Daily Five: Naufragio, sopravvissuti abbandonati. Alta tensione Cina-USA. Scontro tra aerei a Guidonia. L’esecuzione del soldato ucraino

CNC Media CNC Media 3/7/23 - Episode Page - 19m - PDF Transcript

Giove di scorso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è personalmente recato

a Cutro, il paesino di nemmeno 10.000 abitanti della provincia di Crotone, teatro del neufraggio

avvenuto la notte del 25 febbraio per rendere omaggio alle decine di vittime morte in quella

tragedia.

E giove di prossimo 9 marzo l'intero governo si riunirà sempre a Cutro per un consiglio

dei ministri straordinario ancora per mostrare almeno simbolicamente la vicinanza dell'intero

paese a chi non ce l'ha fatta ma anche ai sopravvissuti e qualcuno potrà immaginare

che proprio loro, proprio i sopravvissuti a quella strage, uomini, donne e bambini

che hanno visto la morte in faccia o che in quelle onde hanno perso tutto, hanno perso

chi la moglie, chi il figlio, chi l'intera famiglia, sia ora confortato dal nostro paese

non solo con belle parole e gesti simbolici ma anche con qualcosa di più concreto, per

carità niente di eccezionale, ma almeno un letto vero, un bagno vero, un po' di calore,

quattro mura decenti all'interno delle quali provare a riprendersi, a riposare e a piangere.

In fondo il nostro paese ha delle responsabilità in quella tragedia, come ha detto il comandante

della Guardia Costiera, quelle vite potevano essere salvate, quel naffraggio poteva essere

impedito, quel dolore poteva essere a tutti risparmiato, sarebbe bastato far uscire per

tempo i loro mezzi nautici e oggi avremmo decine di morti in meno in mare.

E invece niente, nemmeno quello, oggi diversi giornali e siti pubblicano le immagini della

struttura in cui i sopravvissuti al naffraggio sono stati diciamo così accolti e sono immagini

che raccontano tutta l'ipocrisia di un paese, di uno stato che a parole si batte il petto,

si presenta a cutro con le sue massime istituzioni, fa gesti simbolici e poi nei fatti non riesce

a garantire nemmeno la più elementare decenza.

I più fortunati tra i sopravvissuti scrive Alessandra Zeniti su Repubblica, cinque donne

e cinque bambini, dormono su sottili materassi di gomma piuma per terra, con delle coperte

arrotolate come cuscini, gli altri fanno attorno una notte su un letto, magari solo la rete

di una brandina, un plaid sotto la schiena per smossare la rigidità delle molle, la notte

seguente rannichiati sulle panchine di ferro, azzurro, qualche vecchio cuscino di pelle

per poggiare il capo, giacilli di fortuna, niente di più, come se fossero ancora nella

safe zone di Istanbul in cui i traficanti li avevano tenuti nascosti prima della partenza

del barcone d'Aitzmir.

E invece no, i sopravvissuti del naufraggio di cutro sono nei due capannoni di fronte

al cara di crotone, la loro casa da quando, ormai, nove giorni fa, hanno sfiorato la

morte a poche centinaia di metri dalla spiaggia, niente letti per tutti, niente riscaldamento,

un solo bagno con una sola doccia senza tendine tra l'altro, un lavandino con due rubinetti,

imbarazzante promiscuità per le donne e bambini costretti a dormire insieme agli uomini,

niente lenzuola, niente cuscini, niente sedie, piccole pile di piatti di carta con gli avanzi

del cibo e bottiglie d'acqua per terra, oltre a qualche cartone con generi alimentari di

prima necessità, e così, come reclusi in una prigione del terzo mondo, che l'Italia,

che da una settimana piange le 70 vittime e chissà quanti altri dispersi nel naufragio

di cutro, e prepara un consiglio dei ministri straordinario in trasferta per testimoniare

la partecipazione del governo alla tragedia, tiene gli 81 superstiti del naufragio, in

ospedale ne sono rimasti 8, gli altri, dalle ben più comode corsie, sono stati trasferiti

in questi due capannoni di pertinenza del cara di crotone, senza poter rimanere accanto

alle bare dei cari che hanno perso, senza poter abbracciare i familiari che nel frattempo

hanno raggiunto la Calabria da diverse parti del mondo, la Germania, l'Australia, gli

Stati Uniti, non detenuti, ma trattenuti senza alcun titolo, non naufraghi ma clandestini,

nello sceno limbo di chi non ha ancora chiesto a silo, come se non fossero sopravvissuti

a una tragedia in mani, senza nessun rispetto per quel dolore infinito che spezza che ha

perso un figlio, un genitore, un compagno.

Domenica è andato a trovarli il deputato di sinistra italiana Franco Mari nella delegazione

anche Alessandra Schurba, coordinatrice della clinica legale migrazioni e diritti del Dipartimento

di Giurisprudenza e dell'Università di Palermo, ne sono usciti, sconvolti.

Sono entrata in quei capannoni e mi si è stretto il cuore e racconta Alessandra Schurba, sono

abituata a queste situazioni di crisi e a luoghi di frontiera dove lavoro da anni, ma non avrei

mai immaginato che nonostante la commozione di un paese intero e i riflettori di tutta

Europa, accesi, succutro, i superstiti di un naufraggio potessero essere ospitati così,

il papà con il figlio che cerca la mamma, una donna che ha perso tutta la sua famiglia,

un posto così andrebbe chiuso e basta, ma meno che mai ci si può tenere chi sta affrontando

tutto questo.

Sconvolti dalla tragedia, desiderosi solo di poter riabbracciare i loro cari e piangere

sulle bari dei loro morti, i superstiti non si lamentano neanche, solo una donna sommessamente

mi ha chiesto ma è normale che ci tengano così chiusi qui dentro.

Sono ancora sconvolto, dice Franco Mari, dopo la pietà per i morti, dopo lo strazio sulla

spiaggia con i familiari che sperano di veder riemergere i corpi e dei dispersi, mi chiedo

come sia possibile non avere nessun riguardo per queste persone, erano su quel barcone,

hanno vissuto la tragedia sulla loro pelle, pensavo fossero stati ospitati nel bergo,

trattati con cura eccezionale, sono la carne di questa storia, sono l'incarnazione della

sofferenza umana e io mi vergogno.

Scusate se ho letto per intero questo articolo di Repubblica, ne ho saltato davvero solo

pochi passaggi, ma credo sia la dimostrazione plastica di una certa ipocrisia di Stato e

della politica che ancora una volta si dimostra a parole con un volto umano, ma poi con i

fatti rivela tutta la sua indifferenza verso il dolore e la condizione di queste persone

o meglio di queste vittime.

Nel frattempo questa mattina è stato recuperato dalle acque di cutro un altro corpo senza

vita, il settantunesimo e quello di una bambina aveva solo tre anni.

Io sono Emilio Mola e questo è Daily Five, il podcast di CNC Media per comprendere l'attualità

e conoscere il mondo che ci circonda una notizia alla volta.

Oggi il 7 marzo e qualche giorno fa, nella puntata del 28 febbraio, spiegando il cosiddetto

piano di pace della Cina per il conflitto russocraino, vi invitavo a tenere presente

che quando Pechino parla, quando la diplomazia e la politica cinese parlano soprattutto sul

piano internazionale, ma non solo, bisogna tenere presente che il suo linguaggio non

è mai diretto, è sempre molto ambiguo, molto vago e nel leggervi i 12 punti del piano di

pace, ad esempio, ho provato a far notare ciò che quel piano dice in maniera chiara e ciò

che invece dice fra le righe, che perfino molto più pesante e molto più importante

di ciò che invece è esplicito, ad esempio, in quel piano di pace la Cina nelle righe

scritte sembra parlare di Russia e Ucraina, ma tra le righe sta in realtà parlando di

se stessa e dell'America.

Bene, questa premessa per dirvi che appaiono oggi molto inusuali e per questo se vogliamo

preoccupanti alcune dichiarazioni rilasciate dal presidente cinese Xi Jinping e poi successivamente

dal suo nuovo ministro degli esteri.

In particolare quest'ultimo, il ministro Tsinggang ha proprio invitato l'America a

cambiare traiettoria, a cambiare atteggiamento perché altrimenti le conseguenze saranno

catastrofiche.

Ora, so che a un simile linguaggio nell'ultimo anno ci siamo abituati perché un altro ministro

degli esteri, Lavrov, fa di queste esternazioni un giornosi e l'altro pure, ma lui è appunto

Lavrov, il ministro degli esteri della Russia di Putin, il ministro degli esteri di un paese

in guerra, ma se a usare un simile linguaggio è una potenza come la Cina, la seconda potenza

mondiale che non è assolutamente solita a simili esternazioni, a simili toni così diretti

e così duri, soprattutto dalle più alte sfere, è chiaro che la cosa preoccupa un po' di

più.

Oggi, infatti, molti giornali riportano queste dichiarazioni, ma tra i tanti voglio relegervi

l'articolo del posto perché pone l'accento proprio su questa preoccupante e inusuale

variazione di tono che quasi quasi, se vogliamo, è più un' notizia della notizia in sé.

In una dichiarazione molto rara scrive il posto, il presidente cinese Xi Jinping ha

accusato direttamente gli Stati Uniti e tutto l'Occidente di voler impedire lo sviluppo

economico della Cina con una campagna di contenimento ai suoi danni.

Abitualmente, i leader cinesi e soprattutto quelli di altissimo rango come il presidente,

scrive ancora il posto, usano una retorica molto vaga e ambigua quando devono criticare

un paese straniero, parlano di alcuni paesi, senza mai rivolgere critiche esplicite e

dirette, ma ieri, in un discorso fatto a un gruppo di imprenditori, Xi Jinping ha preso

di mira gli Stati Uniti direttamente.

Lo stesso giorno, anche il ministro degli esteri cinesi Zingang ha fatto dichiarazioni

molto aggressive contro gli Stati Uniti, accusandoli di volere lo scontro diretto con la Cina,

è un segno del fatto che la retorica della Cina contro l'Occidente sta diventando gradualmente

più dura, con l'inizio del terzo mandato di Xi Jinping.

In particolare, Xi Jinping ha detto, secondo la trascrizione cinesa del discorso, i paesi

più occidentali guidati dagli Stati Uniti hanno applicato una politica complessiva di

contenimento, accerchiamento e oppressione nei nostri confronti e hanno creato problemi

di una gravità senza precedenti allo sviluppo del nostro paese.

Secondo alcuni esperti come, ad esempio, Michael Swain, un ricercatore del Centro Studi

Americano Quincy Institute, questa è la prima volta che si gimpinga pubblicamente identificato

gli Stati Uniti come il principale ostacolo allo sviluppo cinese.

Il discorso di Xi Jinping si è tenuto davanti a un gruppo di imprenditori nell'ambito delle

cosiddette due sessioni, cosa sono queste due sessioni?

Le due sessioni in realtà sono le due riunioni delle maggiori assemble della Repubblica Popolare

Cinesa, cioè la conferenza politica consultiva del popolo cinese e il Congresso nazionale

del popolo.

Le due sessioni sono uno degli eventi più importanti della politica cinese e in quest'occasione

scrive il post, ha tenuto una conferenza stampa operata davanti ai giornalisti il nuovo

ministro degli esteri cinese, Singh Gang, che è stato nominato soltanto pochi mesi

fa dopo una lunga carriera come ambasciatore a Washington.

Singh Gang ha parlato in maniera piuttosto bellicosa, accusando gli Stati Uniti di voler

aggredire la Cina sia sul piano economico sia su quello diplomatico e di essere i colpevoli

principali delle sempre maggiori tensioni tra i due paesi.

Gli Stati Uniti ha detto il ministro degli esteri non si limitano a voler competere

con la Cina, ma cercano una repressione completa.

Se gli Stati Uniti non frenano, ma invece continuano ad andare sempre più veloci sulla

strada sbagliata, non ci sono guardrail che possano evitare un deragliamento, sicuramente

ci sarà un conflitto e uno scontro.

Secondo questo ministro degli esteri, quindi gli Stati Uniti, starebbero mettendo a repentaglio

il futuro dell'umanità.

Ho voluto parlarvi di queste dichiarazioni e porre l'accento su questi toni così inusuali,

perché credo che se vogliamo osservare la politica internazionale o se vogliamo l'agio

politica che sono comunque due cose diverse, dobbiamo tenere presente che oggi lo scontro

verso cui dobbiamo gettare maggiormente lo sguardo e quello tra Stati Uniti e Cina.

Spesso si sente parlare del rischio di una guerra nucleare o uno scontro diretto tra

Russia e Stati Uniti, però no, il reale rischio di uno scontro diretto fra superpotenze e quello

tra Cina e Stati Uniti, ne ho provato a spiegare, insomma, a riassumere quali sono le ragioni

di questo scontro, di questa tensione fra le due superpotenze in una precedente puntata

di Daily Five, se non ero quella del 6 febbraio.

Ecco, credo che questo è il tema e questo è lo scenario su cui dobbiamo porre maggiormente

attenzione perché è lì che c'è il rischio di una guerra diretta fra superpotenze.

Nel caso dell'Ukraine, sì, ok, c'è uno scontro tra Stati Uniti e Russia, però come sappiamo

è indiretto, si dice in questi casi, per procura è molto molto molto difficilmente

potrà degenerare in uno scontro diretto, mentre, per le questioni appunto che spiegavo

in quella puntata, in particolare per la questione del dominio e legemonia, se vogliamo così

sul mondo, lo scontro tra possibili diversi ordini mondiali, ma soprattutto per la questione

di Taiwan, c'è davvero un altissimo rischio di scontro diretto tra gli eserciti, le marine,

le aviazioni, Stati Unitensi e quelle cinesi.

Ora, tutto questo è chiaramente non per creare il panico, chi mi conosce e mi segue da tempo

sa che anzi io faccio l'esatto opposto tendo sempre a tranquillizzare e anche qui io non

voglio creare allarme, però voglio solo invitare per seguire meglio la politica internazionale

a porre sempre attenzione a questo tipo di rapporto, cioè anche a queste semplici banali

dichiarazioni tra Cina e Stati Uniti, perché è su questa contrapposizione che si giocheranno

davvero i destini del mondo.

Un tragico incidente si è verificato questa mattina, poco dopo mezzogiorno, nei cieli

di Guidonia, due velivoli dell'aureonautica militare, cioè due CIA e il sessantesimo

stormo, si sono scontrati e sono precipitati uno in un campo fuori dal centro abitato e

uno fra le case all'altezza di Via Leroma e di Via delle Marguerite, i due piloti sono

purtroppo deceduti sul colpo.

Le vittime scrive il corriere del grave incidente, sono il tenente colonnello Giuseppe Cipriano

e il maggiore Marco Menegello che prestavano servizio nel sessantesimo stormo di stanza

a Guidonia.

Le quattro piccole aerei aelica erano in volo di addestramento e stavano facendo evoluzioni

quando due di loro si sono toccati perdendo il controllo.

Secondo le ricostruzioni, i due velivoli precipitati erano decollati circa un'ora prima insieme

con gli altri due gemelli, entrambi piloti deceduti erano istruttori come i loro colleghi

impegnati in un volo di formazione che non prevedeva però il passaggio sopra le zone

abitate.

E allora perché uno di loro è precipitato sulle case?

Perché si ritiene che uno dei due aerei caduti sia finito fra le abitazioni in seguito alla

perdita di assetto, forse dei piani di volo, in seguito alla collisione con l'altro velivolo

che è invece finito nel campo a colle fiorito.

Il mezzo precipitato in strada è caduto su una macchina parcheggiata davanti a una

palazzina.

Tutta la zona è stata transennata dai soccorritori che oltre a mettere in sicurezza le case hanno

verificato se in strada al momento dell'impatto ci fossero dei passanti.

E riguardo all'aerio precipitato tra le case Repubblica non esita a definirne il pilota

un eroe proprio per il modo in cui ha deciso così di atterrare in realtà di schiantarsi

evitando appunto di finire sulle abitazioni quindi scongiurando tragedie ben peggiori.

Aveva perso il controllo dell'aerio scrive Repubblica ma ha fatto di tutto per evitare

le case del centro abitato.

Un miracolo nella tragedia è accaduto su via delle margherite dove il pilota di uno

dei due velivoli militari che sono precipitati a guidoni a martedì mattina, cioè questa

mattina è riuscito ad atterrare sulla strada colpendo un auto.

L'uomo è uscito vivo dalla carcassa in fiamme del velivolo e secondo alcuni testimoni avrebbe

anche gridato aiuto.

Alcuni passanti sul posto sono andati a prendere gli istintori ma il velivolo è esploso poco

dopo.

Incredibilmente ha commentato il sindaco Mauro Lombardo l'aerio è atterrato al centro della

strada con le ali parallele.

Sembra una manovra voluta per minimizzare i danni o è un eroe o c'è stato un miracolo.

Stanno facendo il giro del mondo le atroci immagini dell'esecuzione di un soldato ucraino

da parte di soldati russi ne pressi della città martoriata di Bakhmut in Donbass.

Nel video si vede questo militare in piedi tra gli alberi di un bosco mentre fuma una

sigaretta.

I soldati russi gli parlano addosso, lui gli guarda probabilmente immaginando quello che

sta per accadere.

Sa che le leggi di guerra, perché anche la guerra ha delle sue leggi, delle sue regole,

un suo codice vietano l'esecuzione dei soldati prigionieri ma sa anche di avere di fronte

dei criminali che in questi mesi non hanno avuto alcuna esitazione a sparare, torturare

e uccidere dei civili disarmati, figurarsi un soldato.

Nel video che dura circa 12 secondi l'uomo rivolto verso i soldati da un ultimo tiro alla

sigaretta poi grida Slava Ukraini, gloria all'Ukraine ed è in quell'istante che viene

crippellato da una raffica di proietti risparati probabilmente da più armi da fuoco come un

plotone di esecuzione.

Per alcuni istanti i soldati russi gli sparano anche mentre a terra e uno di loro gli urla

muori puttana.

Attraverso questo filmato è stato possibile anche identificare la vittima di questa esecuzione.

Lui si chiamava Timo Fischadura aveva 40 anni e faceva parte della trentesima abbricata meccanizzata.

Per gli Ukraini Timo Fischadura è già un simbolo per il coraggio mostrato fino all'ultimo

istante, ma quel video è anche la testimonianza della brutalità di un esercito quello russo

che uccide anche persone inermi e disarmate e perfino prigionieri di guerra.

E con questo per oggi mi fermo qui, vi ringrazio ancora una volta per l'ascolto e vi do appuntamento

a domani sempre alle 17 con Daily Five.

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I sopravvissuti al naufragio abbandonati dallo Stato senza letti, riscaldamento, bagni e lenzuola.

Le inusuali e preoccupanti dichiarazioni della Cina contro gli Stati Uniti.

Scontro tra i cieli di Guidonia tra due aerei militari. Morti entrambi i piloti.

L’atroce video dell’esecuzione di un soldato ucraino.

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