Muschio Selvaggio: Ep.125 - C’è solo un capitano con Javier Zanetti

Muschio s.r.l. Muschio s.r.l. 6/12/23 - Episode Page - 51m - PDF Transcript

tra l'altra ci fu un commento di Bergomi sul tuo primissimo allenamento che dice

primissimo allenamento facciamo possesso palla, lui non la perde mai, gli resta

sempre incollata al piede, quel giorno pensai che avrebbe fatto la storia del

liter. Grande, lo secondo me l'ha detto dopo, dai valisemente.

Muschio selvaggio.

Ciao amici e benvenuti in una nuova puntata di Campo selvaggio, il podcast di

approfondimento calcistico numero uno in Italia, questo lo possiamo dire, si parla

ovviamente anche di moda, i nostri outfit sono fantastici e soprattutto di quando

Gali faceva le doppie a Federico. Diamo il benvenuto però. Javier Zaletti!

Per 19 anni ha giocato nell'Inter per 14, sei stato il capitano, 19 anni all'Inter,

19 allenatori diversi, è vero?

No, 19 però quasi. Quasi, è una cosa del genere.

Perché qualcuno ha durato un po' di più.

Qualcuno è durato un po' di più, chissà perché ha trovato che era 19 anni,

19 allenatori diversi. Forse in qualche anno ci sono stati più

cambi. Sai perché? Perché nel 1999, in una stagione,

abbiamo cambiato 4,5. È quello che ha fatto tornare la media, esatto.

È incredibile, incredibile. Oggi praticamente siamo al terzo episodio

sulla linea difensiva, perché abbiamo parlato con altri due grandi calciatori, proprio dei

ranghi difensivi, solitamente magari l'attaccante più sotto la luce del riflettore, però vorremmo

chiederti, qual è secondo te la caratteristica principale per un difensore?

Perché sai, magari l'attaccante è più facile, vai dal punto di vista numerico,

goal, assist, però definire la bravura di un difensore non è così facile.

Secondo te la caratteristica principale.

Per quanto mi riguarda, tanti chilometri fatti, tanta corsa, tanta concentrazione,

perché come hai detto Venete, l'attaccante basta che arrivi una palla e fa gole o un assist,

il nostro lavoro diciamo che è più di sudore, però è giusto che sia così, perché quando

fai parte di una squadra credo che tutti i componenti facciano il suo e noi toccava questa

parte che ci piaceva perché era molto bella. Tu, il tuo primo solo prannome te lo sai

conquistato in Argentina perché i due soprannomi, il trattore e Pupi, il trattore in spagnolo

è il tractor, te l'hanno affibiato nelle fila delle tacere, scusami la pronunza.

No, però mi ricordi perché il telecronista, la maniera che io vivo di giocare, interpretare

il calcio, lui diceva che io era un trattore, allora quando sono arrivato in Italia, il primo

sopranome che mi ha messo qui è stato il trattore. E Pupi come l'altro? E Pupi perché a mio fratello

lo chiamavano Pupi, io in Argentino ho avuto lo stesso allenatore e allora quando saputo che

ero il fratello di Sergio mi chiamava Pupi, che da lì nasce anche il nome della mia fondazione.

Esatto, esatto, infatti poi dopo vogliamo parlarne, cioè hai raccontato poco fa che sei stato in un

viaggio proprio per raccogliere fondi, per la tua fondazione, ma ci vogliamo arrivare.

Io quello che volevo capire con te è il rapporto con l'interno, noi abbiamo avuto qui in Maldini,

abbiamo avuto Cannavaro, sei veramente forse insieme a Maldini e pochi altri, tutti e pochissimi

altri, un giocatore bandiera, un giocatore che è diventato il simbolo di una squadra e forse tu

più di tutti sei quello che ha avuto il rapporto migliore anche con le curve e con i tifosi. Cioè

per esempio Maldini non ha sempre avuto questo rapporto così di lì, come sei riuscito negli

anni a mantenere tra alti, bassi, tra vittori e sconfitte a instaurare un rapporto così

solido con i tifosi? D'accordo, diciamo che io sono arrivato in Italia molto giovane,

arrivo subito all'inter, che per me era una grandissima opportunità e da lì è nata questa

passione per entrambi le parti, se hai i tifosi, sia da parte mia, questo legame molto forte,

fin dall'inizio, perché io sono argentino, sono straniero, allora arrivavo come straniero e

l'inter subito mi ha accolto, io mi sono sentito come una famiglia e la cosa che mi è piaciuto

proprio questa cosa qui è il senso di famiglia, il lato umano per me è la cosa più importante

al di là della parte economica che per me è quello secondario, però cercavo un club proprio con

queste caratteristiche con questi valori nel quale io condivido in pieno. È la domanda che mi

verrebbe da farti in tutti questi anni, c'è mai stato il dubbio, forse il prossimo anno, cambio,

casacca? No, ci sono stati dei momenti che ha avuto delle offerte del club importante, sia al

Real Madrid, il Barcelona, il Manchester United, proprio nel periodo che l'interno non andava così

bene. Sono lì che arrivano le profoste. Allora era, credo, che più semplice magari andar via e

provare un'altra esperienza, però torno a quello che ho detto prima, quando uno mette in la bilancia

il senso di famiglia come la mia famiglia anche si sente in questo paese, in questo club, al di là del

momento negativo perché il calcio ci sono tutti tutti i momenti, non potevo abbandonare l'inter in

quella situazione di io volevo lasciare la mia impronta, poi, sendo il capitano, avevo una grande

responsabilità e per questo deciso sempre di rimanere. Visto che mi parli di famiglia, tornando

un pochino indietro, come ricordi il tuo passato in Argentina? Diciamo che il mio sogno da calciatore

inizia proprio nel mio quartiere in Argentina, un quartiere molto piccolo che mio padre ha fatto

un campetto di calcio insieme ai vicini di casa, lì passavamo tutta la mia infanzia e da lì inizia

il sogno di diventare calciatore e questa immagine mi viene sempre in mente, mi venute in mente anche nei

momenti più gloriosi con l'inter perché mi faceva tornare a quel bambino che sognava con questo

momento, io dico sempre perché la gente magari vede la foto quando noi alziamo i trofei che la cosa

più bella, però a me mi piace parlare del percorso che io ho fatto per arrivare a quel momento lì.

Certo, all'interno di questo percorso ho letto un aneddoto in relazione al tuo fisico, nel senso

che è cominciato poi a giocare calcio in varie squadre, una di queste ad un certo punto ha deciso

di non rinnovarti il contratto, cido testualmente poiché è troppo magro, la cosa assurda è che poi

negli anni tu sei diventato invece un esempio di tenuta fisica, hai anche stabilito dei record,

come presenze consecutive, tu sei quasi mai fortunato, una cosa assurda.

Iniziai da giovane in la squadra che si chiama independiente dal quale sono tifoso e certamente

dopo due o tre anni viene l'alentore e mi dice guarda che non farai più parte del gruppo perché

sei piccolino, non cresci e secondo noi... Quanto sei alto? 1,79, non potrai giocare a calcio,

subito tristesa, amarezza o pianto perché era la squadra che io faccio il tifo, probabilmente

sono dei momenti che la vita ti presenta e che tu devi anche rispondere, per un anno intero non

ho potuto andare in un'altra squadra perché aveva chiuso il mercato e lì mi sono messo a lavorare

con mio padre, mio padre faceva il muratore e in una delle poche pausa che hanno i muratori,

mio padre mi dice te vuole fare una domanda cosa vorresti fare da grande, tu sei che la mia

passione è diventare calciatore, perché non provi ancora, quello che è successo è successo,

magari hai un'altra opportunità, in quel messaggio lì, in quel momento lì è stata la spinta per

riprovarci e da lì iniziai in una carriera. Questo è molto bello anche in relazione a quello

che dicevi prima, guardiamo sempre la vittoria, guardiamo sempre il risultato però tutto il

percorso e soprattutto la spinta di un genitore che crede in te è veramente potentissimo.

Io penso sempre che se tu vedi la carriera un calciatore ci sono più sconfitte che vittoria,

perché la realtà questa qui, io dico sempre che il momento negativo, la sconfita è quella

che ti fa diventare ancora più forte, io dico sempre che per vincere prima bisogna saper perdere,

perché credo che la sconfita te prepara la vittoria, perché diventi più forti,

diventi resiliente. Come si impara a perdere? Non è facile però la sconfita viene accettata,

perché magari ti trovi di fronte una squadra che è più forte o magari in quel momento lì,

in quella partita lì, tu eri più forte però non eri in forma e ci sta, non bisogna guardare

altro risultato. Io ne capita anche adesso che c'ho tre figli che due giocano a calcio,

che vado per le partite e c'è questa pressione subito per il risultato, un bambino 10 anni

si deve divertire. Spesso i genitori poi sono tremendi. No, perché i genitori pensano che

il figlio, a casa a me, si Cristiano e non è così. Tutti poi. No, non è così, io credo che quelle

tali si devono divertire, imparare a stare insieme, a imparare i veri valori dello sport.

Dopo, siciano la fortuna di arrivare. Allora è tutta l'altra fase. Lì sì, dopo avrà i

pressioni e responsabilità, però in quest'ata qui credo che... A proposito di pressioni e responsabilità,

tu sbarchi all'internel 95, se non sbarchi. E il primo commento, non so se ti ricordi chi ha

commentato il tuo primo approdo in Italia, ti ricordi che è stato? Pissù? No, Maradona.

Ah, Diego. Maradona disse il miglior acquisto dell'anno. Diciamo che ci aveva preso. No,

ma quanta pressione ti può mettere? No, però aspetta che ti racconto, io arrivo in Italia

nel 95. Arrivo, presentazione alla terrazza Martini, diluvio universale Milano. All'epoca potevano

giocare tre stranieri. L'intera aveva comprato Roberto Carlos, Polins, Ramberg, che era un mio con

nazionale, che era il più conosciuto, perché era attaccante, capocannoniere del caccio argentino,

io ero il quarto straniero, allenatore Ottavio Bianchi. Va bene. Arrivo, vediamo, per me,

come dicevo prima, era la grandissima opportunità. Il destino vuole che inizia a giocare io,

io a destra, Roberto Carlos a sinistra, e da lì praticamente inizia la mia carriera.

Il Maradona, in un altro vista, ha detto questa cosa qui. No, pressione. Eh, ti metto una pressione

psicologica incredibile. Parlava, Diego. Tra l'altra ci fu un commento di Bergomi sul tuo primissimo

allenamento, che dice, primissimo allenamento, facciamo possesso palla, lui non la perde mai,

gli resta sempre incollata al piede, quel giorno pensai che avrebbe fatto la storia dell'inter.

Grande, lo zio. Secondo me l'ha detto dopo. Dai, vale se niente. Lo zio era il capitano,

era capitano in quel momento lì della squadra. Faccio, faccio un salto in avanti a proposito di

disconfitte, forse la più grande sconfitta dell'inter, che i tifosi ricordano, è quel

maledetto 5 maggio della stagione 2001-2002, che poi ha anche, è stata la sentenza della fine di

un sogno, ma anche la fine dell'avventura poi di Ronaldo, il fenomeno, no, in qualche modo.

Sì, fu una confittatura durissima, perché soprattutto per tutto il campionato eravamo

primi noi. È proprio l'ultima partita, perdiamo a Roma con la Lazio e perdiamo questo campionato.

Durissima, triste, mi ricordo l'olimpico estrapieno di tifosi interisti, sembrava una festa fatta

per noi, però il calcio ci regalava ancora un altro schiafo, un'altra sconfitta, però dopo

uno si deve rialzare sempre. Non era semplice in quel momento lì, perché le critiche, la

pressione era tantissima, perché praticamente l'un campionato vinto, però il calcio dimostra

ancora una volta questa cosa qui. Tu, personalmente, come hai affrontato quel momento così buio per la

squadra, per anch'era credo la tua carriera, in qualche modo. Tu ti ricordi, ti sei buttato giù,

perché io credo che sia molto relatable per le persone, comprendere come si possa reagire a

dei momenti molto brutti di una carriera che poi ha avuto dei illustri incredibili,

ma tu ti ricordi la reazione che hai avuto, è stata una reazione d'impeto, dobbiamo rialzarci,

ci sono stati momenti di sconforto, c'è voluto del tempo prima di...

No, dice rire quella sconfitta lì, sinceramente, non è stato semplice, perché come ti dicevo,

per tutto il campionato tu sei primo, proprio l'ultima giornata, per dirlo scudetto. Dopo

un anno di grandissimo forzo e di grande lavoro. Però, a ver, ho preso questa sconfitta come parte

del mio mestiere, sapendo che io, però primo, non dovevo molare, era il capitano,

non dovevo molare, dovevo dare anche questo semplice. Io parlai sempre con Morati, le dicevo che

Morati, il nostro Presidente, investiva tantissimo in grandi campioni, che primo poi il nostro momento

doveva arrivare, perché tu lavori in una certa maniera e il lavoro alla fine sempre paga. E il

tempo poi ci ha dato ragione. Anche perché poi avete vinto tre scudetti di fila, se non sbaglio.

Cinque, cinque. Cinque scudetti di fila e poi, cioè, ti saresti mai immaginato che,

cioè, dieci anni dopo, nove, dieci anni dopo avreste fatto un, avreste raggiunto un obiettivo

che pochissime squadre nel mondo riescono a raggiungere, che è il triplete. Tutto quello

che è arrivato dopo è stato, è stato fantastico. Vincevamo in Italia e ci mancava questo gradino

di Magari Vincere in Europa. Allora, mi ricordo che arriva in Mourinho, io ero affiumicino che

stava andando in Argentina, mescule il telefono, vedo un numero portogese, rispondo. Buongiorno, sono

Gioce Mourinho, ho appena firmato con Linter, sei la prima persona che chiamo, tu sarai il mio capitano.

Me scuso per il mio italiano, parlava perfetto italiano. No, no, lì te rendi conto la intelligenza

di questo allenatore. E con Gioce credo che abbiamo fatto il famoso salto di qualità che ci mancava.

Lui ci ha convinto che noi potevamo arrivare a vincere la Champions. In la seconda stagione

siamo Roshiti, nonostante grande difficoltà, perché mi ricordo che, nella fase di gruppo,

a Kiev, nel primo tempo perdiamo 1-0, eravamo fuori la competizione, poi siamo Roshiti a vincere

2-1, però è stata una Champions fantastica. Su Mourinho condividi questo pensiero colletto

formidabile perché in grado di prendersi grandissima parte delle critiche e fare da schermo ai

giocatori. Sì, dopo lui c'è una grandissima intelligenza, un uomo molto preparato. Lui si

presentava alla conferenza Stampe, lui già sapeva cosa andavano a chiedere. E poi questo che

dici te delle critiche, mi ricordo al Camp Nou, nel ritorno alla semifinale di Champions,

si immagini che al Camp Nou si strappiene o tutta la gente a fischiare, lui esce per primo, si

prende tutti i fischi e poi fa offrire la squadra. Però lui era una stratega su queste cose. Tutto quello

che faceva è pensato, non è che lo fa tanto per. Secondo te, qual è stata la chiave di quella

stagione lì, la chiave vincente, il gruppo, perché mi permetto di dire una cosa da non esperto di

calcio, però vi sta da fuori. L'Inter ha vinto un triplete con una squadra sicuramente forte,

ma non la squadra più forte che c'era. Cioè c'è stata veramente una narrazione non scontata. Ad

oggi c'è una squadra con cui vi batterete, noi la stiamo registrando questa puntata prima

della finale, vi batterete contro il Manchester City, dove è sicuramente bello e sicuramente la

squadra forte, però è un po' più scontato perché sono un po' squadre sotto steroidi,

mi viene da dire. L'all-star di Space Jam. Esatto, ti ritorna questa cosa. Per quanto riguarda la

nostra squadra nel 2010, prima era una squadra fatta da Uomini, prima che da calciatori, tutti con

grandi personalità, tutti con un grande senso di appartenenza, tutti che avevano voglia di scrivere

una pagina importante per l'Inter. E quando io parlavo prima di difficoltà, quella squadra

sapeva superare tutte le difficoltà. In quel momento lì è ragionata la squadra più forte

della Barcelona, allenata da Guardiola. Adesso Guardiola allena il Manchester City. E noi in

semifinale abbiamo battuto la squadra più forte, con mesi dieci anni meno, iniesta,

nel suo prime, tutti nel loro prime. Una cosa incredibile. Adesso quest'anno abbiamo una grande

opportunità arrivando a un'altra finale, che arrivare al finale del champion non è che capita

spesso, però i ragazzi, sei la sommeritata per tutto il percorso che han fatto. Assolutamente.

Allora adesso gireremo due versioni di questa puntata. Versione se vince l'Inter.

Diangiamo? Ah no, se vince l'Inter. Pronti? Questa è la versione se vince l'Inter, dai.

Ma bravissimi! C'è veramente fenomenale. Avevo detto io. Avevo detto io.

Aviamo coronato un sogno. Ma tu ci credevi fino all'ultimo, ci hai creduto?

Io sono uno molto positivo, sapevo delle grande difficoltà, però sempre ci speravo.

Che bomba, complimenti all'Inter davvero. Versione se l'Inter perde. Va beh, era difficile. Era

oggettivamente difficile. Era complicata, sapevamo di affrontare una grandissima

squadra come Manchester City, però quando sei in finale te lascio chi fina in fondo.

Io credo che i ragazzi hanno dato tutto quello che avevano, complimenti al Manchester City.

Macello, che professionista comunque. Macello Soland, un casino fa.

Ma va via. Anche lì, vincere da underdog, da non overrated, ha più gusto oggettivamente.

Cioè con una squadra che non c'hai speso i trigliardi di dollari, secondo me ha un sapore

diverso. Diciamo che poi diventi tu quello da battere.

Si facciamo, ai paragoni interminte soltanto economici, c'è una differenza pazzesca per

quello che il Manchester City spende, no quest'anno, si no, durante tutte le stagioni e

confronti di una squadra come la nostra che deve stare attento al proprio finanziario

altri tipi di situazioni. Ecco, questo discorso, come lo vedi, la gestione

finanziaria anche dei club. Cioè secondo te dovrebbero un minimo adeguarsi a dei

tetti anche a livello, diciamo, internazionale.

Sì, sì, sì, perché così ti permette anche al club di essere sostenibile. Io penso che

sia fondamentale fare combaggiare entrambe sia la parte economica che la parte sportiva.

Perché spesso poi si finisce connects a far scontrare dei team nelle stesse competizioni

europee e quindi, effettivamente, il dislivello può esserci.

Sì, oggi per esempio il calci italiano c'è una grande differenza con la Premier. Si, tu fai

l'esempio, soltanto, è diritti di TV. L'ultima squadra della Premier prende le stessi soldi che

inter, U e Premier.

Allora già, stiamo parlando soltanto di un asset solo, immagini altre componenti, però si

lavora, si lavora per continuare la crescita e far sì che ci sia un equilibrio fra la parte

sportiva e la parte economica.

Sì, è un equilibrio che oggi non c'è.

Non c'è, non c'è.

Non c'è e di conseguenza crea anche uno squilibrio competitivo.

Anche se poi è bello vedere come non sempre, chi ha più

soldi.

Ma da una parte è anche la pressione, hai anche la pressione mediatica dei tifosi, avete speso tutti

tutti questi sordi, come si direbbe, in Roma, però c'è sempre come dicevi tu la

componente umana.

C'è la componente umana, c'è la bravura di un allenatore, una squadra di un gruppo che lavora in una certa

maniera e che può arrivare a grandi traguardi.

Chiaro.

Io volevo chiederti una cosa sempre in relazione a legame con l'inter.

Nella storia dell'inter sono stati rimossi due numeri, il tre e il tuo quattro.

Secondo te, al di là ovviamente dei facchetti tre, ovviamente del piacere estremo di tale

comunque riconoscimento, secondo te corretta come scelta o sarebbe meglio lasciare dei

numeri anche come ispirazione per i futuri giovani.

Ci ho riflettuto spesso, che da una parte è bellissimo.

No, un bellissimo riconoscimento ha uno che ha dato tutta la sua carriera per lo stesso

club.

Credo che il club ringrazio per questo gesto.

Io ho detto sempre che magari questa maglia la potrei usare si un domani uno dei miei fili

In quel caso vale perché il cognome è quello.

In quel caso ci la possiamo permetterci.

Io volevo citare, visto che l'abbiamo fatto con tutti, con tutto il trittico di difensori.

Ti posso definire difensore?

Eh sì sì.

Questi sono i record di Zanetti, giocatore straniero con più presenza in Serie A, giocatore straniero

più anziano ad aver giocato una partita di Serie A.

Questa gliela è rubata a Maldini e vero, eravate glieli.

Giocatore con più presenze nell'Inter, giocatore con più presenze consecutive nell'Inter

162 dall'ottobre 2006 a dicembre 2009, giocatore dell'Inter con più presenze nel Derby,

capitano dell'Inter più vincente della storia con 15 trofei conquistati, giocatore con

più presenze in Champions League da capitano, giocatore con più presenze in Supercoppa

italiana, giocatore più anziano ad aver segnato nel mondiale per club, giocatore con più

presenze nella nazionale argentina e io con quest'ultimo record sull'Argentina volevo

capire il rapporto che è avuto con la nazionale, che mi sembra un po' meno idilliaco di quello

che è avuto con l'Inter.

Secondo me qualcuno d'abbattuto, forse Messi d'assuberato su questo.

Io sono Cemesi e Mascherano, ancora sono nel podio, non sentiamo del podio, il rapporto

con la mia nazionale è fantastico nel senso di che uno quando viva in vino sogna con

il giocatore nazionale a meno una partita, io ho fatto 145 partite, ho disputato mondiale

e c'è un legame anche molto forte con la mia nazionale, purtroppo non siamo riusciti

a vincere in un mondiale con delle generazioni che credo avevano la possibilità perché avevamo

grandi giocatori, però c'erano anche altre grande squadre come il Brassile che era molto

forte, l'Italia, la Germania, però il mio rapporto sempre con l'Argentina sarà molto

forte.

Credi di essere stato messo fuoriroso in panchina ingiustamente a volte?

Prima ce ne avvo di come Maradona aveva commentato il tuo approdo in Italia, poi lo stesso Maradona,

allenatore dell'Argentina, ti tolse la fascia da capitano?

No, e mi capita sia nel mondiale 2010 che io faccio tutte le qualificazioni per il mondiale

e il mese prima di iniziare il mondiale non sono stato convocato.

È cat, ti girano i cogliori?

Sì, e poi con Diego, lo stesso Diego, lo stesso percorso, un mese, no, quasi l'ultima

amichevole me lascia fuori.

E come l'hai presa?

No, triste nel senso che io penso di aver dato tutto per Essercine perché dopo quando

tu vede la lista finale io giocavo da titolare, sono andati al mondiale giocatori che magari

andavano in tribuna, capito?

Certo.

Allora, lì è che no, perché dall'inizio tu te rendi conto che magari non puntano su

di te.

Ti ne fai una ragione, mi utilizzi?

Poi c'ho la tranquillità che di aver dato tutto e meritare di stare in questo momento.

E pensa che nel mondiale 2010 è stata la stagione migliore mia che abbiamo vinto il

triplete e io ho fatto 57 partite, non ho mancato una partita, sono scelte, dopo quando le scelte

sono di altri, non lì non puoi fare più niente.

E quanto impattano a livello psicologico su un'atleta?

Di dire cavoli, ho dei dati oggettivi per il quale mi devono in qualche modo riconoscere

quanto meno la mia presenza sul campo.

O almeno far parte del gruppo.

Esatto, che non ti viene data nemmeno questa opportunità.

Puoi impattare anche sull'inizio della stagione dopo, come affronti?

No, l'affronti con ravia, con tristesa, con amarezza, però subito devi cambiare il

chip, perché mi ricordo che ne entrambi su situazioni ho visto il mondiale, ho tifato

per l'Armia Argentina e poi la mia mente era proiettata a quello che sarebbe l'inizio

della stagione con l'Inter.

Ma dona comunque una macchina.

Che mentalità veramente anche con questa tua eleganza non solo all'interno del campo

ma anche fuori, è stato un po' il tuo marchio in senso positivo e penso che questo sia un

esempio eccellente per i giovani, spesso si vede un racco degli eccessi magari di giovani

talenti, anche bravissimi, che però non riescono ad avere la stessa compostezza mentale, la

stessa tenuta psicologica e si lasciano magari anche.

Io penso che sia un fattore fondamentale anche, perché tutti pensano sempre quando parlano

dei giocatori, magari gioca male dicono è stanco, la prima cosa è che non sta bene

fisicamente e nessuno parla della parte mentale, che per me la cosa più importante è fondamentale,

la forza mentale è fondamentale sia quando le cose vanno bene e soprattutto quando le

cose vanno male.

Io ho conosciuto personalmente dei calciatori, ci sono scelto fuori a cena, ho avuto rapporti

con alcuni e alcuni gli ho visti proprio star male sul fatto che i fan, i tifosi non

gli supportassero e che questa cosa si ripercuotesse poi nelle loro prestazioni successive.

Credo, non so, per te la parte psicologica di un'atleta, quanto pesa sulla bilancia?

Quasi tutto, no tantissimo, tantissimo, perché credo che la mente governa il corpo, allora

tutto quello che arriva dalla testa scende, credo che la mente secondo me fa tutto, però

credo anche che adesso il calcio è cambiato su questo perché ci sono psicologici, ci

sono persone apposta per aiutare ai ragazzi che sono in difficoltà ad affrontare queste

problematiche.

Questo tuo carattere pensi sia stato forggiato, non so, dall'educazione familiare, ovviamente

dall'esperienza, però da un indole oppure hai fatto anche dei percorsi specifici che

ti hanno aiutato in questo?

Dalla famiglia, dalla base che porto dai miei genitori, vi dicevo mio padre Muratore,

mia madre Casalinga, io ho visto da vicino il loro sacrifici, quanto loro ci tenevano

a non farci mancare nulla a mio fratello e a me.

Allora io sono cresciuto e sono nato per dare i valori alle cose più semplici, quelli

che loro mi trasmettevano e questo mi ha accompagnato durante tutta la mia carriera

e me continuo ad accompagnare.

Questo soprattutto in relazione all'esempio, non è tanto quello che ti dicono i due genitori,

è quello che fanno e che poi tu percepisci come figlio.

E quanto è difficile non farsi distrarre da questo quando il successo arriva?

Perché poi è difficile anche...

No, torniamo alla famosa parola equilibrio, che non è facile.

Tu pensa che io arrivai a Milano quasi a 21 anni a una città imponente come Milano

che offre tutto, perché Milano è una città che offre tutto.

Certo, anche vizi.

No, no, e figurati per un giovane che in due secondi ti puoi perdere, perché puoi prenderla,

però lì dove entra in gioco l'educazione dei tuoi genitori.

Io ero abituato a vivere in un quartier in Argentina molto piccolo, il cambio è stato...

Radicale.

Radicale, su tutti i sensi, però il fatto che i miei genitori i primi treni sono venuti

con me, che mi accompagnavano...

Sì, credo sia veramente un comune denominatore, perché quando abbiamo intervistato Maldini,

quando ho intervistato Maldini, lui mi ha dato la stessa risposta, la mia famiglia è

stata il mio centro, è stata la querccia a cui potevo aggrapparmi nei momenti di tempesta.

Eh, Paolo, io...

Siamo amici, lo conosco...

Eh, che rapporto hai tu con Paolo?

Perché siete...

No, con Paolo sempre è stato prima di grande rispetto e di grande ammirazione con Paolo.

Lo trovo una persona fantastica, una persona molto equilibrata, un lavoratore...

Non vi sentite due facce della stessa medaglia in qualche modo, cioè due opposti, però con

una storia...

No, ci siamo affrontati, tu hai prima aiuto i numeri, tantissimi derbi, però c'era talmente

rispetto, talmente lealtà.

Praticamente io a destra, via a sinistra, ci incontriamo sempre, sì sempre, però grandissimo

rispetto, per tanti anche i giocatori di quella generazione del Milan, io ho giocato contro

Francovaresi, contro Abili Costa-Curta, c'era sempre la rivalità, perché è ciusto che

sia, però poi c'era grandissimo rispetto.

Soprattutto il discorso che faceva sulla mentalità riguarda più che altro la tenuta negli anni,

cioè le carriere più longeve...

La costanza, sì sì sì sì.

Magari puoi fare anche tre anni da pallone d'oro, da fenomeno assoluto, perché il talento

può esserci...

Poi c'è un'altra cosa, tutti ti dicono, è difficile arrivare, è difficile mantenersi.

Esatto, esatto.

È difficile mantenersi, dopo, perché tu te puoi mantenere magari oscendi di categoria,

però sempre ad alti livelli, a pressioni, è difficile di...

Credo che la cosa più difficile da comprendere in tempi frenetici come oggi è comprendere

che la vita non è uno sprint ma è una maratona, per tutti gli obiettivi che ti puoi dare.

Tu hai avuto un comportamento integerrimo davvero capitano sempre, mi sono andato a

cercare l'unica volta che hai sbroccato.

Contro Oxon.

Bravissimo, contro...

Con la mente d'ingrandimento Federico Detecti.

Sai che ogni volta adesso che sono, sai che uno quando c'ha vent'anni pensa in una

maniera, traienta e un'altra, e adesso ogni volta che vedo quell'imagine, non riesco a guardarla.

Vabbè, una volta te lo vuoi perdonare.

Vabbè, una volta te lo vuoi perdonare.

Oxon era l'alernatore dell'Inter, della stagione 97.

Quindi son stagionante e lui ti toglie durante i rigori.

Bravo, mi toglie.

Andiamo al supplementario nella finale di Copa Uefa San Siro, mi toglie un minuto prima,

capito?

Io ero incazzato perché non volevo, c'è tenevole la mia prima finale con l'Inter, ci

tenevo.

un momento lì entrava al posto mio Nicola Berti che era un riorista, no pensai a quello

capito.

Vado sulla panchina, me guarda, io ero incazzato e le faccio un gesto, però dopo è finito

dopo un minuto ci siamo gracciati, però è stato un momento di pazzia.

E questo è l'unico, c'è mai stato un giocatore che ti faceva proprio girare il cazzo, che

psicologicamente ti metteva a pressione, riusciva a scalfirti, no, no, no, perché sempre capito

grande lealtà io cercavo di fare il mio e sapevo che quando affrontavo anche grandi

campioni era susto che ci sia questo confronto.

Uscendo un attimo dal l'ambito calcio ti va di raccontarci la storia del tuo secondo

nome, c'è una storia dietro la scelta di questo secondo nome.

No, del secondo nome, non sopra il nome.

Ad Elmar, esatto.

Sì, sì, sì, sì, che tanti quando io ad Elmar ti chiami, me dicono, come dicendo,

che non me, questa è perché io appena nato ho avuto delle difficoltà e il dottore che

secondo mia mamma mi ha salvato si chiamava Ad Elmar, allora mia mamma mi ha messo quel

nome lì.

Erano respiratorie.

Sì, sì, avevo un problema respiratoria, sì.

Beh, a questo punto parliamo, Pupi.

Pupi, va bene, il suo pranome che l'ho dato alla mia fondazione, che nata vent'anni

fa, è una nata per noi argentini con grande difficoltà economica, sociale, educativa.

In il quartiere che noi abitiamo c'è una favela molto grande che ha tantissime

problematiche e tramite assistente sociale abbiamo andati a prendere dei bambini ad

alto rischio.

Abbiamo iniziato con 34 bambini perché io ogni volta che tornavo in Argentina vedevo

tutti questi bambini che soffrivano e le dicevo a Paola, mia moglie, dobbiamo fare qualcosa

per il nostro Paese, dobbiamo ridare tutto quello che il nostro Paese ci ha dato, studiamo

ci qualcosa per poter far sì che questi bambini abbiano un futuro migliore e cosienate la

fondazione.

Dopo vent'anni devo dire che non avrei mai immaginato la crescita che abbiamo avuto, qui ringrazio

sempre il popolo italiano a voi, italiani perché avete dimostrato una grandissima sensibilità

nei confronti di bambini che sono a 15.000 km, non è che tu aiuti ai bambini che sono

nel tuo Paese e ci stai, tu stai aiutando bambini che sono a 15.000 km.

Non è scontato.

Io ho trovato sempre grandissima sensibilità e disponibilità da parte di tutti.

Trovi stimolante anche per il tuo dopo carriera aver fondato una fondazione, hai trovato

d'aiuto perché poi immagino la fine di una carriera è un evento anche un po' traumatico

per un calciatore.

Capire cosa fare dopo la tua vita calcistica.

Questo è un momento difficile anche per noi calciatori perché se non sei preparato e

non sei pronto a quello che ci ti ha in mente cosa vorresti fare.

Io ho avuto la fortuna che appena smesso l'interme dice che sarei stato il vicepresidente.

Mi arriva questa notizia, grandissima, felicità, però allo stesso tempo mi fermo un attimo,

grande responsabilità.

Poi ho detto, ha finito la mia carriera come calciatore, per me è una carriera quasi fino

a 41 anni sognata, ma inizia un'altra completamente a zero.

Non è che io posso pretendere per quello che ho fatto in campo di saper gestire, serve

un'altra competenza.

E essere riconosciuto per questo, no, mi devo preparare.

Allora ho iniziato a studiare in università Vokoni, ho fatto un master per prepararmi

Dopo una cosa che io ci tengo, non è essere legato solo alla parte sportiva, avere una visione a 360 gradi, dove mi possa rendere utile anche per il marketing, per i progetti sociali,

le relazioni internazionali e una cosa che sto facendo e che mi piace perché sinceramente io credo che un club come l'inter ha bisogno di persone che aviano queste competenze o è cosito nel tempo competenze manacereali,

continuo ad imparare perché sempre si impara, continuo a studiare, però un percorso che mi piace.

Questo è l'odevole perché spesso vengono date delle cariche più quasi come un riconoscimento che è stato un grandissimo calciatore, però magari non hanno competenze specifiche, invece tu l'hai proprio presa come nuova sfida rispondendo a quello che ti chiedeva Federico,

cosa si fa dopo si iniziano percorso, mi rimetto in gioco con l'assunzione di responsabilità e di rispondere dalla bucogna a studiare.

No, no, te rimetti in gioco e è giusto che sia così, perché è finita la tua carriera come calciatore adesso inizia un'altra completamente da zero.

Il gioco ho fatto in campo, ok, mi sono conagnato il rispetto sul campo e qui davanti al computer serve altro.

Ma fai le domande quelle ludiche carine che c'hai?

Allora, c'è una domanda più leggera. Sparaci, queste piacciono al pubblico, a me non tanto, però secondo me è figa.

Allora, top 11 dei migliori giocatori della storia o in alternativa quelli contro i quali ha giocato o con i quali ha giocato?

No, ti faccio dei nomi che ho giocato, che ho affrontato Maradona, Ronaldo del Fenomeno, Messi, Iniesta, Batistuta, Al-Dair, Peruzzi, Caffu, Paolo Maldini, Baresi, Sidan, Cacà, Figo.

E poi metto tutti gli argentini così.

Non sarrabbiano.

Sei anche tu d'accordo, quasi tutti quelli che abbiamo intervistato, sono quasi concordi sul fatto che il miglior giocatore della storia, pur non avendo avuto una carriera longeva, sia Ronaldo del Fenomeno.

Tu sei d'accordo?

Ronaldo arriva all'Inter, credo che è il momento top della sua carriera, perché arriva dopo il Barcellone.

Quello che ho visto a fare a Ronaldo durante le annamenti non l'ho visto a fare nessuno, una cosa, una potenza, una velocità, un driveling fantastico.

Purtroppo l'infortuni l'hanno penalizzato parecchio sulla sua carriera.

Io vorrei tornare un attimo su questo, perché sono molto interessato al discorso Preparazione Fisica Alimentare.

Tu, nel corso di questa lunghissima carriera, comunque, ti sei infortunato veramente di rado.

Ci sono stati degli approcci, da parte magari di preparatori, che sono stati i migliori di altri, uno che mantieni tuttora, hai sempre eseguito con estrema costanza.

Lavoro di prevenzioni, il lavoro di prevenzioni è fondamentale, in mano a mano, tu aumenti con gli anni, te devi curare di più, devi fare attenzione a certe situazioni,

devi curare i dettagli, però sono tutti i lavori che poi ti torna, ti torna, però per essere ad alti livelli te devi curare sull'alimentazione, sulla parte fisica, sulla parte mentale, si, te devi mantenere.

Ti ricordi il periodo più intenso della tua vita, come era la tua giornata tipo, dal punto di vista della preparazione?

La preparazione, come Uriño, facevamo per esempio tutti i allenamenti sul campo, tutta d'alta intensità, che poi ti lo ritrovava in campo, era fantastico,

perché mi ricordo che abbiamo fatto un ritiro due settimane, doppio allenamento tutti i giorni, e lui non ha ripetuto un allenamento.

Guarda l'alternativa che aveva.

Verrà che è creativo.

No, e poi ti faceva lavorare, non soltanto sulla parte fisica, perché tu dici, lavori alto e intensità, la parte fisica, soprattutto ti faceva tutti i esercizi per pensare.

Ok, quindi tatticamente, estrategicamente?

Estrategicamente, se non pensavi, eri fuori.

E con tutti gli allenatori abbiamo detto, 19 anni all'inter, 19 allenatori cambiati, il più forte è quello che ti ha cambiato di più impositivo,

che ha avuto un impatto su di te, come essere umano?

Ciò credo che, a parte Mauligno, che abbiamo un rapporto molto importante, direi che Roberto Mancini è come che mi ha allungato la carriera,

perché mi ha iniziato a mettere in diverse posizioni del campo, e questo mi dava più alternativo.

Utilizzava come Giolli.

Bravo, bravo.

Cioè, quando ne discutevate su questo, perché sono curioso dal punto di vista anche tattico e strategico?

No, no, soprattutto quando tu senti la fiducia del tuo allenatore, dei tuoi compagni, che tu, quello che ti chiedono, lo puoi fare, lo riesci a fare,

io credo che per un giocatore non c'è cosa più bella che renderte utile dove la squadra ha bisogno.

Allora, dove la squadra ha bisogno, il mister mi metteva, credo che questo era importante.

E invece c'è mai stato un momento in cui tu da Capitano, perché il Capitano anche lui, la responsabilità di tenere unito il gruppo,

hai dovuto intercedere tra la squadra e l'allenatore per portare rispetto all'allenatore.

Cioè, magari un allenatore a cui la squadra non portava rispetto e tu hai dovuto fungere un po' da vici all'allenatore.

Non è che non portava rispetto, però magari capito o lo seguivano poco,

Io sinceramente da Capitano facevamo delle riunioni a posta per far sì che tutto sia nel modo migliore,

perché formavamo parte tutti del gruppo, allora l'obiettivo era unico. Allora dovevamo seguire tutto.

C'è stato un allenatore in particolare su cui hai dovuto intervenire?

No, perché le allenatori che sono passati per l'inter...

Anche se ci fosse non ce lo diresti.

No, no, no, tutti, io penso che hanno tutti grande personalità, capito?

Allora magari nella maniera sue ci pensavano loro,

però quando io vedevo che questo andava oltre io cercavo di dare una mano a certe situazioni.

Mi viene metto una cosa, vado fuori dagli schemi e poi abbiamo così finito.

La storia per esempio di Strabacioli a me mi aveva scioccato, perché non era...

Non era l'allenatore della primavera.

Era l'allenatore della primavera e è passato subito in primavera.

E' stato allenato all'altro allenatore e viene alla prima squadra.

Ed è stata la storia stramba anche perché poi a un certo punto ha fatto una serie di vittoria consecutive pazzesche.

Siamo stati primi a vincere in lo Stadio Novo a Juventus, contro Juventus, con l'estramo in Banchina.

Il ricordo che ho di lui è di un allenatore che ha una rara capacità dialettica rispetto a tutti gli altri allenatori.

Si esprimeva molto molto molto bene.

Sì, molto difficile.

Ma beh niente, mi ricordavo questo Stramacioli.

Strama. Ho visto che ci dava molt calcio giovanile, come vedi l'Italia da questo punto di vista?

Io credo che l'Italia deve cambiare i pensari e dare spazio ai giovani.

Perché se vediamo i risultati ultimi, che purtroppo non siamo andati a parlare questo come italiano,

non siamo andati al mondiale, vuol dire che un cambiamento ci deve essere.

E penso che il Mancio sta prendendo questa direzione.

Sta cercando dare spazio ai giovani, che possano da qui a quattro anni fare una formazione che le permette di avere una squadra competitiva.

La però grande responsabilità è dei club.

Sì, no.

La prima responsabilità è nostra, è dei club.

Cercare di potere.

Io dico sempre che la cosa più bella a tutti piace vincere trofei.

Però magari preferisco vincere meno trofei nel settore giovanile per avere tutti gli anni tre o quattro giocatori che salendono con la prima squadra.

Beh, certo.

Vorrebbe essere però l'obiettivo virtuoso di una squadra.

Cominciare dai primissimi anni a lavorare con dei ragazzi che possono sbocciare e di venire dalente.

Sì, perché i giovani sono il futuro.

E la cosa che magari delle volte succede è capita che gioca un giovane, al primo errore...

Andrò fuori.

Tra l'altro ce ne parlavo proprio che a Navaro l'altra volta.

La mia prima presenza è devastante, però ci lo ferrara poi.

Non dò da me mi ha detto non ti preoccupare.

Cioè, quella fiducia, anche la fiducia che prima tu c'hai descritto negli occhi di tuo padre, sono comunque mentori.

Quando sei giovane, c'hai 19 anni, è normale sbagliare.

E sbaglia a 30, 34 anni, non vuoi sbagliare a 20 anni.

E lì dove il giovane deve essere supportato.

Falle capire l'errore, però dare questo tempo anche di crescita.

Ma certamente li bruci, rischi magari di bruciare un talento cristallino.

Cioè, il primo errore lo metti fuori è senso.

E invece sul settore femminile, perché so che l'Inter ha un bel settore di calcio femminile.

Ci stanno montando molto.

No, l'Inter ha un bel settore del calcio femminile.

Io tra l'altro, mio cognato, alena la prima squadra del Comod, del calcio femminile.

Li conosco benissimo, perché delle volte mi aleno con loro e mi piace da morire.

È un settore che sta crescendo anno dopo anno, e credo che sia giusto così anche.

Perché c'è tanto da lavorare, c'è tanto da fare, però io credo che il calcio femminile

può avere un grandissimo futuro.

Sì, ma infatti è forse tra le poche squadre in Italia che ha lavorato veramente bene

da questo punto di vista, poi in altre nazioni.

Per esempio in America, diciamo che va, va tanto.

In America va di più del calcio maschile, può essere.

Sì, sì, sì, sì, tendenzialmente.

Per un'America danni, eh, danni che sempre arrivano in finale.

Sono fortissimo, sono fortissimo.

Ci farà faremo anche noi, dai.

Pian piano, piano piano.

Ultima domanda, come si vede zanetti fra dieci anni?

Fra dieci anni, mi vedo sempre legato al calcio e sempre più legato anche ai progetti sociali.

Non soltanto con la mia fundazione, ma magari con la FIFA, io sono membro della FIFA o altri componenti.

Mi piace, mi piace quella parte di sviluppare tutta quella parte di.

Bene, io noi ti ringraziamo per essere stato con noi.

Grandissimo, piacere.

È stato un vero onore avere il capitano zanetti in bocca al lupo, domani parti?

Domani parto, sì, sì.

Domani parti, speriamo di non portare spiga, raga.

Speriamo di portare spiga in bocca al lupo.

Grazie.

Ci vediamo, una prossima puntata di Muschio selvaggio, amici.

Ciao.

Ciao, ciao.

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Javier Zanetti, soprannominato Pupi o El Tractor, uno dei più grandi giocatori argentini della storia del calcio ci racconta la sua storia.


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