Daily Five: Il più grande taglio delle tasse? Il decreto lavoro, spiegato. Cina e India contro Putin? Le dimissioni di Berlusconi.

CNC Media CNC Media 5/2/23 - Episode Page - 20m - PDF Transcript

Glieri il governo Meloni ha provato una serie di misure relative al mondo del lavoro che

non a caso sono state adottate proprio il 1 maggio.

L'idea di Meloni, tra l'altro esplicitata e annunciata da tempo, era proprio quella

di varare questi provvedimenti nel giorno della festa dei lavoratori per caricarli di

simbolismo e rendere tutto meglio spendibile da un punto di vista della comunicazione.

Probabilmente vi sarà anche capitato di vedere il video che la premia era pubblicato sui

social, video nel quale la Presidente del Consiglio si mostra mentre cammina per i

corridoi di Palazzo e Gigi, parlando alla videocamera e raccontando in circa tre minuti

ciò che il Consiglio e dei Ministri avrebbe licenziato delì a poco.

Della sostanza di questi provvedimenti parleremo dopo la sigla.

In questa introduzione vorrei giusto soffermarmi un attimo sulla parte del filmato che probabilmente

ha catturato di più l'attenzione e su cui Giorgia Meloni ha posto maggiormente l'accento.

E cioè l'annuncio del più importante taglio delle tasse degli ultimi decenni.

Meloni lo ha presentato proprio così, proprio con queste parole,

ma il punto che merita un chiarimento è che le cose non stanno esattamente così, anzi.

Ma di cosa stiamo parlando innanzitutto?

Allora tra le varie misure che ieri il Consiglio dei Ministri ha varato,

c'è anche un taglio del cosiddetto cunio contributivo a favore di tutti i redditi

fino a 35.000 euro. Di cosa si tratta?

Quando noi percepiamo uno stipendio, come sappiamo,

una percentuale di questo stipendio non finisce Sorta,

direttamente nelle nostre tasche, ma viene prelevato dallo Stato

sotto forma di contributi previdenziali.

Una parte di questi contributi li mette il lavoratore e una parte il suo datore di lavoro.

Ecco, la misura approvata ieri dal governo prevede che una parte di questi contributi,

almeno fino a dicembre, non sia più pagata dal lavoratore,

ma sia sostanzialmente coperta dallo Stato.

Di quanto stiamo parlando parliamo di circa il 4% di questi contributi.

In termini pratici di che cifre stiamo parlando,

beh, questo 4% si traduce in un aumento netto nella busta paga

che può variare dai 45 euro ai 100 euro al mese.

E poco e tanto, beh, è senza ombra di dubbio una cifra significativa,

soprattutto perché parliamo di redditi medio bassi.

Ma questo non fa della misura approvata ieri dal governo

il più grande, il più importante taglio delle tasse

degli ultimi decenni d'Italia, così come lo ha presentato Giorgia Meloni.

E perché questo?

Beh, primo perché non parliamo di tasse.

I contributi previdenziali non sono tasse.

I politici fin dai tempi del primo Berlusconi, del suo meno tasse per tutti

ci hanno abituati a parlare di taglio delle tasse

quando ad esempio si riferiscono al taglio dell'Irpef o dell'Iva

che invece sono imposte, non sono tasse.

Questo perché? Perché semplicemente la parola tassa

ha sempre, culturalmente, avuto un'accezione negativa nel nostro paese

alle orecchie degli elettori.

Nonostante, con tutti chiaramente i distinguo del caso sulla qualità

è proprio grazie alle cosiddette bistrattate tasse.

Ma ricordato che nel nostro paese possiamo permetterci di non pagare

decine di migliaia di euro per mandare nostro figlio a scuola

o centinaia di migliaia di euro, se non milioni,

per farci un intervento chirurgico o un ricovero in ospedale e così via.

Però va beh, questo è un altro discorso.

Qui dicevo, tecnicamente, non parliamo né di un taglio delle tasse

né di un taglio delle imposte.

Quindi a voler fare i precisini non si può parlare

nella forma del più grande taglio delle tasse degli ultimi decenni

perché appunto non stiamo parlando di tasse ma di contributi.

Nella sostanza, però, il discorso non cambia.

Il costo di questo provvedimento ammonta a poco meno di 4 miliardi di euro

che diventano 8 miliardi se proprio vogliamo aggiungerci

il primo taglio fatto sempre con questo governo.

Alcuno ha contributivo con la precedente legge di bilancio.

Ma allora perché non è il più importante taglio delle tasse degli ultimi decenni?

Beh, perché già il governo Draghi, nel 2022, quindi parliamo di un anno fa,

aveva investito ben 7 miliardi di euro per ridurre l'irpef a carico dei lavoratori.

Insomma, a cui si sono poi aggiunti almeno altri 2 miliardi di euro

di taglio del CUNIO contributivo proprio quello che ieri Giorgia Meloni ha rafforzato

a favore dei redditi fino a 35.000 euro.

Quindi senza andare troppo lontano, il cosiddetto taglio delle tasse varato

dal governo Meloni non solo non è il più alto,

il più importante degli ultimi decenni, ma nemmeno degli ultimi mesi.

Se poi vogliamo andare più indietro del tempo, come ha sottolineato lui stesso

immediatamente dopo la pubblicazione di quel video, c'è il cosiddetto bonus 80 euro

del governo Renzi.

In quel caso parliamo di un taglio delle tasse anche se si trattò più precisamente

di una detrazione di 80 euro al mese a favore dei redditi fino a 24.000 euro.

Costo dell'operazione quasi 10 miliardi all'anno.

E anche qui, come vedete voi stessi, parliamo di una somma superiore

a quella avantata da Meloni.

Insomma, il taglio delle tasse anche sostanzioso da parte del governo Meloni,

senza dubbio, c'è stato, ma non è, come le ha detto,

il più alto degli ultimi decenni.

In conclusione, mi permetto poi qui una riflessione sulla questione delle tasse

perché è passata un po' l'idea che il taglio delle tasse sia una specie di Pagelona

o meglio una specie di misura della bravura di un governo.

Cioè, più un governo taglia le tasse in Italia, più vuol dire che bravo.

E quindi c'è questa specie di gara al taglio delle tasse che poi alla fine togli di qua

e metti di là, resta alla fine l'imposizione più o meno sempre quella.

Però appunto c'è questa idea ormai che il taglio delle tasse resti l'unica misura

attraverso cui valutare la bravura di un governo quando in realtà non è così,

perché tagliare le tasse per carità è una cosa positiva.

Nessuno lo mette in dubbio, però bisogna sempre tener presente

che nel tagliare le tasse bisogna spendere dei soldi che vengono spesi per questa misura,

ma magari non vengono spesi poi per altre misure.

Cioè bisogna tener sempre presente che per mettere i soldi da una parte devono essere tolti

o comunque non messi da un'altra parte.

In secondo luogo, ritorno al discorso di prima, le tasse non sono qualcosa di cattivo in sé.

C'è stato qualche politico, un ex-ministro che l'aveva definita una cosa bellissima,

beccandosi ovviamente tantissime critiche, però le tasse in realtà sono ciò che tengono unita una società,

ci sono ciò che mantengono gratuita o quasi gratuiti tutta una serie di servizi

che altrimenti dovremmo pagare negli Stati Uniti, ad esempio si pagano molte meno tasse che in Italia,

però quei soldi che non paghi di tasse, li paghi di assicurazione per la sanità

o li paghi con debiti scolastici per mandare a scuola i tuoi figli e così via.

Così come ci sono paesi del Nord Europa in cui si pagano tantissime tasse,

ma ci sono anche servizi talmente di qualità, talmente eccellenti per cui i cittadini di questi paesi,

soprattutto ripeto quelli scandini, non è che stiano lì allamentarsi delle tasse

perché vedono questi loro soldi investiti spesi bene.

Lo so, me ne rendo conto, molti di voi probabilmente adesso staranno sorcendo il naso,

è una unpopular opinion, però questo credo che sia un punto di vista che va da tenuto presente.

Le tasse non sono negative in sé, le tasse sono negative quando sono alte e i servizi scadenti,

come spesso per tantissimi settori accade in Italia,

ma se le tasse fossero spese bene, se i servizi fossero di qualità,

probabilmente cambierebbe anche il nostro modo di vedere,

questo modo che ha ognuno di noi di contribuire al bene della società, è di sé stesso.

Io sono Emilio Mola e questo è Daily Five, il podcast di CNC Media,

per comprendere l'attualità e conoscere il mondo che ci circonda, una notizia alla volta.

Oggi è marte di due maggio e restiamo sul cosiddetto decreto lavoro varato ieri dal governo Meloni,

perché in quel provvedimento non c'è solo il taglio del Cuneo Fiscale.

Non vi tedierò troppo con i dettagli tecnici, però per grandi linee dobbiamo rapidamente sapere

di cosa si tratta, visto che parliamo di novità che avranno un certo impatto sulla vita di milioni

di persone. Innanzitutto parliamo di un decreto, quindi di una norma che ha da subito valore di

legge, quindi i suoi effetti partono immediatamente, ma per diventare questa una legge vera e propria

dello Stato dovrà essere votata dal Parlamento entro 60 giorni, altrimenti poi decade, ragione per cui

può anche nei prossimi due mesi subire delle modifiche. E qui c'è da sottolineare prima

di andare avanti come il governo Meloni non si stia dimostrando da meno su una stortura che la stessa

Meloni ha spesso criticato agli altri governi, però diceva una stortura che da troppo tempo riguarda

tutti i governi italiani, di destra e di sinistra, ovvero l'abbuso nell'utilizzo dei decreti.

Il decreto nasce come una scorciatoia che la politica o meglio i governi avrebbero dovuto

utilizzare solo in casi eccezionali e solo in casi di assoluta emergenza, penso ad esempio a un terremoto

o a un'emergenza imprevista, e con lo strumento del decreto nasce per questo motivo. Se c'è

un'emergenza è ovvio che per intervenire non si può attendere che siano compiuti gli ordinari

passaggi parlamentari. In questo caso, come in altri casi di leggi fatte da questo governo,

ma anche tantissime leggi fatte da Draghi, da Conte, da Renzi, da chi volete, probabilmente non

c'era nessuna situazione emergenziale che richiedesse un provvedimento di urgenza o come

il decreto, e quindi si continua, si perpetua questo abuso del decreto che esautora di fatto

il Parlamento e che ripeto riguarda tutti i governi, di destra e di sinistra. Ma vabbè,

chiudiamo questa parentesi e torniamo ai contenuti del decreto lavoro. Allora, il provvedimento,

come vi dicevo, contiene importanti novità su diversi fronti relativi al mondo del lavoro.

Uno, lo abbiamo visto, è quello del taglio dei contributi, poi abbiamo un intervento sui

contratti a tempo determinato, sui voucher, sul reddito di cittadinanza, etc. Partiamo

col primo, cosa cambia in Italia con i contratti a termine. Allora, fino a oggi, dopo il decreto

dignità voluto nel 2019 dal Movimento 5 Stelle, i contratti a termine funzionavano così. Terminati

i primi 12 mesi di precarietà presso un'azienda, il datore di lavoro doveva scegliere se assumere

il dipendente oppure non rinnovargli il contratto, diciamo porre fine al rapporto di lavoro. Questo

ha che scopo? Beh, ha lo scopo di porre fine alla piaga dei lavoratori che venivano sfruttati con

contratti a tempo rinnovati ogni 12 mesi. Il ragionamento era questo. Allora, il lavoratore è stato

da te 12 mesi, lo hai formato e cresciuto e utile, ti serve? Lo vuoi assumere ancora? Lo vuoi tenere?

Beh, vuol dire che ti serve. Allora, se lo vuoi ancora, devi assumerlo con un contratto a tempo

indeterminato. Non lo vuoi più pace, ma se lo vuoi ancora, non puoi tenerlo in una condizione

di flessibilità perenne rinnovando gli contratti precari ogni 12 mesi, così all'infinito. Tutto

questo aveva un'eccezione. Il datore di lavoro poteva assumere con contratto a tempo determinato

il dipendente per altri 12 mesi dopo i primi 12 mesi, ma a patto che, su si stessero delle precise

casuali in sostanza dell'emergenza che giustificassero altri 12 mesi di precariato. Ecco, la riforma

varata ieri dal governo elimina queste casuali e le sostituisce con condizioni molto più

blinde e generiche nella sostanza, quindi sarà, dopo questo provvedimento di ieri, più facile

aumentare la precarietà dei dipendenti da 12 mesi a 24 mesi. Un intervento riguarda poi i cosiddetti

voucher. Cosa sono i voucher? I voucher sono dei buoni che il datore di lavoro utilizza per assumere

dipendenti quando ha esigenze eccezionali e di breve durata. È il caso, ad esempio, dei lavori

stagionali come quelli legati al turismo estivo o alla agricoltura. Se il lavoratore mi serve per

poche settimane, non è che gli faccio un contratto da 12 mesi o un contratto a tempo

indeterminato, uso voucher e finisce lì. Ovviamente lo sappiamo come funziona in Italia,

fatta la legge, trovato l'inganno. Tanti datori di lavoro quando uscirono questi voucher negli anni

passati hanno approfittato di questa, chiamiamola così, opportunità per farne un abuso utilizzando

questi voucher non più solo per lavori occasionali, ma per rapporti ben più articolati, privando però

così i dipendenti delle tutele garantite da normali contratti. Cioè, in pratica, i dipendenti

venivano usati come veri e propri dipendenti fissi, però venivano trattati da un punto

di vista contrattuale con i voucher che chiaramente non è che garantiscano questo gran che. Per questo

si era deciso di limitare l'utilizzo di questi voucher a un massimo di 5.000 euro, poi con la

legge di bilancio 2023 questo limite è stato aumentato a 10.000 euro e adesso col decreto di

ieri siamo passati a 15.000 euro, triplicando di fatto la possibilità per i datori di lavoro

di assumere personale con questi buoni anziché con veri contratti e questo sempre a discapito

dei dipendenti. Il decreto contiene poi degli incentivi a favore degli imprenditori che assumono

giovani con meno di 30 anni, incentivi che possono arrivare al 60% della ritribuzione

annua per 12 mesi e infine ci sono delle forti modifiche al reddito di cittadinanza che varranno

per tutto il 2023 in attesa che nel 2024 arrivi lo strumento che sostituirà il reddito di cittadinanza

e prenderà il nome di assegno di inclusione. La novità principale leggo dal post è che questo

assegno di inclusione sarà rivolto solo ai nuclei familiari in cui ci sono persone sopra i 60 anni

minori o con disabilità. L'importo dell'assegno mensile sarà non inferiore a 480 euro e sarà

errogato per un massimo di 18 mesi consecutivi con la possibilità di rinnovo per altri 12 mesi,

cosa accada poi? Sinceramente non lo sappiamo. La soglia di ise familiare per accedere al

sussidio dovrebbe comunque essere la stessa già prevista dal reddito di cittadinanza ovvero 9.360

euro cioè se si ha un ise inferiore a questa cifra allora si può accedere a questo strumento

altrimenti no. Se nel nucleo familiare c'è poi una persona tra 18 e 59 anni ritenuta occupabile

questa dovrà avviare un percorso di ricerca di lavoro tramite un centro per l'impiego.

L'offerta deve essere per un lavoro almeno al 60% del tempo pieno. Se l'offerta viene rifiutata

dalla persona tra 18 e 59 anni l'intero nucleo familiare perde l'assegno. Se il lavoro poi

è a tempo indeterminato si dovranno accettare offerte su tutto il territorio nazionale mentre

se è a tempo determinato si dovrà accettare solo se il luogo di lavoro non è distante più

di 80 chilometri del domicilio cioè se in sostanza viene offerto a questa persona un lavoro a 80

chilometri di distanza e questo lavoro è precario cioè a tempo determinato questa persona deve

comunque obbligatoriamente accettare il lavoro altrimenti perde il sussidio. Insomma i comuni

disoccupati come avrete notato cioè le normali persone fino a 59 anni che non hanno in casa

disabbili o persone con più di 60 anni o minori a carico non riceveranno più alcuna assistenza

dallo stato come oggi avveniva con reddito di cittadinanza. Chiaramente molti di coloro che

ritengono che reddito di cittadinanza sia stato utilizzato dai giovani per stare a casa sul divano

saranno senza dubbio contenti questi giovani non riceveranno più nulla sia che vogliano lavorare

o che non vogliano lavorare resta da chiedersi che fine faranno quelle persone di 45 o 50

anni che hanno perso il lavoro che magari vorrebbero lavorare che magari hanno solo la terza

media e vivono al sud dove appunto il lavoro non si trova ecco che fine faranno queste persone

di 45 e 50 anni che nessuno vuole assumere a tirare avanti. Fine dei pipponi sul decreto lavoro

passiamo brevemente agli esteri perché c'è una novità sul fronte diplomatico della guerra

russo-okraina che fino a oggi era passata inosservata e che ripeto solo oggi grazie a un tweet

del rappresentante permanente dell'Ukraine alle nazioni unite e venuta alla luce e cioè il 26

aprile quindi la scorsa settimana si è tenuto all'ONU il voto di una risoluzione sulla cooperazione

tra le nazioni unite e il consiglio d'Europa roba noigliosa qualcuno dirà sì mal elemento di rilievo

e che nel testo di questa risoluzione si parla anche della guerra russo-okraina e in questa parte

del testo in cui se ne parla la russia viene definita paese aggressore bene qual è la novità la

novità è che a votare a favore di questa risoluzione sono stati anche cina e india parliamo di due

paesi i più grandi del pianeta che quando si è trattato in passato di votare risoluzioni che

definiscono la russia come paese che ne ha invaso un altro come irresponsabile del conflitto hanno

sempre preferito a tenersi e questo è chiaramente per mantenere una posizione di equilibrio e

sfruttare la situazione però stavolta qualcosa è cambiato a votare contro il testo sono stati solo

il Nicaragua la russia di putin ovviamente l'abbialo russia del dittatore lucascenco la siria del

dittatore basharasad è la corea del nord del dittatore kim jong-un cioè solo questi hanno votato

contro questa risoluzione che definisce blendedi la russia paese aggressore diciamo non

proprio la più raccomandabile delle compagnie però va beh che si tratti di un segnale che cina india

hanno voluto lanciare a putin questo è presto per dirlo e probabilmente è anche una interpretazione

molto leggera e sbagliata però resta un'importante novità a distanza di oltre un anno dall'invasione dell'ukraina

anche cina e india hanno deciso di definire la russia come il paese aggressore e la prima volta vedremo se

sarà anche l'ultima e se porterà delle conseguenze sul piano diplomatico chiudiamo con una notizia

senza dubbio positiva da un punto di vista umano e rilevante da un punto di vista politico perché per

silvio berlusconi a quasi un mese dal ricovero all'ospedale san raffaele di milano si profila il

momento delle dimissioni dimissioni che scrive repubblica potrebbero arrivare già domani cioè

mercoledì tre maggio in mattinata scrive ancora repubblica si era saputo di un nuovo bollettino

medico il settimo da quando berlusconi era stato ricoverato con grande urgenza per curare una infezione

polmonare insorta nel quadro di una leuce mia cronica e atteso proprio per domani e chissà che non

sia l'ultimo appunto prima del ritorno a casa di berlusconi e con questo per oggi ci fermiamo qui

io vi ringrazio e vi saluto e vi do appuntamento a domani sempre alle 17 con del i 5 del i 5 è un

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Giorgia Meloni ha annunciato il più importante taglio delle tasse degli ultimi decenni. Ma le cose non stanno così.

Decreto lavoro: ecco le importanti novità da conoscere su contratti, voucher e reddito di cittadinanza.
Anche Cina e India definiscono la Russia “paese aggressore”.

Berlusconi potrebbe uscire domani dall’ospedale.

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