Fare un fuoco: Sconfiggere la paura con l’aiuto di Nina Simone
Lucy - Sulla cultura 6/9/23 - Episode Page - 18m - PDF Transcript
L'usì Mi è stato detto che c'era un dio quando
ero bambino. Non avevo idea di cosa fosse dio. Ancora non lo so, ma persone come Nina
Simone mi hanno fatto credere in qualcosa. A parlare è Warren Ellis, musicista australiano
e soddare di Nick Cave da molti anni a questa parte. Qualcuno di voi nascolto avrà forse
visto nella propria vita almeno un concerto di Nick Cave. Qualcuno avrà ammirato la
compattezza sonora di questi grandi musicisti, l'impressionante carisma di Cave ed Ellis.
La vita tuttavia è interessante anche perché per quanto tu possa essere grande e carismatico,
prima o poi ti capiterà di imbatterti in qualcuno più grande e carismatico di te.
Per Warren Ellis e Nick Cave questo qualcuno si chiama Nina Simone, davanti alla quale
i due musicisti australiani si inchinano come due timi di studenti davanti alla maestra. Anzi,
alla dottoressa. È il 1999. Warren Ellis è in platea nell'Arroy al Festival
Hall di Londra quando Nina Simone sta per cominciare il suo concerto. Mentre il
pubblico si alza in piedi all'Unisono, Nina Simone rimane per alcuni stanti davanti al
palco col pugno chiuso alzato, fissando quel mare di volte come fosse pronta a combattere con loro.
Immagino che molte persone abbiano notato che stava masticando un acciungam, ricorda Ellis. Era
proprio la cosa più bella, un piccolo atto di sfida che diceva molto di lei. Nina Simone
si avvicina lentamente al pianoforte, si siede, si toglie la gomma dalla bocca e l'attacca proprio
sotto il pianoforte. Secondo altre versioni, la infile invece in un asciugamano sopra lo
Stainway. A quel punto comincia un concerto che Warren Ellis definisce blijce trasformativo, sia per
lei che per il pubblico. Mentre suonava, potevi vedere che si stava galvanizzando attraverso la
musica. Stavamo assistendo a uno di quei rari eventi, dopo i quali nessuno se ne sarebbe tornato a
a casa nello stesso modo in cui era arrivato.
Tuttavia, dopo il concerto, Warren Ellis riesce a salire furtivamente sul palco, recupera
a Chewingham che fino a un'ora e mezza prima era stato nella bocca di Nina Simone e la
prende con sé, trasformandola per anni nel suo talismano personale, una sorta di oggetto
magico da cui ricevere forza e ispirazione.
Anche Nick Cave ama perdutamente Nina Simone, la considera tra gli artisti più grandi del
novecento e anche lui ha un aneddoto spiritoso da raccontare.
Un giorno, subito prima di un concerto, la sentì chiamare il suo direttore di scena
e Matt, il direttore di scena, eccomi dottoressa, voleva essere chiamata dottoressa e Nina Simone,
senti Matt, prima di cominciare vorrei per cortesia dello champagne, della cocaína e delle salsicce.
A quel punto, visto che parliamo di addetti e lavori del mondo della musica, è presumibile
che qualcuno abbia pensato.
Merda, ma adesso dove diavolo le andiamo a trovare, le salsicce.
Io sono Nicola la gioia e questo è fare un fuoco, il podcast di Lucy che racconta come
le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione.
Il documentario Netflix del 2015 What Happened, Miss Simone, diretto dal Litz Garbus, ci regala
uno sguardo unico sull'esperienza umana e musicale di Nina Simone, attraverso un prezioso
materiale d'archivio e le voci delle persone a lei più vicine.
Ogni vicenda raccontata sembra guidata dalla stessa spinta viscerale espressa dalla stessa
Simone in un estratto proprio all'inizio del documentario.
È il 1968 e un giornalista le chiede che cosa sia per lei la libertà.
La vediamo con il punto a avere una folgorante epifania proprio davanti alla telecamera mentre
risponde così.
Per me la libertà è l'assenza di paura, davvero la totale assenza di paura, se solo potessi
vivere anche solo per metà della mia vita con questa assenza di paura.
Nina Simone nasce in Carolina del Nord nel 1933 con il nome di Eunice Catherine Waymon
e cresce in un'America segregata, dove il razzismo è sistemico, bianchi e neri devono
avere a che fare il meno possibile gli uni con gli altri e le tunni che bianche del
Cuckoo Sklam fanno paura perché possono uccidere chiunque e abbia una quantità di
melanina giudicata eccessiva.
Le chiese sono fra i pochi spazi sicuri riservati alle persone nere ed è proprio lì che Nina
Simone inizia a suonare il piano forte a solo i tre anni per accompagnare la madre predicatrice.
La musica in chiesa non è solo musica ma un'esperienza estatica, le note del piano
rimbombano sui muri spogli, abbraccano i fedeli e risuonano dentro la piccola Eunice che
in quei momenti riesce a sentire nitidamente la propria vocazione.
Diventare la prima pianista classica nera d'America.
Una vocazione che diventerà dono e zavorra, ossessione e ferita.
La sua passione per il piano forte è smodata e i virtuosismi più complessi le riescono
con facilità.
Sua figlia ha raccontato che suonare era l'unica cosa a cui non doveva pensare, quando si
metteva il piano forte le sue dita volavano.
Così comincia a studiare piano forte con una maestra, la signora Mazzanovic, con cui
si ritroverà a trascorrere 6-7 ore al giorno.
Non avevo mai visto una persona così bianca, ai miei occhi era un'aliena, dirà di lei.
Ma in seguire la sua vocazione renderà la sua infanzia molto solitaria.
Le persone le più vicine saranno Bach, Beethoven, Debussy, presenze lontane nel tempo e nello
spazio, ma compagni i fedeli di un'esistenza complessa, in una famiglia povera, nera e
numerosa degli Stati Uniti degli anni 40.
La signora Mazzanovic e i membri della sua comunità, primi spettatori privilegiati
di un talento tristallino, decidono così di far partire una raccolta a fondi per supportare
i suoi studi e permetterle di inseguire il suo sogno.
Al suo primo concerto, quando a solo 12 anni, la futura Nina Simone assiste a una scena
che la traumatizza, ispirando il suo impegno politico degli anni successivi.
I genitori, seduti in prima fila, vengono spostati in fondo alla sala perché quei posti
sono riservati ai bianchi.
Ma la giovanissima pianista mostra la propria determinazione, rifiutandosi di suonare fino
a quando i suoi genitori non tornano in prima fila.
Qualche anno dopo, un altro evento di rompente sarà uno sparti acqua nella sua carriera.
Nel 1950, Jonas prova ad entrare nell'istituto di musica Curtis di Philadelphia, dopo aver
preparato l'audizione alla prestigiosa scuola Joylard di New York.
La sua performance è incomiabile.
Ma lei non viene ammessa.
Nina Simone sospetterà per tutta la vita che ci fossero motivazioni razziste dietro
la sua esclusione.
Nonostante questa enorme delusione, decide di continuare a studiare pianoforte.
Ma le elezioni private sono costose.
Così si ritrova per la prima volta a cantare perché è obbligata dal proprietario dello
squallido bar di Atlantic City in cui lavora per mettere su qualche soldo.
Da mezzanotte, le sette del mattino, questo era il suo turno, non interessa a nessuno
ascoltare Brahms o Rachmaninov.
Ma lei non ha molta voglia di cantare e non ne va particolarmente fiera.
Anzi, teme che la religiosissima madre venga a sapere che il suo talento è ormai al servizio
della musica del diavolo.
Così, nel 1954, adotta il nome d'arte di Nina Simone.
Nina, come Nina, il nomignolo con cui la chiamava il fidanzato dell'epoca, e Simone,
come l'attrice francese, Simone Signore, che aveva apprezzato nei panni di una carismatica
prostituta nel film Casco d'Oro.
Con un talento così, però, non c'è pseudonimo che tenga.
Nina raggiunge rapidamente la fama, volteggiando con maestria fra Soul, Jets, Blues, con uno
stile che sì affonda le sue radici nella tradizione musicale afroamericana, ma che grazie
a lei riesce a diventare qualcosa di più, qualcosa di nuovo.
A rendere le sue canzoni immediatamente riconoscibili è infatti un incontro miracoloso.
Quello fra la sua straordinaria preparazione classica, che emerge ogni volta che le sue
dita sfiorano i tasti del piano forte, e i tormenti della sua anima, di cui la sua voce
intrisa in modo inequivocabile.
Quando le chiedevano cosa ispirasse la sua interpretazione, le rispondeva così.
Mi interessa comunicare un'emozione, usare tutto quello che ho dentro.
A volte, una sola nota.
A volte, ho una voce graffiante come la Ghiaia.
Altre morbida come un caffè con panna.
Nel 1963 Nina Simone corona uno dei suoi sogni e suona a la Carnegie Hall, la storica sala
da concerti New Yorkese, ma Nina non riesce a essere realmente soddisfatta.
Lei stessa dirà, sono finalmente alla Carnegie Hall, ma non suono Bach.
Il suo rimpianto più grande è sempre lo stesso, non essere diventata la prima pianista
classica nera d'America.
Passeranno alla storia le sfuriate con il pubblico dei suoi concerti, se qualcuno sembra
non mostrare sufficiente attenzione lei si alza dallo sgabello del suo piano forte e se ne va.
E se le chiedono perché risponde, voglio che ascoltino la mia musica come si fa con la musica
classica.
Ma c'è qualcosa altro a tormentarla, qualcosa di più profondo e indomabile.
Nina Simone trascorrera buona parte della sua vita oscillando fra incontenibili esplosioni
di rabbia e drammatici episodi depressivi.
Fino a quando, alla fine degli anni 80, le verrà diagnosticato tardivamente un disturbo bipolar.
E poi c'è il suo matrimonio, che non va esattamente come Nina sperava che andasse.
Il marito Andy è un ex poliziotto, ma presto diventa il suo manager a tempo pieno.
Il suo unico obiettivo è renderla una star e così organizza turnello Goranti, da cui la
donna torna sempre più stanca.
E poi la picchia lo fa con violenza inaudita ed avanti alle due figlie, abusa di lei e
arriva a minacciarla apuntandole una pistola alla testa.
Nina inizia a sentire il bisogno di fuggire, fuggire da lui, da un numero infinito di concerti
che costretta tenere, dei suoi sogni infranti e soprattutto da un'America bianca che la
esclusa e delusa troppe volte.
La salvezza arriva con il movimento per i diritti civili degli afroamericani a cui si
avvicina pubblicamente nel 1964 con la canzone Mississipi Goddam, ispirata da un drammatico
fatto di cronaca.
L'anno precedente, un attentato dei suprimatisti bianchi del Ku Klux Klan aveva ucciso quattro
bambine in una chiesa battista di Birningham, Alabama, considerata la città più segregata
del paese.
Nina Simone inizia così a sentire crescere in lei una nuova urgenza espressiva, da cui
nascerà nostra ordinaria canzone di protesta, come To Be Young, Gifted and Black, Backlash
Blues e I Don't Know I Got Life.
In un'intervista farà una dichiarazione che suona come un manifesto.
Il dovere di un'artista, per quanto mi riguarda, è riflettere i tempi.
Penso che sia vero per i pittori, gli scultori, i poeti e i musicisti.
In questo momento cruciale delle nostre vite, in cui tutto è così disperato, in cui ogni
giorno è una questione di sopravvivenza, non credo si possa fare a meno di essere coinvolti.
Nina Simone si avvicina così alle idee di Malcolm X, di cui diventerà grande amica,
e nel 1965 suona alla Maraccia di Selma, a Montgomery, uno dei momenti più simbolici
della lotta per i diritti civili degli Stati Uniti, un evento a cui partecipano Martin
Luther King e grandi artisti neri dell'epoca.
Nel frattempo abbandona artisticamente tutto a ciò che non è politico, con grande disappunto
di suo marito Andy.
Questa scelta, infatti, diventa un grosso problema per la sua carriera, che si arena dopo un
decennio di crescita in interrotta.
Ma Nina non interessa, perché non è mai stata così in pace con se stessa.
Di chiare rà, quando ho iniziato a cantare per il mio popolo, ciò divenne il centro
della mia vita, non il piano classico, la musica classica, nella musica popolare, ma
la musica dei diritti civili.
Dopo l'unicidio di Martin Luther King, Nina Simone decide di lasciare tutto.
Divorzia, smette di suonare, abbandona gli Stati Uniti.
È una nuova alba, un nuovo giorno, una nuova vita, proprio come cantava nella sua straordinaria
versione di Feeling Good.
Va a vivere in Liberia, stato africano fondato da un gruppo di schiavi afroamericani che
nel 1822 stabilirono sulle sue coste una colonia di liberi uomini di colore e la sentiamo
ricordare quel luogo come l'unico in cui si sia sentita a casa, finalmente libera.
Per me la libertà è l'assenza di paura, ricordate?
Gli anni successivi saranno piuttosto movimentati, ma Nina ritrova la serenità in Europa, dove
si stabilisce baik fino alla morte, avvenuta nel 2003 in un paesino nel sud della Francia.
Di lei ci restano canzoni tanto potenti da sfidare i limiti del tempo, canzoni grazie alle quali
riusciamo a scruttare nell'anima di questa grande artista, che è nata pianista classica
e diventata superstar e ha trovato la pace nella rivoluzione.
Fare un fuoco e un podcast settimanale di Lucy condotto da me, Nicola la Gioria.
Le musiche originali, il montaggio e il sound design sono di Sharon DeLorean.
La cura editoriale è già da Arena che ha anche scritto questa puntata e Lorenzo Grammatica.
A venerdì prossim.
Buon appetito!
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Che cos’è la libertà? E perché è così preziosa per un’artista? Nella diciottesima puntata, ripercorriamo la rocambolesca esistenza di Nina Simone, dagli esordi come pianista classica alle lotte per i diritti civili.
Fare un fuoco è il podcast di Lucy che racconta come le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione. Ogni venerdì una nuova puntata, scritta e condotta da Nicola Lagioia.
Le musiche originali, il montaggio e il sound design sono di Shari DeLorian, la cura editoriale è di Giada Arena, che ha scritto questa puntata, e Lorenzo Gramatica. Si ringrazia Spreaker per il supporto tecnico.
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