Il Mondo: Anche la Somalia colpita dalle alluvioni, sono 250mila gli sfollati. Alice Sebold e un tragico caso di scambio di persona

Internazionale Internazionale 5/24/23 - Episode Page - 21m - PDF Transcript

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Dalla redazione di Internazionale io sono Claudio Rossi Marcelli e questo è il mondo, il podcast quotidiano di Internazionale.

Oggi vi parleremo dell'alluvione insomalia e della scrittrice Alice Sebold e poi della democrazia in India ed un centro culturale itinerante.

È mercoledì 24 maggio 2023.

Il telegiornale della TV Kenyana NTV racconta delle devastanti inondazioni che stanno colpendo la Somalia da circa due mesi.

Mentre in Italia ancora si lotta contro gli effetti dell'alluvione in Emilia-Romagna, uno scenario simile, seppur in scala enormemente maggiore, si sta verificando nel corno d'Africa.

L'ostrarripamento del fiume Chabelle nella Somalia centrale ha costretto oltre 250.000 persone ad abbandonare le loro case.

E i danni delle inondazioni pesano su una popolazione che era già gravemente messa alla prova da tre anni di siccità senza precedenti.

Ne parliamo con Francesca Sibani, editor di Africa di Internazionale.

Una decina di giorni fabbere, dueene, una città importante della Somalia centrale, il fiume Chabelle, che scende dagli altopiani etiopi, ha rotto l'arginia di terra che era stato costrito dagli abitanti a modi di fesa sommergendo circa l'80% dell'abitato.

Scuole ospedali hanno dovuto chiudere, case, campi e allevamenti di bestiamme sono stati allegati. Quasi 250.000 persone hanno abbandonato le loro case e sono trasferiti in campi profughi.

Ancora più paradossale rispetto al caso a noi più vicino che a quello dell'Emilia-Romagna, è che il Paese stava vivendo e in realtà sta ancora vivendo la siccità più grave degli ultimi 40 anni.

Una siccità ha cominciato nell'ottobre 2020 e che ha visto saltare ben cinque stagioni delle piogge. Per questo, se analizziamo come la stampa internazionale sta parlando della Somalia, ci troviamo di fronte a una copertura che sembra schizofrenica, con le notizie delle alluvioni da una parte e quelle delle richieste di aiuti per la siccità dall'altra.

Partiamo proprio dalle inondazioni. Innanzitutto, da quanto stanno andando avanti e da cosa sono state provocate esattamente?

Questa volta la stagione delle piogge è arrivata, diversamente da quanto è successo negli ultimi anni. La Somalia è un Paese che in generale è un clima molto arido con una temperatura media di 30 gradi.

La stagione delle piogge più intense si chiama GU ed arriva tra apri e leggiugno a seconda delle latitudini e poi c'è una seconda di piogge più leggere tra ottobre e novembre.

I cambiamenti climatici però hanno reso tutto questo più imprevedibile e abbiamo detto già che per tre anni non ci sono state quasi piogge e quando sono tornate sono state molto abbondanti, troppo abbondanti, alimentando la piena del fiume che, nonostante le precauzioni, è sondato.

Nella città di Bele Duene ha rotto proprio gli argini intorno all'inizio di maggio e il nove maggio. Il fiume è ancora a un livello di 8 metri superiore rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

E l'Agenzia degli Affari Humanitari delle Nazioni Unite fa notare che le piogge stanno alimentando le fonti d'acqua più superficiali, quindi questa è una notizia positiva, permettendo alla vegetazione di rigenerarsi, tuttavia per riparare i danni causati dalla siccità degli ultimi anni serviranno piogge ancora più abbondanti.

Parlando della siccità, ci hai detto che è stata la più lunga e grave degli ultimi decenni, che effetti ha avuto sulla popolazione?

Di questi effetti parla molto bene un incaricato del Presidente Somalo per la risposta alla siccità in un articolo che ha pubblicato sul Guardian.

Ci racconta che la Somalia è un paese vulnerabile da questo punto di vista e che, nonostante tutte le sue fragilità, non ha mai visto saltare così tante stagioni delle piogge di seguito.

Quindi il paese ha dovuto fare i conti con degli spostamenti di massa enormi, che oggi hanno fatto arrivare il numero degli sfollati nel paese a 3 milioni.

Nell'ottobre scorso si è evitato per un soffio di dover dichiarare la carestia, cioè quindi una situazione in cui, base a determinati criteri, c'è una parte consistenza della popolazione che non ha da mangiare,

che quindi muore di fame, ma ancora oggi ci sono 8 milioni di persone sulle 17 milioni totali che hanno ancora bisogno di aiuti urgenti.

In tutto questo c'entrano le condizioni climatiche difficili, c'entrano in parte i conflitti, ma soprattutto c'entrano queste perturbazioni incredibili del clima.

Qui la Somalia come paese contribuisce solo in minima parte perché produce una quantità molto piccola di emissioni inquinanti.

Questa situazione non riguarda solo la Somalia, ma tutti i paesi dell'Africa Orientale.

Ecco, ma parlando in particolare della Somalia, al di là degli effetti della crisi climatica, è un paese che è stato sempre esposto a questi cataclysmi naturali, oppure è una situazione che sta emergendo proprio adesso per questioni di cambiamento climatico?

L'anno scorso uno studio condotto da un'equipe internazionale di meteorologi si è concentrato proprio sulla siccità in Somalia, raccontando come abbia mandato in rovina raccolti, pascoli, abbia fatto morire animali, persone.

E ha addirittura alimentato i conflitti per le scarze risorse a disposizione.

Secondo questi meteorologi, in gran parte africani, la crisi climatica è alimentata dall'attività degli asseri umani e ha reso la siccità 100 volte più probabile rispetto a quello che poteva cadere in uno scenario per industriale, quindi quando le temperature erano ai livelli per industriali.

Un'altra stima relativa sempre all'anno scorso mostra che in Somalia potrebbe da esserci state 43.000 morti in eccesso dovute alle condizioni climatiche avverse.

E in tutto questo lo stato so, ma lo c'è? Qual è la situazione politica del paese adesso?

Da anni 90 la Somalia ha dovuto affrontare prima una lunga guerra civile che ha causato una grave instabilità politica.

In anni più recenti la minaccia principale è stata invece quella dell'organizzazione giadista al Shabab.

Contro di essa, il presidente Hassan Sheikh Mahmoud ha lanciato un'offensiva a Sompia Scala coinvolgendo anche delle milizie locali per riprendere il controllo dell'intero paese.

Ma potremmo dire che la faccenda è tutt'altro che chiusa, sappiamo inoltre che spesso la presenza di conflitti e di ribellioni armate può essere un acceleratore della carestia,

può succedere che i gruppi armati non collaborando con l'autorità o impedendo il passaggio degli aiuti umanitari ostacolino gli sforzi per contrastare la fame.

E a proposito di aiuti umanitari ci sono organizzazioni internazionali o paesi stranieri che stanno aiutando la Somalia in questo momento?

La Somalia riceve molti aiuti umanitari, si può dire che sia uno dei paesi che ne hanno ricevuti più al mondo in questi ultimi anni.

Un rappresentante del suo governo ha parlato di 8 miliardi di dollari da quando ci fu la carestia del 2011.

Il problema è che gli aiuti umanitari non bastano interrompere il circolo vizioso della dipendenza dagli aiuti.

In questi giorni è stato lanciato un nuovo appello delle Nazioni Unite per il corno d'Africa con l'intenzione di raccogliere 7 miliardi di dollari di aiuti.

È una somma incredibilmente alta che una 15 di anni fa bastava coprire disastri umanitari di tutto il mondo e che in questo caso invece viene richiesta per un singolo disastro.

Spesso questi appelli è vero che cadono nel vuoto e non raccolgono abbastanza fondi.

Tuttavia dobbiamo sapere che in quel denaro una volta che viene stanziato per gli interventi umanitari deve essere usato in quel modo.

Questo cosa significa che non può essere usato per interventi di prevenzione o interventi strutturali che possono aiutare i governi a mettere in campo delle strategie utili per contrastare l'effetto della crisi climatica.

È quello che dice un funzionario somalo sul Guardian che si chiede se questi interventi non debbano essere finanziati proprio da quei paesi che sono più responsabili della produzione di emissioni inquinanti.

Quindi i paesi del mondo sviluppato.

Grazie Francesca Sibani.

Grazie a voi.

Giunco Terrao, editor di Asia, racconta un articolo uscito sull'ultimo numero di internazionale.

La scrittrice indiana tocca poi diversi temi che riconduce alla crisi della democrazia.

Parla dagli eccesi della cancel culture di appropriazione inevitabile per chi scrive libre e narrativa.

Parla di intelligenza artificiale e chat GPT, di tecnologia e sorveglianza.

Il testo completo dell'intervento lo trovate nell'ultimo numero di internazionale.

La riliega che un discorso di magnitudine, con me, risponde a questo caso è molto profondo.

Ho fatto tutto che posso fare.

Ho sempre mostrato a persone che, hey, non sono quel tipo di ragazzo, non potrei essere quel tipo di ragazzo.

Un po' di door è stato salato per i miei paesi per i job.

Se volessi ai bambini, non riuserò a portare i bambini del mondo, perché è questo.

Quella che sentite è la voce di Anthony Broadwater, un uomo di 61 anni che ha passato 16 anni in carcere dopo essere stato condannato per stupro.

L'uomo era stato accusato nel 1981 dall'allora di Ciotene Alice Sebold, che poi sarebbe diventato una scrittrice di successo

e autrice tra l'altro del best seller gli amabili resti.

Broadwater è rimasto in carcere fino al 1999, ma alla fine del 2021, in modo quasi fortuito, è stato scaggiorato.

Questi giorni la storia è tornata da attualità grazie a un articolo del New Yorker.

Ce ne parla Giuseppe Rizzo, giornalista d'Internazionale.

L'articolo di Rachel Aviv sul New Yorker sta tirando molte attenzioni per diversi motivi.

Intanto per la notorietà dell'autrice di amabili resti.

Un libro che da quando è stato pubblicato ha venduto più di 10 milioni di coppie.

Un libro che Peter Jackson ha portato con successo al cinema e che ha fatto da Trino anche alle sordi ovvero e proprio di Alice Sebold,

e cioè Lucky, in cui lei racconta in maniera autobiografica lo stupro che subì nel 1981.

Poi perché l'uomo al centro dello stupro, subito da Alice Sebold, nel 2021 è stato scaggionato

e Sebold da allora praticamente non aveva parlato con i giornalisti.

E infine perché la vicenda che coinvolge entrambi è così intricata e ha così tanto dell'incredibile che sembra un giallo finito male per tutti.

Facciamo un passo indietro, proviamo a ricostruire questa vicenda, come è cominciata?

Sebold è stata violentata in un parco l'8 maggio 1981, l'ultimo giorno del suo primo anno alla Syracuse University nello Stato di New York.

Era mezzanotte, stava tornando al suo dormitorio, quando qualcuno la sorprese da dietro e la stupro.

Lei ritorna a casa per le vacanze stive.

Ovviamente non riesce a scrollarsi di dosso quello che l'ha appena successo.

Il padre vuole che lei si scriva a un'università più vicina.

La comunità che gira intorno alla sua famiglia, una comunità religiosa, quasi la tratta come una pestata.

Ma lei decide di ritornare a Syracuse, è fatto incredibile dopo pochi giorni, per strada,

incontro all'uomo che crede che sia quello che l'abbia avvolentata.

Allora scatta la denuncia, l'uomo è arrestato 9 giorni dopo e in un confronto all'americana succede un altro fatto incredibile.

È il Sebold, di fronte a 5 uomini, tutti i ragazzi neri, sbaglia a indicare l'uomo che aveva appena detto che era quello che l'aveva stuprata.

Parte però lo stesso un processo che ha anche questo dell'incredibile, un processo che si consuma nel giro di 48 ore

e che praticamente accusa con prove molto molto labili Anthony Broadwater, un ragazzo di 20 anni, nero,

che praticamente non c'entra niente però con lo stupro subito da Ellis Sebold.

La prova cardine che lo accusa oltre alla testimonianza della stessa Sebold è un pelo pubbico

trovato quando hanno fatto i rilevamenti sul corpo di Sebold, che sembrebbe combacciare col DNA dei capelli di Broadwater.

Molti anni dopo si scoprirà che questa prova praticamente era del tutto irrilevante nel processo

e che quella tecnica usata oggi non viene più usata perché non è affidabile.

Eppure Broadwater ha da allora passato 16 anni in galera con quella accusa.

E come si è arrivati alla svolta più recente che ha dato tutto un altro significato a questo caso?

Nel 2010 la regista Jane Campion pensa di adattare Lackey per il cinema, il primo libro di Ellis Sebold,

quello in cui lei racconta lo stupro che ha subito.

Allora Fida ha una scrittrice, la scrittura della sceneggiatura,

solo che questa sceneggiatrice si metta a fare delle domande, parla con gli investigatori dell'epoca, con gli avvocati,

ricostruisce la vicenda e qualcosa comincia a non tornarle.

Ha così tanti dubbi che nella sceneggiatura l'uomo che stupra Ellis Sebold non è mai chiamato lo stupratore.

Questa ambiguità ovviamente rende la sceneggiatura molto debole, il progetto viene archiviato e passano degli altri anni,

finché un'altra produzione decide di rilevare i diritti di Lackey e di riprovarci.

Ma anche in questo caso qualcosa non torna, c'è un produttore che comincia ad avere dei dubbi,

ha così tanti dubbi da affidare delle ricerche a degli investigatori privati,

investigatori privati che sentono tutte le persone coinvolte del caso e che dicono al produttore

guarda che qui c'è qualcosa che non torna, ma qualcosa di grave che non torna,

le prove che sono state discusse in quel processo di appena due giorni sono molto molto deboli.

Allora succede che il produttore paga degli avvocati a Broadwater, affinché possa presentare appello.

Broadwater nel frattempo aveva finito di scontare la sua pena, era un uomo libero ma povero,

viveva chiaramente in miseria e col terrore di essere accusato di nuovo di violenza, di stupro,

racconta nell'articolo del New Yorker che non ha mai vissuto una giornata serenamente,

perché ogni volta che sentono a Sirena pensa che sia per lui,

ogni volta che a Syracuse succede qualcosa di terribile, pensa che qualche poliziotto andrà a bussare alla sua casa.

Gli avvocati presentano appello e succede una cosa straordinaria, il caso viene riaperto, ridiscusso,

effettivamente si capisce prende che le prove dell'epoca sono molto deboli e Broadwater è prosciolto.

Ely Siebold a questo punto come ha reagito a questa svolta nelle indagini?

Siebold racconta che le viene a mancare la terra da sotto i piedi, non riesce più a scrivere, non riesce più a leggere.

Racconta al New Yorker che tutto quello che aveva vissuto e costruito e scritto nei 40 anni precedenti come se fosse svanito

ha una sensazione da stress post-traumatico che la inchioda al divano

e, oltretutto, chiaramente quando si è diffusa la notizia che Broadwater era un uomo innocente e che lei lo aveva accusato,

ingiustamente, subisceomancia un'ulteriore violenza, online riceve minacce e accusata di aver rovinato la vita a un uomo,

quindi si chiude a casa, è in una situazione molto complicata e sta cercando ancora di fare i conti con quello che è successo.

Soprattutto sta cercando anche di capire se è in grado di confrontarsi con l'uomo che ha accusato del suo stupro

e a cui di fatto lei stessa riconosce di aver rovinato la vita.

Tuttavia, quello che emerge da questo articolo e da questa storia è che nessuno dei protagonisti, pur avendo avuto la vita rovinata,

è in cerca di vendetta. Lo stesso Broadwater vorrebbe incontrare Siebold, mettersi con lei a discutere e a capire cos'è andato storto

in quella vicenda e in qualche modo cercare un modo per rimarginarla.

Al di là del particolare caso di Cronaca, che è senza dubbio eccezionale, secondo te cosa ci racconta questa storia?

Due cose. Da un lato come sono trattate le donne che hanno subito uno stupro, una violenza.

Siebold racconta che quando fece denuncia, gli agenti erano scettici sul suo racconto e uno addirittura le disse che doveva ritenersi fortunata

per non essere stata uccisa. Non è un caso che infatti il suo primo libro si intitoli lacchi, cioè fortunata.

Inoltre, nell'aula di tribunale in cui si discute il suo processo, il suo caso, lei viene sempre continuamente chiamata la vergine,

la vergine, la vergine, una parola che lei non dimenticherà mai e che diventerà quasi un tarlo nella sua mente.

Infine, ha dovuto fare i conti con la propria famiglia, con una comunità religiosa che l'ha accusata di essere quasi la tentatrice dell'uomo che l'ha stuprata.

Riconosciamo in tutto questo delle dinamiche che sono universali, in qualche modo, quando una donna subisce una violenza.

Ma dall'altro lato, però, questo caso ci mostra anche tutti i limiti della giustizia, come in ogni paese, ovviamente, il sistema giudiziario ha delle storture.

Ma queste storture universali, negli Stati Uniti, si sommano anche dei pregiudizi e delle discriminazioni razionali che hanno portato un ragazzo come Anthony Broadwater,

che era ed è innocente ad essere accusato, ingiustamente, a scontare 16 anni di carcere per un crimine che non aveva commesso.

Quasi solo, discussivamente, per il colore della sua pelle.

Grazie, Giuseppe Rizzo.

Grazie a voi.

L'evento culturale della settimana è consigliato da Gepoli Meni in Bastoni, che colabora con internazionale all'organizzazione dei festival.

Lettelfan Palace è una rulotte, un piccolo padiglione portatile che diventa luogo e femero di aggregazione.

Attorno a questa architettura flessibile e nomade, si organizzano una serie di eventi pensati per ambienti e contenuti diversi.

Ideato da regista e curatore Filippo Andreatta, è un omaggio al progetto Fan Palace, dell'architetto Cedric Price e della regista teatrale John Littlewood,

che negli anni sessanta volevano realizzare un'università della strada, una specie di laboratorio del divertimento.

Lettelfan Palace cambia, secondo i suoi utenti e contenuti, e prende forma principalmente intorno a degli eventi,

formando una programmazione parallela pensata e realizzata in collaborazione con l'instituzione ospitante, come un festival o un museo.

Questo weekend, a partire da venerdì 26, la rulotta proderà sulla pista 500 del lingotto di Torino,

con un programma di tre giorni fatto di letture, canti, dibattiti e movimenti, in dialogo con la mostra strike,

all'interno della pinacoteca Agnelli.

Buon appetito!

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Dopo tre anni di gravissima siccità, ora la Somalia centrale subisce allagamenti e danni per lo straripamento del fiume Shabelle. La scrittrice Alice Sebold, autrice di Gli amabili resti, è al centro di una vicenda giudiziaria che dura da 40 anni.

Francesca Sibani, editor di Africa di Internazionale
Giuseppe Rizzo, giornalista di Internazionale

Video Somalia: https://www.youtube.com/watch?v=JntrFwdcn0s

Video Alice Sebold: https://www.youtube.com/watch?v=zuPix9gDTqI

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Consulenza editoriale di Chiara Nielsen.
Produzione di Claudio Balboni.
Musiche di Tommaso Colliva e Raffaele Scogna.
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