Il Mondo: Donald Trump torna in tribunale e stavolta rischia di più. Chi comanda all’Unesco.
Internazionale 6/14/23 - Episode Page - 25m - PDF Transcript
Dalla redazione di internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi Marcelli
e questo è il mondo il poca suotidiano di internazionale.
Oggi vi parleremo di Donald Trump e dell'Unesco, e poi di scuola multiculturale e di un libro
fotografico.
È mercoledì 14 giugno 2023.
THE RIDICULOUS AND BASELESS ENDITEMENT OF ME by the Biden administration's Weaponized Department of Justice
will go down as among the most horrific abuses of power in the history of our country.
Many people have said that democrats have even said it.
This vicious persecution is a travesty of justice.
Biden is trying to jail his leading political opponent, an opponent that's beating him by
A pochi mesi di distanza Donald Trump è stato incriminato per la seconda volta.
In questo caso l'accusa è di aver sottratto dalla Casa Bianca dei documenti altamente riservati,
che sono stati ritrovati dall'FBI nella sua residenza in Florida.
Nel discorso che avete sentito, l'ex presidente ha detto che Joe Biden sta cercando di incarcerare
il suo principale avversario politico proprio come faceva Stalin.
Trump, che è la persona di più alto profilo che sia mai stata incriminata per aver infranto
la legge anti-spionaggio negli Stati Uniti, continua infatti a rispondere alle accuse
parlando di caccia alle streghe e persecuzione politica.
Rispetto ai casi passati però, questa incriminazione potrebbe avere conseguenze molto più serie
sulla carriera politica di Trump, che per adesso è ancora dato come il più probabile
candidato republicano alle presidenziali del 2024.
Ne parliamo con Alessio Marchionna, editor di Stati Uniti d'Internazionale.
Ieri Donald Trump si è presentato davanti a un giudice della Florida per rispondere
delle accuse che sono state formulate contro di lui dal procuratore speciale Jack Smith.
Smith era stato nominato nel 2022 dal Dipartimento di Giustizia, cioè dall'Amministrazione
Biden, procuratore speciale come si fa in questi casi, cioè quando ci sono processi
con importanti implicazioni politiche.
I capi di imputazione contro Donald Trump sono 31, ognuno è legato a uno specifico
documento che Trump avrebbe conservato nella sua tenuta di Mar-a-Lago in Florida e che
avrebbe cercato di nascondere poi all'FBI e al Dipartimento di Giustizia che stavano
indacando su questo caso.
Non conosciamo ancora il contenuto esatto di questi documenti, però da quello che è
troppelato sappiamo che ce ne sono molti particolarmente delicati, perché riguardano
le capacità di difesa e di armamento degli Stati Uniti, di altri paesi stranieri, programmi
nucleari americani, le potenziali vulnerabilità degli Stati Uniti e dei loro alleati ad attacchi
militari, anche i piani per possibili ritorzioni in risposta a un attacco straniero.
Quindi si tratta di carte molto delicate che Trump avrebbe conservato in luoghi non sorvegliati
e avrebbe addirittura mostrato ad alcuni dei suoi ospiti, apparentemente solo per il
gusto di vantarsi di avere quei documenti così importanti.
A questo punto cosa rischia Trump in questo processo?
Trump rischia grosso, secondo gli esperti il caso che ha presentato il Procuratore Speciale
Smith è molto solido, sicuramente è più solido di quelli presentati in precedenza
da altri procuratori, in particolare il caso della Procura di New York in cui Trump è stato
incriminato per pagamenti a una porno stare per aver violato alcune leggi sul finanziamento
delle campagne elettorali.
Il caso di Smith si basa soprattutto su filmati delle telecamere di sorveglianza di
Mar-a-Lago e sulle registrazione audio fatte dagli stessi collaboratori di Trump e sulle
loro testimonianze.
Nelle registrazioni l'ex presidente in sostanza ammette quasi tutti gli elementi essenziali
dell'accusa, ammette di essere in possesso di documenti molto delicati, ammette di sapere
che si tratta in alcuni casi di informazioni che riguardano la difesa nazionale, ammette
di sapere che tutto quel materialo è ancora classificato e anche di sapere che lui non
può declassificarlo, cioè non può più renderlo pubblico dopo che ha lasciato la presidenza.
Sembrano inoltre evidenti anche i tentativi di ostacolare l'indagine, visto che Trump
chiede agli avvocati di ignorare le richieste degli inquirenti e del grandiurì e ordina
a un suo collaboratore di spostare degli scatoloni per nasconderli, spostamenti che sono stati
documentati da video e foto.
Quindi stavolta una condanna è davvero una possibilità concreta?
Sì, Trump potrebbe essere condannato, allo stesso tempo ci sono alcuni elementi citati
da vari esperti diritto in questi giorni che fanno pensare che Trump potrebbe alla fine
salvarsi. Per prima cosa bisogna considerare che la giudice che si occuperà del caso
che si chiama Eileen Cannon è una giudice distrittuale della Florida che è stata nominata
da Trump nel 2020 e la stessa giudice che lo scorso anno si è opposta alla perquisizione
delle FBI nella tenuta di Mar-a-Lago. Le sue sentenze passate suggeriscono che il suo
istinto potrebbe favorire Trump e in generale bisogna ricordare che i giudici distrittuali
hanno un ampio margine di manovra nella conduzione dei processi, possono addirittura decidere
se archiviare il caso dopo la requisitore del procuratore, ma anche senza arrivare a
quel punto hanno un ampio margine di manovra per stabilire quali prove possono essere presentate
alla giuria e anche per decidere quali sono i tempi del processo. I tempi saranno molto
importanti in questa storia perché il procuratore Smith vuole un processo veloce che si concluda
prima delle elezioni del 2024 invece Trump vorrà prolungarlo e trasformarlo in un teatro
politico. Un secondo elemento che potrebbe aiutare il Trump è il fatto che si tratta
di un processo con giuria e la legge prevede che i giurati siano reclutati nel posto dove
viene il processo, quindi in questo caso a Palm Beach, vicino alla Residenza di Maralago,
in quel posto gli elettori tendono a votare republicano più che democratico e bisogna
ricordare che in questi casi serve un verdetto unanime, quindi basterebbe un solo giurato
ostinato molto convinto dalla tesi di Trump e della difesa per impedire un verdetto di
colpevolezza. Sì, perché infatti questo caso non è solo un caso normale ma chiaramente
anche un valore politico molto importante anche in vista delle elezioni presidenziali
del 2024. Esatto, per Trump adesso la posta in gioco
è ancora più alta e in un certo senso non ha altra scelta che continuare la campagna
elettorale, cercare di vincere, tornare a essere presidente e in quel caso potrebbe anche
concedersi la grazia, quindi annullare il processo un'eventuale condanna. Per riuscire
in questa strategia cercherà di alimentare un clima divisivo che potrebbe anche influenzare
il processo, quindi influenzare la giuria. Come ha scritto un articolo di politico,
tra due anni Donald Trump potrebbe essere in prigione o potrebbe essere presidente.
C'è parlato del ruolo della giuria e dei giudici, qual è quello invece degli avvocati
di Trump in questo processo? È un ruolo fondamentale, in particolare
sarà centrale la testimonianza di Evan Corcoran, uno degli avvocati di Trump che ha tenuto
scrupolosamente traccia di ogni conversazione avuta con il presidente nell'estate del 2022,
cioè quando si svolgevano i fatti. È un comportamento abbastanza normale per un avvocato di Trump.
L'ex presidente non ha mai visto i suoi legali come dei professionisti che devono muoversi
in un contesto di legalità che sono vincolati a delle regole etiche, ma sempre come dei
faccendieri che devono risolvere le sue grane e all'occorrenza mentire per suo conto. Per
questo gli avvocati in generali i suoi collaboratori tendono a registrare ogni conversazione,
nell'eventualità che poi possono essere coinvolti in procedimenti giudiziari.
Sta succedendo a Corcoran in questo caso ed è successo a Michael Cohen, l'avvocato che
nel 2016 fece il pagamento a un'attrice porno per conto di Trump, che per quella
storia è finito in carcere e poi è diventato il principale accusatore dell'ex presidente.
In tutto questo come sta reagendo il partito republicano a questa vicenda?
E soprattutto questo caso potrà davvero danneggiare la popolarità politica di Trump?
Per capire la risposta del partito republicano bisogna distinguere tra i candidati alle primari
republicane in vista del presidenziali, cioè gli avversari di Trump e i vertici del partito.
I candidati republicani alle primari hanno criticato Donald Trump, anche se in modo non
particolarmente deciso. L'ha fatto per esempio Nikki Halley, ex ambasciatrice alle Nazioni
Unite, l'ha fatto Tim Scott, senatore del South Carolina e anche Chris Christie, ex
governatore del New Jersey. È stato ancora più timido nelle sue critiche rondesanti
se il principale avversario di Trump che ha espresso una posizione piuttosto ambigua.
Per quanto riguarda i vertici del partito republicano nessuno si è schierato apertamente
contro Trump. Lo speaker della Camera, Kevin McCarty, ha preso per buona l'argomentazione
dell'ex presidente secondo cui questa incriminazione fa parte di un piano dei democratici per eliminare
Trump politicamente. Questo atteggiamento dei vertici republicani si spiega molto probabilmente
con il fatto che buona parte della base elettorale republicana, cioè di quelle persone che poi
sceglieranno il candidato alle primarie, sta ancora con Trump e potrebbe restare da
la sua parte nonostante tutti i suoi guai giudiziari.
Grazie ad Alessio Marchionna.
Grazie a voi.
Marzia Minore, giornalista e insegnante che si occupa di educazione interculturale racconta
un articolo che ha scritto per il sito di internazionale.
Nelle scuole italiane si mescolano lingue e culture diverse. Ci sono quasi 200 nazionalità,
una l'uno su dieci viene da un altro paese.
Con la foto giornalista Carolina Rapezzi in un'inchiesta sostenuta dal Journalist Fund
Europe, abbiamo raccontato alcune scuole medie di Roma, Milano e Prato, città con un alto
tasso di multiculturalità, mentre iniziano gli esami, perché le medie sono uno sonodo
cruciale. Ci siamo chieste come si possono seguire ragazzi e ragazze che affrontano la
migrazione e devono superare barriere linguistiche e culturali. Abbiamo provato a raccontare
il lavoro invisibile e poco riconosciuto degli insegnanti e le storie degli allunni.
Guardando anche i dati, abbiamo scoperto che nel sistema ci sono forti criticità e che
sull'integrazione scolastica in Italia non si è mai davvero investito. Mancano docenti
fissi di lingua italiana e mediatori culturali. Le tante culture e lingue non sono valorizzate
e così ragazzi potenzialmente brillanti rischiano di perdersi per strada. Abbiamo scoperto anche
che molti problemi come lo scasso supporto psicologico e le scuole chiusa il pomeriggio
toccano in realtà tutti gli allunni, non solo gli stranieri, in una scuola che ha poche
risorse e che non sempre riesce a colmare i suoi allianze.
Il 12 giugno, Audrey Azulet, la direttrice generale dell'UNESCO, l'Organizzazione delle
Nazioni Unite per l'Educazione e la Scienza e la Cultura, ha riunito i rappresentanti
dei 193 stati membri per informare di un'importante novità. Gli Stati Uniti hanno deciso di rientrare
nell'UNESCO, da cui erano usciti nel 2018, e di ricominciare a finanziarla. Inoltre
hanno presentato un piano per pagare i contributi arretrati che ammontano a centinaia di milioni
di dollari. Il ritorno degli Stati Uniti dovrà essere approvato a maggioranza dagli
altri stati. Se non ci saranno stacoli potrebbe avvenire già il prossimo luglio.
Ne parliamo con Francesco Urbani, giornalista e autore, tra gli altri, del saggio dove ricomincia
la città, uscito nel 2021 per l'editore Manni.
Gli Stati Uniti hanno deciso di rientrare a pieno titolo nell'UNESCO, dopo esserne
usciti per l'iniziativa della loro Presidente Donald Trump. Trump sosteneva in sostanza
che l'UNESCO, che è l'organismo dell'ONU che si occupa di scienza, di educazione, di
cultura, di patrimonio culturale, aveva assunto delle posizioni troppo favorevoli
alla autorità palestinesi. In particolare l'UNESCO aveva dichiarato la città di Ebron
in Cisgiordania come patrimonio dell'umanità. Questa decisione aveva irritato molto lo
Stato di Israele e sia gli Stati Uniti che Israele hanno deciso di uscire dall'UNESCO.
Prima di tornare ai fatti di questi giorni, ci racconti un po' le origini e i compiti
di questa organizzazione?
L'UNESCO è un'agenzia dell'ONU che nasce fra 1945 e 1946. Nel suo statuto c'è scritto
che si propone di favorire la pace, di favorire le relazioni internazionali attraverso l'educazione
e quindi le politiche scolastiche, la promozione dell'attività scientifica e la cultura,
compreso anche la tutela del patrimonio culturale e in tutto il pianeta. La sede centrale è
a Parigi, in un edificio moderno degli anni 60, costruito tra gli altri anche da Pierruigi
Nervi a sedi distaccate, diciamo, in tutti i paesi che aderiscono all'organismo. Anche
in Italia c'è una commissione nazionale per l'UNESCO. Attualmente la direttrice dell'UNESCO
è la Francesa Ex-Ministre Audrey Azulet, ma fa piacere ricordare che tra la fine degli
anni 50 e i primi anni 60, direttore dell'UNESCO era un italiano vittorino veronese. Ogni
paese appunto ha delle sedi UNESCO e delle commissioni nazionali che hanno tra gli altri
compiti quello di formulare delle candidature di alcuni luoghi, affinché entrino in questa
lista dei siti che vengono dichiarati patrimonio dell'umanità. Ecco, questo è un po' il profilo
più noto dell'UNESCO. Dichiarare un luogo patrimonio dell'umanità significa anche come
sganciarlo dalla possibilità che venga usufrito soltanto in un paese che abbia un rapporto
stretto solo con un paese. È patrimonio dell'umanità, è patrimonio di tutti.
E da dove vengono i fondi per tutte queste attività?
Il budget annuale dell'UNESCO è molto elevato, si aggira intorno agli 800 milioni di dollari,
20 milioni sono a carico delle Nazioni Unite direttamente dell'ONU, il resto invece arriva
dai singoli Stati, l'Italia nel 2019 ha versato 12 milioni di dollari, attualmente è la Cina,
il paese che contribuisce di più al bilancio dell'UNESCO con 25 milioni di dollari. La
Germania è pervenita ad un altro paese europeo verso 20 milioni di dollari.
Perché gli Stati Uniti hanno deciso di rientrare nell'UNESCO proprio adesso?
Intanto probabilmente perché c'è un cambio diverso della politica estera americana rispetto
a Trump, anche se va ricordato che già nel 2011 Presidente Barack Obama, governo degli Stati Uniti
decise di sospendere il finanziamento, non si ritirò dall'UNESCO ma sospese il finanziamento.
Credo che ragione di politiche internazionali in questo centriano molto. Per semplificare molto,
evidentemente da parte degli Stati Uniti deve essere cresciuta la considerazione che esserci
all'UNESCO è meglio che non esserci. Anche perché l'UNESCO ha compiescelti importanti in tutto il
pianeta e che sarebbero altrimenti indirizzate da altri paesi, in particolare non abbiamo visto
la Cina che è fra i principali finanziatori dell'UNESCO. C'è anche un altro motivo che risale alle
politiche in generale perché l'UNESCO è stato sempre un po' investito dalle controversi negli
anni 70-80 in virtù del fatto che gran parte dei finanziamenti, soprattutto per le politiche che
fronteggiano la povertà educativa in molti paesi, erano indirizzate verso i paesi africani,
paesi asiatiche. Quindi contro l'UNESCO partiva l'accusa di terzo mondismo. Soprattutto da
parte degli Stati Uniti e da parte anche della Gran Bretagna, l'UNESCO è stato sempre visto con un
po' di diffidenza. Probabilmente però per capire anche il rientro degli Stati Uniti nell'organismo
dell'ONU c'è da considerare l'irrompere sulla scena dell'intelligenza artificiale che sia dal
punto di vista del progresso scientifico che dal punto di vista delle applicazioni pratiche può
vedere l'UNESCO impegnato su molti fronti e quindi per gli Stati Uniti è importante esserci in
questo momento. Tutti si è occupato di alcuni siti dell'UNESCO in Italia, cosa ci puoi raccontare di
quelle esperienze? In Italia ci sono 58 siti patrimonio dell'umanità, in questo l'Italia ha un primato
del mondo, dai siti della Valcamonica dove si tutela l'arte rupestre del popolo Camuno dell'età
del Ferro fino ad arrivare alla città di Vrea, la città olivettiana. Quindi diciamo una vasta
gamma di siti italiani vengono tutelati. La dichiarazione è frutto di una candidatura, di
un istruttoria che dura molti anni, ma la tutela vera e propria, la salvaguardia di questi siti non
è in capo all'UNESCO. L'UNESCO dichiara che un sito è patrimonio dell'umanità ma poi spetta
al Paese la responsabilità della tutela. Questo comporta il fatto che c'è uno doppiamento,
pesso una sovrapposizione di competenza che non è mai stata chiarita fino in fondo. L'UNESCO poi
non ha potere sanzionatorio. Se un sito viene maltrattato, l'UNESCO può solo iscrivere quel
sito prima in una danger list, cioè una lista di siti in pericolo, e poi eventualmente escluderla
dalla lista. In Italia non è mai stato escluso a nessun sito e nel mondo sono stati esclusi
soltanto due siti. Più volte però si è denunciato che in Italia c'erano dei siti che non
corrispondevano più alle caratteristiche, i criteri per i quali erano stati iscritti della
lista dei siti patrimonio dell'umanità. Ci puoi fare qualche esempio? Per esempio a Venezia.
Diverse iniziative da parte di associazioni di tutela dell'ambiente, soprattutto per la
vicenda delle grandi navi e dello scavo di canali in Laguna, va considerato il fatto che Venezia
non è soltanto il centro storico tutelato dall'UNESCO, ma anche la Laguna. È arrivata una
squadra dell'UNESCO che ha svolto un istruttoria molto accurata, durante la quale sono emersi
molte criticità, ma poi quando si è passati alla fase successiva, effettivamente alla decisione
vera e propria, sono intervenute considerazioni di carattere politico, di carattere diplomatico e
quindi la questione si è risolta lì, cioè senza soluzione. Un altro caso abbastanza controverso
è uno degli ultimi siti italiani che sono stati iscritti nella lista dei patrimonio universale,
e cioè le colline del prosecco di Valdobbiadene di Conelliano in Veneto. In questo caso secondo
molti si è trattato più di un'operazione di marketing territoriale che di tutela vera e
propria del paesaggio, anche perché si è sempre sostenuto da parte di molti che le colline per
produrre tanto prosecco sono state uniformate a delle monoculture che hanno sostituito in gran parte
quella mosaico di piccoli appezzamenti di terreno e di piccole produzioni che invece costituivano
la caratteristica del paesaggio di quelle colline. Quindi è apparso che il bollino,
diciamo così, dell'unesco è servito di più a rinforzare il marchio del prosecco che è già
fortissimo di suo che non ha a tutelare un paesaggio. Ma ci sono anche casi in cui il
riconoscimento dell'unesco assolve pienamente la sua funzione? Sì, ci sono dei luoghi che sono
stati iscritti nella lista del patrimonio dell'umanità i quali rappresentano anche simbolicamente dei
luoghi di conflitto e in particolare nei, in alcuni paesi come l'Afghanistan e come l'Irak e dove la
tutela da parte dell'unesco ha sensibilizzato grandemente l'opinione pubblica per la salvaguardia
di questi siti. Grazie a Francesco Urbani. Grazie a voi. Il libro della settimana ha consigliato
da Giovanna Dashensi, fotoeditor di internazionale. Nel primo e' agli 80 Fabio Sgroi è un giovane
punk di Palermo che si divide tra la passione per la musica e la fotografia. Il suo obiettivo
finisce kriegna soprattutto il giro dei suoi coitani tra concerti e vita quotidiana. Questi però
sono anche i anni in cui la città siciliana è assediata dalla violenza scoppiata con la seconda
guerra di mafia e l'ascesa di Totorrina. La redazione dell'ora, quotidiana impegnato nella lotta
contro Cosa Nostra, ha bisogno di allargare la sua squadra di fotoreporter, di cui fanno già parte
l'Etizia Battaglia e Franco Zucchino. Fabio Sgroi passa così dal punk a lavorare con i ritmi convulsi
della cronaca e riesce a destreggersi tra manifestazioni per l'acqua, ritratti di politici e scene del
crimine. Sgroi non ha mai studiato fotografia perché la sua scuola è stata questa. Impara essere
veloce si adatta ogni situazione senza lasciarsi coinvolgere dalle situazioni più drammatiche.
Questa esperienza straordinaria dura solo pochi anni, dall'85 all'88 e qualche mese fa è stata
raccolta in un libro fotografico che si chiama semplicemente Chronicles of the Nace Paper Lora.
Se a questo aggiungiamo i suoi precedenti volumi sulle sottoculture giovanili, Sgroi ci
rivela una versione poco seriotipata della Palermo di quegli anni, dove non esiste solo la mafia,
ma anche il fermento di esperienze culturali alternative. Fabio Sgroi, Chronicles of the
Nace Paper Lora, Union Editions. Dalla redazione d'internazionale per oggi è tutto.
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Video Unesco: https://www.unesco.org/en/articles/united-states-america-announces-its-intention-rejoin-unesco-july
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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.