Il Mondo: Da dove viene Hamas e come ha cambiato Gaza. Il terremoto non rompe l’isolamento dell’Afghanistan.

Internazionale Internazionale 10/10/23 - Episode Page - 25m - PDF Transcript

Dalla redazione di Internazionale io sono Giulia Zoli, io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo di Amaz e del terremoto in Afghanistan e poi di economia raccontata ai bambini e di Luciano Berio.

È martedì 10 ottobre 2023.

Il periodo dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno dell'interno.

In questo messaggio audio, il comandante militare di Amasa Aghaza, Mohammad Deif, annunciava all'inizio dell'operazione di Luvio e di Al-Aqsa,

invitando i palestinesi in Cisdordania a Gerusalemme in Israele a compiere attacchi contro gli israeliani usando pistole, coltelli, bombo e molotov e veicoli.

Amasa ha compiuto il 7 ottobre la più sanguinosa operazione militare e azione terroristica contro Israele dalla nascita dello Stato Ebraico nel 1948.

Finora ha provocato più di 700 morti e 2.150 feriti tra gli israeliani per la maggior parte civili.

Ne parliamo con Paola Caridi, giornalista esperta di Medio Oriente e presidente di Lettra 22, autrice tra gli altri di Hamas,

pubblicato da Feltrinelli nel 2009 che a novembre uscirà in un'edizione aggiornata per Seven Stories Press. L'abbiamo raggiunta da Amman.

Quello che è successo il 7 ottobre 2023, si potrebbe definire una cesura della storia, cioè una rottura, una frattura,

non perché abbia avuto la grandezza della guerra dello Yom Kippur, ma perché questo, che è un tragico episodio della grande storia,

cambierà molto probabilmente quello che succede e succederà, non solo fra Israele e Palestina, non solo fra Amasa e il governo israeliano,

ma in una regione più ampia. Non bisogna essere profeti per comprendere quanto siano proprio cambiati i paradigmi da 7 ottobre 2023.

Per prima cosa, perché Hamasa è entrato nel territorio israeliano, è entrato anche in profondità nel territorio israeliano,

rompendo proprio il paradigma della chiusura di Gaza e, d'altro canto, una reazione che già si intravede da parte del governo israeliano,

come ha detto il ministro della difesa Joab Galland, e cioè di trattare i palestinesi come animali umani,

questo significa proprio cambiare il paradigma dell'umano contro l'umano e considerare tutti i palestinesi, non solo Hamas, come deumanizzati.

Questo è estremamente preoccupante.

Parliamo della protagonista di questo cambio di paradigma, di questa organizzazione chiamata Hamas. Come è nata Hamas e quando?

Hamas è nata formalmente alla fine degli anni 80, per la precisione nel dicembre del 1987, ma le sue origini sono all'inizio del decennio,

all'inizio degli anni 80, proprio quando si vede un indibolimento molto forte da parte di Fatah e delle altre frazioni politiche palestinesi.

Se vi ricordate, ci fu il 1982 in Libano, l'uscita dei palestinesi da Libano per l'invasione israeliana e la reazione di una parte del settore islamista palestinesi

fu quella di dire non possiamo più inmischiarci negli affari dei paesi arabi che ci ospitano, dobbiamo avere con loro un'alleanza strategica o anche tattica,

ma non essere più parte in causa, come furono parte in causa, i palestinesi nella guerra civile libanese.

Questo è l'inizio di Hamas che è un inizio però che è dentro la grande storia della fratellanza musulmana che va ben oltre la Palestina,

intendo la grande storia come una storia diffusa in tutta l'area, è quindi figlio della fratellanza musulmana ed è considerato il braccio politico della fratellanza musulmana.

Ovviamente le cose sono molto cambiate in questi 40 anni di storia della regione, di storia di Israele e Palestina anche,

con dei momenti che sono considerati determinanti nella storia di Hamas, quando Hamas per esempio ha cominciato a usare lo strumento del terrorismo all'interno di Israele,

cominciando dal 1994 per continuare fino al 2005 quando c'è stata una sospensione degli attentati suicidi,

ma all'interno per esempio della seconda intifada Hamas è stata la fazione politica e armata più importante tra le fazioni che hanno partecipato alla seconda intifada

e a me anche la più quella che ha usato con un tragico bilancio di vittime lo strumento del terrorismo rispetto alle altre fazioni che comunque hanno usato come Hamas allo stesso strumento

con gli attentati suicidi contro i civili israeliani.

A un certo punto Hamas però ha deciso di partecipare alla democrazia rappresentativa e nel 2006 ha vinto le elezioni palestinesi, da l'ora governa Gaza.

Prima ancora ha vinto le elezioni amministrative, molte cittadine della Cisgiordania e praticamente dappertutto a Gaza nel 2006 vince le elezioni politiche,

entra nel Parlamento che si trova a Ramalla e questa vittoria di grande misura nei confronti del competitor più importante,

cioè di Fatah crea una situazione di stallo all'interno della stessa democrazia palestinese perché viene osteggiato il governo monocolore di Hamas

perché Fatah non ha voluto partecipare da un governo di unità nazionale sia all'interno della politica palestinese e sia anche all'interno di una dimensione regionale

e soprattutto internazionale perché Israele ha chiesto di non parlare con il governo di Hamas finché Hamas non avesse scelto definitivamente

di collocarsi all'interno di una democrazia rappresentativa e di non usare più la forza armata come aveva usato in precedenza e di riconoscere soprattutto lo stato di Israele.

Questo non è successo, Hamas si è trovata confinata a Gaza perché poi ha preso Gaza con la forza nel 2007

e da allora in poi dal 2007 che esiste una dicotomia nella Palestina fra una cisgiordania governata dalla autorità nazionale palestinese e Gaza governata esclusivamente da Hamas.

Hamas aveva deciso di collocarsi all'interno della democrazia rappresentativa anche perché questo faceva parte di un'ecisione se si vuole regionale

non dimentichiamo che nel 2005 i fratelli mosulmani in Egitto partecipano alle elezioni quindi anche questo fa parte non di un discorso solamente palestinese ma di un discorso regionale.

Come è cambiata la situazione e la vita a Gaza da quando Hamas governa?

È cambiata moltissimo anche se sono d'accordo con Amira Hass, la grande giornalista israeliana quando lei dice la situazione di Gaza era già impossibile da vivere prima che Hamas prendesse il potere e governasse del tutto come un monopolio, la striscia di Gaza

ma è certo che dal 2007 tutto cambia perché l'embargo deciso da Israele chiude del tutto Gaza sui tre lati controllati da Israele quindi due via terra e il controllo del mare

mentre dal punto di vista della frontiera meridionale con Egitto la situazione si modifica a seconda di quello che succede al Cairo quindi durante la rivoluzione del 2011 e poi la presa del potere con un presidente democraticamente eletto

cioè Mohammed Morsi al Cairo si aprono le porte per i palestinesi di Gaza verso Sud verso Egitto ma in tutti questi anni parliamo dunque dal 2007 al 2023 di 16 anni più di 16 anni Gaza è un luogo totalmente chiuso

è vero che è una prigione a cielo aperto, una prigione a cielo aperto governata da una organizzazione che è considerata come dire fuorileggia da una parte del mondo, non da tutto il mondo, ma da una parte del mondo

sì questo significa nella vita quotidiana significa una vita impossibile, negletta, marginale in cui oltre due milioni di persone adesso vivano con gli aiuti delle agenzie delle nazioni unite che forniscono cibo educazione

qualsiasi cosa possa servire a vivere in cui c'è il più alto tasso di disoccupazione al mondo in cui non si può fuggire, non si può fuggire quando si bombarda Gaza, quando gli israeliani hanno bombardato Gaza nelle diverse operazioni che da 2008 ad oggi si sono sussecuite i palestinesi, i civili palestinesi dentro Gaza non pondevano andare non possono andare da nessuna parte, non possono scappare

perché è una pezzo di terra lungo 40 chilometri per al massimo 10 di larghezza sono meno di 400 chilometri quadrate in cui vivono ammassati, realmente ammassati oltre due milioni di persone significa avere un mare impossibile in cui pescare non solo per il controllo della marina meditare israeliana

ma perché è sporco, perché i guami vanno a finire a mare, ma è solo uno dei tanti esempi per dire che è un inferno in terra in cui la leadership di ammassi, militanti di ammassi, coloro che hanno votato per ammassi, gli stessi membri delle brigate al Qassam sono a loro volta parte della popolazione

è una delle cose che è sempre successo in questi 40 anni raccontata da tutti e che il legame fra ammass e la popolazione è sempre stato molto stretto perché ammassa ha sempre vissuto in mezzo la popolazione, ha fatto parte della popolazione, cosa che è cambiata però negli ultimi anni nel senso che sempre di più dentro Gaza la percezione è che ammassi si è diventato un regime, non più una resistenza, è una parola che è nello stesso acronimo di ammass ma un regime

e questo ovviamente ha cambiato molto negli ultimi anni.

Questo cambiamento di cui ha parlato, tu l'hai visto di persona andando a Gaza?

Sì, tutta la ricerca su ammassa è stata fatta fra Gerusalemme, Gaza, la Cisjordania, i luoghi in cui ammassa si è diffusa, quindi ho incontrato militanti, ho incontrato leader, ho incontrato parlamentari quando nel 2006, 2007

Sì, la situazione si è radicalizzata perché dopo l'embargo, il boccottaggio del governo di ammassa, quello che sembrava un'apertura, cioè essere all'interno di una democrazia rappresentativa è crollata come alternativa.

Le porte di Gaza si sono chiusi, i ragazzi, i bambini, i ragazzi hanno pensato bene, allora rimane solo lo strumento della radicalizzazione.

Questo è successo, è successo nei fatti, c'è anche un'altra cosa però che nel farsi di questo regime dentro Gaza, vi è stata una militarizzazione di ammassa,

cioè quindi non più solo le brigade al Qassam come erano all'inizio, ma una militarizzazione, una vera e propria presenza militare dentro Gaza che si è evoluta nel modo in cui abbiamo anche visto,

cioè di una forza militare che riesce a uscire da Gaza e a compiere crimini di guerra come sono quelli che sono stati compiuti il 7 ottobre del 2023.

Grazie a Paola Caridin. Grazie a voi.

Martina Ricchiuti, capore d'attrice di Internazionale Kids racconta un articolo uscito sul nuovo numero.

Del numero di Internazionale Kids in Edicola, trovate un articolo che si intitola a che serve l'economia. Molti pensano che abbia solo che fare con i soldi,

ma in realtà si occupa anche della felicità e del futuro delle persone. L'articolo originale, tradotto dall'inglese, è uscito su una fonte particolarmente interessante.

Si chiama Frontiers for Young Minds ed è un sito che raccoglie ricerche scientifiche scritte da ricercatori e scienziate,

ma rilette da giovani autori per renderle più chiare e comprensibili.

Quindi in questo caso l'articolo è stato scritto da un premio Nobel per l'economia, Angus Ditton,

ma è stato poi riletto in qualche modo rimaneggiato da Matteo e Rica che hanno 10 e 14 anni.

Tutti e tre insieme hanno cercato di spiegare il significato di parole complicate come pill, macroeconomia o diseguaglianze economiche.

Se l'articolo vi è piaciuto, in libreria è da poco uscito un libro sull'argomento, che si intitola Non solo soldi, pubblicato da Feltenelli Kids.

Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli di Sottotitoli.

Questa era la voce di Nick Muhammad, un abitante del villaggio di Sarboland, uno dei tanti che è stato raso al suolo dal terremoto che ha colpito l'Afghanistan il 7 ottobre.

Siamo tornati a casa, racconta Muhammad, all'agenzia AFP, e abbiamo trovato tutto ridotto in polvere. Abbiamo cominciato a scavare con le pale e con qualunque altra cosa per tirare fuori dalle mascheri le donne e i bambini.

Qui sono morte quasi 30 persone e ci manca tutto, non abbiamo coperte niente.

Questo risattro naturale colpisce un Paese già in grande difficoltà umanitaria, per via delle sanzioni imposte contro regime dei Taliban.

E ora il governo del vicino Pakistan vuole spellere milioni di profughi afghani e rimandarli nel loro Paese.

Ne parliamo con Giunco Terrao, editor di Asia d'Internazionale.

Sambato la terra tre matò a Herat, che è la capitale dell'omonima provincia nell'est dell'Afghanistan ed è la terza città del Paese, che conta 570.000 abitanti.

Il sisma è stato di magnitude 6,3, quindi potentissimo ed è stato seguito da scosti di assestamento altrettanto forti.

L'epicentro è stato localizzato a 40 km nord-oves della città di Herat in una zona densamente popolata.

Secondo le autorità taliban i morti sarebbero almeno 3.000, chiaramente una stima definitiva arriverà tra un po' di tempo.

Comunque già si calcola che sia il sisma che ha fatto più vittime negli ultimi 20 anni in Afghanistan.

La situazione è disperata. Come hai detto tu, il terremoto colpisce un Paese già gravamente provato.

La gente nella zona colpita da sisma che ha letteralmente raso al suolo in terri villaggi,

scava mani nude per cercare di estrarle persone intrappolate sotto le macerie.

La TV Afghana, Tolo News, TV Indipendente, da quando ci sono i taliban, chiaramente non si può più dire indipendente, però comunque è una TV privata,

ha raggiunto un villaggio raso al suolo naibrafi nel punto più gravamente colpito dal sisma dove sono arrivati gli abitanti dei villaggi vicini ad aiutare

e un intervistato diceva non ci servono acqua o genere alimentari, ma ci servono attrezzi per scavare.

Per quanto riguarda gli aiuti internazionali, il governo dei taliban ha ricevuto offerte da altri Paesi?

Ogni volta che si verifica un evento così catastrofico, chiaramente le agenzie internazionali di soccorso lanciano le campagne

per la richiesta di contributi da parte dei Paesi più ricchi.

Questo, come dicevo, è il sisma con più vittime degli ultimi 20 anni, ma probabilmente gli aiuti internazionali non saranno commisurati alla gravità della situazione.

Questo per due motivi sostanzialmente. Il terremoto ha colpito sabato mentre Hamas ferrava l'attacco contro Israele

e quindi gli occhi del mondo da allora sono puntati in Medio Oriente.

E in più l'Afghanistan sconta ancora un pesante isolamento.

Da quando, il 15 agosto 2021, i taliban hanno ripreso il controllo del Paese.

Essendo un governo, quello dei taliban non riconosciuto ufficialmente da praticamente nessuno stato occidentale

quindi da nessun Paese in grado di mandare aiuti sostanziosi.

Appunto i Paesi sono resti a mandare aiuti economici o anche dei rati alimentari e beni di primo soccorso.

Perché pensano probabilmente anche con qualche ragione che se finiscono nel mani dei taliban poco arriverà la popolazione.

Quindi finora quello che è arrivato in quest'anno e mezzo è arrivato attraverso le agenzie internazionali.

In realtà però in quest'occasione l'appello delle Nazioni Unite è stato accolto ufficialmente solo da una mangiata di Paesi, tra cui Cina e Pakistan.

Ecco, parliamo proprio del Pakistan. Il ritorno dei taliban al potere ha avuto conseguenze importanti anche su questo Paese, vero?

Sì, principalmente alla punto di vista della sicurezza.

Da quando i taliban sono tornati al governo dell'Afghanistan, in Pakistan gli attacchi terroristici sono aumentati.

Si calcola che nel primo anno di regime dei taliban siano cresciuti del 50%.

L'ultimo, la settimana scorsa nel Belucistan, ha fatto più di 60 vittime.

Islamabad, nell'ultimo periodo, continua a puntare il dito contro i taliban che accusa di tollerare,

quando hanno una dottatura di proteggere, gruppi estremisti che appunto sono basati in Afghanistan

e varcano il confine per sferare gli attacchi in Pakistan.

In particolare, sono sotto accusa i taliban pakistani, che sono i cugini di quegli afghani.

Infatti, quando i taliban hanno ripreso Kabul, hanno liberato moltissimi pakistan talibani dalle carcerie afghane.

Inoltre, sempre da quando i taliban hanno ripreso il potere, quindi le truppe statunitense, le truppe occidentali, se ne sono andate,

si è rafforzato il gruppo stato eslamico nella regione.

In questo caso, sia Islamabad sia Kabul sono alle prese, con il rinvigorirsi dello stato eslamico.

Il governo pakistano però sembra anche puntare il dito contro la vasta comunità afgana che abita in Pakistan.

In questi giorni ha annunciato un'operazione in cui intende spellere tutti gli migrati senza documenti presenti in Pakistan,

tra cui appunto un numero altissimo di afghani.

È una conseguenza di questo ritorno del terrorismo in Pakistan?

Beh, questo annuncio Islamabad l'ha fatto pochi giorni dopo l'attentato di cui parlavo prima in Belucistan la settimana scorsa.

Quindi è rivolto ufficialmente a tutti i profoghi senza documenti, ma in realtà, innanzitutto gli afghani sono la comunità più numerosa di profoghi in Pakistan.

Il Pakistan è tradizionalmente la destinazione degli afghani che scappano dall'Europaese.

Nel 2001, dopo la caduta del primo governo dei Taliban e l'arrivo degli occidentali, moltissimi afghani sono tornati in Afghanistan,

ma poi, in agosto del 2021, il ritorno dei Taliban ha fatto sì che tantissimi sono di nuovo tornati in Pakistan.

Si conta più o meno 700.000 afghani hanno lasciato l'Afghanistan e sono nati in Pakistan.

Oggi gli afghani in Pakistan sono 3,7 milioni, anche se secondo Islamabad sarebbero di più 4,4 milioni,

e questa nuova misura del governo di Islamabad riguarderebbe 1,7 milione afghani, che si trovano in Pakistan, ma sono privi di documenti, di autorizzazione insomma.

Queste persone, entro il 1 novembre, dovranno lasciare il Paese.

Parliamo di un numero enorme di persone. Quali potrebbero essere le conseguenze a livello internazionale se questa misura sarà effettivamente messa in pratica?

In teoria, chi non lascerà il Paese nel 1 novembre sarà consegnato alle autorità afghane, quindi ai Taliban.

È presumibile che se appunto davvero sarà così prima di quella data, prima della deadline del 31 ottobre, molti se ne andranno dal Pakistan e difficilmente torneranno in Afghanistan.

Quindi è presumibile che molti di loro prenderanno la rottà verso l'Europa.

Grazie a Giunko Terau.

Grazie a voi.

Giorgio Cappozzo, che scrive la rubrica televisione su internazionale, consiglio un programma da guardare sul replay.

A noi che piace farci trascinare la dove la memoria latita, consiglio un programma del 1972 che potete trovare sul replay e che muove da una semplice domanda.

Cosa è la musica?

Il compositore Luciano Berio lo chiede ai suoi colleghi italiani internazionali.

John Cage, per esempio, sentenziò musica e tutto ciò che si sente.

Al compositore Elliot Carter Berio domanda perché la musica, quando c'è la guerra, quando la città brucia.

Carter sorride e poi risponde con un aneddoto.

Nel 1934, dice Carter, ero studente a Parigi e c'erano i fascisti francesi che avevano organizzato una grande dimostrazione a Place de la Concorde.

Quel giorno io avevo una lezione di contrapunto e dovevo attraversare tutta la città e fu uno dei pochissimi ad arrivarci.

La nostra insegnante, la celebre Nadia Boulanger, si guardò attorno a chiese dove fossero finiti tutti gli altri.

La risposta ovvia era che non si poteva arrivare se non attraversando Place de la Concorde,

perché quasi tutti abitavano nel quartiere latino e per andare a Montmartre occorreva percorrere il centro e ben pochi avevano voglia di farlo.

Le disse, se vera, la musica deve continuare sempre, anche in caso di tumulti.

E io sono d'accordo, dice Carter, rispondendo appunto alla domanda di Berio,

perché la musica ha lo straordinario vantaggio di tenere occupata la gente senza produrre altro che aria calda.

Un giorno tutti impareranno a fare musica e dimenticheremo come si fa a combattere.

Di questo aneddoto mi ha colpito la definizione aria calda, in contrapposizione all'aria compressa, all'aria fritta forse di colonnelli e ex generali.

Dalla redazione di internazionale per oggi è tutto.

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Hamas ha compiuto il 7 ottobre l’operazione militare e l'azione terroristica contro Israele più sanguinose dalla nascita dello Stato ebraico nel 1948. Il 7 ottobre la provincia di Herat, in Afghanistan, è stata colpita da un terremoto di magnitudo 6,3 che ha provocato quasi tremila vittime.
CON
Paola Caridi, giornalista e presidente di Lettera 22
Junko Terao, editor di Asia di Internazionale

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni e Vincenzo De Simone.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
Direzione creativa di Jonathan Zenti.