Il podcast di Alessandro Barbero: Lezioni e Conferenze di Storia: #095 Il Maestro e Margherita di Bulgakov – Barbero Riserva (Scandicci Cultura, 2017)
Fabrizio Mele 9/17/23 - Episode Page - 1h 8m - PDF Transcript
Buongiorno, buonasera, bentornate e bentornati ad una nuova puntata del podcast del Sando
Barbero.
La storia come ne l'avete mai sentita, la raccolta è indipendente e senza scopo di lucro
delle lezioni e conferenze del professor Barbero.
Anche oggi ascoltiamo una puntata barbero in riserva che sono sicuro che vi piacerà.
Da Il Libro della Vita, organizzata da Scandici e Cultura nel 2017, il professor Barbero ci
racconta il maestro e margarita di Mikhail Bulkakov.
Buon ascolto.
Voglio ringraziare una persona che segue questi nostri appuntamenti da sempre, si chiama
Antonio, è sicuramente qui ovviamente, eccolo lì, che è uno dei grandi responsabili della
sua presenza qui.
Perché è una persona che tutte le volte, io vi dico, eh, però se ci fosse, anche venivi
il pava, mi dico, eh, perché ci fosse stato Barbero, se avevessero un'altra cosa.
E questo è stato un grande motore di questa iniziativa, per cui, Antonio, grazie per
averci pungolato.
Facciamoci un applauso.
E poi io ho provato un grande privido quando parlando con il professore Alessandro Barbero,
ho detto, professore, lei che Libro vuole raccontarci, professore, lo sapete, lo conoscete
molto meglio di me, un grande storico, si occupa di Medio Evo, si occupa di tante cose,
e mi dice, io voglio parlare del maestro e margarita.
Io sono sicuro che questo è una comunità per cui ci intendiamo, mi si è gelato il
sangue, perché mi è venuto in mente un altro grande storico, un altro grande midivista che
mi disse, voglio parlare del maestro e margarita.
Ed era Franco Cardini, ha sentito.
Il professore Cardini venne qui e perutere in mezzo, non disse una parola del maestro
e margarita.
Quando il professore Barbero ha detto io voglio parlare del maestro e margarita, ha
detto, professore, grazie tre volte, Alessandro Barbero, grazie.
Grazie, buongiorno a tutti.
Ecco, io per non fare lo stesso errore di quel meraviglioso collega e grand signore
che è Franco Cardini, vi parlerò invece esclusivamente del maestro e margarita.
Benché non sia il mio mestiere, perché io appunto faccio lo storico e anche se ogni
tanto mi voglia di scrivere un romanzo, però il fatto di scrivere romanzi non vuol
mica dire che sei capace di parlarne, è tutto un'altra cosa essere capace di parlarne.
Tante vero che io cercherò di dirvi qualche cosa di mio, ma mi appoggerò anche molto.
Al romanzo e alla fine non ho resistito, ve ne leggerò anche dei brani, perché, e
ci guadagnate eh, vi asseguro, sono minuti impiegati meglio che non a sentire parlare
me.
E comincio dall'inizio, comincio dalle prime righe della prima mezza pagina del romanzo.
Micael Bulgakov, il maestro e margarita, capitolo primo, non parlare mai con sconosciuti.
Nell'ora di un caldo tramonto primaverile, a Parvero, presso gli stagni, i patriarchi
e due cittadini, il primo sulla quarantina con un completo grigio estivo, era di bassa
statura, scuro di capelli, ben nutrito, calvo, teneva in mano una dignitosa lobietta e il
suo volto, rasato con cura, era adorno di un paio di occhiali smisurati con una montatura
nera di corno.
Il secondo, un giovanotto dalle spalle larghe, con i capelli rossici a ciuffi disordinati
e un berretto a quadri buttato sulla nuca, indossava una camicia scozzese, pantaloni
bianchi spiegazzati e un paio di moccassini neri.
A breve, sono due letterati, il primo in Micaela Aleksandrovich Berlioz, direttore di
un'organizzazione culturale che si chiama Massolit, abbreviazione di letteratura di
massa.
L'altro è un giovane poeta, Ivan Nikolaevich Paniriov, che scriveva sotto l'opseudonimo
B.S. Domni il senza casa o il senza tetto, se volete.
Siamo naturalmente nella mosca degli anni 2030, dopo la rivoluzione.
Giunti all'ombra dei tigli che cominciavano allora a verdeggiare, gli scrittori si precipitarono
per prima cosa verso un chiosco, dipinto a colori vivaci che portava la scritta birra
e bibite.
Ma conviene rilevare la prima stranezza di quella spaventosa serata di maggio.
Non solo presso il chiosco, ma in tutto il viale, parallelo alla via mala e a bronnaia,
non c'era anima viva.
In un'ora in cui sembrava che non si avesse più la forza di respirare, quando il sole
che aveva arroventato mosca sprofondava oltre il viale sadovaie in una secca bruma, nessuno
era venuto sotto l'ombra dei tigli, nessuno sedeva su una panchina, deserto era il viale.
Midia dell'acqua minerale disse Berlioz, non c'è né, rispose la donna del chiosco,
e chissà perché prese un'aria offesa.
Dunque, voi direte, eh, questo solito romanzo russo pieno di personaggi con dei nomaci
impossibili da ricordare.
È vero, è un certo senso, è vero, però notate come dalle prime righe in realtà questi
personaggi descrivono un ambiente, uno degli ambienti che Bulgakov conosceva bene e di
cui si fa beffe ferocemente per tutto il romanzo.
L'ambiente dei letterati postrivoluzionari, scrittori, che magari come il poeta Ivan
Nikolaevich con il suo soprannome, il senzatetto ostentano a punto pose, si, dava un guardista
di sinistra, sembra un po' maiakovski, no, ecco.
Eh, e però sono tutti ben integrati, c'è già una rete di associazioni che vogliono
dire all'oggi, case di vacanze, benefici vari, ecco, la letteratura di massa è diventata
un comodo sistema in cui quelli che sanno traficare bene con il regime si integrano
a meraviglia, Bulgakov per tutta la vita cercherà di integrarsi anche lui senza riuscirci in
quel sistema.
E poi, in queste prime righe, cosa ancora?
La topografia di Mosca, un quartiere preciso, i giardini degli stagni patriarci che esistono
ancora oggi, lì, vicino all'anello dei giardini, il Sadovo e il Calzò, vicino alla via mala
Ebronna e a dove Bulgakov, volevo dirlo dopo ma ve lo dico già adesso, ha abitato a lungo
tutta una topografia di una città che è protagonista del romanzo e che è designata
con estrema precisione e poi però, naturalmente, questa scena è descritta con apparente realismo,
gli occhiali, il berretto, la camicia, però noi sappiamo che stanno per raccontarci una
spaventosa serata di maggio di cui il fatto che hai giardini stranamente non c'è nessuno
è soltanto la prima stranezza.
Chi scrive queste cose?
Michail Afanasievich Bulgakov era nato nel 1891 a Kiev, che oggi è la capitale dell'Ukraine
e che allora era una grande città multietnica dell'impero russo.
Bulgakov è uno scrittore russo, la sua famiglia veniva dalle province russe e lui ha sempre
scritto in russo e si è sempre considerato russo, il che non ha impedito ultimamente
ai nazionalisti ukraini di montare una polemica rivendicandolo come scrittore ukraino, ma
queste sono cose che succedono quando si sfasciano gli imperi.
Il papà, abbiamo detto, Michail Afanasievich Bulgakov, dunque il papà si chiamava Afanasievich
e Afanasievich morì quando Bulgakov aveva 15 anni, era un teologo, professore di storia
delle religioni all'academia teologica di Kiev e entrambe le famiglie dei nonni di
Bulgakov erano famiglie di ecclesiastici, sapete che i preti russi si sposano e quindi
ti tengono famiglia e in Russia c'è o c'era la tradizione per cui il mestiere si trasmetteva
spesso di padre in figlio, ecco il fatto che Bulgakov è in ipote di ecclesiastici,
figlio di un teologo, teniamolo presente, perché in questo romanzo, che per me che sono
ateo è il più bel romanzo mai scritto, la religione ha un ruolo immenso, importantissimo,
la religione, la sensibilità religiosa, la spiritualità, la mistica, tutto tra nella
chiesa, la chiesa non c'è per niente, mai neanche menzionata, ma la religione sì.
Michael nato nel 1891, badate alle date, appartiene a quella generazione tragica che ha attraversato
tutti i disastri del Novecento, la generazione che era in età di servizio militare o al
meno di essere richiamati quando è scoppiata la prima guerra mondiale, lui non l'hanno
richiamato subito perché era studente in medicina, il mestiere di Bulgakov prima
di reinventarsi scrittore era il mestiere del medico, era studente in medicina e le
foto del giovane Bulgakov devo dire mostrano un personaggio ecco veramente un personaggio
inizio Novecento, un gaga un giovane elegantone borghese dell'epoca, in certe foto addirittura
col monocolo, sempre la sigaretta in bocca, il papillon, la brillantina, studente in medicina
quando scoppia la guerra si arruola volontario come infermiere, presto a servizio al fronte,
nel frattempo si laurea nel sedici, si laurea in medicina, sul suo periodo in guerra corrono
tante leggende e una certezza a un certo punto comincia a assumere morfina perché non
sia mai capito con certezza ci sono tante voce diverse, era stato ferito, no aveva una
reazione allergica un medicinale comunque aveva dei dolori, la morfina gli serve,
la prende per anni poi nel dieciotto finisceind la guerra, almeno in apparenza, e bulgakov
che intanto si è sposato con la prima di tre mogli e non doveva essere un tipo facile,
ma se vici, torna a casa a Kiev, a Kiev, apre un ambulatorio medico per qualche ragione si è specializzato
in malattie venere, vita complicata, è complicata, è complicata, in realtà la guerra non è finita
per niente, scoppia la guerra civile, e Kiev un momento la tengono i rossi, un momento la tengono
i bianchi, un momento la tengono gli indipendentisti ucraini che proclamano la repubblica indipendente e tutti
hanno bisogno di dottori, per cui prima i bianchi e poi gli indipendentisti sequestrano il
dottor bulgakov e se lo portano al fronte a fare il medico militare e anche se non voglia ci
deve andare, e qui c'è una stranezza, e così sarebbe piaciuto a bulgakovo se l'avessi saputo,
è una stranezza, forse Pasternak, l'autore del dottor Givago l'ha fatto apposta, io non lo so,
ma voi vedete che è la stessa cosa, avete letto il dottor Givago o avete visto il film, è la stessa
cosa che capita Yuri Givago, al protagonista di un altro capolavoro della letteratura russa del
1900, Givago medico costretto per anni a stare al fronte al servizio di eserciti che non sono il
suo, ma che comunque lui deve servire perché il medico serve, in realtà poi bulgakov appunto
con i nazionalisti ucraini aveva o ucraini aveva poco da spartire, con i bianchi sì invece,
perché lui non è mica un rosso proprio per niente, tutta la famiglia è bianca, zarista,
contro rivoluzionaria, i suoi fratelli sono ufficiali dell'esercito bianco e quando le cose
vanno a finire molto male la sua famiglia espatrià, papà era già morto da tanto tempo,
la mamma muore, ma il resto della famiglia riesce a espatriare, lui non riesce perché in quel momento
è in ospedale col tifo e si gioca la possibilità di andarsene, resterà in unione sovietica e a
questo punto quando nel XXI la guerra civile finisce tape vero e lui si guarda intorno in un
unione sovietica che sta appena uscendo dalla prima tragedia della sua storia e che è ridotta in
miseria e Michaela Fanassi vici decide che non ha voglia di tornare a curare malattie venere a Kiev,
che lui vuol fare lo scrittore e per fare lo scrittore bisogna andare al centro di tutto a Mosca,
che è appena ridiventata la capitale, ricordiamoci che per due secoli la capitale vera,
amministrativa, politica della Russia è stata Pietroburgo e la rivoluzione che riporta la capitale a
Mosca e quella Mosca degli anni 20 e 30 è un posto incredibile dove tra la fame e la miseria però
ci sono cantieri aperti dappertutto e un'immigrazione formidabile, una mobilità sociale inimmaginabile
prima lui decide, vado lì, si trasferisce prende Mosca nel 21, ci vivrà tutti gli anni che gli
restano, che non sono tantissimi e scrive, scrive sui giornali, scrive racconti, articoli,
scrive romanzi, scrive soprattutto opere teatrali perché lui, bufo, noi oggi lo consideriamo l'autore
di un grandissimo romanzo e di tanta altra roba che non è allo stesso livello, ci è poco da fare,
lui voleva essere uomo di teatro invece, puntava su quello, per tutta la vita ci ha provato, ci ha
tenuto, ha scritto drammi, ha cercato di metterli in scena e poi a un certo punto ha cominciato a
scrivere un romanzo che si è portato dietro per anni, che ha cambiato titolo, che ha cambiato
trama, che è stato scritto, riscritto, poi bruciato nella stufa, poi riscritto a memoria,
poi modificato fin sul letto di morte, pare che ancora sul letto di morte dettasse alla terza
moglie dicendo, guarda lì cambiamo quella parola e poi all'ultimo momento ha detto ma non vale
più la pena, ormai è quello che è, e questo è il romanzo di cui parliamo oggi, il maestro
Margherita, che parla di cosa vuol dire essere un genio che scrive un grande romanzo sotto un
regime che ha paura di te e che diffida di te, parla di come la grandezza dello scrittore
dell'artista triunfa sempre sull'ottusità del potere, era un grande ottimista bulgakov,
nonostante tutto, e parla di questa mosca sovietica che sembra tutto tranne che è una città
rivoluzionaria, tranne per il fatto che i poeti alla moda devono far finta di chiamarsi senza
tetto o cose del genere, ma poi in realtà è una mosca piena, piena di voglia di normalità
piccolo borghese, con tutte le piccole meschinità, i carrierismi, gli arricchimenti sospetti,
tutto un formicolare di vita che ci sembrarebbe molto familiare a dir la verità, no, italiani
di oggi, tranne per un piccolo particolare che c'è una specie, c'è un orizzonte un po' più cupo,
perché ogni tanto le persone spariscono, e poi parla del diavolo, ah, dimenticava un romanzo
d'amore, è un grandissimo romanzo d'amore, ma poi parla del diavolo, fin dall'inizio parlava
del diavolo, bulgakov per anni, sapete che quando uno scrive un romanzo di solito, e non solo un
romanzo, anche un saggio a volte, di solito ha un suo titolo in mente, un titolo di lavoro,
io ho scritto un romanzo che alla fine si è chiamato Lea Teniesi, dopo una lunga discussione
con gli editor della Montadori, io lo chiamavo romanzo greco, e per me era il mio romanzo greco,
silicet, parva, eccetera, bulgakov che ha scritto un romanzo un po' più importante,
per tanti anni l'ha chiamato il mio romanzo sul diavolo, perché il diavolo compare a un certo
punto, a modo, no un certo punto, in quel primo capitolo di cui ho letto le prime righe, i due
letterati sono lì, su una panchina nei giardini degli Stani Patriarci, e stanno discutendo di lavoro,
perché Berlioz sta commissionando al giovanissimo poeta un poema, ateo, in cui si deve dimostrare che
Gesù non è mai esistito, e accanto a loro viene a sedersi a un certo punto uno strano tipo,
notate? Questi due personaggi descritti con tanta cura non sono affatto i protagonisti del romanzo,
anzi Berlioz morirà entro il terzo capitolo in modo grottesco, il giovane poeta di conseguenza
avrà un qualche problema di salute mentale, finirà in clinica, e lì al 13. capitolo incontrerà il
maestro, uno dei protagonisti, che finalmente l'autore si degna di mettere in scena al 13. capitolo,
è un romanzo che ha una struttura estremamente tortuosa, il maestro è margherita. Dunque,
il diavolo si siede accanto ai due letterati sulla panchina, ovviamente non si vede che il
diavolo è solo un tipo molto strano, chiaramente uno straniero, i due diffidano, sarà una spia.
Poi lui si presenta, tira fuori il biglietto da visita, è un mago, un illusionista, un artista
di teatro, si chiama Voland ed è stato invitato a Mosca per fare uno spettacolo al teatro di
varietà. Qui non mi fermo troppo su questo, ma uno degli ambienti che Bulgakov prende
ferocemente in giro ovviamente è quello del teatro sovietico, non soltanto appunto non tanto
registi e attori quanto burocrati, direttori, anche lì con tutto un giro di strane cose poco
pulite che succedono. Dunque, il diavolo si intromette nella discussione dei due, si stupisse
molto quando sente che scrivono un poema per dimostrare che Gesù non esiste, anzi si mette
francamente a ridere, si stupisse molto, o meglio ostenta di stupirsi quando questi gli dicono
che sono atei, anzi lui fa finta di essere uno straniero che non capisce Со bene, che dicema ho
capito bene, loro sono atei, non lo dico a nessuno, eh, e loro si mettono a ridere, siamo in unione
sovietica, non dobbiamo nico nasconderlo a nessuno che siamo atei e quindi secondo voi Gesù ne mai
esistito? E lo dico è certo, ne mai esistito e il diavolo di nuovo si mette a ridere come un mato,
e poi comincia a raccontargli una storia. Qui vi leggo proprio solo poche righe.
Non c'è bisogno di prove. La risposa il professore sarebbe sempre appunto il mago,
l'illusionista, il professor Voland. E parlò con voce sommessa. La sua pronuncia straniera era
scomparsa. È tutto molto semplice. Nel primo mattino del giorno quattordici,
del mese primaverile di Nissan avvolto in un mantello bianco foderato di rosso,
con una strascicata andatura da cavaliere, puntini di sospensione, finisce Wonderful. Finisce bilang
il primo capitolo. Ricordate il titolo, non parlare mai con sconosciuti. Comincia il secondo capitolo del
nostro romanzo, capitolo secondo, Ponziopilato. E comincia così. Al mattino presto del giorno
quattordici, del mese primaverile di Nissan, avvolto in un mantello bianco foderato di rosso, con una
strascicata andatura da cavaliere, nel porticato tra le due ali del palazzo di erode il grande,
entrò il procuratore della Giudea, Ponziopilato. E va avanti così, l'intero capitolo. E ogni tanto,
nel corso del maestro e margherita, c'è un capitolo che abbandona Mosca e Voland e il maestro
e margherita e racconta la storia di Ponziopilato. Vi dicevo che ha una struttura complicata questo romanzo.
C'è un romanzo nel romanzo che racconta la storia di questo procuratore della Giudea che a un certo punto
si trova a dover giudicare uno strano tipo che gli hanno denunciato per soffersione e con cui lui non
sa bene cosa deve fare. Noi lo leggiamo come un pezzo del maestro e margherita, ma notate bene.
E lo so che vengono le vertigine a questo punto. Questo romanzo su Ponziopilato è il romanzo scritto
dal maestro, dal protagonista del maestro e margherita. Dopodiché a questo punto le trame
che si intrecciano sono così tante che noi dobbiamo fare un po' di chiarezza. Cominciamo a
sgombrare il campo dalla prima che occupa gran parte dei primi capitoli e che è bellissima
e divertentissima anche se non tocca ancora quei vertici lirici del romanzo d'amore che si
sviluppa poi col tempo nella seconda parte. Tutta la prima parte ma anche pezzi dopo vengono
fuori è il racconto di quel delle malefatte del diavolo ovvero del professor Voland nella
mosca sovietica. Tanto per cominciare la prima malefatta appunto ne pagano alle spese i due
che hanno fatto l'errore di parlare con uno sconosciuto. Professor Voland sostiene di
sapere prevedere il futuro. Il letterato capo Berlioz si mette a ridere e dice allora prevede un
po' come morirò io. Diamo un po' sì sì sì sì, ecco sì sì, le taglieranno la testa. Berlioz si
mette a ridere ma figuriamo, ma chi nemici contro rivoluzionari? No no, una ragazza,
un membro della società della gioventù comunista. A questo punto i due letterati si convincomo
definitivamente che lo straniero è matto se ne vanno il terzo capitolo attraversando le rotaie
del tram Berlioz scivola, cade sulle rotaie mentre sta arrivando il tram, guida una giovane
tramviera, siamo nella mosca postrivoluzionaria e il tram gli taglia la testa. A questo punto
capite perché l'altro finiscemerà in Manicomi? E Voland, chiamiamiamolo così
anche noi, prende possesso dell'appartamento del defunto Berlioz che ha sgombrato il campo in questo
piacevole modo. Questo è uno dei cuori del romanzo, l'appartamento numero cinquanta, al numero
302 bis della Sadovaya, il grande viale che passa in quel quartiere. Due parole su questo appartamento,
che a suo modo è un protagonista sia del romanzo sia della sua leggenda nella cultura russa di oggi.
Il numero 302 bis della Sadovaya non esiste, però qualcuno ha notato che bis in Ucraino vuol dire
diavolo. Però all'appartamento numero cinquanta esiste, sapete che in Russia gli appartamenti sono numerati,
non solo i portoni, ma anche i singoli appartamenti. Bulgakov ha abitato per anni nell'appartamento numero
cinquanta a un altro numero, al dieci della Sadovaya, a due isolati dagli stagni patriarci. Non
appena il romanzo è stato pubblicato in Russia negli anni 60, immediatamente i lettori sono andati
a cercare di identificare questo appartamento. L'hanno trovato al numero dieci l'appartamento cinquanta,
lì ha vissuto Bulgakov, lì ha vissuto Voland. In quell'appartamento è ambientato il romanzo e
immediatamente, non l'appartamento che era privato, ma le scale e l'androne si sono riempite di graffiti.
Per tutti gli anni 60, 70, 80 la gente andava lì e scriveva o disegnava sui muri di quell'alloggio.
Già nell'ingresso c'era una grande scritta che diceva Gloria Bulgakov e poi c'erano le
citazioni dal romanzo. Non ci sono mai stato ma ho visto le fotografie. C'era un graffito che
riproduceva la battuta che il diavolo pone ai due eletterati all'inizio. Voi siete atei? E
sotto c'era scritto. No, non siamo atei. Una ragazza aveva scritto, anche se non sono margherita,
troverò il mio maestro. Oggi non c'è più molto di tutto questo. Ci sono dei libri che lo
documentano, a un certo punto è stato tutto ripulito, cancellato, hanno tenuto, mi dicono,
dei pezzi. L'appartamento è diventato un museo, il museo statale dell'appartamento di Bulgakov.
Simile a tutti gli altri musei di questo tipo con la scrivania, gli occhiali, i libri. Salvo che
qualche anno fa, un inquilino del palazzo ha fatto irruzione nell'appartamento e ha cercato
di devastarlo sostenendo che lì abitava ancora Satana e che bisognava esorcizzarlo.
Dunque Voland si truffola e si stabilisce thinnerse nell'appartamento numero cinquanta,
con tutta una corte di aiutanti meravigliosi, il buffone di corte, cara Vioff, detto Fagotto,
l'assassino del gruppo, a Zazzello, con un osso di pollo nel tascino e una zanna che sporge dalla bocca.
La donna del gruppo, Hella, una ragazza con i capelli rossi che gira nuda e che sarebbe bellissima
se non fosse per quella ciccatrice che le attraversa tutta la gola e poi soprattutto l'altro
buffone indimenticabile, il gatto parlante, Behemoth, grosso come un maiale, capace di camminare
su due zampi, di giocare a scacchi, spiritosissimo e cattivissimo nelle battute, il nome Behemoth è
quello di una creatura mostruosa della Bibbia, ma in russo vuol dire ippoportamo e dunque questa
banda di matti scatenati al seguito del diavolo impazza dentro mosca, in modo che per noi lettori
è estremamente comico e che per le persone che rimangono coinvolte invece è spesso piuttosto
sinistro. Il mondo che incontrano appunto è quello che Bulgakov odiava, il mondo della mosca
burocratica, conformista, piena di arrivisti, di speculatori, tutta questa gente incrocia il
cammino di Voland o dei suoi aiutanti, presidenti di qualche commissione, di qualche associazione o
magari semplicemente il barista del teatro di varietà arricchito dalla borsa nera, ma tutti
questi incontri hanno una cosa in comune che salvo un miracolo, vanno a finire molto male e ve ne
voglio leggere un esempio. Voland ha dato, ci sarebbe da leggere tutto il romanzo ma non ci
basta il tempo stamattina, ha dato il suo memorabile spettacolo al teatro di varietà in cui sono
successe le cose più terrificanti, tipo che il pubblico elegante nell'androne di colpo si ha
trovato tutto in mutande, o che dal cielo, dal soffitto cioè del teatro, sono piovuti
biglietti da dieci rubli in immensa quantità e la gente se ne è impadronita di questi biglietti
a dieci rubli e poi qualcuno ne ha anche spesi al bar del teatro e la sera il barista controllando
l'incasso si accorta che erano diventati carta straccia. Allora il barista prende il coraggio
due mani, si informa dove abita l'artista straniero e va a chiedere gli conto di questi soldi che sono
spariti. Ai ai ai esclamò l'artista, cioè Voland, il diavolo, possibile che credessero fossero
banconote vere, non posso ammettere che l'abbiano fatto di proposito, il barista si guardò intorno
con una certa aria torva e triste, ma non disse nulla. Possibile che fossero truffatori
chiese preoccupato il mago al suo ospite. Possibile che tra i moscoviti ci siano dei truffatori,
in risposta il barista sorrise con tanta amarezza che cade ogni dubbio, sì tra i moscoviti c'erano
dei truffatori. E abietto si sdegno Voland, lei è povero vero? Il barista ritiro la testa tra le
spalle in modo che si vide che era un uomo povero. Quanti soldi ha da parte? La domanda era
posta, ecco io sbagliato, la domanda era posta con tono compassionevole, non l'ho recitato bene.
Eppure non si può non riconoscere che una domanda del genere era indelicata, il barista esitò.
249.000 rubli in cinque casse di risparmio e che giò dalla stanza vicina una voce rotta e a casa sotto
il pavimento, 200 pezzi d'oro da dieci rubli. Sembrava che il barista si fosse saldato al suo
sgabello. Sì, non è una gran somma, disse Voland con condiscendenza al suo ospite. Anche se
a ben guardare a lei non serve, quando è che morirà? A questo punto il barista si ribellò.
Questo non lo sa nessuno e non riguarda nessuno, rispose. Figuriamoci se non lo si sa. Si sentì
provenire dallo studio quella stessa voce volgare. E che è il binomio di Newton? Morrà tra nove mesi,
nel febbraio dell'anno prossimo, per un cancro al fegato, nella clinica dell'università di Mosca,
quarta corsia. Il barista di Venne Giallo involto.
Ora, tra le vittime di Voland c'è come sappiamo anche il poeta Ivan Biesdomni che ha assistito
al disastro della morte di Berlioz e definito in casa di cura. E lì incontra, come vi dicevo,
uno stranissimo ricoverato che gli racconta la sua storia. Questo ricoverato, che non ha nome,
è uno scrittore e viveva in uno scantinato preso in affitto. Due stanzette e un lavandino. E stava
scrivendo un grande romanzo su Ponziopilato. E l'aveva quasi finito. Anzi aveva già scritto
l'ultima pagina. Sapeva già che le ultime parole del suo romanzo dovevano essere il quinto
procuratore della Giudea, il cavaliere Ponziopilato. Un giorno lo scrittore ha incontrato per la strada
una donna, sconosciuta e di colpo si sono innamorati. Io sono sicuro che mi perdonate se vi
leggo ancora una pagina, perché è molto meglio che non provare a raccontarvela io.
Essa, il maestro sta raccontando la storia a Ivan, ricoverato come lui nella clinica
psichiatrica. Essa aveva in mano orribili fiori gialli, inquieti. Non so come si chiamino,
ma sono sempre i primi ad apparire a mosca. Questi fiori si stagliavano nettamente sul suo
sopravito nero. Prima verile aveva fiori gialli, un brutto colore. Dalla Tverskaya svolto in un
vicolo e si volto. Conosci la Tverskaya, no? Lungo la Tverskaya camminavano migliaia di
persone, ma le garantisco che essa vide me solo. E mi guardò, non dico preoccupata, ma addirittura
in un certo qual modo morboso. Fui colpito, non tanto dalla sua bellezza, quanto dalla straordinaria,
mai vista solitudine nei suoi occhi. Ubidendo a quel ricchiamo giallo, anch'io svoltai nel
vicolo e la seguì. Camminavamo in silenzio lungo il vicolo triste e storto. Io da un lato,
lei dall'altro. E si figuri che non c'era anima viva. Mi tormentavo perché mi sembrava che fosse
necessario parlarle e temevo che non sarei riuscito a pronunciare neppure una parola. E lei se ne
sarebbe andata e non l'avrei mai più rivista. E si immagini a un tratto fu lei a parlare. Le
piacciono i miei fiori? Mi ricordo chiaramente il suono della sua voce. Al quanto bassa, ma con
brusche variazioni di tono e scioccolo so. Parve che un eco risuonasse nel vicolo e si ripercuotesse
nel muro giallo e sporco. Passai in fretta sull'altro marciapiede e avvicinandomi a lei risposi. No.
Mi guardo sorpresa e di colpo in modo del tutto inatteso senti che per tutta la vita avevo amato
proprio quella donna. Che storia, eh? Lei dirà naturalmente che sono pazzo. Non dico niente,
esclamo Ivan. E su Giuse la suplico. Continui. Quel che successe poi lo può indovinare lei
stesso. Inaspettatamente si asciugo una lacrima con la manica destra e proseguì. L'amore ci si parò
dinanzi come un assassino sbuca fuori in un vicolo, quasi uscisse dalla terra e ci colpi subito entrambi.
Così colpisce il fulmine. Così colpisce un coltello a serramanico. Del resto lei affermava in
seguito che non era così. Che ci ammavamo da molto tempo pur senza esserci mai visti. E pure
vivendo lei con un altro. E io allora, con quella, come si chiama? Con chi? Chiesa i miei sdomini.
Con quella, ma sì, quella. Rispose l'ospita schioccando le dita. A lei era sposato? Ma sì,
perché crede che schiocchì le dita? Con quella. Varianca. Manicca. No, no, varianca. Il vestito
striice, il museo. Ma non ricordo. Ebbene lei diceva che con quei fiori gialli in mano era uscita
quel giorno perché io la potessi finalmente incontrare e che se questo non fosse avvenuto si
sarebbe avvelenata perché la sua vita era vuota. Ora. Il personaggio di Margherita, per quanto ne
sappiamo, nelle prime estesure del romanzo non c'era. Non era previsto. Compare a un certo punto.
Compare quando Bulgakov ha divorziato non più dalla prima, ho mai già passato del tempo,
ma dalla seconda moglie per sposare la terza, Ielena, Ielena Cilovskaya. Ielena è Margherita.
Con il matrimonio con Ielena, Margherita fa eruzione anche nel romanzo. E quindi ce n'è
niente da fare. Qui il maestro è l'autore, è Bulgakov, il quale era, mi perdonerete la
parola, un grandissimo stronzo. E parlando della prima, della moglie precedente, diceva sì,
quella lì. Io allora stavo con quella lì, come si chiamava. Ma adesso c'è Margherita. Adesso c'è
Ielena nella vita vera. Margherita è sposata, torniamo al romanzo. È sposata infelicemente,
ma non può lasciare il marito. Ogni giorno però va a trovare lo scrittore nel suo scantinato.
Gli prepara da mangiare, mangiano insieme, hanno una loro vita come se lei fosse la sua
moglie segreta. E lui le legge il suo romanzo su Ponziopilato. E lei lo soprannomina il maestro.
E poi tutto di colpo finisce tapee. Perché il maestro è stato attaccato dai critici. Nessuno
vuole pubblicare lo che scrive. E allora in un momento di disperazione ha bruciato il manoscritto
del romanzo. E ha cominciato a perdere la ragione. Tanto che è finito in clinica psichiatrica, dove noi l'abbiamo
incontrato. Margherita vive nel rimpianto e nella disperazione di non averlo saputo salvare.
Tutto questo il maestro ce lo racconta al poeta Iván Biesdomni in clinica. Margherita non
ancora comparsa per nulla. E poi a un certo punto compara il romanzo svolta. Le due trame si incontrano.
Voland incontra Margherita. Voland incontra Margherita perché il diavolo ha come abitudine quando
va in viaggio in una città di dare un certo punto un grande ballo, notturno a cui invita tutti
i dannati dell'inferno. E la tradizione vuole che abbia una regina al suo fianco. E dunque i suoi
sono sguinzagliati per Mosca alla ricerca di una donna adatta per fare la regina al fianco di
satana durante il gran ballo. E a Zazzello l'assassino trova Margherita e le propone di entrare al
servizio di Voland per quella notte. E le promette che in cambio potrai esaudire qualunque desiderio.
Qui fermo un attimo voi vedete quale è l'ecoletteraria. Faust naturalmente. Salvo che in Faust
Margherita, il nome viene da lì, la Gretchen del Faust è Margherita. Nel Faust Margherita ha un
ruolo passivo, chi fa il patto col diavolo è lui, l'uomo Faust. Invece qui è Margherita che fa il
patto col diavolo. Margherita pensa una cosa sola, se posso esaudire un desiderio salverò il maestro
e accetta. E a Zazzello le lascia una crema con precise istruzioni, a mezzanotte spogliarsi
nuda, spalmarsi la crema su tutto il corpo. Margherita esegue e si trasforma in una strega,
capace di volare e prende il volo nella notte sorvolando la mosca sovietica e gridando
solo invisibile e libera. Vola nel cielo di mosca e arriva per caso al palazzo dove abita
il critico Latunski che è il critico che più di tutti ha demolito il maestro con i suoi,
le sue recensioni feroci, additandolo come un nemico e causando la sua crisi, il suo collasso.
Margherita odia ferocemente il critico Latunski e diventata una strega, potete capire come va a
finire. No, non potete capire, potrebbe essere in tanti modi. E entra nell'appartamento,
Vulgakov ci dice, non sapeva il critico Latunski, la fortuna che aveva avuto di essere stato invitato
a cena fuori quella sera. Margherita trova l'appartamento vuoto e si dedica alla demolizione
dell'appartamento, sistematicamente distrugge tutto. E questa devo dire è una pagina che gli
scrittori leggono sempre con grandissimo godimento, i critici meno credo, ma per gli
scrittori devo dire, Vulgakov ha fatto la vendetta di un'intera categoria. Ora, uno scrittore che
sta scrivendo un romanzo su Ponziopilato e che però è stato stroncato dai critici,
che ha la carriera distrutta, che è sull'orlo della crisi di nervi o della malattia mentale.
È un diavolo che a un certo punto interviene. Qui non c'è niente da fare, in filigrana è la
vita di Vulgakov in quegli anni e il diavolo è Stalin. Vulgakov per qualche anno aveva
avuto un certo successo negli anni venti. Anche se scriveva delle cose impossibili,
perché questo figlio di una famiglia di contro-rivoluzionari sapeva scrivere solo romanzi o
drammi che mettevano in scena la vita degli ufficiali zaristi che si erano opposti alla
rivoluzione, degli emigrati, quelli che erano perso, la guerra civile erano andati via. Nessuno lo
voleva mettere in scena a Mosca. Fin quando Stalin non intervenne e non decretò che quando si
trattava di uno scrittore così bravo era stupido parlare di destra o di sinistra che queste
erano parole che andavano bene per il partito ma che uno scrittore così bravo era al di sopra
e fece mettere in scena il più importante dei drammi di Vulgakov i giorni dei Turbin.
I Turbin sono appunto questa famiglia di bianchi. La leggenda in Russia dice che Stalin andò 15
volte a vedere i giorni dei Turbin e questo veniva a metà degli anni 20. Poi però Stalin
deve aver avuto altro a cui pensare e si occupa di altre cose e i critici ricominciano a attaccare
Vulgakov e a stroncarlo e i teatri rifiutano di nuovo di mettere in scena le sue opere. La sua
carriera va a picco. Nel 1930 Vulgakov è sul loro del suicidio. Fa qualcosa che è
equivalente al suicidio. Brucia nella stufa il primo abbozzo del romanzo che sta scrivendo e poi
scriva una lettera al governo sovietico in cui denuncia il fatto di essere vittima di una
persecuzione. Citazione dalla lettera di Vulgakov 1930. Ho analizzato la cartella con tutti i
ritagli di stampa dedicati a me dalla stampa sovietica in dieci anni di attività letteraria.
Sono trecento uno e di questi tre sono elogiativi. 298 ostili e insultanti e alla fine della lettre
Vulgakov chiede al governo sovietico che gli diano un lavoro perché rischia di morire di fama in
realtà o che lo lasci non andare all'estero. E poi succede qualcosa di così traumatico che cambia
il destino di Vulgakov. La lettera era del ventotto marzo 1930. Il quattordici aprile si suicida
Majakovski. Majakovski il poeta più popolare della rivoluzione che ha incarnato tutto il
mondo degli scrittori e degli artisti che hanno creduto nella rivoluzione e che nel 1930 si
suicida. È uno shock per un intero paese. C'è un grande libro del linguista russo Romano
Jacobson che si intitola una generazione che ha dissipato i suoi poeti e che racconta appunto il
destino tragico dei grandi poeti che sono venuti fuori in Russia dopo la rivoluzione e molti
dei quali sono finiti male, suicidio o peggio. Majakovski lascia una lettera di commiato.
Bene, leggo qualche riga a tutti. Se muoio non incolpate nessuno e per favore niente pette
golezzi. Il defunto non li poteva sopportare. Apro una parentesi che ci porta lontano dalla
russia ma rimaniamo nella letteratura. Di sicuro conosceva questa lettera cesare pavese
che vent'anni dopo si è suicidato e ha lasciato un biglietto in cui scriveva perdono a tutti e
a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pette golezzi. La lettera di Majakovski
continua così. Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Non è una soluzione, non la consiglio
nessuno. Ma io non ho altra scelta. Lilia, amami. Compagno governo. La mia famiglia e
Lilia Brick. La mamma, le mie sorelle. Se farai in modo che abbiano un'esistenza decorosa,
ti ringrazio. Il dieciassette aprile, Bulgakov andò ai funerali di Majakovski. E il giorno
dopo, successo una di quelle cose che ancora oggi ci rendono così difficile capire l'Unione
sovietica. Perché Stalin telefonò a casa di Bulgakov, svegliandolo dal sonnellino pomeridiano.
E gli disse, ma è vero che lei vuole lasciare il paese? Le facciamo davvero così schifo?
Ci ho pensato molto, rispose Bulgakov. Mi sono chiesto se uno scrittore russo può vivere
lontano dalla patria e ho concluso che non può. Sono d'accordo, disse Stalin. E gli
promise che gli avrebbero trovato un lavoro in teatro. Il giorno dopo Bulgakov diventò
aiuto regista al teatro d'arte di Mosca. Il compagno governo non voleva altri suicidi.
E nel romanzo abbiamo Voland, che a modo suo risolve la tragedia in cui sta piombando,
in cui è piombato il maestro. Ma lo fa perché c'è Margherita naturalmente. Margherita, come
previsto, si è presentata quella notte in volo all'appartamento numero cinquanta, che miracolosamente
si è trasformata in un immenso palazzo sotterraneo e per tutta la notte nuda è rimasta al fianco
di Voland a ricevere migliaia e migliaia di dannati, assassini, criminali, truffatori,
ogni sorta di personaggi. Tra gli altri la colpita terribilmente è una ragazza, Frida,
che aveva, che è all'inferno, perché ha ucciso il suo bambino, l'ha strangolato con
un fazzoletto e la pena di Frida all'inferno è che ogni mattina le presentano su un vassoio
il fazzoletto con cui lei ha strangolato il suo bambino e Frida è folle di sofferenza
alla festa subriaca, disperatamente, poi si ingenocchia i piedi di Margherita e le chiede
di aiutarla. Poi il ballo finisce spegne e qui devo leggere un po' perché.
Voland, gli aiutanti, Margherita, sono lì che si riposano dopo le fatiche del ballo, bevono
qualcosa, chiacchierano e poi Voland dice adesso è ora della ricompensa, ho promesso il desiderio.
Margherita si sentì mancare il fiato, stava già per proferire le parole vageggiate e preparate
dentro di sé, e cioè rivolgo il mio amante, rivolgo il maestro, qui libero, sano. Quando
ho un tratto in pallidì, aperse la bocca e sbarro gli occhi. Frida, Frida, Frida. Le
gridone l'orecchio una voce insistente, supplickevole. Mi chiamo Frida e Margherita incespicando nelle
parole disse, si chiede dunque, posso chiedere una cosa? Esigere, esigere donna mia, rispose
Voland con un sorriso di comprensione, esigere una cosa. Ah, come Voland, ripetendo le parole
stesse di Margherita, aveva sottolineato abilmente e chiaramente una cosa. Margherita sospirò
ancora una volta e disse, voglio che smetano di porgere a Frida il fazzoletto col quale
essa soffocò il suo bambino. Il gatto, ricordate il gatto behemoth, il gatto alzò gli occhi
al cielo e sospirò rumorosamente, ma non disse nulla. Dato che, presi a dire Voland
soggignando e naturalmente del tutto esclusa, la possibilità che lei abbia ricevuto una
bustarella da quella stupida di Frida, non so proprio a che fare, rimane forse una cosa
sola per curarsi degli stracci e tappare con essi tutte le fessure della mia camera da
letto. Di che sta parlando, Messere? Si stupì Margherita, dopo aver sentito quelle parole
davvero incomprensibili. Sono pienamente d'accordo con lei, Messere intervenne il
gatto. Sì, proprio, degli stracci e dal dispetto batte la zampa sulla tavola. Sto
parlando della pietà, spiego Voland, senza staccare da Margherita il suo occhio infocato.
Dal volta essa si insinua del tutto inattesa e insidiosa nelle fessure più anguste, perciò
sto parlando di stracci. Dopodiché chiedono a Margherita se è davvero convinta. Margherita
ci sta male da morire, ma è davvero convinta, ho promesso, dice, Frida si aspetta che io
l'aiuti. Ah, disse Voland, ora capisco e lo farà, domandò sotto voce Margherita, nemmeno
per idea, rispose Voland. Il fatto è, cara regina, che c'è stata una piccola confusione,
ogni di Castero deve occuparsi dei propri affari. Non lo nego, le nostre possibilità
sono piuttosto grandi, sono assai più grandi di quanto presuma certa gente, non molto per
spiccacce. Eh sì, sono assai più grandi, non seppe trattenersi dall'interloquire il
gatto, visibilmente orgoglioso di tali grandi possibilità. Zetto, che il diavolo ti porti,
gli disse Voland, e proseguì rivolto a Margherita. Ma che se è insocea fare qualcosa che è di
competenza di un altro, chiamiamolo così, di Castero, quindi io non lo farò e lo farà
le stesse. Ma si farà come voglio io? A Zazzello guardò ironicamente Margherita con
la coda dell'occhio strabico. Poi, senza farsi scorgere, volto dall'altra la testa rossa
e scoppiò in una risatina. Avanti lo faccia, uffa, che tormento, bronto lo Voland. E girando
un mappamondo che aveva davanti si mise a esaminare su di esso non si sa che particolare,
dando a vedere che soccupava d'altro. Dunque Frida suggerì Caravioff. Frida, grida Margherita
con voce acuta. Lucio si spalanco e una donna scarmigliata, nuda, ma che non dava più segno
a qualcuno d'essere ubriaca, irruppe nella stanza con occhi disperati e protese le due
mani verso Margherita, la quale disse maestosamente, sei perdonata, non ti porgeranno più il
fazzoletto. Si udilurlo di Frida e saccade bocconi sul pavimento e si prosternò allargando
le braccia davanti a Margherita. Voland fece un gesto di insofferenza e Frida scomparve.
La ringrazio, a Dio disse Margherita e si alzò. Qui Bulgakov non lo ripete ma noi sappiamo,
conoscendo i pensieri precedenti di Margherita che Margherita intende uscire di lì e andare a
buttarsi nel fiume. Beh, che ne pensi beh, Moth disse Voland, non vogliamo lucrare sul
gesto di una persona poco pratica in una notte di festa, si volse verso Margherita. Dunque,
questo non conta, perché io non ho fatto niente. Che cosa vuole per sé? Ci fu un momento di
silenzio e l'orubbe Karavyov che sussurrò all'orecchio di Margherita, donna adamantina. Questa
volta le consiglio d'essere un po' più ragionevole, altrimenti, sa, la fortuna potrebbe anche sfuggirle.
Voglio che subito in quest'attimo stesso mi venga restituito il mio amante, il maestro,
disse Margherita, e uno spasimo le contraste il viso. Allora una folata divento il ruppe nella
stanza e dalla finestra compare il maestro, strappato alla clinica psichiatrica, da dove
sbarito tutto, cartella clinica, di lui non si saprà mai più niente, non è mai esistito.
Compare lì di colpo. Però non è ancora finita, perché il maestro non capisceì se bene che
lo gli succede, però riconosce Margherita, però non sta bene triste e cupo. Qui di nuovo si
sovrappongono il personaggio del maestro e quello del suo creatore, Bulgakov. Perché adesso arriviamo
quello che è il vero cuore del romanzo, il fatto che questo romanzo è stato bruciato.
Bulgakov nel 1930 aveva bruciato nella stufa la prima stesura del suo romanzo e poi ha ricominciato
a scriverlo due anni dopo dopo aver incontrato Ielena. Anzi Ielena si ricorda che loro erano in
viaggio di Nozze a Leningrado e Bulgakov le ha raccontato di questo romanzo sul diavolo che
adesso voleva rimettersi a scriverlo. L'aveva bruciato ma non importa, a Mosca dice o tutti gli
appunti e poi si mette a scrivere lì a Leningrado in albergo e Ielena gli chiede ma scusa ma gli
appunti li hai a Mosca e Bulgakov le risponde ma in realtà non importa, mi ricordo ogni parola a
memoria e il maestro invece non si ricordo ogni parola a memoria, il maestro ha bruciato il suo
romanzo. Quello romanzo che fra l'altro adesso veniamo a capirlo con più chiarezza e il motivo
per cui Margherita lo ha abattezzato il maestro perché Margherita è sicura che è un grande
romanzo e che il suo amante è un grandissimo scrittore e Voland gli chiede ma è interessante
questo romanzo di cosa parlava e si fa grasse risate quando apprende che il romanzo parla di
ponziopilato, personaggio che lui Satana conosce benissimo. Vi faccio un'ultima lettura senza la
quale non avrebbe senso finire. Su che cosa su che cosa su chi disse Voland poi smise di ridere
questa è grossa e non poteva trovare un altro argomento faccio un po' vedere e Voland tese la
mano con la palma all'insù io purtroppo non posso farlo rispose il maestro perché l'ho
bruciato nella stufa scusi non ci credo replico voland non può essere i manoscritti non bruciano
si volto verso behemoth e disse su behemoth dammi qua il romanzo il gatto all'istante
salto giù dalla seggiuola e tutti videro che era seduto su un grosso pacco di manoscritti con un
inchino il gatto porse a voland dell'esemplare che stava sopra gli altri Margherita si mise a
tremare e gridò conmovendosi di nuovo fino alle lacrime eccolo il manoscritto eccolo si
precipitò verso voland e aggiunse rapita ogni potente ogni potente i manoscritti non bruciano
è diventata la frase più famosa della letteratura russa del novecento ed è il simbolo della resistenza
dello spirito contro la dittatura tra l'altro quando furono aperti gli archivi sovietici
negli anni 80 90 un letterato sovietico vitali scenta linschi è scritto un grande libro che
c'è anche tradotto in italiano che si intitola proprio i manoscritti non bruciano andando a
ritrovare negli archivi del KGB i dossier e i documenti ai manoscritti sequestrati dai tanti
poeti e scrittori che erano finiti in lager e trovando anche le relazioni le relazioni
della polizia segreta che spiava le relazioni di quelli che spiavano bulgakov 23 maggio
1935 bulgakov soffre di un disturbo nervoso dice di non poter andare da solo per strada viene
accompagnato persino di giorno lavora molto sta terminando una piese e ci sono rapporti di
funzionari non si chiamava ancora il KGB l'encavedè che riferiscono di aver parlato con bulgakov
ed di avergli detto bulgakov non scrivere più niente occupati di altre cose ricordati
della tua professione di medico cura la gente e noi ti lasceremo tranquillo
Michaela Fanasi dice morì nel 1940 di una malattia renale la nefrosclerosi non aveva
neanche 50 anni era la stessa malattia di cui era morto suo padre più o meno alla stessa età
e lui stesso fece in tempo a diagnosticarsela e fece in tempo a finire il suo romanzo che negli
ultimi anni aveva deciso di intitolare il maestro e margherita diversamente da tanti altri era
sopravvissuto al terrore di stalling per morire poi appunto di malattia non fece in tempo a vedere
che so la seconda guerra mondiale per esempio quando un altro diavo l'arrivò vicinissimo la
mosca non seppe mai che il suo romanzo era stato pubblicato e accolto in tutto il mondo con
commozione eugenio montale disse un miracolo non lo seppe mai però l'aveva profetizzato
perché lo avete visto il maestro margherita parla di questo in realtà di un manuscritto
che non è bruciato perché i manuscritti non bruciano e che al momento buone è tornato
fuori e il romanzo si conclude dove era cominciato sulle panchine davanti agli stagni e patriarci
dove molti anni dopo del frattempo voland e la sua corte sono spariti da mosca con loro sono
spariti il maestro e margherita e nessuno si ricorda più di quella strana storia però su
quelle panchine viene ancora sedersi ogni tanto un professore di storia e filosofia
che si chiama Ivan Nikolaevich Panuriov è che molti anni prima era il poeta Ivan Biesdomni
Ivan è uscito dalla clinica dopo una lunga malattia mentale ha cambiato completamente
mestiere ha deciso di occuparsi d'altro nella vita non scrive più poemi per dimostrare che
Gesù non esisteva però nelle notti di luna piena di primavera continua ad avere dei momenti
di turbamento non dorme bene a televisioni notture degli incubi a degli incubi in cui
sogna i personaggi del romanzo del maestro gli stessi che abbiamo incontrato noi ponziopilato
un altro che non vi ho raccontato il centurione ammazza topi col naso rotto che è quello che
dà il colpo di grazie alla drone e sta sulla croce. Ivan a questi incubi notturni e poi
durante questi incubi sogna anche uno strano tipo che una volta era in clinica con lui e che poi
è sparito nessuno sa bene perché e questo strano tipo torna a trovarlo nel sogno accompagnato da
una donna bellissima che Ivan non ha mai visto e quando questa donna bellissima lo bacia i
van smette di agitarsi e dorme tranquillo. Vi leggo le ultime righe del romanzo.
Essa sicina su Ivan e lo bacia sulla fronte e Ivan si protende a lei e la fissa negli occhi ma
essa è indietreggia indietreggia e se ne va con suo compagno verso la luna allora la luna diventa
tempestosa, spruzza luce in ogni direzione, la stanza si inonda di luce lunare, la luce
sommerge in letto ed è allora che Ivan Nicolaevic dorme col volto felice. Al mattino si sveglia,
da citurno ma completamente tranquillo è rimesso, la sua martoriata memoria si placa e fino al
prossimo plenilunio nessuno inquieterà il professore, né l'assassino col naso infossato di
hesta, né il feroce quinto procuratore della Giudea, il cavaliere Ponziopilato e così il
romanzo di Bulgakov si conclude con le stesse parole con cui si concludeva il romanzo del maestro.
Grazie per aver ascoltato anche questa puntata del podcast Dessando Barbero. Il link al video
da cui è tratta questa puntata è nella descrizione dell'episodio. Come ogni settimana anche
questo mercoledì ci sarà l'immancabile palco dalle 21 per un'ora o due. Facciamo 4 chiacchi
dei suoi commenti di Discord su questa puntata, la storia e un po' di trucche. Per praticare
il palco è sufficiente collegarsi la community all'indirizzo www.barberopodcast.it
slash discord. Il link è nella descrizione dell'episodio. La musica è come sempre il
Jodstrich Shuffle di Kevin MacLeod in Competech.com pubblicata con licenza Creative Commons CC
by 4.0. Ci sentiamo la settimana prossima con una nuova puntata del podcast di Alessandro Barbero. Ciao!
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Da Il Libro della Vita (Scandicci Cultura) il professor Barbero racconta “Il Maestro e Margherita” di Michail Bulgakov.
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