Daily Five: Il Ponte sullo stretto, spiegato. Tasse, ecco cosa c’è nella riforma fiscale. Xi Jinping incontra Putin.
CNC Media 3/17/23 - Episode Page - 19m - PDF Transcript
Vorrei leggervi in apertura di questa puntata un passaggio dello studio per il progetto del
ponte sullo stretto di Messina, scritto dall'ingegnere Alfredo Cotteru.
La prima di queste idee, scrive l'ingegnere Cotteru, consiste nel poggiare le pile metalliche
relativamente leggerissime ed offrenti poco stacolo alle correnti e ai marosi, su grossi
galleggianti in lamiera di acciaio a forma di pesce piatto, i galleggianti sono supposti
sommersi e trattenuti a mezzo di forti ancore, a circa dieci o dodici metri sotto il livello
del mare, essendo da tutti risaputo che a quella profondità le più potenti burrasche
diventano inerti e insensibili. Ecco, come vi dicevo, questo è un passaggio dello studio
effettuato dall'ingegnere Alfredo Cotteru sul progetto del ponte, ordinato dal Ministro
dei Lavori Pubblici Stefano Iaccini. E qualcuno di voi pensera, ma l'attuale Ministro
dei Lavori Pubblici, o meglio dell'infrastrutture, non si chiama Stefano Iaccini, si chiama
Matteo Salvini, è infatti quello attuale, ma il primo Ministro dei Lavori Pubblici
italiano a preparare un progetto per il ponte sullo stretto di Messina fu il Ministro Stefano
Iaccini, governo la Marmora 1865, no, non 1965, 1865, appena quattro anni dopo l'unità
d'Italia di cui proprio oggi tra l'altro celebriamo l'anniversario. Ecco, la storia
del ponte sullo stretto di Messina è praticamente nata con l'Italia, e ieri quasi 160 anni
dopo l'ennesimo Ministro dell'infrastrutture, questa volta si chiama appunto Matteo Salvini,
presenta l'ennesimo presunto passo in avanti definitivo per la realizzazione del ponte
sullo stretto. Ma sarà questa quindi la volta buona e soprattutto? Il cosa consiste
questo ponte? Quanto costa? È davvero fattibile? E cosa ha deciso? In concreto ieri il governo
Meloni, 20 secondi di sigla e lo vediamo insieme.
Io sono Emilio Mola e questo è Daily Five, il podcast di CNC Media, per comprendere
l'attualità e conoscere il mondo che ci circonda, una notizia alla volta.
Oggi è venerdì 17 marzo e ieri il Consiglio dei Ministri presieduto da Giorgia Meloni
ha, tra le altre cose, approvato il decreto sulla realizzazione del ponte sullo stretto
tra Sicilia e Calabria. In realtà, al di là dei tonni triomfalistici, Salvini ha parlato
di giornata storica, quello che ieri il governo ha fatto è stato solo ricostituire la società
stretto di Messina, S.P.A., che fu creata nel 1981, quindi più di 40 anni fa, per realizzare
il ponte sullo stretto. Società accostata allo Stato però più di 300 milioni di euro
in 30 anni fra stipendi, consulenze, macchinari, uffici, studi di fattibilità senza che del
ponte si sia mai vista l'ombra e quindi poi messa definitivamente in liquidazione nel
2013. Oggi quindi il governo non fa altro che riprendere quel cammino interrotto, con
rischio sì che la società ricomincia a mangiare soldi a vuoto, ma anche con la possibilità
chiaramente che questa volta il ponte si faccia per davvero e Salvini ha anche promesso la
data di inizio lavori che dovrebbe essere il 2024 per la precisione luglio 2024, insomma
l'anno prossimo. Ma di che ponte parliamo, cos'è questo ponte che potrebbe essere realizzato
sullo stretto di Messina? Il progetto, diciamo, l'unico, preferito,
quello selezionato tra i tanti che ci sono stati prevede la realizzazione di un ponte
accampata unica, che vuol dire in pratica ci sarà un pilone alto 400 metri sulla costa
siciliana, ripeto 400 metri, e un altro pilone gemello sulla costa calabrese. In mezzo la
strada assecarreggiate lunga più di 3,3 chilometri, tutto sospeso sul vuoto, tutto
sospeso sul mare senza nessun altro pilone in mezzo. Bene, è fattibile questa cosa e
soprattutto è sicura? Allora da un punto di vista ingegneristico
sarebbe una sfida epocale per l'Italia. Non esiste infatti al mondo nessun altro ponte
accampata unica così lungo, e realizzarlo in una zona altamente sismica come quella
dello stretto, fa temer ammolti che questa sfida possa rivelarsi una tragica scommessa.
In realtà anche il Giappone, come sappiamo, ricade in un'area altamente sismica, e lì
i ponti accampata unica ci sono e resistono. Sono ponti che possono resistere anche a
sismi devastanti, anche di 7-8 punti sulla scala Richter. C'è però allo stesso tempo
da dire che il ponte accampata unica più lungo che abbiamo in Giappone, che poi è
anche il più lungo esistente oggi al mondo e di 2 chilometri. Quello sullo stretto di
Messina, ripeto, dovrebbe essere lungo 3,3 chilometri, quindi molto ma molto di più.
Per cui oggi non abbiamo un precedente esistente per dire se si è in grado di resistere a un
sisma devastante come quello che ci fu proprio nello stretto di Messina nel 1908 e che uccise
quasi 100.000 persone. Altro dato da tener presente è che Sicilia e Calabria non sono
ferme, ma si allontanano l'una dall'altra lungo una linea di faglia. La domanda quindi
è questo allontanamento della Sicilia dalla Calabria. Potrebbe nel tempo far venire giù
il ponte? In realtà, come spiega il geologo Andrea Moccia di Geopop, questo allontanamento
e dell'ordine di meno di un millimetro all'anno significa che Sicilia e Calabria si allontanano
l'una dall'altra di appena un metro ogni mille anni e un metro su 3.300 metri in mille
anni al ponte farà pochissima differenza, quindi nel caso non sarà questo allontanamento
a far crollare il ponte sullo stretto. Insomma, questa opera in teoria sulla carta sarebbe
anche sicura, ma ripeto non esistono precedenti sulla resistenza di un ponte così lungo accampata
unica davanti a un forte terremoto che purtroppo così come è arrivato nel 1908 può tornare
in qualsiasi momento. C'è poi l'incognita dei costi dell'opera
e della sua utilità. Secondo l'estime, la realizzazione di questa unica infrastruttura
che ricordo alla fine è una strada lunga tre chilometri, dovrebbe costare allo stato
italiano la bellezza di 8 miliardi di euro e sappiamo bene che i costi di partenza in
Italia, quando si parla di infrastrutture, gli evitano sistematicamente e spesso anche
considerevolmente. E a fronte di questa enorme spesa in tanti si chiedono se ne valga la
pena, se davvero per mettere a merci e persone di attraversare lo stretto tra Sicilia e Calabria
in auto, anziché in traghetto, darà un effettivo ritorno al Paese e alle due regioni. Proprio
sulla scorta quindi di queste perplessità, sembra che al governo non ci sia tutta questa
compattezza torna l'idea di realizzare il ponte e a dimostrarlo ci sono due parole inserite
ieri nel decreto che rivelano la mancanza di unità e cioè salvo intese che è una
formula molto italiana che tradotta dal politichese, appunto all'italiano significa niente e
definitivo e tutto può ancora cambiare. Insomma per ora è stato dato a Salvini, se vogliamo
da un punto di vista politico, il contentino di cui aveva bisogno la bandierina da sventolare
davanti ai propri elettori e ai propri follower, ma mai come in questa occasione tra il dire
e il fare c'è ancora di mezzo il mare. Quello dello stretto vuole essere preciso.
Il decreto sul ponte non è stato l'unico importante provvedimento preso dal governo
nella serata di ieri giovedì 16 marzo, ma c'è un altro provvedimento a suo modo e
pocale che come il ponte sullo stretto di Messina potrebbe richiedere anni per realizzarsi
ma intanto è stato avviato e si tratta del disegno di legge delega per la riforma del
sistema fiscale. In pratica è una misura che dovrebbe rivoluzionare dopo 50 anni il
nostro sistema fiscale, il numero e il tipo di tasse di imposte che noi italiani paghiamo
con l'obiettivo sia di semplificarlo sia di alleggerirlo o almeno ripeto questi sono
gli scopi, i target, i traguardi che il governo si è prefissato e che ha annunciato perché
per il resto in realtà ne sappiamo ben poco ma come potrà chiedersi qualcuno fanno una
legge e non ne conosciamo i contenuti? Beh sì perché a differenza del provvedimento
relativo al ponte questo qui non è un decreto ma è un disegno di legge delega. In pratica
il governo con la misura approvata ieri chiede al Parlamento, caro Parlamento so che le leggi
le fai tu ma stavolta deleghi a me il compito di fare questa precisa legge quello che quindi
accade in questi casi è che il Parlamento delega il governo dando gli giusto un perimetro
e delle condizioni cioè il Parlamento dice ok caro governo puoi farla tu questa legge
ma mi raccomando a non superare questo limite, a non escludere queste persone, a includere
queste misure eccetera all'interno di questi confini puoi anche fare tu. Dopo che il Parlamento
avrà quindi delegato al governo il compito di riformare il sistema fiscale italiano
il governo avrà due anni di tempo per appunto concretizzare tutto questo attraverso dei
decreti legislativi. Ora come abbiamo detto quindi non conosciamo di questa possibile legge
i dettagli, in realtà non li conosce nemmeno il governo stesso però sappiamo quali sono
più o meno per grandi linee gli obiettivi e le intenzioni e cosa sappiamo quindi finora.
Allora la principale e più importante novità è che la legge delega ribadisce
l'obiettivo di questa maggioranza di arrivare entro cinque anni alla cosiddetta flat tax. Cosa significa?
Come sappiamo i contribuenti italiani pagano ogni anno un'imposta l'irpef che finanzia i principali
servizi dello stato quali sanità, istruzione, difesa eccetera e che dipende dal reddito della
persona fisica per cui questa percentuale di tasse che noi paghiamo varia in base alla ricchezza.
Attualmente abbiamo quattro scaglioni, fino a 15.000 euro di reddito si paga il 23%, fino a 28.000 euro si paga il 25%, fino a 50.000 euro si paga il 35% e dai 50.000 euro in su si paga il 43%.
Il governo è invece arrivare a un'unica aliquota in modo che i ricchi in sostanza paghino la stessa
aliquota dei poveri. Il primo passo verso questo cammino sarà la riduzione degli scaglioni
dagli attuali quattro, fino a due anni fa erano cinque, ora sono quattro, ecco il primo passo
sarà ridurli a tre, fino a passare poi gradualmente a uno solo, a un'unica aliquota uguale per
tutti. Ora quale sarà questa aliquota? A meno che non si voglia aumentare quella più bassa,
che significherebbe far pagare molte più tasse ai più poveri, e non crediamo che sia questa l'intenzione
del governo, non resta che ipotizzare un abbassamento delle aliquote più alte, solo che dal momento
che gran parte dell'irpef nazionale oggi in realtà è pagata proprio dai più ricchi,
abbassare la loro aliquota significherà far mancare alle casse dello stato una montagna
di miliardi che resterebbero appunto nelle tasche dei più benestanti, ma questo creerebbe
un tale buco nei bilanci dello stato che potrà essere risolto solo tagliando i servizi pubblici
come appunto sanità, istruzione, difesa che sono oggi sostenuti proprio dall'irpef. Quindi insomma
comunque la simetta per le fasce, per la popolazione, meno diciamo ambiente d'Italia, questa flattax
non sarà un grandissimo affare e questo lo si capisce
anche dal modo in cui in realtà il governo intende coprire queste spese, perché l'altra novità è
la volontà da parte di questo esecutivo di mettere mano alla cosiddetta giungla di detrazioni e deduzioni che oggi
complicano molto il nostro sistema fiscale e che costano effettivamente allo stato 80 miliardi. Insomma,
una parte dei soldi per finanziare l'abbassamento delle tasse ai ceti più ricchi potrebbe arrivare anche
dal taglio di alcuni di questi vantaggi fiscali. Si tratta di una promessa in realtà fatta sempre da
tutti, ma mantenuta mai da nessuno. Questo perché cancellare una deduzione o una detrazione significa
scontentare chiaramente qualcuno, spesso milioni di persone e sappiamo quanto questo sia elettoralmente
dell'etario. Quindi in sostanza arrivare a questa aliquota unica costerà allo stato decine di
miliardi. Questo buco da decine di miliardi in qualche modo bisognerà coprirlo e lo si coprirà o
andando a tagliare servizi quali la sanità, l'instruzione, la difesa, oppure andando a cancellare
detrazioni e deduzioni che comunque sono sempre avvantaggio dei cittadini e quindi subiranno i
cittadini o questo taglio o oppure non lo subiranno a fatto e quindi appunto non resterà che il taglio
dei servizi o altro debito, ma appunto per ora abbiamo pochi elementi per dirlo. Il disegno di
legge prevede poi di ridurre un'altra tasse alla aliquota IRS che sarebbe l'imposta pagata su
gli utili dalle società per chi investe o assume e di eliminare gradualmente l'IRAP che
l'imposta regionale sulle attività produttive che è da anni una delle imposti più criticate
dalle aziende, insomma altri soldi in meno per finanziare lo stato. E va beh, e perché vade?
Beh in questo caso il governo prevede, la legge d'elega prevede, anziché un inaspimento delle
sanzioni prevede un alleggerimento delle sanzioni sia administrative sia penali nel caso di evasori
che è questa e la novità più discussa non possano pagare quanto dovuto diciamo per motivi di
necessità oppure nei confronti nel caso di imprese collaborative nelle operazioni di accertamento
fiscale. Non è ben chiaro come saranno individuati in base a quali criteri questi evasori diciamo
così per necessità, però insomma il rischio che magicamente tutti gli evasori riusciranno a trovare
il modo per passare come evasori di necessità è alto e con questa riforma riusciranno pure.
Qualche giorno fa vi dicevo che secondo indiscrezioni di stampa il presidente
cinesi Xi Jinping avrebbe potuto anticipare e dimolto la sua visita a mosca per incontrare
il presidente russo Vladimir Putin e sappiamo quanto potrebbe rivelarsi importante questo
incontro nell'ottica della guerra soprattutto qualora il presidente cinesi dovesse decidere
di far pesare la propria enorme influenza sia su Putin sia su Zelensky e bene l'attesa conferma
oggi è arrivata. Xi Jinping scrive il Corriere.it ha deciso di calcare il tappeto rosso che
gli srotola Vladimir Putin. Dal lunedì 20 marzo al 22 il presidente cinesi sarà in visita di
stato a mosca. Si è fatto un po' pregare Xi per quello che sarà il quarantesimo vertice nella
storia della sua relazione speciale con il presidente russo. In questo anno di guerra ha
trovato tempo per incontrare di persona l'amico del cuore, si definiscono i due proprio così
soltanto una volta a metà settembre assamarcando durante un vertice internazionale. Oggi annunciando
la visita il Kremlin dice che verrà a discursso l'approvondimento della cooperazione strategica
globale sulla scena internazionale. Va beh ma di che cos'è che effettivamente parleranno i due
presidenti lunedì? Il ministro degli esteri di Pekino parla di scambio di opinioni su grandi
questioni delle nuove vie della seta e di approfondire la fiducia recipro tra China e Russia. Cosa
questo significa esattamente lo sanno solo i ginesi, come abbiamo già detto in altre puntate,
qui ho ripreso la parola io. La diplomazia cinese usa sempre un linguaggio molto vago e ambiguo per cui
non è possibile sapere se oltre a queste parole di amicizia ci sarà dell'altro. Di certo è molto
difficile che Xi Jinping decida di muoversi per parlare di amicizia e far finta che la guerra
non ci sia e sa perfettamente il presidente cinese che per l'occasione avrà addosso gli occhi di
tutto il mondo, soprattutto quelli dell'Europa che è un gigante economico che Xi Jinping deve
cercare di non perdere, di ingraziarsi e magari di conquistare. In gioco riprendo a leggere dal
corriere c'è sempre la speranza che la Cina decida di premere su Putin e di spingerlo a negoziare
cozzeneschi. Per mostrarsi neutrale, Xi il 24 febbraio ha fatto pubblicare, lo ricorderete,
un documento in 12 punti che propone il cessato del fuoco tra Russia e Ucraina. Washington lo ha
bocciato osservando che per fermare la guerra servirebbe una sola mossa, il ritiro russo,
ma più disponibili a discutere del piano con i cinesi sono stati invece proprio gli Ucraini
e zeneschi che ha sullecitato più volte un colloquio con Xi. Da qualche giorno circolano
informazioni, lo ricorderete, ne abbiamo parlato anche qui su Daily Five, su un colloquio tra Xi
e zeneschi, non di persona ma in videoconferenza. Se davvero di ritorno da mosca il leader della
Cina parlasse per la prima volta con il presidente dell'Ucraina, si porrebbe una base per la mediazione
tanto invocata. La Casa Bianca dice di aver anche incoraggiato i cinesi a parlare finalmente
con gli Ucraini. Pekino ha in mano in effetti alcune carte importanti per invogliare sia mosca sia
Kiev a discutere. L'economia russa ad esempio ha ricevuto un salvagente dai cinesi che hanno
continuato a comparare il petrolio che gli europei non volevano più in questo Putin e debitore
nei confronti di Xi Jinping. E anche Kiev potrebbe ammorbidire il suo approccio di fronte alle
pretese cinesi o meglio alle proposte cinesi per non correre il rischio che Xi Jinping alla fine
decida di schierarsi completamente a favore di Putin e per cominciare a discutere di ricostruzione
postbellica con la superpotenza economica cinese. L'appuntamento al Kremlin quindi tra il 20 e il
22 marzo sarà cruciale. E con questo per oggi ci fermiamo qui, io vi saluto, vi ringrazio e vi
do appuntamento al lunedì prossimo con Deli Five sempre alle 17. Deli Five è un podcast prodotto
da CNC media, ascoltalo da lunedì al venerdì alle 17, direzione creativa e post produzione
like a be creative company.
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Via libera dal governo al Ponte sullo Stretto di Messina. Ma è davvero così? Si farà? E quanto costerà? Ma è sicuro?
Primo passo verso la Riforma del Sistema fiscale: pagheremo meno tasse? E quali? Chi ci guadagna?
Il presidente cinese Xi Jinping vola a Mosca da Putin. Si spera in pressioni per cessare le ostilità.
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