Indagini: Bologna, 12 giugno 1983 - Seconda parte

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Il 29 agosto 1983, poco più di due mesi dopo essere stato arrestato, su ricchezza del giudice

e struttore Francesco Ciancabilla viene sottoposto a perizia psichiatrica da parte del Professor

Sergio Molinari, ordinario di psicologia alla Facoltà di Medicina di Ferrara.

Scrive il professore nella sua rarrazione Quando la madre di Francesco Ciancabilla consegna

la stampa la sua convinzione di innocenza del figlio con la frase, l'aveva creato lei come

avrebbe potuto ucciderla, in realtà, con un intuito tutto materno, inconsciamente si avvicine

all'unico possibile movimento dell'eventuale omicidio, se l'aveva creato lei avrebbe potuto

anche distruggerlo.

Scrive ancora Molinari A nessuno può sfuggire leggendo le sue

pagine di diario, come dopo un'analisi della personalità di Francesco Ciancabilla,

sia che esso riguardasse un tratto della sua problematica sessualità sia che esso riguardasse

un tratto somatico, Francesco Alinovi finiva sempre per attribuire a sé stessa ciò che

prima aveva visto in Francesco, e succedeva anche il contrario, nel senso che tendeva

ad attribuire qualità propria a Francesco Ciancabilla, l'io di Francesco Alinovi era

senza altro un nio forte, la realtà su cui Francesco Alinovi voleva richiamare Francesco

Ciancabilla, vissuto come Alte Rego, aveva per lui l'effetto di un'emersione in un

mondo di mostre, certamente non c'era in Francesco Alinovi alcuna intenzione distruttiva

nei confronti di Ciancabilla, ma lui poteva viverla come tale.

E ancora sempre dalla relazione di Molinari, dietro la maschera di arrendevolezza Francesco

Ciancabilla nasconde la sua paura di tutto, e di tutti, e li guarda con diffidenza tutto

ciò che mi nasce il suo mondo interno, la sua prima reazione di fronte a una realtà

problematica e ripiego su se stesso, il conflitto tra il suo mondo interno e la realtà a cui

Francesco Alinovi voleva farlo accedere, rinuncia l'eroina, la passività sessuale

alle amicizie squallide, lo conduce direttamente ai suoi problemi.

Secondo Molinari, Francesco Ciancabilla ha una personalità con nuclei narcisistici e borderline.

È utile spiegare anche se in maniera ovviamente sommaria, cosa sono questi due disturbi?

Il disturbo borderline di personalità è caratterizzato da un'istabilitare lazionale.

Chi ne soffre ha rapporti con gli altri intensi, ma anche frustranti.

Ha paura delle perdite, reali o immaginari e questo lo può portare a gesti disperati.

Spesso poi chi ha un disturbo borderline ha comportamenti autolezionisti e l'autolezionismo

è il fine esclusivo di provare semplicemente qualcosa.

Tra le caratteristiche del disturbo, come spiega il DSM, manuale di Agnostico e Statistico

dei Disturbi Mentali, c'è una grande difficoltà gestire l'Arabia, con accessi di era, che

possono anche trasformarsi in gesti violenti.

A Francesco Ciancabilla, Sergio Molinari ha diagnosticato anche il disturbo narcisistico

di personalità.

Significa che la persona ha bisogno di una costante attenzione su di sé ed è alla continua

ricerca di elogi e di approvazione.

Il narcisista non riesce a identificarsi con i sentimenti degli altri, è un appresso che

totale mancanza di empatia e le sue relazioni sono strumentali a mantenere il proprio senso

di grandiosità e specialità.

Quando questo senso di grandezza non viene riconosciuto, il narcisista soffre di quella

che è definita ferita narcisistica, prova di sperazione, tristezza e rabbia, che nei

casi più gravi, possono portare all'aggressività.

La perizia psichiatrica si conclude con questa affermazione.

Qualora Ciancabilla fosse considerato colpevole del crimine di cui è accusato, egli, nel

momento in cui commise il fatto, si trovava in stato di infermita mentale tale da scemare

gravemente la sua capacità di intendere di volere, per i motivi già esposti, cioè per

una collusione dei nuclei narcisistici e borderline.

Tale scompensio deve essere messo in rapporto con la peculiarità della relazione che si

era instaurata tra l'imputato e Francesca Linovi, relazione che date le circostanze

particolari, che si sono potute solo ipotizzare in base ai diari e alla personalità della

vittima, è divenuta esplosiva, cioè incontrollabile da parte dell'imputato.

In sintesi, secondo la perizia, Ciancabilla l'ha fatto, l'ha fatto in uno stato di

incapacità di intendere di volere, ma appunto dice il consulente del giodice istruttore

se l'ha fatto.

Il medico dice anche che quando è incontrato Ciancabilla l'imputato presentava un funzionamento

intellettivo integrale e non era da ritenersi socialmente pericoloso perché scrive, qualora

il delitto sia stato commesso e incendibile dalla relazione con i partner e quindi vero

similmente irrepetibile.

In pratica non è pericoloso perché se l'ha fatto, cioè di peso dal tipo di relazione

che aveva con Francesca Linovi.

Quando viene reso a nota la perizia al resto del Carlino titola, si è stato Ciancabilla

e in fermo di mente.

Il titolo di Repubblica invece è sano di mente l'accusato del delitto a Linovi.

Io mi chiamo Stefano Nanzi, faccio il giornalista da tanti anni e nel corso della mia carriera

mi sono occupato di tante storie come questa, quelle che nel tempo vi sono diventate familiari

e altre che potreste non aver mai sentito nominare, storie di cronaca, di cronacanera,

di cronaca giudiziaria.

Il podcast che state ascoltando si intitola Indagini ed è prodotto dal posto, vi racconterò

mesi, una volta al mese, una di queste storie, tentando di mostrare non tanto il fatto di

cronaca in sé, il delitto in sé, bensì tutto quello che è successo dopo, il modo in cui

si è cercato di ricostruire la verità, le indagini giudiziarie e i processi con le

loro iniziative, le loro intuzioni e i loro errori, il modo in cui le indagini hanno

influenzato la reazione dei media e della società e il modo in cui media e la società hanno

influenzato le indagini.

L'Inquirenti sono convinti che Francesco Ciancabilla sia l'assassino di Francesca

Linovi. Esatto all'ultima persona ad averla vista viva e poi tante testimonianze hanno

parlato del loro rapporto conflittuale di come il ragazzo a volte fosse anche violento,

di come lei si lamentava che lui spendesse in eroina tutti i soldi che guadagnava con

la vendita di quadri. C'è la perizia psichiatrica, ci sono i diari di Alinovi, c'è il fatto

che lei non avrebbe mai aperto uno sconosciuto. Dall'altra parte i difensori di Ciancabilla

hanno spesso sostenuto che le indagini non hanno esplorato altre piste, che si è sempre

solo seguito a una strada, quella che indicava al ragazzo come colpevole, tralasciando tutto

il resto.

Dice lo scrittore Victor Matteucci, autore del libro Il Delitto Alinovi e il caso Ciancabilla.

Perché Ciancabilla è il perfetto giovane, diciamo, ha delle caratteristiche politiche

e culturali, sociali, perfette per essere individuato come il possibile assassino. Lo

dico perché frequenta ambienti extraparlamentari di sinistra, pur non essendo un attivista

politico, eccetera, però ha delle simpatie di questo tipo, anche se in quegli anni molti

di noi avevano simpatie in quell'area, quindi, diciamo, non è un elemento. Però, tanto

per chiarire perché si va direttamente su Francesco Ciancabilla e non si distoglie

lo sguardo, nonostante che ci siano, io lo scritto, senza voler accusare nessuno, senza

voler coinvolgere altri, ma se l'indagine evidenzia alcuni possibili altri sospettati.

Si analizzò in realtà la posizione di un'altra persona. Era un uomo che sui giornali

venne definito uno spasimante di Francesca di Novi, un uomo che più volte era stato

insistente. Usci da l'indagine quando venne verificato che suo alibi era confermato e

certo. Ma anche un'altra persona entrò nell'indagine. Era un'artista, un fotografo

di un'altra città. Venne interrogato perché, secondo due testimoni, aveva espresso negli

ultimi tempi e risentimenti nei confronti di Francesca di Novi, forse perché pensava

che lei non promuovesse a sufficienza il suo lavoro. Ma soprattutto una testimone si

ricordò che tempo prima, quell'uomo, quell'artista, aveva fatto nel bagno di casa di Novi una

scritta del tutto simile a quella rinvenuta il giorno dell'unicidio. Interrogato l'uomo

dichiarò, allo specchio scrissi una frase in inglese, la stessa che poi ho saputo che

è stata ritrovata e che si traduce all'incirca. A ogni modo non sei sola. Un'espressione

degli americani che significa, vai avanti, tieni duro. Intendevo lasciarle un augurio

affettuoso per il suo lavoro e tutti i progetti nuovi, che aveva e di cui mi aveva parlato.

Il giudice struttore mostrò all'uomo la fotografia della scritta trovata sulla finestra del bagno

di Via del Riccio 7. L'urispose venne messo a verbale. Prendo atto che la signoria vostra

mi mostra la fotografia della scritta trovata nel bagno della Rinovi e per averla vista

escludo di averla fatta io. La feci sullo specchio, non sul vetro della finestra, parecchio

tempo prima che Francesca morisse e la scrissa incorsivo, non in stampatello. Inoltre l'uomo

dice di aver fatto la scritta con un rossetto e non con una matita da troppo. Dice anche

che non aveva nessun risentimento verso Francescali Novi, ma anzi solo gratitudine. L'uomo di

cui non facciamo il nome perché le indagini conclusero che era totalmente strano e al

delitto, invitato a riscrivere la frase, la scrive però con il medesimo errore in inglese.

L'apostrofo, dopo la parola Yorra, venne considerato strano e al delitto perché proprio il 12

giugno 1983 era tornato da New York, era sbarcato a Milano lineate alle 12 e poi era andato

nella sua città dove aveva visto alcuni amici che poi confermarono l'alibi.

Resta per alla domanda su quella scritta. Chi l'ha fatta e quando? I due amici che hanno

dormito da Francescali Novi tra lundici e il 12 giugno dicono di non averla vista

quella mattina prima di uscire di casa. Vedremo poi come ha processo questo elemento verrà

affrontato dal pubblico ministero ed alla giuria. Le due persone, il cosiddetto spasimante

del fotografo che aveva fatto la scritta settimane prima, sono quelle su cui si concentrarono

le cosiddette piste alternative. Durante il processo si parlò molto di quelle che erano

state definite e le frequentazioni disordinate di Francescali Novi. Vennero citati du Romini,

un inglese americano e poi una persona alpin che lei aveva conosciuto durante un viaggio

in Turchia e che nei suoi diari chiamava il Signore della Droga. Niente di tutto questo

centrava assolutamente nulla con l'omicidio. Scrisse Francescali Novi in uno dei suoi diari.

Alpin è le mie notti turchi, insensatezza di me che mi giattò allo sbaraglio, mi tuffo nell'istante.

A Istanbul ho vissuto il presente così come era, accettando quel che mi capitava senza

respingere o ne selezionarlo. Bene, è quello che volevo. Ora devo sopravvivere,

sopravvando sulla pelle la cultura della sopravvivenza. Felice e appagata,

stanca ma piena di energie intime, di un orgasmo interno di piacere.

Istanbul mi ha dato la carica, lebrezza del rischio, la tensione dell'avventure.

Finalmente, distaccata ora da Francesco in tenere da Alpin, sono più che mai convinta

che la mia vita non possa essere che questa, transitare, scordere, fluire velocemente sulla

superficie delle cose, per odorarne e succhiarne la profondità.

Se ci sono indizi che sostengono le tesi della cosa, ci sono altri elementi che però sono a

favore di Ciancabilla. C'è la scritta, lui non l'ha fatta, lo dice la perizia caligrafica,

e non è nemmeno di Francescali Novi, non è la sua scrittura. Ci sono i vestiti di Ciancabilla,

su cui non è stata rilevata nessuna traccia. È vero che gli strumenti scientifici di

allora non erano gli stessi di oggi, ma qualcosa anche minima, dovrebbe essere rimasta.

Non c'è nessuna traccia di sangue di Ciancabilla nemmeno sugli abiti di Francescali Novi. Difficile,

secondo i difensori, colpire una persona 47 volte con un piccolo coltello e non prodursi nemmeno un

taglio. E poi c'è un altro elemento. Sono stati rilevati schizzi di sangue, sangue di Francescali

Novi, attorno all'interruttore della luce vicino all'ingresso dell'appartamento. Come se

l'assassino facendo un movimento per premere l'interruttore, avesse proiettato il sangue che

aveva sulla mano sul braccio, proprio attorno all'interruttore. Ma se l'omicidio ha venuto

alle 18 e 12, come se ostiene l'accusa in base alla perizia del medico legale a quella sull'orologio

Rolex, perché accendere o spegnere la luce, visto che il 12 giugno la finestra è aperta e quindi

c'è luce piena e insomma, è giorno? Dice giornalista investigativo, Fabio San Vitale.

Sto le indagini furono fatte in maniera molto accurata e furono scartate anche alcune persone

nel corso delle indagini, o che erano conoscenti di Francesca, o lo stesso pittore d'entista che

aveva lasciato la scritta su in alto sul vetro del bagno. Si andarono a verificare altre situazioni,

certo era difficile uscire dalla cerchia dei conoscenti di Francesca, le novi, perché per

esempio lei apriva la porta solo dopo essersi affacciata dalla finestra che dava su via del riccio

per controllare. Perciò l'ingresso di uno sconosciuto era un fatto abbastanza improvabile. L'autopsia

stessa restringeva l'ora della morte tra l'anno il 17 e le 22 e 23, ma dopo le 20 non abbiamo più

segni di vita di Francesca di Novi, dalle 20 e 30 il telefono squilla guodo, i vicini che rientrano

appunto alle 20 non sentono nulla, quindi bisogna dedurre il termine più alto, quello

delle 23 vada verosimilmente ristretto alle 20, non ci sono segni dell'assunzione di una cena che

magari quel caso ci sarebbe stata, visto che non aveva praticamente apprazzato. Quindi era logico

restringere il campo una fascia orario tra le 17 e le 20 ed esclusi altri personaggi, era logico

andare su Ciancabilla che per sua stessa missione era uscito da quella causa nel 19 e 30. Ciancabilla

da Stronde ha un passato di situazioni più alente che naturalmente facevano sì che si andasse anche

a verificare una sua personalità, solo poche settimane prima o pochi mesi prima aveva aggredito

con un coltello e c'erano molti testimoni, un signore anziano vicino di casa che l'hanno andato,

siamo a un'altra parte di Bologna, via Santo Stefano, a dire ma questa festa, questo casino,

non riesco a dormire e c'hanno stata un'aggressione con il coltello che volevo affermato gli amici,

quindi le ritornavano una serie di elementi anche personologici di Ciancabilla che non potevano

fare sì che le indagini non controllasse la sua posizione. Poi c'è un'altra perizia su cui si

discuterà molto il processo e quella tossicologica. Francesco Ciancabilla ha detto che il pomeriggio

del 12 giugno, attorno alle 17, lui e Francesca Linovia hanno snifato un po' di cocaína,

quella che era avanzata dal giorno precedente che era stata regalata la donna da due amici.

Il perito rileva che dalle analisi risultano tracce di metaboliti della cocaína ma non c'è

presenza di cocaína pura, va spiegato bene che cosa significa. All'interno dell'organismo

la cocaína viene rapidamente idrolizzata a benzoelec gonina, cioè appunto il principale

metabolita della cocaína. È la prova di assunzione di cocaína che rimane nell'organismo umano per

molte ore o per molti giorni nel caso dei consumatori cronici. La cocaína non modificata,

resta invece nell'organismo in media 7-8 ore dopo l'assunzione. Raramente se ne trova traccia

oltre 12 ore. L'esito dell'esame ha chiarito che nell'organismo di Francesca Linovia non c'è

traccia di cocaína non modificata ma ci sono appunto tracce di metaboliti. Come è possibile?

L'accusa arriva a una conclusione. Ciancabilla ha mentito, quel pomeriggio Francesca Linovia non

ha assunto cocaína mentre ne aveva presa il giorno precedente. Oppure Francesca Linovia ha fatto

finta di assumere cocaína e in realtà non l'ha fatto. Ma perché avrebbe dovuto fingere?

E perché Ciancabilla avrebbe dovuto mentire su questo punto? Se invece fosse vero,

ciò che ha detto Ciancabilla, cioè che Francesca Linovia ha assunto cocaína verso

le 17 del 12 giugno e visto che non c'è traccia nel suo organismo della sostanza non modificata,

la morte sarebbe dovuta sopraggiungere dopo le 24, cioè oltre l'orario indicato dalla

perizia medico-legale e da quella sull'orologia. Ma contro Francesca Ciancabilla c'è anche un

altro elemento che si ritrova spesso in tante storie di delitti e cioè la sua reazione viene

descritta come freddo, quasi distaccato. Non sarebbe corso a Bologna dopo aver saputo quello

che era accaduto. Anche i funzionari di polizia che per primi lo interrogarono parlarono di

imperturbabilità. Non c'è però un modo codificato per reggere a notizie anche terribili. Non c'è

una regola, non è possibile un encasellamento. Quello è colpievole perché ha reagito così,

quell'altro invece innocente perché ha reagito in quell'altro modo. Ognuno vive le emozioni

anche più devastanti a proprio modo. Non si è innocenti perché ci si dispera o assassini

perché si rimane imperturbabili. E' pubblico ministero della fase struttoria anche individuato

il possibile inmovente. Da idea reemerge che Francesca Linovi era stufa del rapporto con

Ciancabilla, che voleva chiudere che iniziava anche ad avere sentimenti negativi nei confronti

del ragazzo.

Crollo di un mito, crollo di un amore che sembra impossibile ora aver provato.

Cecca per due anni, per due anni pazza d'amore. Anche stasera sono stata male. Tortura

orribile di ore. A ognuno il suo ambiente, quello il suo, io il mio. L'ambiente non è

indifferente alla persona. Io ho scelto gli ambienti più congeniali, ho fatto sforzi enormi,

una fatica enorme per sottrarmi ad ambienti che detestavo, che mi facevano stare male,

per sottrarmi a persone che sentivo fisicamente e mentalmente strane.

Ho impiegato anni per sentirmi bene, ho dimenticato gli orrore e conquistato una zona di benessere,

raggiunta una personalità definitiva, mia, aristocratica, ok, rompi balle, esigente.

Poi ho voluto e pensato di essere tanto forte da vincere gli ambienti, vincere i derellitti,

gli squallidi, vincere le resistenze, le repulsioni, gli schifi.

Ho pensato di possedere tanto carisma da nobilitare e trasfigurare con la mia presenza tutto,

anche le cose che detesto. Gli rimarra comunque la palma degli orrori, dei tanti orrori,

uno di seguito all'altro. Mi dispiace solo di aver sbottato, avrei dovuto essere più signora,

proprio in opposizione al suo squallore. Ma è scritto così di lui, mai pensato così di lui,

mai visto così nitidamente chiaro di lui. Data storica. 13 febbraio 1981, 9 marzo 1983,

due anni, un mese, sei giorni, stop. Ho finito di amare lui prima ancora di aver finito il

libricino che era stato iniziato per finire di amare lui. Mancano infatti alcune pagine bianche.

Il 21 giugno 1984, la giudice istruttore Daniele Ammagagnoli dispone a rinvia giudizio di Francesco

Ciancabilla e queste sono le esatte parole del provvedimento. Avanti alla Corte di Assise di

Bologna perché vi risponda di cui agli articoli 575 e 577 numero 4 e 61 numero 4 del codice penale,

perché colpendo ripetutamente al corpo con arma da punta e taglio a Francesca Linovi con crudeltà

ne cagionava la morte. Nelle 20 pagine del rinvia giudizio si fa riferimento ai vari episodi

che confermerebbero una latente aggressività di Francesco Ciancabilla. C'è scritto poi,

sono parole del rinvia giudizio, che la vittima indossava gli stessi abitiche aveva quando era andata

a prendere il ragazzo alle 15 di quel giorno e che non era quindi vestita come chi sta dormendo

o si prepara comunque a trascorrere la serata da sola in casa o a dormire. I vicini di casa

tornati attorno alle 20 non hanno sentito alcun rumore e poi scritto sempre nel rinvia giudizio.

La perizia sull'orologio ha stabilito che l'ultimo movimento del polso della vittima è stato a o alle

18-12 del 12 giugno o alle 6-12 del 13, ma questa seconda ipotesi non si concilia con le

conclusioni medicolegali. Neppure i consulenti della difesa sostengono che la morte possa essersi

verificata alle 6 del lunedì 13 giugno, e neanche la perizia tossicologica smintisce tapee

che la assunzione di cocaina, sempre che la linove l'abbia assunta a domenica pomeriggio e però

certe l'assunzione del sabato pomeriggio, controdica la conclusione avvenuta,

dunque tutto considerato quando con Francesca di era solo Ciancabella.

Il processo che come detto è un processo indiziario, inizia Bologna il 3 gennaio 1985,

si svolge in 12 udienze, la Repubblica Titola, mistero sul delito del Dams, 47 coltellate senza

movente. Ciancabella conferma la sua versione, minimizza i contenuti dell'elitico Nalinovi e nega

di essere un tossico dipendente, dice di aver smesso di assumere heroina oltre un anno prima

dell'arresto. Si parla molto della scritta nebagno, una testimone studentessa amica della

vittima dice di aver visto la scritta nebagno alcune settimane prima dell'omicidio, dice la scritta

era in carattere corsivo, un po' particolare, come quello dei giornali, molto chiaro all'inglese.

La scritta, da me vista, era in nero e non era stata scritta sullo specchio, posto

sull'avandino. Quindi a parte particolare del corsivo, secondo la testimone, la scritta

trovata il giorno dell'omicidio, era sulla finestra e della stessa che lei aveva già visto.

Ma allora perché i due amici ospiti di Francesca Linovi la mattina del 12 giugno l'hanno notata?

Viene data finalmente una risposta alla domanda sul proprietario degli occhiali Raiban trovati

nel bagno della vittima. Erano della stessa Francesca Linovi, che gli aveva fatti fare

un ottico di Bologna nel 1980, prima di iniziare a usare le lenti a contatto.

Francesco Ciancabilla partecipa a tutte le audience. Ancora una volta i giornali lo descrivono

freddo, distaccato. Quando viene interrogato, parla del suo rapporto con la vittima.

Ecco un estratto dal TG3 a regionale del 9 gennaio 1985.

È la mia migliore amica, persona da quale potevo comprendermi più su moltissimi aspetti,

anche su ciò su cui si poteva contrastare, non so anche su Veltensciano diverse, però c'era

una totale comprensione quando ci parlavamo. Proprio, è la mia migliore amica che teve

la questione e la definizione che posso dare.

Il pubblico amministra ero ricordo poi a Ciancabilla una frase che ha pronunciato.

Il fatto di essere arrestato mi ha un po' alliviato il dolore della morte di Francesca.

Se io non fossi stato arrestato avrei sofferto di più. E' vero?

Beh, hanno passati già da mesi comunque quando mi hanno fatto quella domanda ed erano mesi che

ero in tarce, ero lontano da tutti, da tutte le persone che conoscevo, dei miei e quindi anche

da Francesca. Praticamente non sentivo la sua lontananza proprio come moche, in tarce,

stando fuori di chiaramente qualsiasi cosa mi avrebbe ricordato la sua sense.

Il 31 gennaio 1985 la Corte d'Assise di Bologna decide.

Assolve Francesco Ciancabilla per insufficienza di prove. La formula di proscioglimento o

assoluzione per insufficienza di prove è stata abrogata dal nuovo codice,

entrato in vigore nel 1989 perché è ritenuta incompatibile con la presunzione di non colpevolezza

prevista dall'articolo 27 della costituzione che dice testualmente. L'imputato non è considerato

colpevole, sino alla condanna definitiva. È stata di fatto un'abolizione formale,

cioè è stata eliminata la formula, ma è secondo comma dell'articolo 530 del nuovo codice impone

comunque al giudice di pronunciare una sentenza di assoluzione anche quando è insufficiente o

contraddittoria alla prova che il fatto sussista o che l'imputato l'abbia commesso. I giudici,

nelle motivazioni della sentenza, evidenziano che il medico legale è individuato nella sua

relazione iniziale l'orario del decesso in un arco di tempo di 5 ore giudicando in ogni

caso a meno fallibile dunque più probabile il periodo intorno alle 22-23 di domenica 12

giugno, piuttosto che prima. In effetti, leggendo il verbale della

deposizione del medico legale si legge, la data della morte la colloca tra le 20 e le 21,

che ha allungato fino alle 23. Basta questo, secondo la giuria, a creare quel ragionevole

dubbio che porta alla soluzione per insufficienza di proe. In base a quanto ho dichiarato del

medico legale che però in deposizioni successive specificò meglio l'orario della morte in seguito

ad analisi più accurate, la giuria ritenne non determinante perché non poteva fornire

elementi certi, la perezza sul loro roggio Rolex. Nelle motivazioni venne anche scritto

che il silenzio da casa Alinovi dopo le ore 19 era un indizio equivoco, così come la mancata

risposta della Alinovia alle telefonate arrivate nel tardo pomeriggio, quanto al fatto che

la vittima fosse vestita esattamente con il primo pomeriggio dimostra, scrise la Corte,

che il delitto non è avvenuto notte tempo, ma non che sia avvenuto tra le 17 e le 19.30

della domenica, né che Alinovi non si è uscita attorno alle 20.45 e ritornati in compagnia di

qualcuno, che potrebbe essere l'assassino. Poi manca secondo la Corte un preciso movimento.

Inoltre non si può escludere che il vero assassino sia stato un altro conoscente della Alinovi,

che nutriva verso di lei sentimenti di astio, rancore, risentimento,

gelosia, invidia per il successo. Il giorno della soluzione Francesco Ciancabilla lascia il

carcere. Era detenuto dal 21 giugno 1983, più di 18 mesi. L'accusò di accautelare in carcere o

carcere azione preventive è la più grave tra le misure cautelari. È disciplinata dall'articolo

285 del codice di procedura penale. Viene applicata se gli indizi di colpevolezza sono

gravi e se è presente almeno una delle tre esigenze previste dal codice, e cioè pericolo per

l'acquisizione o la genuinità della prova. Pericolo di fuga, reiterazione del reato con missione di

altri specifici reati. Il tempo trascorsi in costo di accautelare in carcere o agli

arresti domiciliari va poi sottratto all'eventuale pena detentiva. Ma torniamo a quello che viene

comunemente ricordato come il delitto del dams, anche se poi il dams ovviamente non c'entra nulla.

Il pubblico ministero impugna la sentenza di assoluzione, c'è quindi un processo d'appello.

Il processo d'appello è diverso da quello di primo grado, la regola è che si discute delle

prove già acquisite in precedenza, salvo quelle che vengono definite assolute necessità e che

vengono decise dalla stessa corte, cioè missione di nuove prove o ampliamento,

perfeuzionamento o chiarimento di prove già acquisite. In pratica il removibile e la ricostruzione

dei fatti è venuto in primo grado. Nell'impunnazione della sentenza di primo grado, il pubblico

ministero ha chiesto in questo caso e riascolto dei tre periti principali, medico legale,

psichiatra e tossicologo, ed è le due testimone più vicine alla vittima, la sorella Brenna e una

minkha, a aurora l'usardi. La difesa anch'essa è impugnato la sentenza denunciando la discrasia

fra le motivazioni della prima sentenza e dispositivo con la quale è stata adottata la

sentenza. In pratica secondo la difesa non doveva esserci la soluzione per insufficienza di prove,

ma la soluzione con la cosiddetta formula piena. La difesa non chiede che venga ascoltato il

perito che aveva esaminato l'orologio Rawlings, limitandosi a contestare un errore commesso

dalla polizia giudiziaria che non ha subito asportato l'orologio dal corpo della vittima e che poi

lui ha restituito troppo sollecitamente al cognato di Francesca Linovi. Questo però non serve a

mettere in discussione la conclusione del perito sulla forza del movimento per inerzia della durata

di 35 ore. Non viene nemmeno messo in dubbio il fatto che l'orologio fosse pienamente carico,

visto che non ci sono prove e testimonianze che contraddicano quanto è stato affermato dagli

amici e cioè che Francesca Linovi, quell'orologio non se lo toglieva mai. È un processo quello

d'appello che si basa quasi esclusivamente sulle perizie. Il consulente che ha effettuato la

perizia psichiatrica ripete fondamentalmente ciò che aveva scritto nella sua relazione. Il

perito medico legale dice, mentre in un primo momento avevo detto, almeno tre giorni, dalle

ore 20 e 30, poi ho inteso modificare, almeno tre giorni, dalle ore 20 e 30, più un'ora e mezza

due e soltanto a crescere. Questo in base alle analisi effettuate durante l'autopsia. Quindi è

la conclusione del medico legale se si parte dalle ore 20 e 30 del giorno del ritrovamento del

corpo di Francesca Linovi e si torna indietro di tre giorni più un'ora e mezza due, si arriva alle

18 e 30, 19 del 12 giugno, cioè quando Francesco Ciancabilla era in quella casa. Il teossicologo

dice, tenuto presente che le tracce da me rilevate sono di minima entità, devo dire che quelle tracce

potrebbero anche essere compatibili con l'ipotesi che la vittima avesse fruito di un'unica

assunzione di cocaína, sabato sera, cioè potrebbe essere che domenica pomeriggio non ne avesse assunta.

Alle 17.25 del 13 dicembre 1986, dopo 7 ore di camera di consiglio, la corte mette la sentenza,

dichiara l'imputato colpevole di omicidio doloso aggravato e ritenuta sussistente l'addiminuente

del vizio parziale di mente, prevalente rispetto alla gravante dell'aver agito con crudettà,

lo condanna la pena di anni 15 di reclusione. Viene cioè accettata la tesi del perito,

che è effettuato la perizia psichiatrica. Quando Ciancabilla ha ucciso, lo ha fatto in uno stato

di semi-infermità mentale. 15 anni di carcere per omicidio volontario con l'attenuante della

semi-infermità mentale, una sentenza che pur non ricalcando esattamente nessuna delle richieste

presentate in questi giorni delle parti, si colloca logicamente tra l'ergastolo per omicidio

volontario chiesto dalla pubblica accusa e la condanna per omicidio pretere intenzionale suggerita

dalla parte cidile. Ciancabilla ha ucciso volontariamente questa l'opinione della Corte,

ma impreda Duraptus che ne ha nullato la capacità di intendere.

La Corte individuò tre moventi possibili. Un gioco erottico finito male,

il rifiuto di Francesca Linovi di dare a Ciancabilla soldi per contrarsi l'eurollina,

la decisione di Francesca Linovi di lasciare Ciancabilla. Così anni dopo,

intervissato da Franca Leosini, Ciancabilla parlò di quei moventi e poi di quella sentenza.

Non esiste un movimento se ne incontro anche tre addirittura, però i tre mi sembrava un po'

assurdo. Il gioco erottico non c'era nessun tipo di gioco erottico tra me e Francesca,

non c'era neanche rapporti sensuali, in meno ancora giochi erotici. Il movimento dei soldi,

di un rifiuto, di dare i soldi per la droga, però se il giorno prima Francesca mi aveva

pagato un quadro che le stesse aveva venduto alla sua amica, e il terzo movimento che le

aveva detto. Perché Francesca non aveva voluto lasciarmi. Francesca non ha mai voluto lasciarmi,

addirittura anche la sorella le mi diceva che ammette che quel giorno stesso parlando con

Francesca per telefono, Francesca aveva raccontato che era molto contento del mio lavoro, che voleva

aumentare il prezzo dei miei quadri, non mi sono mai sentito bandoato. Francesca era appunto

di istratto chistico e neanche umano. Oltretutto mi hanno contato 15 anni per un amicidio,

una condanna ridicola quasi per la sua pochezza, voleva dire, 15 anni per un amicidio molto poco,

quindi forse non c'era una grande convinzione anche da parte dei giudici.

Alla fine della lettura della sentenza, il 13 dicembre 1986, il giudice ordina la cattura di

Ciancabilla, solo che Francesco Ciancabilla non c'è più. Non si è presentato all'ultima

evidenza, se ne ha andato. Le motivazioni della sentenza vengono depositate in cancelleria e

quindi rese pubbliche il 4 giugno 1987. C'è scritto che i primi giudici, quelli di primo

grado, sono incorsi in un grave errore, nell'interpretare le conclusioni del perito circa

l'arco temporale in cui deve si attendibilmente collocare la morte dell'allinovi. In sostanza,

dicono i giudici del processo d'appello, è una certezza granitica, data sia dalla perizia

del medico legale sia dalla perizia sullo relogio, che Francesco Alinovi sia morta quando

in casa c'era Ciancabilla. Secondi giudici, le modalità delle 47 ferite, l'arma usata,

che ricordiamo, non è mai stata individuata, escludono l'ipotesi di un rapinatore o di

un assassino premeditato. Le presenze e i movimenti degli altri inquilini di Via del Riccio escludono

che si sia verificato una scena delituosa dopo le ore 20. La perizia tossicologica redatta su dati

incerti, condizionata da troppe variabili, riferita da stratte ipotesi stereotipi, non

contraddice in indizi convergenti. I giudici scrivono anche che Ciancabilla si fece portare

una dose di heroina alla stazione perché indotto da una esigenza di natura emotiva, dalla assoluta

necessità di nascondere negli effetti struppefacenti, le angosce dovute a uno sconvolgente turbamento

emotivo. In pratica, ha ucciso e dopo ha dovuto assumere heroina per non pensarci.

E la mancanza di sangue sugli abiti di Ciancabilla? I giudici la definiscono in rilevante perché

scrissero il giovane indossava quel giorno per sua stessa missione una camicia a maniche corte

sicche le braccia più esposte al rischio di restare imbrattate non erano protette da

indumenti e perché durante le pugnalate si verificò un versamento di sangue molto modesse.

Col giorno secondo i giudici probabilmente scoppia una lite. I giudici parlarono di

singolare individualità di Francesca, combatuta da due opposte personalità,

quella razionale e quella sentimentale, e rilevanza e bianche la delicata questione della

sessualità, il normale desiderio da parte di lei e l'assoluta precolusione da parte di lui.

E la scritta nel bagno? Le motivazioni non ne parla. Durante il processo l'accusa ha

sostenuto che quella scritta era sempre stata lì, in quel punto. Il ricordo se fosse stata fatta

in corsivo in stampatello non era determinante. E il fatto che due ospiti di Francesca Linovi

non la viderò? Secondo l'accusa uno era mio e per lavarsi il viso si era tolto gli occhiali

e l'altro si sciacquò frettolosamente. Nel maggio del 1988 la Corte di Cassazione

confermò la condanna di Francesco Ciancabilla. Lui restò l'attitante per dieci anni,

in Brasile, Argentina, Spagna, con diversi nomi. Se anni dopo la sentenza della Cassazione,

i difensori di Ciancabilla presentarono una prima estanza di revisione del processo contenente

una nuova perizia su loro loggio Rolex e sulla paternità della scritta nel bagno.

La richiesta di revisione fu respinta. Un'altra richiesta di revisione fu presentata e

rispinta. L'unità titolò. Ciancabilla ha perso anche l'ultimo treno. I giudici dicono no a

un nuovo processo. Francesco Ciancabilla viene arrestato in Spagna il 22 gennaio 1997,

rimasto l'attitante per dieci anni, a 35 anni. Gli ultimi periodi li ha tascorsi a Madrid,

con identità diversa a seconda di casi. Giampiero Consoli, Giampiero Contini, Fabio Fierre,

ha lavorato in un bano. In Brasile aveva ricominciato a dipingere. Aveva conosciuto una donna che

l'aveva introdotto presso alcune gallerie e sponeva i suoi quadri. Smette quando qualcuno durante

un'esposizione riconosce una sua opera, il suo stile. Raccontando della sua latitanza,

Repubblica scrive a San Paolo, Droga e belle donne. Il giornale parla di una donna più

grande che si sarebbe innamorata di lui. Un altro articolo quant'è il giorno dopo,

parla del periodo trascorso a Madrid. Il titolo questa volta è La Comune di Francesco,

L'Inquilini, un via vai di ragazzi giorno e notte. Quando viene arrestato la madre dice

e la fine di un incubo, vivere dalla titante e stare in un carcere a cielo aperto.

La tradizione in Italia viene il 20 novembre 1997. D'11 giugno 1998 viene depositato una

nuova richiesta di revisione del processo, basata questa volta sulla perizia tossicologica. Anche

questa richiesta viene respinta. E viene respinta anche una richiesta successiva dell'avvocato

Gamberini, basata sullo messo interrogatorio del perito dell'Orologiano e processo di primo

grado. I 24 febbraio 2001 Francesco Ciancabilla viene concesse alla semi-libertà da tribunale

di sorveglianza dell'Aquila, che è quello competente perché il detenuto è stato trasferito

da carcere di bollate a Milano, a quello di vasto. All'appena di 15 anni di reclusione è stato

sottratto il periodo trascorso in carcerazione preventiva. Ci sono stati poi condoni deliberati

dallo Stato e in 90 giorni per ogni anno di detenzione, come previsto dalla legge,

se condannato a seguito in carcere una condotta regolare e stossanza se si è comportato bene.

L'appena iniziale si è così ridotta morto. Per questo dopo quattro anni Ciancabilla può

chiedere di accedere ai benefici di legge che li vengono concessi. Viene trasferito a pescara

da veri sedoni genitori. Di giorno lavori in uno studio di architettura, di sera rientra in

carcere. Il 18 gennaio 2006 Francesco Ciancabilla riacquista la piena libertà. A trascorso

in carcere, compresa il periodo di carcerazione preventiva, 12 anni, di cui quattro anni e

due mesi in regime di semi-libertà. Nel 2010 il suo illegale ha chiesto di poter accedere ai

reperti e cioè principalmente agli abiti indossati da Francesca Linovi il giorno in cui è stato

uccisa. Con le nuove tecniche scientifiche avrebbero potuto fornire elementi non rilevati negli

anni 80. Quei reperti però non ci sono più, sono stati distrutti dopo il processo di secondo grado.

Ancora oggi tra coloro che allora seguirono in caso c'è una divisione netta tra chi

considera Ciancabilla assolutamente colpibile e chi è convinto assolutamente della sua innocenza.

E molti dicono che in questo processo è ragionevole dubbio c'era ed era evidente. Francesco

Ciancabilla da tempo ripreso a dipingere. Di Francesca Linovi, di ciò che rappresentò per

in mondo dell'arte in quegli anni e di cosa avrebbe potuto rappresentare negli anni a venire,

si è detto scritto molto. Ha detto Claudio Marra, suo amico docente del dams. Visto ciò di cui

è stata capace in pochissimi anni dobbiamo dire che è stata una perdita gravissima. Però delle

cose ne abbiamo, abbiamo i suoi scritti e abbiamo i libri e gli studenti continuano a leggerli con

interesse, sono di un grande valore. Scrisse Francesco Linovi in una pagina del suo diario.

Ecco, a volte credo di essere morta perché il mondo mi sembra un inventario. Tanti oggetti

che forse posso vedere, tante persone che forse posso incontrare e che scorrono sulla superficie,

tanti eventi che forse possono accadere. Non ne desidero fortemente nessuno. Io non

cerco più nessuno, vivo sola e la solitudine non mi pesa. Vivo sempre più sola. La scritta

sulla finestra del bagno diceva, io a notte l'on e n'i ue. Comunque, non sei sola.

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Il 15 giugno 1983, in via del Riccio 7, a Bologna, venne trovato il corpo di una donna. Era stata uccisa nel suo appartamento con molti colpi inferti da un piccolo coltello.
La donna, stabilì l’autopsia, era stata uccisa tre giorni prima, quindi il 12 giugno: si chiamava Francesca Alinovi, aveva 35 anni ed era insegnante al Dams, Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo dell’università di Bologna. Era una delle giovani critiche d’arte italiane più stimate e all’avanguardia, scopritrice di nuovi talenti. Era stata lei a portare per la prima volta in Italia l’arte dei graffitari newyorkesi, a far conoscere in Italia Keith Haring, a promuovere i disegni di Paz, Andrea Pazienza. Le indagini si concentrarono nell’ambiente del Dams e in particolare su un ragazzo, Francesco Ciancabilla, di dieci anni più giovane di Alinovi. Gli amici sostennero che Ciancabilla e Alinovi stessero insieme anche se lui nel corso delle indagini lo negò. Vennero analizzati i diari scritti dalla vittima in cui lei parlava del suo rapporto con il ragazzo, del loro legame ma anche del fatto che lui si rifiutasse di avere rapporti sessuali.
Complesse perizie, compresa una su un orologio che era al polso della vittima, indicarono l’ora della morte intorno alle 18-19 del 12 giugno 1983 quando Ciancabilla, per sua stessa ammissione, a casa della critica d’arte. Ciancabilla però si è sempre dichiarato innocente.
Il processo a Francesco Ciancabilla fu un processo indiziario, senza prove ma con una serie di elementi che, secondo il pubblico ministero, portavano a una conclusione logica: che il ragazzo fosse colpevole.
Detenuto in carcerazione preventiva da quasi due anni, Ciancabilla fu assolto in primo grado e poi condannato nel processo d’appello a 16 anni di carcere. Nel frattempo, però, aveva lasciato l’Italia. Restò latitante dieci anni prima di essere arrestato in Spagna. Per quattro volte una richiesat di revisione del processo venne respinta.
Ha scontato la sua pena e oggi è un uomo senza nessuna pendenza con la giustizia.
Ha continuato a dichiararsi innocente. Secondo molte delle persone che seguirono il caso e il processo, quel procedimento non rispettò il principio del ragionevole dubbio.

Indagini è un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi