulla paternità,
sul desiderio di diventare padre, ma anche su una mancata paternità.
Ti va di parlarciene?
Strettamente legato in realtà a quello che dicevamo sulla natura, no?
Naturale e artificiale, sono due categorie con le quali in continuazione cerchiamo di
distinguere soprattutto negli ultimi mesi di nuovo ciò che genitorialità accettabile,
ciò che non lo è.
Il principio naturale in biologia sembra essere la garanzia di qualcosa di legittimo, no?
Tendiamo a ragionare così, tendiamo naturalmente a ragionare così, lo facciamo in tantissimi
ambiti, siamo colmi di questa mistica di ciò che è naturale come è giusto, senza
renderci conto di quanti paradossi questo crea, viviamo tutti ancora divisi dall'idea
che curarsi in modo naturale sia in principio meglio che farli in modo artificiale senza
pensare che il motivo per cui una delle cose che invece abbiamo strappato alla natura
è una spettativa di vita doppia rispetto a pochi secoli fa, in realtà è molto il
risolto nel nostro presente questo rapporto naturale e artificiale e in tutto ciò che
è procreazione questo viene amplificato e caricato ovviamente anche di connotazioni
più religiose, tradizionali, moralistiche.
Io credo che in questo caso sia sempre interessante guardare a ciò che esiste ed esiste ad esempio
un, non lo chiamerei turismo, lo chiamerei più una migrazione obbligata delle coppie
alla ricerca di genitorialità, esiste da decenni, quindi per decenni c'è stata una migrazione
anche italiana alla ricerca di possibilità di genitorialità altrove, nel dibatti tutto
questo spesso viene soffocato confondendo anche pratiche che sono molto diverse nella
loro azione, cioè nella loro base scientifica e quindi sono molto diverse anche nelle loro
implicazioni etiche e il risultato di questo è che il percorso che per moltissime coppie
è accidentato alla ricerca di un figlio, di una figlia di una genitorialità di qualche
tipo diventa spesso un percorso di solitudine, di clandestinità o semilandestinità, di vergogna,
tutte cose che in una civiltà avanzata dovrebbero essere invece agevolate, portate alla luce
in cui le persone dovrebbero essere aiutate, strano mettere le due cose insieme ma in realtà
per me lo sono davvero uno specchio dell'altra e in modo strano la stessa cosa che capita
con il diritto all'aborto, ogni volta che si fanno delle azioni per rendere un po'
meno in luce la possibilità del diritto all'aborto in realtà si sta relegando un certo tipo
di percorsi nella solitudine, nella clandestinità, nella sofferenza e queste due cose, la ricerca
di genitorialità e l'interruzione di gravidanza, vengono sempre minacciate negli stessi momenti.
L'Island è anche uno dei paesi con più turisti rispetto alla popolazione locale,
questo turismo di massa ovviamente ha delle conseguenze anche sull'ambiente, su un ambiente
così delicato, nel romanzo Tasmania a Lorenza la moglie del protagonista rimprovere il marito
perché non si gode la vacanza in un resort e pensa di continuo all'impronte ecologica
di quell'oro viaggio, è questo quello che di solito viene improverato agli ambientalisti
di essere catastrofici, troppo catastrofici.
Quanto peso hanno secondo te questi comportamenti individuali rispetto al quadro generale della
crisi climatica e come si fa a viaggiare e a godersi il viaggio senza però ignorare
l'impatto che questo ha sulla crisi climatica?
Io negli ultimi anni soprattutto in paesi come Olanda, Belgio, Francia, persone che conosco
lì, ho incontrato diversi giovani ma anche non giovani che hanno fatto scelte alimentari
precise ma hanno fatto anche scelte riguardo ai viaggi, molti non prendono più gli aerei,
o non prendono più gli aerei per scopi ricreativi ed è un comportamento assolutamente conseguenziale,
c'è questo libro che ho letto di recente che si chiama How Bad Are Bananas, che è un
manuale in cui viene stimata l'impronta carbonica di una quantità di azioni che facciamo nel
quotidiano dal mandare una mail a viaggiare e non c'è dubbio che i viaggi aerei siano
quelli che nella nostra vita hanno l'impatto maggiore, nel senso che sono ordini di grandezza
più impattanti di qualunque altre attività possiamo fare. Al tempo stesso io sono della
generazione che ha goduto dello splendore per così dire dei voli low cost, della possibilità
dell'Europa, dei confini più permeabili, si concigliano molto male queste due cose e si
concigliano molto male nella mia vita nel senso che nel quotidiano sono un radicale della raccolta
differenziata, del cercare di usare poco la macchina, dell'avere comportamenti ambientalmente
corretti, prendo una quantità di aerei imbarazzanti, quindi in realtà io sono un forte mettitore e non
so come conciliare questi due aspetti. Ho sempre pensato che oltre alla necessità di vivere un
po' nella contraddizione, che in questo momento sia necessario anche un po' demoralizzare la
questione climatica, che il passo successivo che forse ci viene chiesto come maturazione è quello
di smettere, di parlare della casa in fiamme, dell'estinzione della specie umana, dell'apocalisse
dopo domani, della terra invivibile, pur sapendo che molte di queste cose sono vere e fondate,
ma di passare a chiederci qual è il modello in cui noi possiamo conciliare la vita che conosciamo,
che ci piace fare, che è fatta anche di molto viaggio, di molti spostamenti, con una compensazione
ambientale e complesso, ma è un modo possibile di porre la questione. Io rifiuto questo dall'inizio
un po' la eccessiva responsabilizzazione del singolo, anche perché mi sembra che anche nel
cumulativo delle azioni individuali in realtà ci sia troppo scarto rispetto al livello di
rinuncia e a quello che uno può ottenere in questo senso. Cioè un conto è il cambio di
mentalità che tutti dobbiamo fare e passa anche per imparare cos'è la crisi climatica. Un altro
conto è pensare secondo me che decidere non prendere più air nella vita sia il modo di
risolvere il problema, mi sembra più il modo di risolvere un problema di coscienza.
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Islanda, paternità, aerei. Annalisa Camilli intervista lo scrittore Paolo Giordano.
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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.