ONE MORE TIME di Luca Casadei: Jago, scolpire emozioni
www.repubblica.it 7/13/23 - Episode Page - 1h 16m - PDF Transcript
Comunicare e fare scultura, modificare il materiale umano che è di fronte, si spera in modo buono
ovviamente, fare un'opera d'arte. C'è anche chi fa delle credinate o chi crea delle lesioni
irrecuperabili quando noi parliamo, pensiamo sempre e possiamo dire scusa. Cioè abbiamo il
control z, oggi andiamo avanti per approssimazioni, cambiamo, possiamo modificare tutto, questa
è la scuola che facciamo oggi giorno, possiamo modificare tutto, arriviamo a una forma definitiva
modificando gradualmente tutte le nostre cose, quindi possiamo tornare indietro, la scultura
non puoi tornare indietro, quindi prova a fare il tuo speech senza poter mai tornare indietro,
scrivi il tuo testo su un foglio con una penna senza poter cancellare una volta, con quel tipo
di certezza, quello è l'esercizio della comunicazione, però a quel punto magari riesce a fare
meno danni, perché poi la cosa portata all'estremo vuole è che noi diciamo delle cose e feriamo
l'altro per chiedere scusa, ma una lesione, una lesione.
Io sono Luca, e questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro
video, questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro video,
questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è
il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro
video, questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro video,
questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è
il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro video, questo è il nostro
datteri social. io sono Luca e questo è one more time.
allora ti ho chiesto se volevi che ti chiamassi Jacopo iago merito sono mia madre quando si
abbiava mi feva Jacopo quindi chiamamiialgo che ormai mi chiamano tutti così.
esatto.
e quindi piacere di averti qua Aragle.
grazie grazie mille.
come ti definisci un ricercatore, un creativo?
Ecco, un'artista? No, la parola giusta è creatività, cioè mi interessa quello a me nient'altro,
perché altrimenti poi andiamo nei meandri, no, delle definizioni, invece la creatività
è qualcosa che bene o male tutti abbiamo, si esprime, e quindi a me quello interessa
è l'unica cosa, quindi io sicuramente faccio un lavoro creativo, poi devo dargli una sostanza
e renderlo condivisibile affinché eventualmente diventi anche un valore per altri, quindi
questo poi è la misura del mio lavoro, così misuro le cose che faccio.
Allora, Iago è, diciamo, una parentesi della vita perché è la tua vita artistica, però
partiamo da Iaco po' bambino, quindi in che anno nasci? Raccontami la tua infanzia,
i tuoi genitori, i sei, i fratelli, i sorelli? Sì, io nasco all'ospedale di Frosinone,
il 1804 1987, e vado ad un'anni subito a un fratello, Alessandro, che è due anni più
giovane di me, e nasco da due genitori incredibili, che magnifici, poi lo capisci sempre meglio
andando avanti, perché chiaramente riesci in maniera un po' più acuta a metterti in
i panni dell'arte, inevitabilmente. Mia madre è insegnante di educazione artistica
e storia dell'arte, alle scuole medie, e mio papà è architetto, quindi questo è il
nucleo familiario, poi sono cresciuto anche con mia nonna a casa, quindi come si chiamano
e tu, papà, mamma e fratello? Laura, mia madre Laura Anelli e mio papà Stefano
Cardillo, origini siciliane da parte di mio nonno per quanto riguarda papà, invece
laziali, per quanto riguarda mamma, e però la zona, la scioceria, diciamo così.
E che infanzia hai vissuto? Nel senso una madre insegnante è una persona severa, rigorosa,
come era la disciplina in casa? Mia madre è un angelo, è una donna che oggi,
diciamo, perché sono stato molto fuori, quindi quando ritorni in famiglia, riscopri delle
dinamiche. Credo che sia bene andare fuori, perché tante cose, come dire, si perdono,
tutte quelle in comprensione, quelle sulle stovidaggi, ne rimane soltanto il momento
dell'affetto che non mette in cui si rincontra. Quando tu rientri dopo i tuoi lunghi viaggi,
c'è solo quello, perché comunque, nonostante io, sia più vicino oggi, ma sono sempre uno
che sta fuori, per tanti motivi. E quindi quando mia madre gli dico anche per scherzo,
così per tonzecchiarla un po', gli dico, ciao, amore mio, come sta, è che bello,
l'abbraccio, l'abbascio, lo sento come un affetto... Ma che è mio amore mio?
Sì, sempre. Così con questo affetto esagerato, così, lei ascolta e poi dice ok, e poi fa
le sue cose, ma in quello che c'è tutto, c'è questa riservatezza che la guida, che
la anima, e così mio papà, quindi sono state due persone e lo sono ancora cariche di amore
e hanno avuto la capacità, e questo è il loro grande merito, di dare spazio e fiducia
eventualmente ad un talento, ok? Hanno capito che ci poteva essere, no, qualcosa che se
lasciata libera poteva germogliare in qualcosa altro, quindi io sono sempre stato assecondato,
anche in momenti di difficoltà, soprattutto in quelli, quindi effettivamente vudano infanzi
a spensierata. A che età ti hanno fatto capire che avevano
individuato in te un talento e ti stavano lasciando esplorare questa via?
Beh, io sono cocciuto come il marmo, quindi si sono resi conto che potevano dire le cose
fino a un certo punto ed eventualmente io forse se quelle cose che dicevano intercettavano
la mia vera natura, allora avevano una carta da giocarsi nei miei confronti, mi avrebbero
versuoso, quanto meno, ma non sono mai riusciti, quindi hanno assecondato, evidentemente pensavano
fosse una battaglia, una partita persa, quella di tentare, di indirizzarmi, però hanno capito
che io avevo delle passioni, quindi le hanno assecondate sempre, insomma hanno fatto grandissimi
sacrifici per assecondarmi. Perché io ho letto che tu hai fatto un po' di
anni carate, poi calcio, poi contra bassa, nel senso è come se tu stessi cercando la tua identità.
Sì, per questo parlavo di creatività, perché la creatività non è che si manifesta per forse in
un determinato settore, si manifesta ovunque, cioè un ragazzino vive il proprio corpo,
quindi capisce sewing in il mondo con il corpo e, allora, magari, la propria
intelligenza la manifesta attraverso i gesti del corpo, quindi nello sport. Io mi sono ritrovato a
capirmi creativo anche a livello sportivo. Per esempio, ho giocato a calcio e lì ho capito che
mi piaceva più fare i giochetti che il gioco di squadra, di conseguenze di conseguenze di conseguenze
di una sport un po' più lontana da quelle che sono le mie passioni più individualista,
così il carate, però sempre con questa idea di volere eccellere, di volere vedere chi sono le eccellenze,
quali sono, quando tu cerchi l'eccellenza cerchi lo stupore, capisci che sei eccellente quando gli
altri ti stanno guardando e ti riconoscono quel merito? Mi piaceva, continuo a stupirmi delle
cose che fanno gli altri, mi piace riconoscere nell'essere umano il talento, la capacità di far
qualcosa che gli altri non fanno e allora di quello mi innamoravo e continuo ad innamorarmi,
quindi nella mia testa di bambino c'era quanto mi piacerebbe essere io a generare quello stupore
negli altri, questo era il meccanismo che nescava quella necessità di dare il massimo, di voler fare
la differenza, ma è una cosa che riconosco in tanti e poi da lì tu capisci che puoi raggiungere
quel livello con l'abnegazione, non con l'idea di copiare, perché c'erano tanti che soffrivano
nell'incapacità di assomigliare al proprio idolo perché volevano essere come quello,
io volevo essere il me stesso passando attraverso l'idolo che era un punto di riferimento,
cioè io penso sempre i maestri migliori sono i morti, perché non si possono rifiutare di insegnarti
le loro cose, allora guidato da questo concetto che ho come dire fissato recentemente ma che prima
era intuizione, mi sono mosso in quella direzione, ho capito guarda se c'è un grande maestro che
può essere nello sport, per esempio io posso, domandandomi, come ha fatto a diventare così?
Cosa fa nella sua utilità? Cosa mangia? Pensiamo a Maradona mentre... Per esempio,
potrebbe essere il Maradono, cioè messi, sappiamo tutti che il suo idolo è stato Maradona,
non è che è diventato Maradone, neppure si è vergognato di mettersi la maglietta
da andare a ragazzino, ok? Quindi io credo che questo sia un modo, un metodo importante che va
condiviso con i bambini, invece di solito, quando un bambino sognia in grande, vorrei diventare
Maradona, dicono steggo i bietti per terra, si umile, e poi diventano umiliato.
Volevo capirlo questo concetto del non essere umili, ma umiliati. Sì, perché, sai,
umiltà vuol dire anche saper riconoscere il proprio livello, quindi tu dici io voglio
diventare il prossimo Dante all'idiere. Bene, non c'è niente di male, è importante per te che
tu possa avere una conversazione di questo tipo con te stesso, ma nel momento in cui fai una
affermazione del genere devi essere anche cosciente del fatto che devi riconoscere a
che livello sei rispetto a Dante all'idiere. Quindi quello è umiltà, riconoscere il proprio
livello, sapere a che punto sei. Allora lì inizia il bello, perché sai anche quanto ti manca.
No? L'altra parte è l'umiliazione, cioè mettersi al di sotto, il nome non ci arriverò mai,
e così noi educhiamo i giovani a essere gli umiliati, che hanno paura e quindi educano
anche il proprio subconscio a dargli suggerimenti del tipo non fare quella cosa rischiosa e che
cosa penseranno di te, che sono cose che arrivano dal di fuori, ma che poi diventano qualcosa di
personale, no? E quindi il nostro subconscio, che potrebbe essere il nostro miglior alleato,
diventa il nostro peggior nemico. Siamo noi nemici di noi stessi.
Come andavi con il mondo accademico, con la scuola?
Malissimo. Malissimo, non perché non fosse intelligente. La mia intelligenza si esprimeva
in un modo diverso e i miei interessi erano sempre puntualmente diversi da quelli che,
dalle cose che trova non mi interessavano proprio, non avevo interesse, perché il problema è che
sapevo cosa volevo fare. Quando tu sai quello che vuoi fare, tutto quello che ti viene proposto
per le pari opportunità, no? E quello diventano un limite, cioè immagina che tu sei esattamente
che vuoi fare lo scultore per dire, no? E invece stai in un contesto formativo che ti dici no,
devi fare questo, questo, questo, questo, tu soffri. Ma quando hai saputo quello che
volevi fare? Diciamo che tutto quello che volevo fare era... Non era così definito,
era di fuori del contesto scuola. Cioè tutto il percorso creativo, le cose a cui volevo
dedicare le mie energie e il mio tempo, perché... Stavano fuori. Sì, stavano fuori. Lì riconoscevo
il mio talento, ma non talento come una cosa stratta, talento proprio come una capacità
materiale di poter trasformare delle cose, creare delle cose, perché avevo fatto l'esperienza
della creatività. Tu immagini, quando ero ragazzino, cioè non mi piaceva comprare o ricevere i
giocattoli, gioco. Di voli costruire. Sì, quando andavo al mare mi ricordo che giocavamo il
fil di ferro, per esempio, sai quei pezzettini di metallo, fil di ferro con la plastica che
magari i genitori con il domopaco, con la roba le ci mettevano per chiudere gli alimenti, no?
E quindi io me li prendevo dai cassetti e costruivo queste armature dei pupazzi, perché mi piaceva
l'idea di poterli vedere che si muovevano in tutte le direzioni, cioè che erano sbullonati,
diciamo così, perché volevo quel tipo di libertà. Mi dava molta poca soddisfazione
comprare qualcosa che qualcuno aveva creato e dover adattare il mio piacere a qualcosa
che creavano gli altri. Quindi, facendo quello scoperto, la bellezza della creazione, perché
si scopre così giocando. Ad auto-didatta. Ma per necessità però, perché... Nessuno
te l'ha mai insegnato? No, però forse il contesto era favorevo, il contesto è sempre
molto importante. Cioè, se tu hai suonato il piano forte e stai in una zona di guerra,
è più facile che un Kalashnikov, piuttosto che un piano forte, quindi devi andare dove
c'è il piano forte, se riconosci che è un talento, no, o vuoi comunque dare seguito
a quello. Quindi il mio contesto era favorevole. Ti ripeto, per i miei genitori, quelle erano
materie che loro favorivano, quindi era facile che magari a pranzo, a cena si parlava di
determinati argomenti. E quindi quando fai l'esperienza della creatività, la creazione,
il gesto della creazione, la cosa più incredibile del mondo, ok? Cioè chi mette al mondo
un figlio, la prima cosa che senti quando fai questa esperienza nuova, ti suggerisci
e lo devi fare, perché è la cosa più incredibile, ti rivoluziona, ti cambia la vita. Perché?
Perché ha fatto l'esperienza della creazione. E la faccio tutti i giorni. Poi quelli non
si muovono, le mie cose, quindi diciamo... Tu dici, molte materie non mi interessavano
a scuola, andavo di merda, però dovevi finire il percorso che dico, e quindi come hai fatto
i conti con questa cosa qui? Perché io ho letto che tu bigiavi, supportato da tua madre,
andavi a frequentare... Bigiavo, che vuoi marinare la scuola, si, si, non frequenti
così da... Però andavi lo stesso, ma andavi magari
in biblioteca, andavi in altre aule dove c'erano altre materie che non erano le tue.
Allora è andata così, mia mamma organizzava le gite per la scuola, per i ragazzi, quindi
si prendeva questo impegno e faceva delle cose magnifiche. Nella mia scuola io ero molto
piccolo, non è che facessero queste cose, quindi mia madre capiva che poteva diventare
un'opportunità per me, allora mi prendeva da scuola, quindi io non frequentavo la mia
scuola, ma andavo con lei e con i suoi alunni a vedere le cose che li mostrava. Quindi
quando mia madre mi supportava nel senso che probabilmente lei che mi ha detto, guarda
che fuori dalla tua scuola, magari non c'era neppure pensato, ma inconsciamente probabilmente
se sviluppato questo mi ero molto piccolo. E quindi che so, sai, organizzavano le gite,
lei insegnava al Piggio, in quel Piggio è un paesino vicino a Anagni, insomma, in Ciucerea,
e nel Lazio. E quindi la si andava a Roma, e Roma a chi cosa andava a vedere, andava
a parte Roma, ma ai musei vaticani, San Pietro, e lì che cosa succede, che magari ti riconosce
in quelle cose. E io mi sono riconosciuto in quell'immagini di perché la sensibilità
dei miei genitori, se qual è stata, quella di umanizzare le grandi cose, davanti a una
pietà, davanti a un progetto delle sabbine Giamboloni e così, dirmi, ma sai che quell'artista
quel personaggio è stato un bambino come te? E che è un alieno, è uno che mangiava,
beveva, dormiva, e le proprie pulzioni, giocava, quindi umanizzare quella grandezza, e questa
l'ha resa accessibile, allora ho detto, beh, ma anch'io lo voglio fare, perché vedevo,
riconoscio quello stupore di cui parlavamo prima, negli occhi delle persone, e allora
tutti carichi di questo desiderio di voler essere tu a fare l'esperienza della creazione,
e allora lì si innescano dei meccanismi, dei imprinting, no?
Ti voglio fare una domanda scusso, perché è molto importante, i tuoi genitori hanno
saputo raccontarti, tradurti, dare la lettura giusta alla cultura e ad avvicinarti, a far
sì che poi tutti faccessi le domande successive che tu volessi poi approfondire, però oggi
la cultura, per chi non ha questo indottrinamento, se tu vuoi, genitoriale da piccolo, la vedono
come un grande mattone, cioè quando tu prendi una tua opera, come ti è successo, ci arriveremo
dopo, la metti in mezzo ad una piazza, e un giovane che non è avvezzo, che non è interessato
l'argomento, come fa a decifrare cosa c'è dietro?
Io sono andato a vedere una mostra fotografica poco tempo fa, l'Oliviero Toscani con Settimio
Benedusi, quindi un grande fotografo che mi ha raccontato, me l'ha fatta amare quella
mostra, perché non era più quella mostra, mi raccontava tutta la dietrologia, che c'era
rispetto a quello che stavo vedendo, ed era super affascinante, ma ha fatto venire a
voglia andare ad altre mostre ancora di approfondire perché mi ha dato una lettura diversa, e quindi
qual'è un metodo per far sì che ci si possa appassionare, che si possa decifrare,
si possa capire, si possa amare in un certo qual modo l'arte?
Tu lo stai facendo.
Perché ne sto parlando con te, come tu dici sempre, se voglio diventare milionario, devo
stare con un milionario che mi insegni come ragiono una persona di quel mondo lì, non
perché gli chiedo un prestito, ma perché entro nella sua testa.
Sì, quello sarebbe utile.
E io sto parlando con un cintura nera dell'argomento, ma se parlassi con un comune mortale, sarebbe
molto difficile spiegare questa cosa, quindi come si potrebbe far sì che le persone si
possano avvicinare più facilmente, possano capire?
Guarda, io non ho una risposta a questa domanda, devo essere assolutamente sincero, e probabilmente
quello che faccio è il modo, questa necessità che ho di condividere, di occuparmi di comunicazione
in fin dei conti, come eventualmente evidentemente ce l'hai anche te creando tutto questo, è
il sintomo di questa necessità di capire il motivo per cui è anche eventualmente come
si può far ad avvicinarsi alle persone, perché io sto studiando comunicazione in questo
momento, sto facendo l'esperienza del Parco Scenico, e questo mi serve per imparare
qualcosa su me stesso, perché ho scoperto delle cose spettacolari.
Per esempio a Napoli, questa è una storia che mi ha un po' rivoluzionato il punto di
vista sul voler spiegare le cose, sul significato delle cose che facciamo, perché diamo per
scontato io faccio una scultura, quindi già quello è il mio linguaggio, poi le do un
titolo volendo, già sto dicendo un'altra cosa, quindi se scelgo quel linguaggio è
perché mi serve quello per comunicare, poi c'è la spiegazione che uno deve spiegare,
la deve raccontare, di solito che spiega è perché ha le necessità di voler essere veramente
capito.
Io sto smettendo di avere quel desiderio di voler essere capito, perché l'esperienza
che ho fatto a Napoli, in questo caso realizzando questa pietà, è che mentre lavoravo a un
certo punto entra nella chiesa una signora dello Sri Lanka, stavamo facendo dei lavori
in quel momento, c'erano gli operari la porta mezza aperta, entravano uscivano, quindi
questo è entruffolato, perché lì appena appro la porta entra in ordre, no, e questa è
una buona cosa, insomma entra e va verso l'opera, io rimango così e la osservo, perché era
talmente confidente in quello che stava facendo, che potevo soltanto guardarla, quindi non ho
detto nulla, ho andato andata di fronte l'opera, ho iniziato a fare una preghiera, si vedeva
che stava pregando, ora non ricordo bene i gesti, fatto che alla fine di questa recita
perché stava parlando, muoveva le labbra e guardava l'opera, si bascia la mano, lo tocca
e se ne va. Ora io rifletto sempre su questo, e quello è stato il momento che mi ha rivoluzionato
il punto di vista sulla cosa, io sarei potuto andare da quelle signore e dirle guardi che
questa non è un'opera religiosa, che si prega cosa, mi spieghi e le avrei potuto dare
tutta una serie di significati, i miei, i miei retroscena, quelli che eventualmente a volte
avrò un mondo di comprensione, però avremmo inunciato anche a capire che la mia opera può
essere contenitore dei significati degli altri. Quindi quello che faccio oggi è prima di insistere,
di tradurre, tradire ulteriormente quello che ho fatto, che si presenta come immagine,
perché credo che l'esercizio vero della comunicazione, per chi si occupa di questo, e poi magari
ti spiego perché uso sempre questa cosa della comunicazione, per fare scultura vuol dire
fare comunicazione, chi vuol sapere comunicare deve sapere ascoltare, perché se non ti metti
nella condizione di chissà ascoltare veramente non di quello che fa la pausa aspettando il proprio
giorno per parlare, ascoltare nel senso veramente di capire qual è il materiale che c'è dall'altra
parte, non puoi essere un buon comunicatore, perché se non capisci il materiale umano che è
di fronte, non puoi capire quali strumenti ti servono per far breccia, per fare la tua scultura,
comunicare e fare scultura, modificare il materiale umano che è di fronte, si spera in modo buono
ovviamente per fare un'opera d'arte, c'è anche chi fa delle credinate o chi crea delle lesioni
irrecuperabili, quando noi parliamo pensiamo sempre che possiamo dire scusa, abbiamo il control z
oggi andiamo avanti per approssimazione, cambiamo, possiamo modificare tutto, questa è la scuola
che facciamo oggi giorno, possiamo modificare tutto, arriviamo a una forma definitiva modificando
gradualmente tutte le nostre cose, il montaggio di un video, cancelli, varia, giusti, finché non esce
fuora una cosa, quindi possiamo tornare indietro, la scultura non puoi tornare indietro, quindi
prova a fare il tuo speech senza poter mai tornare indietro, puoi fare la tua interrogazione
senza avere esitazioni, senza eh ma perché, eccetera eccetera, un flusso continuo di pensiero,
scrivi il tuo testo su un foglio con una penna senza poter cancellare una volta, con quel tipo
di certezza, quello è l'esercizio della comunicazione, però a quel punto magari riesce a fare meno
danni, ok? Perché poi la cosa portata all'estremo con lei è che noi diciamo delle cose feriamo l'altro
poi chiediamo scusa, ma una lesione, una lesione.
È indelebile. Torniamo un secondo indietro, tu eri un bambino, ok, il fil di ferro, il
domopac, però poi un certo punto, tu oggi fai sculture, quindi lo fai realmente, non lo fai
fare agli altri, poi arriverai anche su questo argomento, perché mi interessa anche molto,
no? Tante opere che conosciamo di grandi maestri che non ci sono ovviamente più, forse sono state solo
supervisioni antida loro, ma non fatte, però dopo ci arriviamo. Ma chi te l'ha insegnato? Qual è
la materia che sbirciavi? Qual è stato il primo click mentale per imparare a far andare le mani in
quella direzione, capire che eri bravo? Guarda, ti dico questo, mi sono reso conto quando ero
molto piccolo che questo mio meccanismo creativo si riuscivo a comprendere molto bene alcune cose,
c'è chi ha una mente matematica per esempio, gli sembra facile, capisceamatica delle dinamiche perché la
la sua impostazione mentale che gli lo permette, che è un'intelligenza fisica, quindi capisce
le cose, muovendosi nello spazio. Cioè, per esempio, io ti posso dire, in classe mia
c'erano due ragazzi, uno che se gli dicevi che distanza è da qui a lì, lui ti sapeva
dare una distanza mentalmente, era quella, e c'era un altro che la doveva percorrere
fisicamente per capirla quella distanza e la sapeva quanti passi ci vuoi, perché
lo capiva fisicamente. Quindi noi abbiamo un'intelligenza diversa, ecco io adesso devo
ripercorre nella memoria, perché la tua domanda va proprio alla radice di qualcosa, io avevo
questa capacità di capire la forma. Ok. Quindi anche se chiudo gli occhi, tocco
questa poltrona, io la visualizzo molto bene nella mia testa, oppure per esempio se mi
dice di guardare lì e vedere una persona, io la riesco a visualizzare, cioè la vedo
realmente, se tutti alzi io continuo a vederti sulla sedia. Questo è un problema che ho con
la mia compagna Michela, perché mi dice non puoi portare la macchina, perché tra me
la strada si frappone a volte qualcosa e quindi io sto da un'altra parte, quindi
dentro pericoloso ho dovuto imparare a controllare tutto questo, perché le immagini che produgo
sono molto prepotenti di questa mia mente che sta là e lavora a modo suo. Quindi c'era
questo e allora capire la forma non basta, hai bisogno di condividerla, di produrla, perché
nel fare le cose, nel toccare la realtà, nel manipolarla, nel produrre qualcosa tu impari.
Quindi c'era anche una forma di insoddisfazione in quello, nel senso di immaginare le cose,
perché se l'opera d'arte concettuale in quel senso, perché io l'avevo totale, fosse compiuta,
io non avrei bisogno di realizzarla, di darle una forma materiale, perché poi provando la prima
volta a dare una forma materiale una cosa scopri magari quanto è bello, è incredibile, come
pensare a fare l'amore e farlo. Tu puoi farti le vibe mentali, ma poi un'altra cosa,
fare l'esperienza no, diretta. Quindi ho scoperto che cosa vuol dire fare l'amore e allora sono
entrato in un loop di necessità, di desiderio, perché ho capito anche che nel fare le cose,
questa parola magica che poi mi ha accompagnato tutta la mia vita, la parola magica per me è
fare, fare le cose. Nel fare le cose ho scoperto che c'era il mio, potevo essere generatore dei mie
contenuti, a prendere cose, anche eventualmente addirittura già possedere delle cose che non
pensavo di avere. E questo lo scoperto facendo le cose, cioè quando gli dicevano dove trovi
l'ispirazione, volte ti capita, dove trovi il suggerimento per fare le tue cose. In realtà nel
fare le cose noi troviamo l'ispirazione, ci spiriamo facendo, quindi scoperto questo.
Perché tu hai quel tipo di intelligenza innata, ma nel fare la prima volta dove l'hai fatto,
chi te l'ha insegnato? Era una materia a scuola, era un corso, era un artigiano che
detto vieni in bottega, ti spiego come si usa, non so neanche i nomi degli strumenti.
Non te lo so dire, non ho questa... Non è questo ricordo indietro.
Ma sempre sono delle cose che si sono sviluppate naturalmente e gradualmente, forse è per questo
che continua a desistere, perché fosse stato un caso, magari io ero preso d'altro, ero
interessato d' altre cose, invece è una cosa che si è cresciuta con me. Perché ti ripeto,
se era un seme di grande valore c'era un terreno giusto dove quel seme è stato, è caduto, poi
io c'ho dovuto metter l'acqua. A che età hai cominciato facendolo diventare
un lavoro? Facendolo diventare un lavoro diciamo è successo quando avevo 18 anni, 18 anni
per necessità, perché fino a quel momento io ero supportato...
Della famiglia. Sì, manco grandissimi sacrifici, grandissimi sacrifici. E poi a un certo punto
se sei ambizioso vuoi crescere hai bisogno anche di espanderti, io capi molto presto
che erano due le cose, o lavorare tra virgolette fare qualunze cose per aiutare in famiglia,
o insistere con grande difficoltà e prendere una strada imprenditoriale in questo senso,
per credere a tal punto in te stesso e nel tuo potenziale per carare qualcosa di ancora più grande,
libero e venturmente. Quindi prima di farlo diventare un lavoro per necessità ti esercitavi,
facevi cose per te, o facevi anche cose per gli amici, qualcuno ti commissionava per gioco delle
opere, come funzionava? Come ti allenavi e come ti amano una cosa? Sì, facevo le cose con la
libertà di chi ha il tempo dalla sua. Cioè oggi ti vorrei dire che avevo gli investitori che mi
supportavano, che erano i miei genitori, perché investitori, perché io non dovevo andare a lavorare
per comprarmi il tempo per fare quello che volevo. Il tempo era l'investimento. Chiaro,
perché quando hai qualcuno che ti supporta, ai ragazzi direi guardate ai vostri genitori invece di
regnarmi, come i vostri primi investitori, perché vi danno il tempo di far quello che volete, quindi
studiate, investite quel tempo per fare delle cose, è così giusto per banalizzare. Quindi
ho avuto il tempo, il tempo per sperimentare e invece di cazzeggiare, ero attratto da determinate
cose. Quindi come dire ho bruciato le tappe, perché poi quel fatto che molti se ne rendono
conto dopo e dicono avessi fatto, invece in quel momento invece di fare delle cose che magari
erano delle perdite di tempo, anche diciamo necessario, il gioco, lo svago, il divertimento che
poi comunque ho frequentato, però facevo delle altre cose che erano molto mie personali. Qual
era prima che hai fatto? Su che materia prima, che oggetto hai fatto? Beh guarda, il tema della
scultura, perché magari tu vedi quello che faccio oggi, ma per fare quello che faccio oggi. E ne capisco
anche purtroppo. Tu immagini che è un'azienda nel senso che per fare una scultura sui investimenti
giganteschi deve avere uno spazio, devi comprare il materiale, devi conoscere da dove viene,
cioè di te vi occupare di tutto una serie di cose. L'immagine che vi viene condivisa è l'ultima
cosa di una cadena di montaggio gigantesca, tutta al fine di fare quello che vuoi. All'inizio
non era così, trovare il materiale per esempio, come trovi il materiale, devi avere uno spazio per
farlo. Allora andare in Toscana, organizzarmi senza una lira per andare in Toscana. Stiamo parlando
prima dei 18 anni, più o meno, quando potevo muovermi da solo. Quindi andare in Toscana il
marmo non lo potevo comprare. Perché era troppo caro? Certo, il marmo è un materiale...
Quanto costa il marmo? Dipende dalla qualità, va peso ovviamente, se viene tagliato, se te lo
fai tagliare costa. Però sapevo anche che tutto quello che avrei fatto sarebbe diventato un valore,
a livello di conoscenza. Un conto è che compri una cosa, tipo il latte, un conto è che vai a
mungere. Poi ci arriva a comprare il latte, ma conosci la filiera. Quindi io, diciamo, compro il
latte, ma ho anche un monto, ok? Questo posso dire. Quindi andare in un fiume e cercare dei sassi.
Quindi andavo a rubare dal fiume questi sassi, che erano l'unica cosa... Che poi il sasso è
lo scarto del marmo, il rastornatore al fiume, no? Esatto, perché lo scarto del processo di
cavatura vieniva buttato e andava a finire nel fiume. E lì avviene un processo, perché sei una
persona che osserva, scopri delle cose. Allora nasce anche una poetica. Ho fatto delle sculture
usando i sassi di fiume e mantenendo una parte di questo sasso naturale. Allora qualcuno era in mostra
a Roma e mi diceva, come è nata la poetica del sasso? Come se ci fosse stato un pensiero
ragionamento? Devo fare i sassi? No, per necessità, perché io non c'avevo i soldi per comprare il marmo,
sono andato in un fiume, ho trovati i sassi, ma lì è nato una riflessione più profonda,
no? Che scaturiva dalla necessità di fare qualcosa comunque, fare delle cose, produrre dei valori.
Avevo bisogno di fare cose, per dimostrare a me stesso che era in grado di farlo prima di tutto.
Perché tu mi hai detto che lo scatto è stato un momento di necessità familiare, nel senso
quello che volevo capire. Ho letto che tuo papà, architetto, ha avuto un momento di buio
nel suo lavoro, no? Sì, non come architetto, perché come architetto, no, ma per il lavoro.
Ok, penso che tu alludesi a quello, no? Quando dicevi un periodo difficile dove la
famiglia ti ha sempre sostenuto, poi a un certo punto hai dovuto switchare, quindi hai dovuto
tirarti sulle maniche, rimboccarti le maniche e dire ok adesso non sono più passivo, devo essere
estremamente realizzatore, attivo e mi sei raccontando di quel periodo in cui cercavi un po'
la strada per arrivarci. Ma che successa tuo padre, cosa hai vissuto in quel momento?
Beh, è una cosa che poi ho maturato via, no, via andando avanti nel tempo. Oggi lavoriamo assieme,
il padre è un genio, è un punto di riferimento assoluto, un uomo santo.
Continua a fare il suo lavoro e lavoro anche con te? Sì, è anche amministratore delegato
della mia società. Quindi ti ha insegnato un paio gesti di numeri?
Beh, lui si occupa anche di quello ovviamente e siamo un bel gruppo. Il paradosso qual è?
È che alcuni eventi a volte possono rendere un nucleo familiere ancora più coeso, ancora più
unito. Questa è stata la cosa molto bella, quindi quel fallimento per noi che poi è stato
tantissimi anni adurato, no? E potrei scrivere un libro su questa cosa qua anche senza responsabilità,
tutto questo è successo per eventi esterni, in esperienza probabilmente. Ma è stata la cosa
più preziosa? Perché crescere in una dimensione di fallimento è una scuola di vita incredibile,
cioè io potrei suggerirlo a tutti di fallire nella vita, sapendo che è propedeutico,
sapendo che è fondamentale, perché l'esperienza in vita che fai rispetto a quella roba lì,
superarla, ti permette di essere incrollabile poi. E oggi, se devo costruire un gruppo di
persone che lavorano con me, preferisco che abbiano fatto tutto un'esperienza del genere,
perché domani cadremo, perché noi ci occupiamo solo di novità, facciamo sempre cose nuove,
quindi chi si occupa di novità impara, imprenditore fa questo. Quindi domani cadremo,
io voglio avere persone che mi aiutano a rialzarmi, quindi mi circondo di persone che sono già fallite,
che hanno avuto esperienza di questo dio, perché voglio imparare da loro, quindi mi circondo di
persone migliori di me. Però per tornare a quel periodo lì, io mi scrivevo in academia e
contemporaneamente, e contemporaneamente anche al conservatorio di Frosinone, e poi scopro che
non si potevano frequentare due università, oggi si può fare, a quel tempo non si poteva
fare, quindi tu pensi a uno, quindi è stato interessante lasciare tutte e due. E appena mi
scrivo in academia, applico per andare in Grecia con una borsa di studio, era tipo un'esperienza
lavorativa e placement, mi ricordo che mi si chiama una cosa del genere, fatto sta che vado
là in Grecia dove sto per un lungo periodo, ero completamente da solo, non parlavo inglese,
insomma ero acerbo, ero solo guidato da questa voglia di fare, e la borsa di studio non era
che non arriva, io non avevo, non c'era la capacità economica, e allora vado a lavorare
in un ristorante italiano, perché non parlavo inglese, quindi trovo, mi muovo, e tu avevi
a fare il cameriere un classico? No, non facevo il cameriere, non me l'hanno fatto fare,
e quindi capisco che devo fare un baratto, e questa cosa del baratto, poi se vogliamo
fare un passi indietro anche in Toscana quando andavo a prendere i sassi e a fare le prime
sculture succede, e faccio un baratto, in cambio del pranzo e della cena io pulivo i
bagni, ok? E è stato magnifico, perché oggi se trovo un capello in un piatto mi fanno
caldo e neffreddo, ero un'altra persona prima di quell'esperienza lì, poi sento
la fossa biologica, noi italiani siamo abituati molti quando vai e butti la carta nel vader,
lì si otturava ogni giorno, e quindi di conseguenza io la sera, la mattina mettevo a posto, e la
sera li sturavo, ok? E mi facevo il bagno perché erano delle bombe atomiche, cioè la
prima volta proprio ho fatto, ho bevuto, e questo l'ho fatto per 5-6 mesi. Dietro di
me in quel momento c'era il proprietario, proprio esattamente dietro questa serie di
bagni che stavano proprio nel retro del locale, c'era una zona con un computer di quelli
vecchi, di una volta, e lui ci attava, giocava su Facebook, nasceva Facebook in quel periodo,
ero curioso di questa roba qua, piaceva un po' di confidenza, quindi gli chiedo come
funziona, lui ci attava con una ragazza, mi ricordo se era russa o cosa, una cosa del
genere, fatto sta, che in quel momento in cui, tra l'altro, quello che facevo io esteticamente,
proprio non fregava niente a nessuno, non era appetibile per gallerie la critica,
cioè tutto quello che facevo era sbagliato, nel contesto accademico, cioè faceva schifo,
roba che, perché queste erano le, come dire, le obiezioni che mi arrivavano, cioè che
ero completamente fuori dal mio tempo, le cose che piacevano a me non funzionavano,
non ci avrei mai campato, non poteva produrre nulla, e ho visto in quel mondo virtuale,
sì, sì, io sapevo, continuavo ad essere il ragazzino che sapeva esattamente quello
che voleva fare, quindi mi sbattevo altamente, perché io provavo a piacere, ma perché devo
rinunciare al mio piacere, fa quello che piace a te, tanto non vado a dormire sotto un
ponte, continuo a fare quello che piace a me, una nicchia di mercato la troverò eventualmente,
che sombravo.
E quindi però vedono in questo social network, si chiamava così, un'opportunità, perché
che cosa c'era là dentro? C'era un oyago indipendente, c'era una galleria dove gli
altri mettevano le proprie immagini personali, io potevo mettere le immagini del mio opere,
per esempio, potevo sciattare, potevo avere un rapporto direttamente con il consumatore
finale, quindi era in piccoli, in maniera virtuale, a parte che con un click poteva andare dall'altra
parte del mondo, cioè era una rivoluzione incredibile, ho detto a me io con questa roba
qua, se la utilizzo in maniera sapiente, metto i miei contenuti invece delle mie foto al
bagno, potrei, con un pensiero da investitore, con un'orizzonte temporala per sempre, fare
qualcosa che rischia di funzionare.
Disintermediando anche tutta la figliera.
Questo poi chiaramente generò odio, perché capisci tutto quello che ti manca, te più
che parte di comunicazione, produzione, marketing, rapporto con i clienti, tutto quello che
di solito tu saresti di peso come artista, cioè manager di te stesso, cioè devi fare
tutto e quindi devi imparare a cavartela.
Quindi ho fatto così, ho fatto un esperimento, quello che mi veniva detto quando poi ho iniziato
e ne ho parlato, ho condiviso quello che stavo facendo, è stato ma tu che pensi di poter
guadagnare qualcosa o di fare un lavoro del genere condividendo le immagini, le foto
delle tue opere con dei ragazzini.
Avevano ragione, ma quello che non capivano e che non intuivano era che quei ragazzini
dopo 10 anni sarebbero diventati imprenditori, si sarebbero fidelizzati, avrebbero fatto
un percorso di crescita con me, è che già eravamo nella dimensione del tutto e subito,
di consumismo, anche della bulimia delle immagini, del lavoro, tutto veloce, tutto liquido.
Invece io faccio una cosa che ci vuole tempo per farla e quindi anche i rapporti delicuri
nel tempo, piano, piano, una alla volta, tutto quello che faccio doveva essere organico oggi
diremmo e così è stato, quindi ho facevo questo baratto stando lì e era un modo per
campare, non avevo ancora l'idea di capire come poter monetizzare, era tutto investimento,
produco, un giorno capirò come fare uno scatto e dare anche una misura economica che corrisponde
alla dignità del lavoro eventualmente, no, quello che faccio, capirò come farlo in Toscana
per tornare al baratto, io posavo... La Toscana era l'anno prima?
Beh sì, più o meno, più o meno, perché poi ho continuato per 4-5 anni questa cosa di andare
in Toscana e prendere i sassi e così mi producevo delle piccole ombre, infatti le mie
prime opere sono fatte tutte dentro questi sassi, queste pietre, c'è stato uno, due momenti in cui
ho posato, ho fatto il modello di nudo, perché facevano dei corsi... Dove faceva il modello di
nudo? E sopra Pietra Santa c'è un pesino che si chiama Azzano, facevano un corso di scultura
lì, erano dei corsi che organizzavano con l'academia, quindi andavo lì e risparmiavo perché potevo
pagare da studenti, mi conveniva, ma anche quel risparmio era troppo per me, era comunque tanto.
E allora dovevo trovare un modo per rimanere di più, produrre di più e non pagare nulla,
cioè capivo che il guadagnare voleva dire non spendere innanzitutto, ok? E' fatto
sta che c'erano gli organizzatori che facevano anche dei corsi, perché venivano questi stranieri,
venivano i tedeschi dalla Svizzar, che si venivano a fare la vacanza a lavoro e andavo lì come
studenti, prendevo i sassi e scolpivo in una settimana e costavano un totto, vitto all'oglio,
eccetera, eccetera. Però vedevo che facevano anche il corso di disegno dal vivo con una modella,
allora ho chiesto, posso posare io? Però in cambio ho detto io posso, quindi nudo,
una settimana, di due settimane disponibili, una settimana posso, tutto nudo e l'altra settimana
voi mi non mi pagate, ma io posso stare qua e lavoro una settimana e ha funzionato questa cosa.
La cosa interessante quella è stata al di là, diciamo, dell'idea, no? Furba vogliamo chiamarla
così, forse intelligente, è stata un'intruizione intelligente quella, è che ho fatto un'esperienza,
cioè l'esperienza di spogliarmi. Ti avrei chiesto lo stato d'animo la prima volta in cui l'hai fatto?
È interessante perché tu diventi oggetto, quindi tu sei oggetto nelle mani di qualcun'altro che ti
sta utilizzando, poi ne ho manco pagato, quindi ero proprio utilizzato, tu sei un oggetto,
un strumento, poi pensa per uno che voleva stare dall'altra parte, mi dovevo inventare,
dicevo questi si fanno la vacanza lavorativa, possono spendere tutti i soldi per fare questo
corso e io che vorrei tanto disegnare a avere un modello, devo fare da modello e no? Quindi era
interessante come cosa, era tutto ribaltato, pur di avere una settimana per fare la mia opera,
il mio investimento che sarebbe diventato un valore possibile in futuro. E che cosa ho capito?
Che quando ti fai oggetto vuoi una cosa? Il rispetto. Allora questo piccolo sentimento lo
ho rimesso poi nelle mie opere, ecco perché nelle sculture che poi ho fatto con questi sassi
presi dal fiume ho lasciato una parte natura del sasso perché quando poi sono andato a
ricercare questi sassi nel fiume mi ha accompagnato quel senso di rispetto, ho fatto delle riflessioni
diverso e ho detto ma questi sassi come sono diventati così? Beh in natura non esistono,
quindi per tornare ad essere sassi dopo che sono stati sventrati dalla montagna è perché c'è
qualcosa che li ha modificati, cos'è questo qualcosa? Il fiume, quindi il fiume uno scultore,
è stato il primo scultore che lavorando incessantemente su quella superficie li ha
ricontestualizzati, li ha restituito una dignità naturale. Allora io se riconosco bellezza in quella
roba, se riconosco poi sia quanto vale il mio intervento, perché? Perché devo modificarli?
E lì c'è un problema, evidentemente c'era qualcosa da risolvere, allora cosa sono stati quelle
prime overe? Nascono da questo se proprio ti devo dire il dietro le quinte, no, della creazione di
qualcosa al di là dei significati, c'era tutto questo dietro quei lavori, cioè il fatto di aver
sviluppato una coscienza rispetto alla, da dove vengono le cose? Che cosa c'è alla radice di
quel sasso? E così ho fatto una collaborazione, c'è la parte esterna del sassù, quindi la memoria
del sassù che sta lì e dentro aprico queste finestrelle, ti mostravo quello che io immaginavo
e lì si sviluppo un altro pensiero, perché che cosa capisci? Capisci che un blocco di marmo,
un sassù, non potremmo fare un esempio con qualsiasi cosa, un foglio bianco, che cosa rappresenta una
possibilità? Dentro quel foglio bianco in questo podcast noi potremmo mettere tutti un'infinità
di contenuti, stalla tua immaginazione, quindi io immagino le mie cose, tu ne immagini le tue e
c'è un numero infinito di possibili forme, di possibili parole, di possibili contenuti all'interno
di quel sassù, all'interno di questo podcast. Dove sta la responsabilità dell'artista? Nello
scegliere tra quel numero infinito di forme una, nel selezionare le parole giuste, è lì che
sta la nostra responsabilità. Ho capito questo, come l'ho capito questo? Sarà bello, brutto,
cosa importante, non importa, è rilevante per me. L'ho capito spogliando lì e mettendomi in
gioco per necessità. Quindi la necessità di non avere denaro per, ma guidato dalla voglia di
realizzare, di fare le cose che sento e di dover fare ha generato queste riflessioni,
che sono eventualmente diventato una poetica.
E poi come evolvi tutto questo nel pratico, nel diventare poi un'artista, un imprenditoro,
una persona che vive della sua arte? Beh, perché sempre per necessità io dovevo
essere in grado anche di trasformare, non basta per fare le cose.
Beh, parte da lì? Sì, però non basta nella misura in cui, se io voglio veramente fare quello che
voglio, devo avere il tempo per poterlo fare. Di solito che succede e non c'è niente di male in
questo, che tu studi, investi per imparare a fare bene delle cose, qualcuno comprerà quelle
tue capacità, ti pagherà uno stipendio per fare delle cose e tu allienerai il tuo tempo in
cambio del denaro che poi utilizzerai in una cosa che si chiama tempo libero fino a settimana,
fino a mesi, in cui speri di poter fare le cose che ami. Ok, è un iter, è un'analisi
di realtà. Se io volevo farle mie cose, non potevo lavorare sotto padrone, dovevo essere
in grado di trasformare quella capacità, quel talento che per i talenti si soddia, quindi
investire quel talento per produrre altro. E dovevo capire come posso trasformare quella
capacità, quel talento in qualcos'altro. Come posso vivere? Beh c'è un sistema fuori,
quindi fai un'analisi, dici il sistema funziona così, c'è chi ti rappresenta, i mercanti,
le fiere, quello pare essere il mondo dell'arte. Ma se quel mondo dell'arte se ne frega di
quello che sei tu, non piaci, perché giustamente non è che devi piacere a tutti i costi, hanno
la loro poetica, hanno il loro modo, quindi non è che me la posso prendere con loro,
deve essere bravo invece a creare altro. E allora anche attraverso il social network posso
creare la mia rete e poi capisci anche che quel mercato, che è un mercato orizzontale
fatto di competizione, ha poco a che fare con la tua idea di un tuo mercato che deve
essere verticale eventualmente dove puoi avere un monopolio, ma se vuoi avere un monopolio
ti devi occupare di te stesso di fare altre cose, no? E quindi così è stato, ho dovuto
studiare. Quindi per uno che magari la scuola non era innamorato di certe cose, poi ho
capito che l'investimento più importante che potevo fare era culturale e così ho fatto
da sempre. Quello che dice ho dovuto studiare in tendi
culturalmente parlando. Sì, culturalmente parlando, cioè studiare, capire, ma studiare
anche capire, frequentare persone migliori di me, no? E torniamo alla miliardari, cioè
se vuoi capire come diventare. E questo l'ho fatto viaggiando, per esempio quando sono
andato in America, ho vissuto questi due anni a New York e io ho frequentato dei grandi
imprenditori, no? Che fanno cose totalmente diverse dalle mie. Io non ho mai frequentato
artisti, non ho mai frequento persone che lavorano nel mondo dell'arte, sì così, ma
non è che sono frequentazioni diciamo quotidiane, le persone che frequentano sono imprenditori,
persone che fanno lavori anche diametralmente opposti al mio, perché non mi interessa quella,
non mi interessa parlar d'arte. E cosa ti insegna, no, questi imprenditori?
Capisci come ragiona il potenziale acquirente del tuo prodotto? Cioè cosa ti porti a casa
passando nel tempo con loro? Beh, innanzitutto mi parlo a far silenzio,
perché a rubare con gli occhi, ok, diciamo così, quindi osservando, cioè per esempio
la negoziazione, no, che si esprime, si può esprimere in tanti modi, quella è una cosa
di un fashion incredibile, perché lo facciamo tutti dalla mattina alla serie più o meno
consapevolmente, quindi poter assistere a dei grandi affari, no? Ti può far immaginare
anche in real estate, ti può far immaginare che magari quei modelli di business possono
essere applicati magari al tuo sistema, che non esiste ancora, e allora magari quando
era in New York e realizzavo il figlio velato per portarlo a Napoli, li rinuncio a venderlo
dopo che mi era stata fatta una proposta molto importante e decido di creare un museo.
Perché che cos'è un museo? Un museo è una passività, un'artista che fa un museo.
A quel tempo quando l'ho detto, niente, niente, s'è pazzo, gli artisti fanno una gara per
essere messi in un museo e ci devi arrivare e così, ma io me ne sbatto, ma che mi frega
a me faccio le mie cose, ok? Quindi non vendi una cosa a una cifra importante, ma crei un
asset che può diventare una risorsa anche per altri, magari utilizzando 16 anni di comunicazione
online e avendo nella capacità di poter contare su un pubblico, capaci di fare un gesto che
val di fuori dal social network, ovvero prendere un 3 e rovenire e non solo pagare un biglietto
per entrare a un museo, mandare al bar di fronte e prendere un caffè, parcheggiare
la macchina da un'altra parte e questo diventa attenzione, accendi la luce magari in un quartiere
dove la luce non c'è e quindi un comune che vede il turismo arrivare lì e costretta
metterci la raccolta differenziata, perché non c'è stato fino a quel momento, quindi
sviluppare questo tipo di divisione. Entriamo nel pratico di questa cosa per
chi ci ascolta, per capire anche la tua evoluzione, quindi dal sacrificio, dal baratto, dal
cambio merce inteso, dammi quello che tu produce o quello che fai e in cambio ti do la mia
parte, quando tu dici io ho rinunciato a vendere quell'opera e l'ho donata ad una
chiesa, tutti sanno chi si informa su di te che un collezionista, se non sbaglio, ti
ha offerto 22 milioni di euro per comprare. Sì, questo è quello che è successo.
Per adesso non vorrei entrare troppo nel gossip, mi interessa poco, ma perché tu non lo hai
fatto questo passaggio? Non l'ho fatto perché avevo già un accordo.
Io sapevo già che quell'opera sarebbe dovuta essere installata lì, erano stati già due
anni di sovralluoghi e quindi dovevo assolutamente tenere fede a quello.
Nella testa di uno che comunque capisce thinnerci a un altro,
ma fanno un'altra cosa ma poi non vale più, dovevo immaginare come posso,
comunque, dato che capisco che quell'opera ha un potenziale, un valore, che oggi è certificato
quel valore, quindi è reale. Come posso comunque produrre? Allora lì inneschi un meccanismo,
posso costruire un sistema per cui per vedere l'opera si può entrare, si può pagare un
biglietto e lì ci sono delle persone che lavorano. Quindi si genera addirittura un altro tipo di
valore. Certo tu hai rinunciato una cifra, ma qualcuno si dita del folle, etc., etc.,
ma avrei rinunciato a tanto altro. Oggi si paga per vedere quell'opera e tu guadagni
su quella cosa o no. Ok, quindi hai creato un altro meccanismo semplicemente, hai mantenuto
fede alla tua parola che forse è il contratto più importante che si fa nella vita, quando
si dice di sì, lo si mantiene a prescindere a quello che si firma, quindi una stretta di
mano per me è ancora un grandissimo valore. Ma esiste anche questo modello di business,
vorrei entrare nei modelli di business, vorrei capire perché tu dici, miei galeristi sono stati
social network, giusto? Sì, ben sì. All'inizio si è partito così. Io sono il galerista
di me stesso, ovviamente. È certo, ovviamente, utilizzando la galleria, diciamo, l'online.
L'ubblica online. Quindi tu puoi fare un deal in quel caso, te l'hanno commissionata e tu
vai a Revenue Share, usate i termini. L'opera non è stata commissionata, l'opera l'ho
fatta io, mio investimento personale, l'opera è di mia proprietà. Ok. Io non vendo più
le mie opere, se posso. Quindi tu, anziché aver venduto l'opera, l'hai fatta per te
stesso. L'utilizzo e diventa un valore condivisibile
che può produrre nel tempo, certo, fino a ciò che la cifra, ma può produrre altro.
Macchine rimane il proprietario. Io sono sempre proprietario. Ok. L'hai messa
lì, fai un deal a Revenue Share con il luogo dove in questo momento si può visitare l'online
e puoi spostarla quando vuoi perché è tua. Certo. Ok. Così è più chiaro. Sì. Tu
sei il primo che mi va a fare queste domande. E no, perché è interessante perché tu dici
la liturgia. Così è così che la trafila è… Devo avere qualcuno che mi apprezzi. Dopo
di che nel museo ci dovrei poter finire. Poi magari ho bisogno del gallerista che mi
faccia far la mia mostra. Oggi io ho passato tutti questi, diciamo, canali perché ho trovato
la mia nicchia, la mia verticalità, i social e poi ho fatto in modo che le persone attraverso
la mia creatività potessero apprezzarmi e creare una community e voglio capire poi
dopo come si monetizza, no? Perché tu dici il mio papà lavora con me, la mia fidanzata
lavora con me, ma nel termine lavoro ovviamente c'è un ecosistema finanziario. Volevo capire
oggi… Tutti quanti si domandano infatti come guadagna un artista. Io posso dire come
lavoro io. Sì. Magari gli arti artisti come fanno, si fanno rappresentare da un mercante.
Il mercante che cosa fa? Publicizza, ha un portfolio di contatti, fa venire, organizza
una mostra e spera di vendere. Quindi ti dà una percentuale su quello che li guadagna.
Così questa trafila? No, non ho nessuno che mi rappresenta,
ci facciamo tutto da noi. Ok. Quindi io vengo contattato direttamente. Oggi il lavoro è dire
di no. Diciamo di no a quelle che sono richieste di commissioni, di cose. Vendere direttamente
è molto difficile perché produco molto poco, quindi fai un lavoro di lusso per pochissimi e non
vendono neppure più le mie overe. Io ne vendo una quota percentuale, quindi perché non mi interessa
avere, forse si capisce 이건 in inglese, non mi interessa avere dei buyers, mi interessa avere
dei partners. Perché se io vendo qualcosa, se io vendo quella borraccia a te perché voglio
i soldi. Punto. Ma se io te ne vendo un solo una parte, è chiaro che tu capisci che noi siamo
scoci. È inevitabile. Il mio lavoro oggi non è fare l'opera, il mio lavoro è far n'aumentare
di valore nel tempo, creare un'opportunità, creare qualcosa altro. Ok. Poi non ho la certezza
matematica dell'orizzonte finale, però una prospettiva già chiara. Io so che faccio questo
nuovo progetto e quindi do la possibilità di poter partecipare a un nuovo progetto, a una persona.
Quindi io rimango sempre proprietario del 50%, noi due siamo soci, pensa quanto è bello poter
fare un percorso assieme. Quindi io nell'immediato ho una capacità. Ok. Ma non rinuncio mai l'altra
parte perché quando l'opera è finita, vale dieci volte tanto. Quindi usaremo un fesso.
Se facessi quell'opera sapendo che poi vale dieci volte tanto, soltanto per la cifra che mi
dà all'inizio. Sei tu intelligente, sei tu, come dire, acuto che capisci che è bene intervenire
in fase progettuale perché quando è finita, è certificato che vale dieci volte tanto.
E questo è un fatto che è relativo alle pendite effettuate, insomma è tutto, come dire, chiaro.
Io prima ho fatto un'affermazione, ma non so se ho asserito il giusto nel senso quando ti ho detto,
ma credo di averlo sentito dire anche da te una volta, pensate a qualsiasi nome che vi venga in
mente di grande artista, forse l'opera non l'ha mai fatta lui. È così o no?
Beh, questa non è una cosa solo contemporanea nel senso dei giorni d'oggi, in cui devi produrre
tanto. Nel passato era un po' diverso perché innanzitutto pensa Bernini per esempio,
per fare un nome che tutti conosciamo. Lui aveva un'industria, aveva ereditato la bottega
del padre, quindi gli operà, le cose lavoravano per i papi, quindi non solo figlio d'arte,
ma aveva ereditato un impero. Ma lui era capace di fare quelle cose e poi sapeva anche delegare
perché riceveva talmente tante commesse che poi diventava anche un po' cadena di montaggio.
Canova è stato un altro, Canova probabilmente ha inventato la tiratura perché lui faceva
le copie in serie quando, oggi mettiamo la foto del Presidente della Repubblica,
a quel tempo il Papa doveva mettere le sculture per far vedere che faccia aveva, doveva commissionare
gli tratti, quindi tu dovevi essere tecnicamente bravi a fare una cosa e le facevani in serie,
quindi questi sono dei momenti molto interessanti della storia in cui si fissano dei concetti.
Quindi prima tu dovevi sapere delegare e dovevi sapere anche affidare ad altri una fase magari
della lavorazione. Io per come sono fatto fatico molto ad accettare questa cosa perché mi piace
fare, però ti rendi anche conto che in una dimensione di grandi produzioni devi fare squadra,
devi sapere delegare, devi sapere affidare ad altri delle cose. Una volta che hai risolto
con te stesso il fatto di babbele soffare queste cose, se devi perdere un anno per fare una cosa
che è soltanto tecnica che tu sei fare, puoi farla fare ad altri magari quella parte lì e tu ti
puoi occupare della parte creativa, magari dei nuovi progetti per esempio e poi rintervenire
avendo bypassato quella parte solo tecnica per la finitura e la finitura è eventualmente,
anzi certamente la parte in cui si rimane festa la tua capacità che è quella che
del tocco finale perché se a due millimetri dalla superficie finale io ti assicuro che in un
ritratto io faccio una cosa di una fa un'altra e loro ne fanno un'altra, ok? Perché che ne
sono ritratto è fatto di microespressioni e quindi di conseguenza è lì che si manifesta
la tua sensibilità, ma tanto tu il modello l'hai fatto quella di invenzione, l'hai fatta te,
è fissata, poi c'è una parte di trasformazione, io per tutta la mia vita ho fatto tutto,
capito oggi diventa più difficile e sicuramente spero però di riuscire a creare una scuola,
un luogo dove si possa ripercorrere anche in modo artigianale un certo tipo di lavoro anche per
creare delle opportunità ad altri giovani che non devono venire a lavorare per me, ma con me per
un periodo dove vanno a fare le cose loro entrano altri in modo che ci sia ricambio e sia una scuola
più che altro, però sì c'è una grossa fetta di produttori, di immagini che ovviamente ha il
desiderio di sentirsi artista evidentemente e quindi sa che oggi non è importante saper fare,
basta che te la raccontano bene la cosa, ci sono ancora persone che te la raccontano bene le
cose e le puoi far fare da altri, poi è chiaro che magari vengono fuori anche delle cose molto
belle, io se non lo metto in dubbio, è una cosa che riguarda molto meno me e però che
gran parte delle cose che vedi a volte sono fatte completamente così dall'inizio alla fine,
cioè ti dico se c'hai due lire in tasca e puoi far l'artista domani lo puoi fare perché ti fai
un gruppo di persone, c'è quello che ti fa quello che ti fa quello che ti fa quello che ti fa
quell'altro, trovi uno mercante che te le vende, crei una bella immagine, condividi e hai fatto,
tutto quello che fai ancora oggi è tutta creatività tua o c'è qualcosa di commissionato
che poi interpreti con la tua personalità? No, io devo essere completamente libero di
fare quello che voglio, cioè i miei progetti so già quello che voglio fare e non può succedere
assolutamente che qualcuno intervenga che mi dica, cioè me la sono sudata questa libertà,
quindi faccio quello che voglio, faccio quello che voglio e tu partecivi se puoi, se puoi.
Parliamo di uno dei tassali fondamentali della felicità che è l'amore, no? Ho nominato la tua
fidanzata, non per nome ma come ruono nella tua vita, ma non ci siamo adentrati nel quando vi
siete conosciuti, in che modo vi siete conosciuti, me lo racconti? Allora, Michela, adesso ne ho
otto anni, siamo insieme, io ero nel mio studio, c'era l'inagurazione di un Adanagni, ex studio,
perché adesso sei da un'altra parola, un po' ovunque. La prima volta che ho visto qualcosa
su di te era quando il progetto è Epinesse Giuseppe, l'ha venuto nel tuo studio. Già molto
dopo, a Napoli, quelle a Napoli. Ma ce l'hai ancora con lo studio a Napoli? Si, adesso diventa
museo, che è bellissimo. Si sicuro diventa museo, quindi questa altra opportunità, adesso,
per il prossimo mesi, non auguriamo questa grande opera, Gliacecca Sandra e quindi un'altra realtà
museale, questa è una cosa molto, molto bella, molto importante, perché magari può diventare un
punto, altri giovani possono dire, ma allora c'è un altro modo di fare le cose, posso campare
anche in modi diversi, c'è un mazzo tanto, ma comunque è un altro modo di fare le cose,
non è più giusto degli altri, un altro modo, funziona, che male c'è, poi ti odiano quando
fai le cose nuove, non c'è niente da fare, perché puoi distruggere delle figure professionali,
perché se ottieni degli obiettivi senza passare da tutta una serie di cose, quelle non servono
più, e qualcuno può dire, ma allora lo faccio pure io, e piano piano si svuotano dei sistemi,
ok? Quindi questo è un fatto. Ma noi andiamo avanti, tornando a Michela. 2014. Sì, esatto. Io
ero fuori dal mio studio, era molto tardi, di fronte c'era l'inaugurazione di un locale,
l'inaugurazione alla quale non sono andato. Lei compesa la tua? Si, lei di Anagnan, c'erano
incontrati prima. Mi conosceva online, ma non pensava neppure che fossi di Anagnan. C'era l'inaugurazione
di questo locale, era finita l'inaugurazione. Io non c'erano andato, però conoscevo il
proprietario e stavo lavorando in studio, perché vi sabato domeniche non ho mai conosciuto un giorno
di quelle che si chiamano vacanze. Anzi, mi invito in vacanze, mi dà una coltellata, perché mi ha
lontani da quello che amo fare. Quindi praticamente esco fuori incontro il proprietario, questo
amico, e parliamo. Era desertano, era molto tardi, perché ha chiusura di un locale, immagino. A un certo
punto arriva questa macchina che c'era lei, Michela, con una sua amica, parcheggiano, e la sua amica
conosce il proprietario, quindi si avvicina per salutarlo. Io stavo davanti allo studio, così
Luca, questo mio amico, stava per entrare e diceva, entriamo così che sono entrate. Questo è stato
il modo in cui ci siamo conosciuti. E poi dall'insuma siamo. Iniziò una frequentazione, poi oggi
lavoriamo assieme. Non intossi che la relazione lavorare insieme? No, ha moltiplicato invece...
Perché la tua vita è lavorare, quindi se non vi vedreste mai, vuoi dirmi un po' questo?
Beh, diciamo che è una cosa che si è sviluppata col tempo. Michela, giustamente, chiaramente è
mosso anche dai propri desideri di realizzazione. E c'è stato un lungo periodo in cui si immaginava
tante cose. Poi eventualmente è successo qualcosa dentro di lei, perché effettivamente tutte le
cose che desiderava fare, tipo viaggiare tante, che pensavo che io invece non amassi farlo,
io sono costretto a viaggiare per lavoro e ho visto delle cose incredibili, ho visto la Cina,
ho visto le cose senza desiderarle, ho visto da New York. C'è lì vero creativo, sono un grande
stimolo, è fantastico, lo scoperto dopo uno che non mi è mentere, è stato, l'ho fatto Maria
Teresa Benedetti, con una grande storica dell'artista, una mia mamma, in qualche modo artisticamente,
prendo un'altra storia a questa. Lei mi diceva sempre, quando ci siamo conosciuti,
tu ti devi sprovincializzare, devi andare giudici un nome. Io sono a New York, perché ho l'idea di
New York nella mia testa. Oggi mi dice, ma stai un po' fermo, torno lì, c'hanno 94 anni Maria
Teresa. Il fatto è che Michela era evidentemente mossa dai propri desideri e poi ha capito,
probabilmente, certamente da sola, che effettivamente quello che faceva ricalcava un po'
quelli che erano i suoi desideri naturali. Oggi è una macchina da guerra, veramente,
io probabilmente non sarei arrivato oggi qui se non fosse stato per lei.
Cosa farei nello specifico? Tutto è general manager, quindi di altissimo livello. Mi ricordo
anche che mi diceva, questa è una cosa molto interessante, mi diceva, ma io cosa sono? Come
faccio? Cioè c'è una scuola, eh il ruolo, no, saperti definire come faccio a fare una cosa,
c'è una scuola, c'è un percorso, eccetera, eccetera. Invece soltanto la pratica, no,
della quotidianità che invece ti fa sedere, lei si è seduta ai tavoli con persone di ogni
tipo, di ogni estrazione sociale e di ogni posizionamento dai re veramente con una disinvoltura
oggi che non... Senza sfigurare mai. È imparato. Quindi lei è la prova, io sono, come dire,
orgoglioso e fiero, no, di aver assistito questo. Lei è l'immagine della capacità,
la possibilità di diventare altro, cioè di riprogrammarsi. La stessa persona che ha studiato
lingue, ma magari si vergognava di andare a parlare con una persona che parlava inglese per
paura di fare brutta figura, ma veramente con un limite importantissimo, che dovevi
tirarlo un calcio per fare una cosa del genere, non se restino pure l'uscita, smuoverla. Oggi
siete veramente tavoli importantissimi, parla con chiunque, quindi ha fatto un lavoro sul
se stesso importantissimo. Per me è come scolpire se stesso è possibile per diventare altro e lei
diventa altro. Ma non diverso. Come dire, si è... Ha fatto un'opera d'arte. Si è mutata
continuamente. Lo possiamo fare tutti. E poi non mi nispesso un'altra persona se non sbaglio
Tommaso. Che Tommaso, sicuramente, si è Tommaso. Anche lui sta a parte della fase
ambiglionale. Sì, sì, sì, sì. Tommaso è stata la prima persona, ha il project manager. Quindi lui ha un ruolo
ben definito. Sì, poi fa tante altre cose, ovviamente. Quindi, diciamo, noi il nostro
lavoro siamo molto liberi, che è bello poter avere a che fare con delle persperi. Quando tu
hai libertà e tu hai collaboratori, le persone lavorano molto di più, perché c'è una responsabilità
diversa. Quindi, che succede? Tommaso doveva fare un'intervista, aveva un giornale a quel
tempo, parliamo uno storico dell'arte, scrive in un modo magnifico, quindi una persona di
cultura. È più giovane di me, ma tutti i capelli bianchi, già probabilmente a causa mia. Quindi
è molto bene. Lui ha 33 anni. Lui è stato il primo ad organizzare una mia mostra nella crypt
della Basilica dei Santi, 12 Avostoli, piazza 12 Avostoli a Roma. Da quel momento abbiamo capito,
ci siamo frequentati, mi doveva fare un'intervista che è durata più di questa e non è mai uscita.
Io avevo la barba ai capelli, ti uso questo a quel tempo. Da quel momento abbiamo iniziato a
collaborare, quindi c'è stato veramente un riconoscimento reciproco. È una cosa che
magari nelle scuole mi capita di dire, guardate ragazzi, che il vostro compagno di banco può
essere una risorsa per voi, perché se fate squadra non è sempre qualcuno al di fuori la
persona giusta, magari ce l'hai da fianco, fate gruppo, oggi si direbbe una startup, hai un
talento, fai gruppo con gli altri, metteli insieme, in fondo le più grandi scoperte di che cosa
sono fatte, delle scoperte degli altri. Poi messa assieme attraverso la tua sensibilità,
possono produrre delle cose nuove, così siamo fatti noi. Quindi questo succede anche con gli
esseri umani, mettete insieme talenti diversi e possono riuscire dei capolavori. Questo poi
anche a livello lavorativo, perché il fatto è che uno deve essere felice di poter fare quello
che vuoi riuscire a campare e diventare anche risorsa per quelli che lavorano con te, quindi
io sono accompagnato alla responsabilità nei confronti di Tom Maso, Michele, etc. di poter
essere, come dire, stare sul pezzo. Ti faccio una penultima domanda, perché dicono
Mileta di Tom Maso, me l'hai fatta venire in mente, ti vorrei chiedere che rapporto hai con la fede?
Beh, la fede è una cosa importantissima, perché se io non avessi fiducia in me stesso prima di
tutto e nella mia capacità di riuscire attraverso la benegazione, il lavoro, la costanza a realizzare,
a tradurre in realtà qualcosa che esiste solo nella mia immaginazione. Quindi tutto quello
che faccio è un atto di fede, di fiducia. Ma lo facciamo tutti, tutti.
Ti chiedo un'altra cosa, perché a voi ho visto da Marco Gliorni, credo, non ho ricordo in quale
programma di approfondimento dove era stata vandalizzata una tua opera che avevi messo in piazza,
credo, a Napoli, e la cosa che mi aveva scioccato con un'accezione estremamente positiva era la tua
parte umana. Dei ragazzi, in modo gogliardico, forse poco consapevole hanno, come dire, un po'
aggredito l'opera, vogliamo raccontarlo in quel modo, uno di loro ha fatto un video e ad un certo
punto tu gli hai invitati, quindi i vandali, di quell'atto di cui sto parlando della tua opera,
a venire da te in studio e hai sovertito completamente le energie, non li hai condannati,
anzi li hai invitati, a braccia aperte, a venire nel tuo mondo, a poterlo apprezzare un po' la
domanda che ti ho fatto prima dove era difficile dare una risposta e sono sicuro che gli hai
erichiti in quel momento, gli hai fatto provare l'ebrezza della scultura, gli hai fatto fare
qualcosa, gli hai fatto utilizzare le mani, gli hai fatto emozionare, gli ho visti che erano
imbarazzati ma nel senso bello del termine e mi è piaciuto molto quel approccio. Quindi avevo più
una domanda su che effetto ti fa, lo so che te lo aspetti quando tu prendi un'opera, la porti in
un luogo importante del nostro Paese che sia Roma, che sia Napoli, perché è successo letto in due
occasioni o forse in più di due, dove le persone vanno a maltrattare un qualcosa che tu stai
dorando al prossimo. Io soffrirei? Io no, nel senso che se fai una cosa per gli altri te lo devi
aspettare, quindi ho smesso di essere attaccato alle cose che faccio da quel punto di vista,
infatti da qui il conflitto con chi lavora con me che mi vede molto distaccato, cioè
lavori 18 mesi e fa una cosa e poi non tene frega niente, no mi interessa in un modo diverso
anche perché so che è comunque inevitabile che le cose vengono distrutte qua nel tempo,
il tempo modifica tutto, quindi ho fatto pace con questo e poi anche perché a volte può essere un
valore il gesto degli altri. Sì mi interessa capire umanamente parlando il processo di pensiero
che tu hai avuto quando questo è accaduto. No, sono stato infastitito da una cosa, dal
modo in cui il loro gesto è stato strumentalizzato dai media, cioè è incredibile, molto sottile la
cosa, è importante che quei ragazzi abbiano fatto quello che hanno fatto perché io politico posso
raccontare quanto sono bravo io pulito, come si dovrebbero fare le cose, cioè senza quel gesto
io non potrei raccontare invece come dovrebbero andare le cose, guarda quei disgraziati, guarda
quei ragazzi e nel fare questo, a volte anche chiaramente l'ecito giusto, necessario, ma in
quel caso ne avevano fatto niente, ma veramente io ho fatto di peggio la mia vita, il giorno prima
della comunione ho dato fuoco una palma in centro anagni e ho mentito spuddo radamente,
me l'ho visto tutti, quindi io come posso giudicare quei ragazzi, no? E mi ha dato fastidio il fatto
che invece venissero strumentalizzati anche criticati poi, saprei meglio di me quello che
succede online, nel momento in cui qualcuno condivido una cosa del genere, poi tutti,
uno dietro l'altra, balangano, dicono quello che pensano. Allora un conte che me lo dicono a
me, a me da uno ricchio mentre dall'altro mi esce, un conte che lo dicono ragazzo, no? Perché io
so un pochino che cosa si prova quando terriono balange di merda oltre ai complimenti, valgono
solo quelle, vedi solo quelle, c'è gente che si spara, gente che si suicida perché non riesce a
superare emotivamente quella roba là. Quindi io questo lo so molto bene, lo provo ogni giorno,
lo vedo. E quindi allora l'unica cosa che mi è venuta in mente è stata quella di capire
chi c'era veramente dietro quei gesti, per mostrare anche altro. Allora l'ho invitati,
l'ho cercati con la cooperativa, già abbiamo trovato i nomi, ho scoperto anche con una delle
mamme, mi aveva scritto, dicendo a me ho una lavanderia, col papa facciamo dei sacrifici enormi,
un figlio, bravo ragazzo, l'ho fatto una cosa così, non se ne ho reso conto, effettivamente
non se ne ho reso conto, non ho fatto un contenuto, hanno fatto una cosa che quando l'ho vista
io mi venuto anche da ridere per dire tutto qui. Quindi l'ho invitati, ho scoperto l'umanità
là dietro che c'è sempre, il problema è quando si agisce tape soltanto o si reagice rispetto a
queste cose, si può far ancora più danno perché invece di aiutare o di mostrare una
prospettiva, di far capire che c'è anche altro, tu condanni e in quella condanna non c'è
possibilità, non si scappa più e quei ragazzi non ne escono alla gogna, puoi dire qualcosa
no, non puoi dire niente, sei un disgraziato, sei un infame, nessuno farebbero una cosa
al genere, poi nella nostra intimità non siamo mille volte peggio, ci siamo sogniati,
immaginati quelle cose, le abbiamo desiderate, poi non le facciamo per così per un esasperato
senso del dovere di educazione che c'è stata data, per sembrare ciò che non siamo, ma
nella nostra intimità siamo molto molto peggio, in fondo l'umanità si esprime in tanti modi
e al di là di quello che si può dire, tutto quello che gli esseri umani fanno è espressione
del potenziale umano, noi siamo tutto quello che facciamo, quindi c'è anche parte di me
nel gesto di quei ragazzi, ok? Quindi è interessante capire che c'è dietro, invitarli in studio
e fargli semplicemente dire guardate, voi avete fatto quel gesto e durato un secondo, così
è stato un attimo, adesso vi faccio vedere che vuol dire farla, è lisa per il tuo mondo,
di curiosità, di entusiasmo, a cavolo, ma sai ho fatto quel gesto anche perché effettivamente
non mi rendevo conto di quello che c'era dietro, basta quello vale, ok? Quindi in realtà
tutto quell'invito era perché io volevo capire perché mi erano ginato le palle nel vedere
che erano stati strumentalizzati senza tempo, no? Dobbiamo creare un contenuto per la TV,
quindi avevo bisogno di riempire un vuoto, mettiamoci quei poveracci, che ci frega delle
famiglie, di chi c'è dietro, no? Siamo quella roba all'istrumentalizziamo all'ammassimo
per così, per come si presenta, perché è facile si può fare subito questa roba, miei.
Qualcuno di loro l'hai rivista dopo quel momento collettivo che hanno passato da te?
No, non gli ho rivisti, so che un ragazzo è andato a studiare all'estero e gli altri
stanno l'insomma fanno le loro cose, poi è giusto che queste siano delle parentesi che
si chiudono subito così almeno a me.
È stato molto umano, come ti c'è, o prima accoglierli, piuttosto che giudicarli, perché
poi rischi di creare dei traumi e di enfattizzare delle leve motive sbagliate, quindi mi è pesciuto
tantissimo.
Sì, no, quella cosa è veramente importante, perché c'ero io là dietro. Io ho uguale
a loro, peggio, capito, potenzialmente, quindi c'è voglio tentare di essere guidato da questo,
no? Poi figura di non è che sono santo alla sfera di Cristallo, però a livello di cultura
personale, credo, che sia rilevante capire che c'è dietro. Un po' come quello che succede
adesso, no? Capire cosa c'è dietro può essere prezioso, anche pericoloso, ma anche prezioso.
Ti faccio l'ultima domanda. Ti voglio chiedere se hai paura della morte?
No, non ho paura della morte. Devo dire che ho riflettuto su questo. Probabilmente ho paura
della sofferenza, cioè morire soffrendo. Questo può essere, no, un elemento. In realtà
vedo con curiosità anche il fatto del tempo che ho a disposizione, che diminuisce a ogni
respiro e che un giorno mi regalerà l'opportunità di fare un'esperienza diversa. Questo mi
aiuta anche a godermi molto di più del tempo che ho a disposizione, perché altrimenti
sapere ho riflettuto sul fatto di immagina di avere un tempo infinito. Probabilmente
non lo so, rimanderei o volte anche questa tendenza. Il fatto di... Ho sempre l'urgenza
di dire ho poco tempo a disposizione, mi manca poco, no? E quando tu hai questo tipo di urgenza
fai e voglio continuare a essere guidato da questa sensazione, senza paura.
Grazie mille.
Grazie, Diego.
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Stati Uniti, anni 50, siamo in piena guerra fredda. Il governo americano è disposto a
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Oggi avremo il piacere di fare un viaggio con Jacopo Cardillo, in arte Jago, un artista contemporaneo che ha saputo, grazie ai social network, crearsi una risonanza mondiale attraverso le sue opere. Il dream team di One More Time è composto da: Giovanni Zaccaria, Mauro Medaglia, Davide Tessari, Alice Gagliardi e Filippo Perbellini.
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