Daily Five: La cacciata di Fabio Fazio, le elezioni in Turchia e l’ipocrisia di Elon Musk
CNC Media 5/15/23 - Episode Page - 17m - PDF Transcript
Per capire bene e senza troppi fronzolli cosa ci sia dietro alla fine del rapporto tra
la RAI e il conduttore televisivo Fabio Fazio, notizia di cui certamente in queste ore
avete già sentito parlare, sono sufficienti due parole e sono quelle scritte ieri sui
propri social dal leader della lega Matteo Salvini.
Quelle due parole sono belli ciao ed è il modo questo con cui Salvini ha pensato
bene di salutare la notizia di questo che alcuni descrivono come divorzio, mentre altri
come una vera e propria epurazione da parte del centro destra, l'espressione come quasi
sempre nello stile di Salvini è ironica, rozza, decisamente inelegante, soprattutto
per un vice presidente del Consiglio che dovrebbe forza attenersi a un linguaggio un po' più
all'altezza del proprio ruolo, però è anche un riassunto di ciò che a destra hanno probabilmente
pensato un po' in tanti, ovvero finalmente pure sti due, ce li siamo tolti davanti.
La colpa di Fabio Fazio agli occhi degli attuali partiti di maggioranza è quella come sappiamo
di non essere mai stato un loro cane da riporto, o comunque uno showman sguagliato in stile
scimmia urlatrice che parla alla pancia dell'agente aizzando gli animi degli spettatori contro
i poveri, contro gli immigrati, contro i rom, contro l'Unione Europea, eccetera.
Fabio Fazio sarebbe ipocrita a negarlo, non ha mai avuto particolari simpatie per la
narrazione di certi politici di destra italiani, e tuttavia non è nemmeno mai stato per il
centro sinistra quello che un Mario Giordano, un Paolo del Debbio, un Emilio Fede, dei tempi
che furono sono stati per il centro destra. Fabio Fazio ha sempre fatto trasparire il suo,
diciamo così, assetto valoriale di riferimento, però senza mai urlarlo, senza mai fare propaganda
spicciola, senza mai insultare, offendere, aizzare o polarizzare. Fazio si è sempre limitato alle
domande e a qualche commento sarcastico, lasciando agli ospiti che di volta in volta si sono
succeduti sui suoi salottini la libertà di rispondere senza alcuna limitazione, nella sua
trasmissione più celebre, ovvero che tempo che fa Fazio ha cercato negli anni di dare spazio a
chiunque, senza mai censure, il suo stile, sempre, sì, ironico e sarcastico, però morbido,
felpato, anche contribuito a rendere il suo uno dei programmi di maggiore successo e durata
nella storia ricente della TV Pubblica. In questi anni la destra ha quasi costantemente
attaccato l'ormai ex-conduttore Ray e la sua trasmissione, provando a fare leva, probabilmente
non avendo altri argomenti più forti sul più scontato ma anche scorretto e meschino degli
argomenti, cioè quello economico, non perché chiaramente usare i soldi come argomento sia di
per sé meschino, ma lo diventa quando viene raccontata solo una parte della storia e non
l'altra metà che chiaramente può cambiare tutto il finale. Allora Fazio è stato accusato in
questi anni di guadagnare troppo il Ray, di percepire uno stipendio faraonico anno di ben
due milioni di euro a stagione. Due milioni di euro, sia chiaro, non sono spiccioli, soprattutto se
parliamo di soldi pubblici, di soldi dei contribuenti, ma il punto è che Fazio, pur costando
alla Ray due milioni di euro all'anno, non è mai costato alla Ray un solo euro, anzi al contrario
la Ray la riempita di soldi, ma in che senso? Beh banalmente perché Fazio, il suo compenso, se
lo è sempre guadagnato da solo, la sua trasmissione che tempo che fa ha un costo di circa 450.000
euro appuntata e queste sono le spese. Ma come ogni trasmissione televisiva, anche che tempo che fa
ha dalla sua delle entrate, ovvero quelle derivanti dalla pubblicità. Ora, cifre ufficiali sui
ricavi, non ce ne sono, non esistono, la Ray infatti non comunica gli introiti dei singoli
programmi, ma l'infila in un conto unico che fa capo a Ray pubblicità, quindi è impossibile
avere numeri certi. Però una stima generica possiamo sempre farla. In generale, nella fascia
oraria e settimanale in cui va in onda il programma di Fazio, la pubblicità costa 40.000 euro ogni
15 secondi e in media che tempo che fa colleziona 16 minuti di pubblicità appuntata. Se facciamo
un rapido calcolo aritmetico, scopriamo che il conto finale delle entrate prodotte da ogni
singola appuntata della trasmissione di Fabio Fazio ammonta a ben 2 milioni di euro. Magari a volte
non saranno 2 milioni, saranno stati un milione e mezzo, se vogliamo scendere ancora di più facciamo
un milione, fatto sta che la trasmissione di Fabio Fazio per ogni puntata ha avuto spese per
450.000 euro ed entrate per 1 barra 2 milioni di euro. Che tempo che fa e Fabio Fazio insomma non
sono costate ai contribuenti un solo centesimo, ma hanno anzi portato alla Ray milioni di euro
di profitto a stagione, non solo. Questi risultati Fabio Fazio gli ha ottenuti per la televisione
pubblica, dando vita, non a una trasmissione trece volgare urlata, perché anche altri,
chiaramente altre trasmissioni fanno numeri da capoggiro, soldi da capoggiro, però urlando,
mettendo in piazza volgarità e tutto il resto. Fabio Fazio lo ha fatto con una trasmissione
che ha saputo compiere il miracolo di coniugare, pacatezza, qualità e ascolti incredibili,
ascolti che sono tra i più alti di tutta la televisione pubblica. In questi anni sul salotto
di Fazio sono transitate non solo alcune delle più grandi personalità d'Italia,
ma del mondo intero, dalle di Gaga e Ed Sheeran, da Barack Obama a Papa Francesco,
dagli Oasis a Magic Johnson, da Bill Gates a Mikhail Gorbachev, da Madonna a Pele e così via.
Che tempo che fa e insomma stato in questi anni uno dei salotti più prestigiosi a livello mondiale,
più profittevoli per la RAI, più seguiti dal pubblico italiano che la storia recente
della TV italiana abbia conosciuto. E tutto questo era patrimonio della RAI, quindi era patrimonio
della TV pubblica e quindi era patrimonio di tutti noi contribuenti. Tutto questo ora non
sarà più nostro patrimonio, anzi sarà dato a una TV privata perché Fazio in questi decenni
ha sì lavorato bene e con profitto per la TV di Stato, ma non ha fatto il pagliaccio. A questa
colpa a cui non ha fatto il pagliaccio, non ha urlato prima gli italiani, non ha dato addosso
agli immigrati e i poveri, mentre ha dato spazio a valori in cui credeva e si rispecchiava gran
parte del Paese. Troppo ovviamente è questo per una destra di governo che parla di merito un giorno
sì e l'altro pure, ma quando quel merito ce l'ha di fronte, finge di non vederlo se non è un
merito utile alla propria narrazione. Io sono Emilio Mola e questo è Daily Five,
il podcast di CNC Media per comprendere l'attualità e conoscere il mondo che ci circonda una notizia
alla volta. Oggi è lunedì 15 maggio e poco fa sono le 16 mentre registro si sono chiusi i
595 comuni italiani in cui tra domenica e lunedì si è votato per il rinnovo dei sindaci e dei
consigli comunali. Allora va detto che tra questi comuni abbiamo solo 13 capoluoghi e non sono
sicuramente tra i più grandi ed elettoralmente pesanti d'Italia. Parliamo però tuttavia di città di
rilievo come Brescia, Brindisi, Vicenza, Treviso, Ancona, Siena, ecc. che sono teatro della prima
vera sfida elettorale tra Giorgia Meloni e il nuovo PD di Hellish Line. Al momento non abbiamo
come potete immaginare dati particolarmente certi, anzi lo spoglio è iniziato da poco e ci vorranno
ancora alcune ore per avere dei risultati davvero indicativi se non addirittura quelli definitivi.
A Brescia per ora sappiamo giusto che quando lo spoglio è arrivato al 10% delle sezioni,
quindi parliamo soltanto di 20 sezioni su 203, Laura Castelletti candidata del centro sinistra
è in vantaggio con il 51,31% su Fabio Rolfi che invece è il candidato del centro destra che al
momento ha il 45,78%. Il centro sinistra sembra in vantaggio anche a Siena e Falconara, mentre
il centro destra sembra in vantaggio a Imperia e Sondrio, però ripeto parliamo davvero del nulla
perché lo spoglio è appena iniziato insomma, ci è ancora da aspettare. Unico dato certo come
potete immaginare è quello della fluenza che si è fermata in questo e amministrative al 59%,
quindi in calo di due punti rispetto al 61% dato già estremamente basso delle ultime elezioni
amministrative. Restiamo in tema di elezioni, ma ci spostiamo dall'Italia alla Turchia dove
Domenica si è tenuto quello che per molti analisti è il voto più importante sul fronte
dell'assetto geopolitico internazionale dell'anno, ovvero quello in Turchia. Perché queste elezioni
sono importanti? Beh perché la Turchia è uno dei paesi più importanti da un punto di vista militare,
economico e geopolitico dell'intera area euroasiatica. La Turchia è fondamentale oggi per il suo ruolo
nella NATO, di cui fa parte seppur non sempre allineata ai dictati americani, è importante per
il suo ruolo nel contenere i flussi migratori che vanno verso l'Unione Europea e è importante per
essersi posta come forza mediatrice tra Russia e Ukraine. Però non solo questo, la Turchia è un
grande paese costantemente imprecario e equilibrio, costantemente imbilico, non solo proprio fisicamente
geograficamente, ma anche da un punto di vista politico tra Europa e Asia, tra democrazia e
autoritarismo, tra libertà e oppressione, tra potenza militare e difficolte economiche, ma anche
in equilibrio tra passato e progresso, tra laicità e pulsioni religiose, tra vocazione a un ritorno
imperiale e rischi di un crollo sul fronte interno. Negli ultimi vent'anni la Turchia è stata
ininterrottamente guidata da Erdogan, da molti soprannominato il sultano, che ha in qualche
modo impersonificato proprio questa ambiguità della Turchia e che, anno dopo anno, ha di molto
ristretto i margini di democrazia nel suo paese, a danno della libertà d'opinione, degli oppositori,
dei giornalisti, eccetera. Il voto di ieri quindi era ed è tuttora un momento di possibile svolta
storica per la Turchia, proprio perché l'era del sultano Erdogan con queste lezioni potrebbe
interrompersi dopo, ripeto, ormai vent'anni di regno indiscusso. Al momento così non è stato,
Erdogan non ha vinto, seppur di pochissimo, ma non ha nemmeno perso. In Turchia vince il candidato
presidente che raccoglie più della metà dei voti totali. Se ottieni più del 50%, allora vinci
subito, al primo turno, altrimenti dovrai vedertela al ballottaggio col secondo, arrivato dopo due
settimane. Ecco, Erdogan non ha vinto al primo turno, ma davvero è di un soffio. Seppur tra
polemiche contestazioni il presidente in carica ha ottenuto il 49,5% dei consensi. Per quel mezzo
punto ora Erdogan dovrà vedersela il 28 maggio, con Kemal Kilic da Roglu, candidato unico di una
coalizione di sei partiti d'opposizione che è l'esatto opposto di Erdogan, almeno che si pone
come l'esatto opposto di Erdogan. Parliamo di un personaggio anche lui molto anziano, però
mite, pacifico, che si pone come l'uomo che riporterà la democrazia in Turchia prima di ritirarsi,
come ha detto lui in campagna con i nipotini. Kilic da Roglu ha saputo e catalizzare in questi mesi
un tale consenso attorno a sé che i sondaggi fino a sabato scorso lo dà una addirittura in
vantaggio rispetto al sultano Erdogan. Non è andata così, però col suo 45% questo leader
dell'opposizione ha sfiorato un risultato epocale. Ora quindi, come vi dicevo, si va al
ballottaggio, si torna a votare il 28 maggio e questa volta non sarà più una sfida a 4 come
lo è stata ieri, ma sarà una sfida a 2. Erdogan, come abbiamo detto, parte in vantaggio
di 5 punti percentuali, ma potrebbe avere dalla sua anche i voti dell'ultra destra che al primo
turno ha raccolto un inaspettato 5%. Tuttavia la partita resta apertissima, va detto, e il 28 maggio
sapremo quali direzioni prenderà questo importantissimo paese, perché una cosa in tanta incertezza
e certa non sarà un'elezione come le altre. Non si voterà solo per confermare o cambiare
un presidente, ma si voterà per un futuro della Turchia oppure un altro.
Parliamo ancora di Turchia, ma stavolta per parlare in realtà di Twitter, libertà di parola,
Elon Musk e ipocrisia. Come certamente saprete e ricorderete l'imprenditore multimigliardario
di Tesla, Elon Musk, da alcuni mesi è diventato il nuovo proprietario di Twitter, che insieme
a Facebook, Instagram, Whatsapp e TikTok è uno dei principali social oggi esistenti al mondo.
Ecco, Elon Musk, al momento dell'acquisto, lo ricorderete anche questo, aveva raccontato che la
sua intenzione era quella di fare di Twitter un luogo di libertà di espressione senza pari nel
mondo in cui nessuno sarebbe stato censurato e a nessuno sarebbe stata torta la parola.
Musk aveva iniziato a maturare questa idea all'indomani della decisione di Twitter,
nella precedente gestione, di bannare dalla piattaforma l'ex presidente americano Donald Trump
dopo l'assalto dei suoi sostenitori al Campidoglio il 6 maggio del 2021. Ecco, perché oggi ne
parliamo? Perché Elon Musk, lo strenuo difensore della libertà di parola, ha deciso di obbedire
al governo proprio quello turco, quello di Erdogan, che aveva chiesto al social di oscurare
alcuni profili Twitter di voci contrari, appunto, al governo di Erdogan del Zultano,
a denunciarlo è stato Matthew Iglesias, editorialista di Bloomberg, al quale ha risposto proprio
il zio della piattaforma, ovvero Elon Musk. Qualcuno penserà, Musk è intervenuto per negare
di aver obbedito alla richiesta di censura inviata agli dal governo turco, e invece no.
Non solo Musk ha confermato tutto, ma ha addirittura spiegato di averlo fatto per
evitare che il social venisse del tutto bannato dal paese, cioè Erdogan in sostanza gli ha
posto questo ricatto, o blocchi quelle voci che si mettono in opposizione a me, oppure sono io che
blocco a te tutto Twitter in Torchia, che detta così potrebbe la decisione di Musk avere anche
un senso come ha spiegato lo stesso imprenditore, ho bannato alcuni account per evitare che venisse
bannata l'intera piattaforma in Torchia. Ma se la piattaforma può sopravvivere solo a patto
di dare voce a chi la pensa o come Erdogan, allora questa non è più volontà di difendere
uno strumento democratico, ma di difendere solo gli interessi economici del proprietario di Twitter.
Non è infatti un mistero che siano in corso d'anni accordi commerciali tra Elon Musk e il governo
turco, soprattutto sul fronte della produzione di batterie al litio e sul fronte spaziale.
Per questa decisione, Musk, come potete immaginare, è stato fortemente criticato in queste ore e
alla domanda che lo stesso Elon Musk ha rivolto al giornalista di Bloomberg, tu che avresti fatto
al posto mio, gli ha risposto il fondatore di Wikipedia che gli ha scritto avresti potuto fare
ciò che noi di Wikipedia abbiamo fatto, ci siamo battuti per i nostri principi, ci siamo battuti
davanti alla Corte Suprema della Torchia e abbiamo vinto. Questo è ciò che significa trattare la
libertà di espressione come un principio piuttosto che uno slogan. E con questa lezione di libertà e
di coerenza io per oggi vi saluto, vi ringrazio e vi do appuntamento a domani, sempre alle 17,
con Daily Five.
Daily Five è un podcast prodotto da CNC Media, ascoltalo da lunedì al venerdì alle 17, direzione
creativa e post produzione like a be creative company.
Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.
Fabio Fazio è fuori dalla Rai. Ecco perché si tratta di un danno per la tv di Stato e i contribuenti.
Elezioni comunali: primo scontro tra Meloni e Schlein.
Voto in Turchia: il sultano Erdogan non vince al primo turno. Ora dovrà vedersela al ballottaggio. In ballo c’è il futuro di un paese estremamente importante. Ecco perché.
Elon Musk obbedisce a Erdogan e censura alcuni suoi oppositori. Ma il suo nuovo Twitter non doveva essere la piattaforma del pensiero libero?
Per scriverci: dailyfive@cncmedia.it
Seguici su Instagram:
@emiliomola1
@cnc_media
Daily Five, ogni giorno dal lunedì al venerdì alle17:00 con Emilio Mola.
Una produzione CNC Media
Direzione creativa e post produzione Likeabee Creative Company
Musica Giovanni Ursoleo