Fare un fuoco: L’antidoto al pregiudizio di John Keats

Lucy - Sulla cultura Lucy - Sulla cultura 5/5/23 - Episode Page - 13m - PDF Transcript

Sì, come ci insegna la meccanica quantistica anche l'osservatore, anzi, il semplice atto

di osservare, modifica la scena che vorremmo descrivere, figuriamoci quanto i nostri pregiudizi

sono capaci di offuscare il tentativo di comprendere il mondo.

Quanto siamo disposti a cambiare idea su ciò che ci circonda?

Se, da una parte, avere delle opinioni ci definisce tapee struttura la nostra identità, dall'altra,

delle opinioni troppo rigide ci rendono persone peggiori, incapaci di capire il mondo proprio

perché non riescono mai a cambiare idea.

Se avere i pregiudizi è naturale, ma verne d'incrollabili e diabolico, direi che i social

hanno complicato ancora di più questa situazione.

Perché sui social avere un'upinione di fender, la spada tratta e lo standard, avere un pregiudizio

e usarlo come un manganello è incoraggiato, resistere alla tentazione di sparare giudizie

per un secondo è molto difficile cambiare idea, impossibile.

Come sempre, però, la letteratura può venirci in soccorso.

La letteratura offre un grande antidote al pregiudizio, anzi direi molti antidoti.

Uno di questi fu sintetizzato per la prima volta nel laboratorio alchemico del professor

John Keats e prende il nome di Negative Capability, capacità negativa.

Io sono Nicola da gioia e questo è fare un fuoco, il podcast di Lucy che racconta come

le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione.

Il poeta russo Joseph Brodsky diceva, di tutte le parti del corpo bisogna controllare

soprattutto il dito indice, perché è assetato di biasimo.

Solo gli idioti non cambiano mai idea, ma che significa cambiare idea?

Se significa saltare sul carro del vincitore dopo averlo steggiato, beh, allora si tratta

di semplice trasformismo.

Se invece, cambiare idea significa mettersi in quella particolare posizione di apertura

che consente di cambiare opinione quando il mondo intorno a noi ci suggerisce relief qualcosa

di molto diverso rispetto a quello che credevamo di poter vedere, beh, allora significa invece

che ci candidiamo seriamente a essere delle persone più aperte, più profonde, più ricche

e anche più utili agli altri.

Essere disposti a cambiare idea prescinde dalla bontà dei nostri propositi.

Gli ottusi delle buone cause sono pericolosi.

Forse lo sono più decattivi di professione, perché brandiscono una buona causa per giustificare

la propria rigidità e a volte persino la propria violenza.

Ma appunto, come dicevo, la letteratura può venirci in soccorso.

Comprendere per la letteratura è più importante che giudicare.

Quando un grande scrittore o una grande scrittrice si mettono a scrivere un libro, hanno di solito

un'idea vaga su quello che stanno facendo.

Se vogliono andare davvero in profondità, si troveranno a costeggiare territori e personaggi

imprevedibilmente osceni, immorali, disturbanti, contraddittori, si troveranno faccia a faccia

con la condizione umana, che per definizione è ambigue e contraddittoria, e a quel punto

che cosa fare, distogliere lo sguardo e far finta di niente, oppure raccontare al lettore

ciò che si è visto.

Ecco che noi lettori ci ritroviamo leggendo delitto e castego di Dostoyevski a empatizzare

con Raskolnikov, vale a dire con un assassino.

Così come sentiamo vicino a Akab, non propriamente uno stingo di santo quando leggiamo Moby Dick.

Arriviamo addirittura a comprendere, anche se non le condividiamo, le ragioni di Lady

Macbeth.

Per non parlare di Amber Thunbert, di fatto un pedofilo, ma il tempo stesso, mentre leggiamo

Lolita, una persona a cui ci ritroviamo a condividere sul piano emotivo più di quanto

non vorremmo.

Nulla di ciò che è umano, mi è straneo.

E la letteratura dovrebbe servire anche a questo, a metterci di fronte al mistero della condizione

umana.

Siamo disposti ad accettarlo, o preferiamo ridurre il garbuglio che siamo a uno slogan.

Ma, come dicevo prima, forse è meglio su questo far parlare John Keats.

Qui già c'è uno il cui nome fu scritto sull'acqua.

Questo è l'epitafio che John Keats volle sulla sua tomba.

Keats, nato nel 1795, fu uno dei più grandi poeti in lingua inglese del suo tempo, e uno

dei giganti del romanticismo.

Morì a 26 anni di tubercolosi a Roma, in una casa presa in Asfitto, a Piazza di Spagna.

E sepolto, nel cimitero a cattolico della capitale, quello che gergalmente viene chiamato

cimitero degli inglesi, accanto alla piramide cestia.

Sulla sua tomba, potete trovare l'iscrizione che ho appena menzionato.

Un nome scritto sull'acqua è un po' il contrario che dire scolpito nella roccia.

Scolpito nella roccia suggeriscepson l'idea di permanenza, mentre scritto sull'acqua rimanda

al contrario alla natura transitoria di tutte le cose.

L'acqua scorre, noi scorriamo sulla superficie del tempo, i nostri nomi saranno dimenticati.

Forse anche Keats si aspettava di cadere nell'oblio, ma quel epitafio al contrario, e per paradosso,

ne ha reso ancora più resistente la memoria.

Scritto sull'acqua, tuttavia, è anche un verso di William Shakespeare.

Nel ricottavo possiamo leggere in certo punto le cattive maniere degli uomini vivono nell'ottone,

le loro virtù le scriviamo nell'acqua.

John Keats era un grande ammiratore di Shakespeare, lo considerava lo scrittore per Antonomasia,

colui appunto che scrive senza pregiudizi, senza voler dimostrare una tesi,

colui che usa la scrittura come strumento per tuffarsi nel mistero della natura umana,

per descrivere a noi lettori ciò che vede.

Non quello che si aspettava di vedere, ma ciò che scopre per quanto possa essere imprevedibile e spiazzante.

E quindi, proprio ragionando sull'opera di Shakespeare,

Keats cogna il concetto di negative capability, capacità negativa.

L'occasione è una lettra che Keats scrive ai suoi fratelli, George e Thomas, del 21 dicembre del 1817.

Siamo a pochi giorni da Natale.

Keats, appena 22 anni, sta riassumendo per i fratelli una discussione su temi letterari appena consumatasi e a tal proposito scrive.

Parecche cose mi si sono biforcate nella mente, fino a quando ho compreso qual è la qualità che ci vuole per fare un uomo brillante,

soprattutto in letteratura, la qualità che Shakespeare possedeva in sommo grado,

intendo la capacità negativa,

e cioè quando un uomo è capace di stare nell'incertezza, di stare nel mistero,

di stare nel dubbio senza l'impazienza o l'intento irritante di risolvere subito le cose ricorrendo alla ragione,

cioè, in questo caso, al pregiudizio.

Che cosa stai saltando, Keats? La nostra capacità di contenimento,

cioè la capacità di tollerare e di convivere con ambiguità, contraddizioni, paradossi,

che possono risultare sì anche fastidiosi, penosi, imbarazzanti o addirittura dolorosi,

sta parlando della capacità di accontentarsi di una risposta incompleta,

di tollerare la paura di restare senza risposte definitive,

il nome della conoscenza e dunque della bellezza,

perché soltanto restando con pazienza nell'incertezza e nel dubbio il tempo necessario

che a un certo punto davanti ai nostri sguardi può spalancarsi il mondo.

Il concetto di negative capability fu espresso per la prima volta da John Keats,

ma è un concetto d'utile e si può usare in altri campi.

Per esempio, lo psicanalista britannico Wilfred Bjorn lo utilizzò per spiegare

come dovrebbe funzionare la psicanalisi.

Nel suo caso si tratta della disposizione da parte dello psicoterapeuta

a rimanere anche a lungo in una condizione di incertezza rispetto al paziente,

evitando di bloccare con l'attribuzione troppo precoce di un giudizio

ciò che sta maturando, ciò che sta venendo fuori lentamente dal dialogo

fra psicoterapeuta e paziente e che magari ha bisogno di più tempo per emergere con chiarezza.

Vale per la psicanalisi, vale per la vita quotidiana e ovviamente vale per la poesia.

Tornando a Keats, il poeta e la meno poetica delle creature, diceva,

non ha identità, ma di continuo fogge, riempie qualche altro corpo.

Sapere aspettare, restare nel dubbio,

questo non significa chiudersi in se stessi o rassegnarsi alla passività,

al contrario, significa mettersi in ascolto, coltivare l'attesa, coltivarsi.

Solo in questa disposizione d'animo, con la mente sgombra dal peso del pregiudizio,

può succedere qualcosa di inatteso.

Una mattina della primavera del 1819, rientrando in casa dal giardino,

Keats ficcò alcuni fogli di carta dietro una pila di libri su uno scaffale,

per metterli in salvo dallo zelo eccessivo della cameriera che riordinava la casa.

Quando l'amico Charles Armitage Brown gli domandò di che cosa si trattasse,

lui rispose che non era niente di speciale.

Mentre Keats era assente dalla stanza, Brown ripescò quei fogli da loro nascondiglio

e scopri che contenevano l'ode a un usignolo, uno dei capolavori della poesia romantica

e forse della poesia di tutti i tempi, che Keats aveva scritto quella mattina sotto un susino.

Il giorno prima quella poesia non esisteva.

Fare un fuoco e un podcast settimanale di lusi scritto e condotto da me,

Nicola La Gioia. Le musiche originali, il montaggio e il sound design sono di Sherry DeLorean.

La cura editoriale è già da Arena e Lorenzo Grammatica. A venerdì prossimo.

Buon appetito!

Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.

I pregiudizi offuscano i nostri tentativi di comprendere il mondo? Quanto siamo disposti a cambiare idea su ciò che ci circonda? Nella quattordicesima puntata, cerchiamo di rispondere a queste domande con l’aiuto di John Keats e della sua “negative capability”.

Fare un fuoco è il podcast di Lucy che racconta come le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione. Ogni venerdì una nuova puntata, scritta e condotta da Nicola Lagioia. Le musiche originali, il montaggio e il sound design sono di Shari DeLorian, la cura editoriale è di Giada Arena e Lorenzo Gramatica. Si ringrazia Spreaker per il supporto tecnico.

Segui Lucy - Sulla cultura:
https://lucysullacultura.com/
https://www.instagram.com/lucy.sullacultura/
https://www.tiktok.com/@lucy.sullacultura
https://www.youtube.com/@lucysullacultura/
https://www.facebook.com/sullacultura.lucy/