Il Mondo: I viaggi di Alice Rohrwacher, parte 2

Internazionale Internazionale 8/1/23 - Episode Page - 14m - PDF Transcript

In Edicola c'è un numero speciale di internazionale, viaggio.

164 pagine di reportage, racconti di viaggi e immagini dei quattro angoli del pianeta.

Dalla redazione di internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli.

Io sono Giulia Zoli e questa è la serie stiva del mondo, il podcast quotidiano di internazionale.

Questa settimana Valentina Pigmay, giornalista e consulente dittoriale,

intervista la regista Alicia Rovaker sul tema del viaggio.

È martedì 1 agosto 2023.

Alicia Rovaker ha 41 anni ed è una delle più importanti registe italiane.

Il suo ultimo film è Chimera, presentato al Festival di Cannes che uscirà ottobre.

Nell'episodio di oggi parla di radici, proprietà privata e di un funerale.

La tua vita quindi è molto legata alla terra e a volte questo ti impedisce tape di andare in vacanza.

Però non credo che tu scambieresti la tua vita con una vita diversa e cittadina.

In tutti i casi, forse coltivare la terra o comunque vivere il legame con la terra è un po' al contrario dell'andare in giro.

Tuttavia penso che abbiamo più che mai oggi bisogno di radici, sei d'accordo?

Sì, abbiamo tutti bisogno di radici, forse tutti abbiamo delle radici.

Però non dobbiamo dimenticarci che le radici sono qualcosa di elastico, qualcosa in evoluzione,

qualcosa che muta, che cambia, che trova degli ostacoli, che va a cercare altre risorse, altre sorgenti.

Spesso si fa riferimento alle radici come qualcosa di mummificato, di fossile, delle radici morte.

Anzi le radici diventano quasi uno stendardo, le nostre radici le dobbiamo proteggere, le dobbiamo salvaguardare,

ma quelli sono radici morte perché le radici sono vive, cambiano, si evolvono, si trasformano a seconda desa,

a seconda delle altre piante che incontrano, sanno comunicare.

Ormai ci sono tanti studi che raccontano di come possono passare dei segnali tra una e l'altra pianta

sotterraneamente senza farsi vedere.

Quindi quando penso alle radici penso a qualcosa di mobile, strano, no?

Perché in genere diciamo alla radice una cosa fissa, invece io penso sempre a qualcosa che viaggia quando penso alla radice.

Forse dobbiamo un po' rivedere tutto il concetto di stanzialità.

Forse ci farebbe bene fare un passo indietro e ricordarci che abitiamo in un paese dove si è sempre arrivati,

tra l'altro proprio arrivare vuol dire raggiungere la riva, bisogna raggiungere la riva.

Viviamo in un paese dove nessuno è autoctono, dove abbiamo mille sangue intrecciati di tutto il mondo,

di tutto il Mediterraneo e che noi che adesso abitiamo qui siamo solamente gli ultimi,

l'ultima evoluzione diciamo di una trasformazione, di un cambiamento e quindi non esistono radici fisse,

ma solo radici mobili, radici che si intrecciano, sono una rete.

Io mi ricordo che molti anni fa a scuola, cioè forse il primo anno di università quando studiavo l'indo europeo,

si studia adesso le varie tessi, c'era questa tessi nell'onda di avanzamento,

perché per tanto tempo si è studiato l'arrivo delle popolazioni indo europee a cavallo,

l'improvviso sono arrivate, hanno colonizzato, hanno distrutto tutto, hanno insegnato la lingua,

hanno insegnato un sacco di cose, dall'in noi arriviamo, ma forse è stato un viaggio impercettibile,

perché magari è stato un viaggio che è avvenuto con un'onda di avanzamento in un tempo così lungo,

per cui magari uno andava a vivere a venti chilometri e portava una parola, poi i suoi figli andavano venti chilometri più là,

poi magari si faceva un spostamento di poche centinaia di metri e piano piano hanno queste parole,

questi suoni hanno attraversato il mondo.

A un certo punto progettai addirittura di fare un viaggio, di offrire la mia vita all'onda di avanzamento,

di sì, vorrei fare il giro della terra senza accorgermene,

non trasferendomi, metti ogni tot di mesi di 10 chilometri e quindi mantenere un po' dei vicini di prima,

intanto fare dei vicini nuovi, poi dopo però spostarmi un altro po' e piano piano senza accorgersene fare il giro del mondo.

Non l'ho fatto e credo che erano dei deliri della giovinezza.

Però quando penso alle radisi penso a una rete che ci tiene tutti.

La rete è quella del circo, la rete è quella che è sotto di noi, che non ci fa cadere,

non è una gabbia, non è una voliera, non è sopra di noi questa rete, è sotto di noi e ci fa buttare da questo trapezio con meno paura.

Da sempre, dalla notte dei tempi si lotta per possedere la terra,

ma invece mentre il cielo e l'oceano non si comprono, non si vendono, la terra invece sì,

gli indiani d'America dicevano che questo non era possibile.

A chi appartiene la terra, Alice?

La frase storica è la terra a chi la lavora.

Ora, in questo momento storico, io mi sento di dire che bisognerebbe dire la terra a chi la lavora e la abita.

Perché, forse proprio perché abito in provincia, so che purtroppo la maggior parte della terra non ha possiede chi la abita.

Se guardiamo le campagne passando in treno, dal finestrino sono vuote, sono popolate solo da imprenditori agricoli solitari,

che con dei grossi trattori l'aria condizionata e la musica coltivano e spruzzano pesticidi su grandi estensioni e non ci abitano.

Sicuramente se la terra, innanzitutto, fosse di chi la abita e quando parlo di abitare penso a i pochi esseri umani,

ma anche agli animali e alle piante che la abitano.

Quindi chi abita in un territorio non è che deve essere originario di quel territorio,

può arrivare da ovunque, come abbiamo detto prima,

ma sa cosa è meglio, conosce quello che può essere meglio per quel territorio,

su come sviluppare le risorse di quel territorio, visto che si parla sempre di queste risorse.

Anche l'insegnante di mia figlia ha detto, sua figlia non utilizza tutte le sue risorse

e io avrei voluto risponderle, ma abbiamo detto che non vanno sfruttate tutte le risorse,

che bisogna un po' tenerseli da parte.

Quindi credo che da una parte la terra debba essere di chi veramente la abita

e poi forse non dico che bisogna bollire la proprietà privata,

perché lo posso anche pensare, lo posso anche sognare,

so che la nostra identità attuale si basta sulla proprietà privata,

che è la cosa meglio amministrata da un punto di vista giuritico, meglio difesa,

anche la proprietà privata dell'arte, nelle idee, nel mio lavoro, il lavoro culturale,

è come dire un grande valuardo.

Però forse se non si può bollire la proprietà privata,

almeno forse fare un passo indietro e avere un'ironia,

è privata da quanto è privata?

E poi è privata di che?

Se è privata è priva di qualcosa, c'è qualcosa che le manca.

Quindi forse parlare di questa parola proprietà privata,

io sotto vorrei proprio scrivere con lo spray, sotto tutti questi cartelli,

proprietà privata per scrivere, di che?

Parliamo invece adesso di agricoltura,

dato che anche se non sei proprio una contadina,

comunque hai sicuramente questa visione diretta della terra.

Nel 2020 hai girato un film, un piccolo film, un cortometraggio,

che si intita la umelia contadina.

Non voglio raccontarlo troppo,

sostanzialmente in questo piccolo film si celebra il funerale dell'agricoltura.

Puoi dirci di più?

Mi viene in mente, su questo tema, un libro bellissimo,

si chiama Qui, Here, di Richard McGuire.

È un'inquadratura di un salotto e piano a piano si scompone e viaggia nel tempo,

nel senso che noi vediamo la stessa inquadratura attraverso le epoche.

Quindi vediamo sia la casa che cambia nel tempo,

un po' come la prima inquadratura mi sembra negli anni 50,

quindi poi la vediamo come viene trasformato.

Si vede un cammino, si vede un divano,

in quella stanza tutto quello che accade in quella stanza negli anni dell'umano.

Ma a un certo punto lui va in altre aree storiche, nella pre-storia,

quindi è come se lui avesse un'unica inquadratura,

ma questa inquadratura possa viaggiare nel tempo, in un unico posto.

A un certo punto risulta evidente che anche questo salotto,

se paragonato al grande viaggio, non solo dell'umanità, ma del pianeta,

è una cosa così piccola e ridicola,

è solo un piccolo momento della storia di un pianeta,

in quello stesso luogo si sono incontrate di nosaur,

si sono state esplosioni, c'è stata una palude,

poi si è tagliato un bosco, poi a un certo punto qualcuno ha fatto una casa,

poi questa casa è crollata, poi è stata ricostruita,

ma chissà che succederà.

Forse è un libro importante per chi amministra la proprietà privata,

perché si deve ricordare che è veramente privata, ma provvisoriamente privata.

Per ritornare alla tua domanda, nel 2020, prima dell'epidemia,

che ha coinvolto tutto il pianeta, insieme a un'artista, Jayar,

abbiamo desiderato fare qualcosa contro uno dei cambiamenti più importanti,

a cui io ho assistito nella mia vita,

però ascoltando i racconti anche, almeno nelle vite delle ultime due o tre generazioni.

C'è una trasformazione fondamentale della campagna,

come dicevamo prima, da luogo lavorato da chi lo abita e quindi gestito da chi lo abita,

da luogo da cui estrarre delle risorse, dei soldi.

Quindi c'è stata una dilagazione imporvisa di grandi monoculture intensive

nella nostra regione, soprattutto di noccioletti intensivi per l'industria dolciaria.

Però la stessa cosa si può dire delle grandi speculazioni energetiche che vengono fatte.

Tutte speculazioni che vedono nella terra,

appunto una specie di cava da cui dove metto delle cose le trasformo in soldi,

non un ecosistema.

E quindi con i miei vicini di casa, con i contadini,

ancora che attraverso storie diverse abitano quel territorio,

chi c'è sempre stato da generazioni, chi è arrivato 40 anni fa,

chi è arrivato 5 anni fa,

quindi diciamo diverse incarnazioni anche dell'idea di appartenenza.

Abbiamo girato una sorta di funerale,

chiaramente per avere anche uno sguardo un po' ironico,

e usare proprio un stratagemma tipico della cultura italiana.

No, si fa il funerale al carnevale, si fa il funerale,

cioè in tanti momenti anche di crisi,

il popolo italiano ha fatto un funerale ironico di un'istituzione.

Abbiamo deciso di fare un funerale, è su YouTube,

abbiamo deciso di metterlo su YouTube, sul pagina YouTube della cineteca di Bologna,

e di affidare a questi contadini un testo che ci sembra un manifesto importante

per tutto ciò che sta avvenendo al di fuori delle città.

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L'appuntamento con la serie estiva del mondo è domattina alle 6.30.

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Le radici, la proprietà privata, un funerale. Valentina Pigmei intervista la regista Alice Rohrwacher.

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
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Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
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