Daily Five: Pnrr, i semi della follia. Berlusconi ha la leucemia. Renzi non sarà direttore. Kennedy corre per la Casa Bianca. Mosca: no alla pace cinese

CNC Media CNC Media 4/6/23 - Episode Page - 18m - PDF Transcript

Ieri in finali di puntato ho fatto giusto un accenno alla storia dei soldi del PNRR a cui parte del governo vorrebbe rinunciare perché sostanzialmente incapace di spenderli tutti e mi sono limitato a un rapido passaggio, lo ammetto perché pensavo che la cosa fosse un po' tecnica e vi interessasse fino a un certo punto.

Però mi sono sbagliato, ieri oggi mi avete subissato di domande e messaggi su questa faccenda, quindi forse è il caso di tornarci e spiegarla meglio, quindi 20 secondi di sigla e proviamo a capirci qualcosa.

Io sono Emilio Mola e questo è Daily Five, il podcast di CNC Media per comprendere l'attualità e conoscere il mondo che ci circonda una notizia alla volta.

Oggi è giovedì 6 aprile e come vi dicevo il PNRR sta tornando al centro del dibattito politico perché, e questo credo ormai lo sappiate già, l'Italia non sta riuscendo a rispettare le varie scadenze fissate dall'Europa per ricevere questi benedetti soldi appunto del PNRR.

Come sapete, all'Italia spettano dall'Unione Europea circa 190-191 miliardi di euro, 70 sono a fondo perduto e 121 sono sotto forma di prestiti a tasso praticamente nullo, soldi che dobbiamo obbligatoriamente spendere entro il 2026 tutti quanti, tutti i 191.

E questi soldi ci vengono e ci saranno dati dall'Unione Europea in 10 rate fino al 2026, ovvero ogni 6 mesi a patto che noi entro quei 6 mesi attuiamo una serie di progetti e di riforme per migliorare il paese dal punto di vista tecnologico, ambientale, sociale, turistico, eccetera.

Bene, cosa sta succedendo? Beh, sta succedendo che l'Italia in ritardo sui progetti che deve portare a termine entro giugno per ricevere la prossima rata e soprattutto stiamo prendendo consapevolezza del fatto che più passerà il tempo più questi ritardi si accumuleranno e quindi rischiamo di perdere non solo questa rata ma pure le prossime.

Insomma, riassumendo, siamo talmente inefficienti come sistema paese perché, ad esempio, ci mancano nei vari comuni le competenze professionisti per fare e attuare progetti che non riusciamo nemmeno a spendere i soldi che ci vengono dati.

Basti pensare che dei 67 miliardi ricevuti fino a oggi ne abbiamo spesi soltanto 23, quindi meno della metà.

Lo stesso ministro agli affari europei raffaellefitto su questo ha dovuto ammettere. Se oggi capiamo che alcuni interventi da qui al 2026 non possono essere realizzati ed è matematico e scientifico che sia così, allora dobbiamo dirlo con chiarezza e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito di chi sia la colpa.

Ecco, sulla scorta di queste considerazioni e di queste constatazioni il dibattito effettivamente si è aperto e tra le soluzioni proposte e più dibattute c'è perfino quella proprio di rinunciare a quei soldi o almeno a una grossa fetta di essi.

Ad avanzarla è stato il capogruppo della lega alla Camera Riccardo Molinari che tre giorni fa attestualmente detto.

Ho parlato con molti sindaci di comuni piccoli e i problemi sono numerosi. A senso a questo punto indebitarsi con l'Unione Europea per fare cose che non servono, forse sarebbe il caso di valutare di rinunciare a una parte dei fondi a debito.

Ecco, Giorgia Meloni dopo che sono state date queste dichiarazioni ed esploso un caso su questa idea di poter rinunciare ai soldi ha subito messo le mani avanti e ha detto che non è sua intenzione di rinunciare a un solo euro del PNRR, però non ha nemmeno chiarito come ci riuscirà.

E soprattutto sta emergendo come non siano in pochi a pensare che la proposta di Molinari non sia poi tutta questa gran follia.

Ieri ad esempio due economisti di certo tutt'altro che vicino alla lega come Tito Boeri e Roberto Perotti hanno scritto come in realtà secondo loro sia più giusto rinunciare a parte del PNRR, piuttosto che indebitarsi con l'Europa per miliardi di euro per progetti senza utilità e fatti praticamente in fretta e furia.

Come andrà a finire questo dibattito? Noi adesso non lo sappiamo. In questi giorni Giorgia Meloni sta valutando la possibilità di chiedere delle modifiche alla Commissione europea come ad esempio spostare la data ultima del piano e del PNRR oggi fissata al 2026.

Insomma chiedere più tempo. Nel frattempo però per chiudere questa vicenda vi consiglio l'approfondimento fatto oggi sul corriere da Milena Gabbanelli che tratta proprio uno dei tanti progetti finanziati dall'Unione europea in Italia.

Perché è un caso davvero emblematico che forse meglio di tutta questa spiegazione che vi ho fatto ci aiuta a capire perfettamente come stanno andando le cose.

Allora il progetto del PNRR in questione è quello che prevede di piantare 6,6 milioni di nuovi alberi attorno alle città metropolitane del nostro Paese.

La forestazione urbana infatti è essenziale per rendere più vivibili le città visto che gli alberi oltre a portare vita verde natura eccetera contribuiscono ad esempio all'abbassamento delle temperature nelle città.

Ecco per piantare questi 6,5 milioni di alberi in tre anni l'Unione europea ci sta dando la bellezza di 330 milioni di euro.

Come è andato a finire? È andato a finire che il ministero dell'ambiente ha annunciato che al 31 dicembre scorso sono stati piantati non 1,6 milioni di alberi come previsto dalla prima tranche ma addirittura più di 2 milioni.

Tutto fantastico quindi, altro che inefficienti. Qui siamo proprio superlativi, però non proprio.

Perché quando la Corte dei Conti ha mandato i carabinieri in giro per l'Italia a verificare come sti andando la messa a dimora di questi alberi si è scoperto che Catania, due punti, non è stata messa a dimora alcuna essenza forestale.

Messina si presume che per la data del 10 dicembre 2022 non verranno messi a dimora piantine ed erano 444 mila, palermo, lavori sospesi, bologna.

Le operazioni di messa a dimora sono state effettuate per complessive, appena, dico io, 1.100 piante.

Genova, da un primo controllo delle ditte che hanno partecipato al bando sono stati riscontrati già a casi di denunce per turbativa d'asta o truffe nella percezione di pubbliche erogazioni.

In conclusione, numero di nuovi alberi intorno alle città, quasi zero.

Però, in compenso, abbiamo acquistato al posto degli alberi un sacco di semi spacciandoli per alberi già belli e fatti.

E costaremo ora vedere se alla Commissione europea andrà bene aver speso 330 milioni di euro per dei semi.

Da questa mattina si sa qualcosa in più sulle condizioni di salute di Silvio Berlusconi, finito, lo sapete, ieri nuovamente in ospedale, in terapia intensiva, per problemi respiratori.

E cioè si sa che la polmonite che ha causato quei sintomi è dovuta a qualcosa di purtroppo molto più grave, ovvero una forma di leucemia.

La situazione è definita complessa ma stabile e l'ex-premier, leggo dal fatto quotidiano, risulta essere sempre vigile mentre i medici stanno provando a ristabilire una corretto ossigenazione del sangue

per alleviare lo stress al sistema cardiovascolare e respiratorio.

A destare grande preoccupazione sono in particolare i problemi ematici dovuti a questa forma di leucemia scoperta in realtà da qualche settimana e per la quale Mercoledì ha iniziato Berlusconi la chemioterapia.

Le analisi svolte dall'equipo, coordinata dal suo medico personale Alberto Zangrillo, hanno restituito questo scenario clinico secondo quanto riporta il Corriere della Serra,

una situazione complessa appunto, ma apparentemente stabilizzata nel corso del primo giorno di ricovero.

C'è preoccupazione per la salute del leader di Forza Italia perché le complicazioni innescate dalla malattia sono particolarmente debilitanti per una persona di 86 anni,

che oltretutto, due anni fa lo ricorderete, ha già affrontato e superato una polmonite bilaterale dovuta alla Covid-19.

Ed è per questo che, per volontà della famiglia, Mercoledì non è stato diffuso un bollettino medico.

C'era la necessità di comprendere come si sarebbe evoluto il quadro nel corso delle prime ore di cure e quale sarebbe stata la reazione ai farmaci somministrati a Berlusconi.

E a conferma della sua tempra, l'ex presidente del Consiglio questa mattina ha telefonato al coordinatore nazionale Antonio Tagliani e ha parlato con il capogruppo alla camera Paolo Barelli

e con il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.

In queste telefonate fanno sapere i vertici di Forza Italia.

Berlusconi ha rivolto un affettuoso saluto e ha raccomandato il massimo impegno in Parlamento al governo e in Forza Italia, perché il Paese ha bisogno di noi.

Mercoledì, l'ex-premier, continuò a leggere dal fatto quotidiano, aveva ricevuto la visita di tutti i figli,

cioè Marina, Piersilvio, Barbara, Eleonora e Luigi, e anche quella del fratello Paolo,

oltre alla presenza fissa della compagna Marta Fascina, arrivata con lui al San Raffaile, Mercoledì, mattina.

Poco prima di mezzanotte, Zangrillo ha lasciato il San Raffaile senza rilasciare dichiarazioni ai giornalisti che lo attendevano all'esterno.

Andate a dormire tutti, sono state le uniche parole rivolte dal professore ai cronisti.

Il professore non parlerà, neanche oggi, giovedì e seprile, d'ambienti del San Raffaile si apprende che al momento non è previsto alcun bollettino medico.

Ieri abbiamo parlato di questa particolare novità nel mondo dell'informazione e dell'editoria italiana,

e cioè la nomina di Matteo Renzi, attuale Senatore della Repubblica ed Ex Presidente del Consiglio, alla direzione del giornale il riformista.

Oggi, intervistato da Repubblica Renzi tra una battuta e l'altra, ha ribadito che non lascerà l'incarico di Senatore

e ha fatto sapere che non ritirerà le varie querelle che in questi anni ha sporto contro vari giornalisti e direttori di Testata.

E per la precisione ha detto, non ritirerò le querelle se mai ora ne rischierò qualcuna. Il riferimento di queste ultime parole di Renzi

probabilmente è al fatto che in un giornale funziona così, quando nella redazione arriva una querella per un determinato articolo pubblicato sul giornale,

a essere querellato non è solo il giornalista autore dell'articolo, ma in automatico anche il direttore responsabile del giornale.

Si chiama infatti così, direttore responsabile, proprio perché è responsabile di ciò che viene pubblicato

ed è sua responsabilità controllare che sul giornale non siano pubblicati reati come difamazioni, calunnie, etc.

Ecco, se il riferimento è a questo, Renzi può chiaramente dormire tranquillo, perché in realtà lui non sarà il direttore responsabile.

E questo per due motivi, sia perché non è iscritto all'ordine dei giornalisti e per fare il direttore responsabile devi essere scritto in Italia all'ordine,

ma sia anche perché è un parlamentare. Quindi che succede adesso? Quindi, come evidenzia Paggella Politica, se un direttore di un quotidiano è un parlamentare,

il ruolo di direttore responsabile deve essere assunto da un vice direttore responsabile, il ruolo di deputato o senatore infatti incompatibile,

con quello di direttore responsabile, perché i parlamentari non possono essere chiamati a rispondere di fronte alla legge delle opinioni espresse,

per cui se Renzi, ad esempio, fosse direttore di giornale, appunto, il riformista, e venisse accusato di difamazione,

secondo quel meccanismo che vi ho spiegato prima, potrebbe non essere punito e questo chiaramente non può succedere.

A questo proposito, quindi sempre Renzi, per rispondere a chi li sollevava in conferenza stampa perplessità, proprio su questo,

sul fatto che un parlamentare facesse anche il direttore di un giornale, l'ex-premier ha risposto che non sarebbe stata la prima volta e non sarà la prima volta,

e che anche Veltroni, Walter Veltroni è stato direttore dell'unità quando era parlamentare, e lo stesso Sergio Mattarella lo è stato del giornale Il Popolo, vero, verissimo,

ma come riporta sempre Paggella Politica, Veltroni e Mattarella hanno diretto quelli che sono tecnicamente definiti giornali di partito.

L'unità, ad esempio, era l'organo del partito comunista prima e del PDS poi, mentre Il Popolo era l'organo del partito popolare italiano

ed era prassi consolidata che i direttori di giornali di partito fossero tesserati del partito stesso.

Ecco, il riformista non è un organo di partito, quindi il paragone, fatto da Renzi, non è affatto corretto.

A proposito di giornali, oggi diversi siti di informazione riportano titoli molto simili a questo, un leader Novaks incorza per la Casa Bianca,

e questo perché, in effetti, Robert Kennedy Jr., nipote dell'ex presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, si è candidato alla Casa Bianca in vista delle elezioni del 2024 per il Partito Democratico.

Il tesoriere della sua campagna elettorale John Sullivan ha confermato alla CNN che l'avvocato ambientalista, figlio dell'ex senatore e procuratore generale Robert Kennedy,

assassinato nel 1968, ha presentato la documentazione necessaria alla commissione elettorale federale,

Kennedy leggo dal corriere 69 anni e noto per il suo attivismo contro i vaccini, ha condensato le sue teorie nel libro de Real Anthony Fauci

e fa parte della cosiddetta sporca dozzina, ovvero le 12 persone fisiche che da sole hanno prodotto due terzi della disinformazione social contro il vaccino negli Stati Uniti

ed è al secondo posto, addirittura, di questa non-lusinghiera classifica.

Nel febbraio del 2021 è anche stato cacciato, da Instagram in modo permanente, pur restando su Twitter e su Facebook.

La sua discesa in campo era già stata anticipata dallo stesso Kennedy il mese scorso in un Twitter in cui annunciava di volere entrare in corsa

qualora fosse riuscito a raccogliere abbastanza fondi e abbastanza sostenitori, a quanto pare però c'è riuscito.

Con quali speranze di vittoria però non si sa che ne decorrerà infatti per le primarie del Partito Democratico

e l'astra grande maggioranza degli elettori americani complottisti e Novaks si trovano in realtà dall'altra parte,

cioè nel Partito Repubblicano e sono ferventi sostenitori di Trump.

Sarà tuttavia interessante con questa sua partecipazione alle primarie del Partito Democratico contare anche il peso dei Novaks dalla parte del partito di Joe Biden.

Oggi si sta tenendo a Pekino in Cina un atteso e importante incontro tra il presidente cinese Xi Jinping,

il presidente della Repubblica francese Emanuel Macron e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen,

tra i vari risvolti interessanti che stanno emergendo da questo vertice,

vi segnalo quelli che forse ci interessano più da vicino, ovvero quelli relativi alla guerra in Ucraina.

Nel corso dell'incontro sia Macron che von der Leyen hanno chiesto a Xi Jinping di dare il proprio contributo

al raggiungimento di una pace giusta e hanno chiesto al leader cinese di astenersi dall'invio di qualsiasi materiale

che possa aiutare la Russia nel corso dell'invasione, anche perché questo ha fatto sapere Ursula von der Leyen,

comprometterebbe rapporti anche economici con l'Europa.

La risposta di Xi Jinping è stata molto interessante perché lui ha detto che, secondo quanto riporta la stessa von der Leyen,

che al momento opportuno il presidente cinese telefonerà al presidente ucraino Zelensky.

Voi ricorderete che pochi giorni fa Xi Jinping è stato a Mosca a parlare con Putin, a parlare anche della guerra,

però ha parlato appunto solo con una parte del conflitto, non con l'altra, cioè con l'Ucraina.

Ecco, dopo questo incontro, Xi Jinping, a quanto pare, ha confermato la sua volontà di parlare anche con Zelensky.

Insomma, uno spiraglio, senza dubbio positivo, che però è stato richiuso immediatamente dal Kremlin da Mosca

che ha bocciato la mediazione cinese sulla guerra, a prendere questa posizione abbastanza netta

e stato proprio il portavoce di Putin, cioè Dimitri Peskov, che ha detto

la Cina ha un potenziale di mediazione molto efficace, impressionante, e recenti successi diplomatici di Pekino

lo hanno dimostrato in modo eloquente, ma la situazione con l'Ucraina è ancora difficile,

però ora non ci sono prospettive per una soluzione pacifica, quindi qui il Kremlin, Putin, ha detto no,

per ora di pace, non se ne parla, da notare il modo in cui Peskov ha chiuso la porta in faccia a Pekino,

prima la carota eloggiando i successi diplomatici della Cina, probabilmente con riferimento

agli accordi tra Iran e Arabia Saudita mediati proprio da Xi Jinping, e poi il bastone della chiusura.

Insomma, come diremmo qui in Italia, ringrazio il notaglio per l'offerta, ma rifiuto e vado avanti.

Noi invece ci fermiamo qui anche per oggi, io vi do appuntamento a domani sempre alle 17 con Daily Five.

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L’esempio dei semi da 300 milioni di euro per capire perché il Pnrr in Italia non va.

Berlusconi ha iniziato la chemioterapia, la polmonite dovuta a una forma di leucemia.

Renzi non sarà il direttore responsabile del Riformista: ecco perché non può.

Il No Vax nipote di Kennedy correrà alle primarie del Partito Democratico per la candidatura alle presidenziali USA.

XI Jinping incontra Macron e Von Der Leyen e assicura: chiamerò Zelensky. Ma stavolta a opporsi alla pace cinese è la Russia.

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