Il Mondo: È cominciato il mese del pride e in Italia ci sono i soliti problemi. Lo scontro tra Polonia e Unione europea non è solo sulla giustizia

Internazionale Internazionale 6/7/23 - Episode Page - 24m - PDF Transcript

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Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli.

Io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo delle parate del Pride e delle nuove tensioni tra Polonia e Unione Europea

e poi delle insegne luminose di Hong Kong e di una serie di Bu.

È mercoledì 7 giugno 2023.

Ma la grande cosa è che questo è il primo marge, il primo marge.

Io credo che eravamo dimenticati di andare all'Av. 6 e pensiamo all'interno della strada, ma andiamo.

E il crowd era interessante, eravamo i giovani giovani giovani.

Non eravamo solo tirando foto, eravamo dicendo che questo è incredibile, che stai facendo.

Questo è incredibile.

Mi sento felice.

E mi sento tipo...

Oh wow, stiamo davvero facendo qualcosa.

Guarda, stiamo margando.

Sempre avevamo margato per tutti gli altri, contro la guerra, contro questo, contro questo.

Ora stiamo margando per noi.

Non sapevo come fare, se fosse solo così, era sufficiente a questo punto.

Perché stiamo margando.

Come dimostra la decisione della regione Lazio di ritirare il patrocino al Pride di Roma che si terrà questo sabato?

Parliamo quindi del Pride della sua storia con Alberto Miletti, giornalista di Internazionale.

Giugno è il mese del Pride.

La prima volta che è stata usata questa espressione è stata nel 1999,

quando il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton decide di istituzionalizzare le celebrazioni

che avvenivano ormai da molti anni negli Stati Uniti

per affermare i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer.

Tra altre manifestazioni che avvenivano ormai da molti anni non solo negli Stati Uniti,

ma anche in molte altre parti del mondo.

In Italia, da una decina di anni, nel mese del Pride, appunto, a giugno, si celebra l'Onda Pride.

Sono negli anni cresciute le manifestazioni che si fanno in questo periodo, all'inizio erano una ventina.

Quest'anno sono oltre 50 manifestazioni.

Tra il mese di giugno e all'inizio di luglio si fanno durante i weekend,

parate per il Pride, nelle grandi città, Roma, Torino, Milano, Venezia, Palermo,

ma anche in città più piccole, per esempio, Atreviso, Areggemiglia, Adolo,

un piccolo comune in provincia di Venezia, Manchiamatera, Campobasso, veramente in tutta Italia.

Come nasce storicamente il Pride e perché Clinton ha deciso che proprio giugno sarebbe diventato il mese del Pride?

Tutto ruota intorno a una data precisa è un evento preciso.

Nella notte tra il 28 e il 29 giugno del 1969 a New York avviene una delle tante retate

che la polizia all'epoca faceva nei locali gay.

La cosa particolare di quella notte è che, in quell'occasione, per la prima volta,

le persone che stavano frequentando il locale e che quindi stavano per essere arrestate dalla polizia

hanno reagito in modo violento con una protesta, generando una rivolta che è andata avanti per tre giorni.

Ovviamente non era la prima volta che le persone homosessuali trans in qualche modo manifestavano,

si ribellavano insomma per difendere i propri diritti.

C'erano, insomma, danni, associazioni che lottavano per i diritti delle persone gay negli Stati Uniti,

il Movimento per l'affermazione di diritti delle persone homosessuali era nato alla fine dell'Ottocento,

in Germania c'erano già state delle azioni per riconoscere i diritti delle persone homosessuali

e per dare visibilità alle persone homosessuali, però sicuramente quello che ha venuto allo

stonuo, appunto questo è il nome del locale a New York, in quella notte ha cambiato qualcosa,

ha fatto un cambio di passo nel modo in cui poi le associazioni LGBTQ hanno cercato di

affermare i propri diritti e un cambio importante è stato proprio quello di organizzare dall'anno

successivo, in tante città degli Stati Uniti, delle marce che dessero visibilità alle persone,

quindi l'occupazione proprio dello spazio pubblico come un momento fondamentale per dirci ci siamo,

siamo noi, siamo visibili, siamo il vostro collega, la vostra collega, la sorella, la figlia,

il fratello, insomma per proprio riconoscere il fatto che le persone homosessuali non erano

soltanto rinchiusi appunto in ghetti o in locali ma erano persone che avevano tutto il diritto di

vivere alla luce del sole. I Pride quindi sono diventati una realtà in molte grandi città

comprese quell'Europé, in Italia quando si è cominciato a marciare per i diritti del movimento

alle GBT? La prima manifestazione pubblica anche se non si chiamava l'epoca Pride ma di

fatto è stata un'importante manifestazione pubblica, è stata nell'aprile del 72 a Sarremo

quando un gruppo di attivisti, attivisti homosessuali italiani ma insieme anche ad attivisti,

attivisti di altre parti d'Europa hanno protestato contro il congresso internazionale sulle devianze

sessuali che si stava appunto tenendo in quei giorni a Sarremo organizzato da un centro italiano

di sessuologia che aveva un'ispirazione cattolica. Quella è stata una prima importante manifestazione

in momento di visibilità per il movimento alle GBT italiano. Il primo vero Pride, come lo conosciamo

oggi, è stato quello del 1994, organizzato a Roma dall'Associazione Romana Circolo di

Cultura Homosessuale Mario Mieli in collaborazione con l'Arcighei, che è stato anche quello

un momento molto importante a cui appunto partecipò tra l'altro all'epoca anche il

neoeletto Sindaco di Roma Francesco Rutelli. Parlando della presenza dei politici ai Pride,

in Italia questo rapporto tra politiche e Pride è sempre stato un po' problematico, giusto?

Sì, tra l'altro partire proprio da Rutelli, perché nel 1994 era appena stato eletto Sindaco,

ma era Sindaco di Roma anche nel 2000, quando a Roma c'è stata forse la manifestazione per il

Pride più grande che c'è stata in Italia, 250.000 persone secondo gli organizzatori

erano cesi in piazza per celebrare appunto il War Pride, cioè un Pride che si tenne quell'anno,

ma che aveva un respiro mondiale appunto. E quell'anno era anche l'anno in cui a Roma si

celebrava il Giubileo, quindi Rutelli aveva detto che avrebbe patrocinato il Pride, ma poi ritirò

al patrocino sotto la pressione del vaticano, in particolare del cardinale Camillo Ruini,

che all'epoca era segretario di stato vaticano, che aveva chiesto all'autorità italiane di

vietare la manifestazione proprio perché la considerava inadeguata e inopportuna in una

città che appunto in quell'anno celebrava un importante Giubileo. Sempre in occasione del

War Pride, all'epoca il Presidente del Consiglio era Giuliano Amato e quando un punto un giornalista

chiesa anche lui un'opinione sulla manifestazione che si stava organizzando, disse non possiamo

vietarla e impedirla perché purtroppo abbiamo una costituzione. Questo rapporto che tu dicevi

complicato è continuato negli anni e sempre di Manendaro, ma per esempio un altro caso abbastanza

emblematico è quello della Sindaca Virginia Ragi che negli anni in cui è stata appunto

Sindaca di Roma non ha mai partecipato a nessun Pride, quindi dimostrando appunto che la partecipazione

meno al Pride ha una rilevanza proprio per il posizionamento che i politici vogliono avere

rispetto alle questioni dei diritti delle persone emosessuali o transessuali, pur dando il

patrocino non ha mai voluto esporsi fino al punto di partecipare a un Pride, cosa che per esempio

a Milano il Sindaco Sala fa abitualmente. Parlando proprio di questo posizionamento politico è

notizia di questi giorni che la Regione Lazio ha ritirato il patrocino alla parata di Roma,

del Pride di Roma prevista per sabato. Sì, la Regione Lazio aveva inizialmente dato il patrocino,

probabilmente quasi in automatico perché è un patrocino che ormai negli ultimi anni la

Regione Lazio ha sempre dato al Pride, ma il Presidente della Regione Francesco Rocca ha poi

in giro di pochissime ore ritirato il patrocino su pressione evidentemente di alcune associazioni,

in particolare appunto un'associazione estremista come Provita, che aveva denunciato questo patrocino

come una schizofrenia di un Presidente di destra, perché appunto mentre ha il governo la destra

chiaramente osteggia i diritti delle persone leggibitti è strano che nella Regione Lazio appunto

un Presidente di destra come Francesco Rocca adesse il patrocino.

Alcuni criticano la presenza di troppi sponsor nelle parate del Pride degli ultimi anni,

secondo te c'è un pericolo di commercializzazione di questa parata?

Questa è una discussione che c'è ormai da un po' di anni in Italia e che in realtà c'è in molti

paesi direi occidentali anche negli Stati Uniti appunto i Pride sono anche un'occasione per

molte aziende di avere una visibilità nei confronti del pubblico LGBT.

Chiaramente c'è sempre il rischio di quello che viene chiamato a Pinkwashing,

cioè in cui gli aziende sfruttano una manifestazione che ha una valenza politica rivendicativa se

non proprio di affermazione di diritti in un paese in cui diritti sono violati,

anche in un paese in cui diritti leggibitti sono affermati, comunque è una manifestazione che

ha un'importanza sociale e culturale molto alta per cui insomma si critica il fatto che

le aziende intervengano facendo fondamentalmente pubblicità e marketing.

Certo c'è da dire che la presenza degli aziende permette a queste manifestazioni anche di essere

più visibili perché poi chiaramente finanziando le manifestazioni e le manifestazioni possono

essere anche più grandi, più sparzose, con più musica e questo ovviamente aiuta anche a dare

visibilità alla manifestazione stessa. All'interno però della comunità LGBT o delle

associazioni LGBT ovviamente questo come dicevo è molto discusto, a Roma per esempio è stato

organizzato un Pride tra le tante motivazioni, una chiaramente riferita al fatto che era una

manifestazione che non doveva avere aziende, non doveva avere sponsorizzazioni da parte

di aziende private perché voleva ritornare a essere genuinamente una manifestazione per

la rivendicazione di diritti e la visibilità delle persone LGBT. Però come dicevo all'inizio la

presenza delle aziende all'interno dei Pride appunto è molto discusta tra le associazioni

all'interno di movimento LGBT per esempio nei giorni scorsi a Roma è stato organizzato un

Pride che si chiama la Pride e che tra i punti della piattaforma che aveva convocato la manifestazione

c'era proprio il fatto che non ci fossero aziende, non ci fossero sponsor all'interno

del Corteo per riportare la manifestazione a una sua valenza politica di rivendicazione

di diritti e di visibilità della comunità LGBT per le strade della città. Grazie alberto Emiletti,

grazie a voi. Martina Recchiuti caporettrice di internazionale Kids racconta un articolo uscito

sull'ultimo numero. Una delle cose interessanti che abbiamo scoperto da quando è nato internazionale

Kids è che all'estero diversi quotidiani e settimanali hanno una versione per bambine e bambini.

Negli Stati Uniti per esempio c'è il New York Times for Kids, in Germania da In Spiegel,

Hong Kong ragazzi e ragazze possono leggere lo Young Post, un giornale online pubblicato

dal South China Morning Post. Tra gli articoli che pubblichiamo questo mese c'è ne uno che viene

proprio da lì e racconta la scomparsa delle insegne al Neon a Hong Kong. L'ettrice e lettore

di internazionale sapranno senz'altro che queste insegne sono da sempre uno dei tratti

distintivi della città, da quando 100 anni fa apri una famosa fabbrica di luci. L'articolo racconta

il motivo per cui il governo ha deciso di sostituirle e come hanno reagito i cittadini.

Abbiamo scelto di tradurlo perché ci sembrava un buon modo per parlare di un paese lontano

e di come anche delle insegne al Neon possono essere considerate una forma d'arte. Leggendolo

scopriamo anche il modo molto particolare con cui si costruiscono le impalcature a Hong Kong.

Appeluje, do całego Parlamento, o jak najszybsze i uchvalenie po to, żeby tą situacie

wyprostować, wyjaśnić, ale przede wszystkim po to, byta komisja mogla działać jak najszybszej

i by społeceństwo jak najszybszej moglo zobaczyć i usłyszeć, w jaki sposup wyjaśnia

sie w našem kraju, kwestie rosijskij wpływów na naše życie publiczne, na naše życie gospodarce

i na naše bezpieczeństwo.

Di fronte alle crescenti critike dell'Union Europea i dell'opinione pubblica, in questo discorso

editor di Europa di Internazionale.

Negli ultimi giorni le tensioni intorno al governo polacco sono tornate a crescere come

i contrasti con l'Union Europea. È successo che dopo l'invasione dell'Ukraine, il grande

sforzo che Varsavi aveva fatto sia per l'accoglienza dei profugi, sia proprio per sostenere anche

militarmente e politicamente, la causa degli Ukraini sembrava che la situazione, diciamo

il rapporto tra Varsavi e Bruxelles fosse un po' cambiato e che il nuovo ruolo di responsabilità

internazionale che Varsavi aveva assunto potesse, se non risolvere, almeno far passare

in secondo piano per un periodo i vecchi contrasti tra il governo nazionalista e ultraconservatore

del PIS, che è il partito che si chiama diritto e giustizia, e per l'appunto l'Union Europea.

Invece questa tregua abbiamo visto adurata forse meno del previsto e oggi di nuovo, come

è successo spesso negli ultimi anni, ci troviamo a commentare un deterioramento delle relazioni

tra Europa e Polonia, come il solito sul tema del rispetto dello Stato di Diritto e della

separazione dei poteri, e in particolare ci troviamo a commentare una forte polarizzazione

interna al Paese, specialmente in vista delle elezioni politiche che sono in programma per

il prossimo ottobre.

Cosa ha riacceso i contrasti tra l'Unione Europea e la Polonia?

Allora, una decisione della Corte Europea di giustizia che è arrivata il 5 giugno e

che ha di fatto accolto il ricorso della Commissione Europea contro la riforma del sistema giudiziario

che era stata varata dalla Polonia, ovviamente su iniziativa del governo del PIS, nel 2019.

Perché, come sostiene la Corte, tale riforma viola il diritto comunitario e mette a rischio

l'indipendenza dei giudici.

I giudici europei hanno bocciato definitivamente la riforma, ribadendo delle decisioni che

erano già state presa in passato e che di fatto condannavano l'eccessivo controllo sui

giudici e ritenevano incompatibile con le leggi europee, l'istituzione di una speciale

sezione disciplinare della Corte Suprema, rivolta proprio a vagliare il comportamento

del giudici, un'istituzione di cui l'Unione Europea si era già pronunciata bocciandola

definitivamente.

Possiamo dire che questo è solo l'ultimo episodio di una lunga disputa che danni si

trascina tra le istituzioni europee e il governo nazionalista e sovranista della Polonia.

Tuttavia, sembra difficile immaginare a questo punto che questa ultima decisione metterà

fine una volta per tutti ai contrasti di cui abbiamo detto, che ripetiamo l'hanno riguardato

in questi anni non solo le riforme istituzionali e lo stato di diritto, ma anche dei temi come

dire meno tecnici, per esempio i diritti della comunità LGBT o la libertà di stampa e il

controllo dei mezzi di informazione.

E non hanno riguardato solo la Polonia, ma anche l'ungheria di Orban per esempio.

Queste tensioni potrebbero a questo punto riaccendersi perfino su scala più ampia rispetto

al passato, perché se da una parte è vero che l'asintonia tra i governi sovranisti

diversa via di Budapest sembra essersi un po' intaccata a causa delle posizioni in qualche

modo filorusse che sono stati assunte da Orban dopo l'inizio della guerra in Ucraina.

D'altra parte però è altrettanto vero che il blocco sovranista oggi può contare su

un nuovo membro che è l'Italia, il primo paese fondatore dell'Unione Europea ad avere

un governo che per certi versi è in linea con quelli di Varsavia e di Budapest.

Intanto sul fronte interno invece il 4 giugno c'era stata a Varsavia un imponente manifestazione

contro il governo.

Sì, segno che la mobilitazione delle opposizioni contro il governo sovranista è cominciata

e con ogni probabilità andrà avanti in maniera sempre più intensa fino alle elezioni politiche

che dicevamo sono previste per ottobre anche se ancora non c'è una data.

Il 4 giugno sono scese in piazza a Varsavia più di mezzo milioni di persone, quella che

è forse la più grande manifestazione degli ultimi 50 anni nel paese e sono scese in

piazza per protestare contro una legge approvata di recente dal Parlamento e più in generale

contro l'autoritarismo di un governo che è percepito ormai come una minaccia alla democrazia,

un governo che c'è anche da aggiungere negli 8 anni in cui è stato al potere si è trovato

circlicamente a dover affrontare grandi mobilitazioni di piazza su diversi temi, dall'abborto che

in Polonia ormai è praticamente abietato in ogni circostanza fino ai diritti alle GBT

e alle riformi istituzionali.

Tra l'altro la data del Corteo non è casuale perché proprio il 4 giugno del 1989, prima

ancora del Corallù nel muro di Berlino, in Polonia si tennero le prime elezioni libere

del dopo guerra, quindi il valore simbolico della scelta fatta è evidente.

Questa volta la minccia è stata una legge che prevede l'istituzione di una commissione

parlamentare in un Parlamento ovviamente controllato da diritto e giustizia che dovrebbe avere

il compito di valutare eventuali influenze russe in Polonia e sanzionare chiunque verrà

considerato con un'agente della diffusione di queste influenze, senza garanzie, senza

possibilità di fare appello e senza il controllo dei giudici.

Ora il motivo per cui i polacchi protestano contro questa legge non è certo perché improvvisamente

sono diventati contrari a difendere il loro Paese dalle interferenze di Mosca, ma è perché

vedono nel provvedimento che è stato preso uno strumento in mano all'esecutivo per

disfarsi delle figure politiche più scomode escludendole dalla vita pubblica in vista

del voto del prossimo ottobre usando proprio il grimaldello dell'ostilità verso il Cremlino.

Non è un caso infatti se la legge è stata ribattezzata subito Leggetusk dal nome dell'ex

primo ministro ed ex presidente del Consiglio Europeo che oggi è il capo del partito di

posizione piattaforma civica che potrebbe essere proprio la prima vittima di questo

provvedimento.

È abbastanza assurdo perché Tusk in questi anni è stato uno dei più decisi nel denunciare

il rischio della pronitazione della Russia nella vita pubblica del Paese.

Quindi questa legge che è stata presentata come uno strumento per bloccare le ingerenze

di Mosca è in realtà uno strumento antidemocratico.

Come si è arrivati a questo paradosso?

Sì, la situazione è abbastanza paradossale perché è vero che Varsavia in questi mesi

si è impegnata senza esitazioni e con grande determinazione al favore dell'Ucraina e anche

dei profugli ucraini.

Ed è anche vero che il governo del PiS ha nel suo DNA una decisa diffidenza nei confronti

di Mosca.

Considerate per esempio che uno dei suoi strumenti preferiti di propaganda e anche uno dei miti

fondativi della recente retoria nazionalista Polacca è proprio l'incidente aereo di Smolensk

in Russia dove nel 2010 morirono diversi dirigenti politici e militari polacchi tra

cui l'allora presidente Lekacinski che è il fratello gemello di Yaroslav che è il

leader de facto del partito del PiS.

Buona parte dei sostenitori di quel partito sono ancora convinti che dietro quella tetagedia

ci sia un complotto russo.

Tuttavia, e qui sta proprio il paradosso, in un certo senso i conservatori polacchi

sono da sempre anti occidentali e in qualche modo filo russi perché sono legittimisti,

sono socialmente, politicamente chiusi a tutte le novità della modernità che inevitabilmente

in Polonia arrivano e sono sempre arrivate da Occidente.

In qualche modo questa è anche la storia del Partito di Kacinski di diritto giustizia,

tanto più che direcente in diversi commenti polacchi anche su giornali e mezzi di informazione

non necessariamente ostili al PiS, si è fatto notare che negli ultimi anni in Varsavia

ha di fatto indebolito e imminato l'unità dell'Unione Europea favorendo con gli atti

concreti e quindi al di là dei programmi retorici gli interessi di Mosca e i tentativi del Kremlin

di condizionare e di infiltrare lo spazio pubblico europeo. Lo ha scritto per esempio

questo con grande chiarezza un quotidiano di centro-destra che si chiama Raj Fospolita

e che non è necessariamente ostile al governo dei Kacinski e l'ho fatto appena dopo la

promulgazione della cosiddetta leggetusca.

Cosa ti aspetti per i prossimi mesi?

Ci abbiamo verso una campagna retorale che sarà probabilmente molto intensa, possiamo

prevedere che se l'opposizione dimostrerà l'unità che ha avuto in piazza domenica

quattro giugno, il risultato non sarà così scontato a favore dei Kacinski questa volta.

Grazie Andrea Pipino.

Grazie a voi.

Una serie tv consigliata da Valentina Pigmay, giornalista e consulente dittoriale che

collabora con Internazionale.

La regina Carlotta è la serie tv spin-off di un altro show in costume Targato Netflix

Bridgerton.

Spin-off nel senso che approfondisceациente il background di alcuni personaggi sperandosi

a figura e storica realmente esistite.

Mentre la serie Mad è tratta dai libri di Julia Quinn, la regina Carlotta è ideata e scritta

dalla produttrice Shonda Rhimes.

L'idea è quella di raccontare in sei episodi la giovinezza della sovrana Carlotta che arriva

dalla Germania ed è afrodincendente ed il suo amore è difficile e doloroso per George III.

In un'andere viene tra passato e un passato ancora più lontano, la giovane Carlotta, interpretata

dall'attrice angloganese 21N India a Marte Fio, è un personaggio irresistibile, determinata,

ribella, simpatica e accudente suo malgrado.

La bravura di Shonda Rhimes sta nel muovre si con leggerezza tra temi enormi, come integrazione

etnica e patriaccato, passando per la salute mentale, il tutto arricchito da costummi favolosi

e parrucche talmente eccessive dalle onestre kitsche.

Con le hits di Beyoncé e Alicia Keys, rivisitate a colpi di violoncello.

La regina Carlotta disponibile su Netflix.

Sottotitoli a cura di QTSS

Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.

L’amministrazione di destra della Regione Lazio ha ritirato il patrocinio al pride di Roma che si terrà sabato 10 giugno. Centinaia di migliaia di cittadini sono scesi in piazza a Varsavia per protestare contro il governo e contro una legge condannata da Bruxelles.

Alberto Emiletti, giornalista di Internazionale
Andrea Pipino, editor di Europa di Internazionale


Video pride: https://openvault.wgbh.org/catalog/V_A566D13AAB50478F8216C8DC7498521B

Video Polonia:
https://www.euronews.com/my-europe/2023/06/02/polish-president-andrzej-duda-offers-changes-to-law-on-russian-influence-amid-growing-crit

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.