Ma perché?: Ma perché il divieto alle auto tradizionali ha mandato in paranoia l'Italia?

Radio Deejay Radio Deejay 3/6/23 - Episode Page - 8m - PDF Transcript

I cambiamenti possono essere dolorosi ed è per questo che, quando si tratta di sconvolgere

un aspetto della nostra vita puntualmente, magari accanto anche un po' di entusiasmo,

spunta sempre la paura.

Rimanere come siamo e dove siamo ci fa sentire al sicuro, anche una situazione orribile se

ci pensate, è comunque per certi versi sicura.

E lì rappresenta la nostra comfort zone.

Vi dico questo perché l'Italia, da quando ha ricevuto notizia che entro il 2035, le

auto tradizionali a diesel e a benzina non saranno più vendute, è caduta in una spirale

di paranoie e anzi incredibili, alcune magari anche legittime.

Ministri, ex-ministri, deputati, senatori e perfino qualche insospettabile, tutti contro

la decisione del Parlamento europeo, tutti convinti che questo cambiamento proprio

non ci sta.

Ma perché?

Io sono Marco Maesano e ogni giorno, assieme a chi ne sa più di me, provo a ripartire

dalle basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo.

Notizia di qualche giorno fa, l'Europa ha rinviato l'adozione del divieto di vendita

di macchine a diesel e a benzina.

Questo ve lo dico perché dopo il voto favorevole del Parlamento europeo, toccava al consiglio

a provare formalmente il testo e la riunione era stata fissata per il 7 marzo, ma la data

è stata rinviata e non si sa però ancora esattamente a quando.

Insomma, il 2035 potrebbe essere modificato quindi come data limite per la vendita delle

auto tradizionali.

Festeggia il nostro Paese, il governo, ma come ascolterete tra poco non solo il nostro.

A me ve lo dico, questo urlare che l'Italia non si può permettere di far fronte a questo

cambiamento epocale, cioè quello del divieto di vendita delle auto tradizionali a diesel

e a benzina, mette un po' di tristezza.

Ecco perché.

Secondo i dati forniti dall'Agenzia europea dell'ambiente e pubblicati sul sito del Parlamento

europeo, il settore dei trasporti è responsabile, legotestualmente, di circa un quarto delle

emissioni totali di CO2 in Europa, il 71,7 per cento delle quali viene prodotto dal trasporto

stradale.

Questo vuol dire che le macchine sono responsabili di una quantità enorme di CO2 che versiamo

quotidianamente nella nostra atmosfera.

Bene, dico.

Il mondo va letteralmente in fiamme, lo sappiamo tutti, e ci va a causa proprio di quella CO2,

anche di quella, diciamo così, CO2 delle auto.

Cosa ci aspettavamo che accadesse?

Non è forse normale che l'Europa ad un certo punto della sua esistenza dica, signori,

tra 12 anni, quindi non domani, non si potranno più vendere auto che vanno a carburante.

Evidentemente mi vende a dire no, perché il fronte dei no, almeno in Italia, va da

destra a sinistra.

E gli ultimi giorni, pensate, anche l'ex premio italiano Romano Prodi ha molto criticato

il divieto imposto dall'Europa, e a pensarla come lui ci sono anche altri paesi, per esempio

la Germania, la quale propone una linea, diciamo così meno rigorista, di quella prospettata

dal Parlamento europeo.

La notizia del divieto di vendita di auto a diesel e a benzina ha mandato nel panico

l'Italia e non solo.

Ma perché?

A rispondere alla domanda di oggi è Valerio Berruti, capore d'attore e automotori di

Repubblica.

Questa è la risposta che mi ha mandato.

Quando parliamo di automobili, come sempre il mondo si rivede in due, alcune volte addirittura

in tre, diciamo che è una specie di sport nazionale in Italia.

Sempre due partiti, ognuno vuole proprio ragioni.

Ma era una discussione forse più leggera, almeno tra virgolette.

Oggi il fronte è completamente cambiato, e la decisione è da prendere una di quelle

molto più importanti, direi, i pocali, cioè quello che ci chiede l'Europa, cioè l'addio

all'auto a benzina, a gasoli, a GPL, a metà, non insomma all'auto con il motore, a partire

al 2035.

Una decisione dovuta alla necessità di abbassare, di abbattere definitivamente le missioni

inizio 2.

E dove l'auto ovviamente dovrà fare la sua parte, ma è anche una decisione che sta

spaccando in due la politica, l'industria, i consumatori.

Cerchiamo di capire perché il partito per esempio dei contrari sta crescendo.

C'è innanzitutto una paura di fronte a una rivoluzione del genere, che ci porterà

a stravolgere tutte le nostre abitudini, cioè di come fino oggi abbiamo utilizzato l'automobile.

Per esempio facendo il pieno con la benzina o con il gasolio in pochi minuti e adesso

cambierà completamente, perché per farla con le energie elettriche ci vorranno delle

ore, dovremo spostarci in un altro modo e andare dove ci saranno le colonnine.

Tutto questo per adesso ovviamente, ma diciamo che poi in futura dovrebbe migliorare, dobbiamo

aumentare il numero delle colonnine, però adesso la situazione è questa.

Come è questa la situazione, è quella del costo più alto, cioè oggi mediamente le

auto elettriche costano circa il 30% in più, certo ci sono gli incentivi, ma gli incentivi

poi fino a quando e basteranno, perché in altri paesi abbiamo visto che non è che

hanno avuto questa durata così lunga e sono serviti a così tanto e sono tutte domande che

contribuiscono a aumentare un futuro abbastanza incerto.

Qualche rassicurazione forse arriva dall'industria dove negli ultimi 2-3 anni sono stati lanciati

tantissimi modelli e soprattutto si comincia a vedere una riduzione dei prezzi dei automobili,

perché cominciano per appunto come dicevamo ad aumentare i modelli, quindi si sta realizzando

quella che si chiama in gergo tecnico, l'economia di scala, cioè più più automobili elettri

verranno prodotte e più ti abbasserà il prezzo, resta certo un problema proprio per

l'industria, per l'azienda e soprattutto per l'Italia, cioè che è quella delle aziende

legate alla costruzione degli accessori, la cosiddetta componentistica dove noi siamo

leader in Europa e nel mondo, accessori che non esisteranno più come i pistoni, i radiatori,

i tubi di scappamenti, i carburatori, eccolo l'altra domanda è quanti posti di lavoro

si perderanno con questo passaggio, che il prezzo dovrà pagare il lavoro in genere,

cioè quindi ci sarà un prezzo sociale in questo grande cambiamento e anche questo

contribuisce a definire questa decisione come qualcosa di ideologico e non necessario

anche se poi ripetiamo l'abbassamento, l'abbattimento della CO2 diventa obbligatorio, ma insomma

comunque il dado ormai è tratto come si dice l'auto dovrà fare la sua parte e quindi

la farà, anche se al momento il prezzo da pagare per i consumatori almeno è abbastanza

alto.

Grazie a Valerio Berruti, la sfida è importante, oltre ai costi delle auto elettriche e alle

colonnine che non ci sono, il problema abbiamo visto anche di carattere industriale, cioè

Cina e Stati Uniti sono, molti fanno notare, molto più avanti di noi nella produzione

di auto elettriche e rischiamo quindi di perdere una fetta di mercato, però come dire il tempo

per capire che questo cambiamento sarebbe arrivato, io dico ce l'abbiamo avuto, ripeto

il mondo va in fiamme e lo sappiamo da almeno 30 anni, cosa ci aspettavamo che accadesse

esattamente, è assurdo che governi come quello italiano e tedesco ricevono questa notizia

con tutto questo stupore, uno si chiede ma dove vivono?

Vabbè, io vi ringrazio per essere rimasti con me anche oggi e come sempre vi do appuntamento

alla prossima, ciao!

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L’Italia da quando ha ricevuto notizia che entro il 2035 le auto tradizionali a diesel e a benzina non saranno più vendute, è caduta in una spirale di paranoie e ansie incredibili. Ministri, ex ministri, deputati, senatori, e perfino qualche insospettabile: tutti contro la decisione del parlamento europeo. Tutti convinti che questo cambiamento proprio non ci voleva. Ma perché? Ne parlo con Valerio Berruti.

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