Daily Five: Cosa succede in Tunisia. No, i nazisti non uccisero 335 italiani perché italiani. Crolla anche Deutsche Bank. Cieco, ora vede
CNC Media 3/24/23 - Episode Page - 17m - PDF Transcript
Iera Bursela si è tenuta un importante vertice europeo, durante il quale si è parlato anche
di immigrazione. A porre al centro del tavolo il tema è stata in particolare la premia
ritaliana Giorgia Meloni, che ha chiesto non solo che l'Europa aiuti di più l'Italia
nel gestire gli sbarchi, ma che si occupi soprattutto della Tunisia. Secondo la leader
di fratelli d'Italia infatti la Tunisia è una bomba che potrebbe esplodere da un momento
all'altro e se questo dovesse accadere, ha detto, l'Italia potrebbe essere travolta
da un'ondata di immigrati senza precedenti, con 900.000 persone pronte a partire da lì
e ad arrivare sulle nostre coste in pochi mesi. Ma è davvero così e perché la Tunisia,
paese nordafricano, a noi molto vicino e da cui già arrivano ogni anno migliaia di
immigrati viamare, potrebbe andare fuori controllo. 20 secondi di sigla e lo vediamo.
Io sono Emilio Mola e questo è Daily Five, il podcast di CNC Media per comprendere l'attualità
e conoscere il mondo che ci circonda una notizia alla volta.
Oggi è venerdì 24 marzo e come vi dicevo ieri Giorgia Meloni in Europa ha messo in guardia
i Paesi dell'Unione del rischio di una crisi tunisina che potrebbe portare in Europa quasi
un milione di migranti in pochissimo tempo. Ma perché cosa sta accadendo in Tunisia?
Allora, la Tunisia è un Paese nordafricano di 12 milioni di abitanti, quasi tutti di
etnia o comunque cultura araba che si è distinto in questi ultimi anni per aver intrapreso
un percorso di democratizzazione senza precedenti nel mondo arabo. Sicuramente ricorderete
quelle che sono passate alla storia recente come primavera e arabe, ovvero quelle rivoluzioni
di popolo esplose 12-13 anni fa in diversi Paesi nordafricani e medio orientali condotte
da milioni di cittadini che pretendevano la fine dell'edittature che da sempre governavano
i propri stati per aprirsi alla democrazia e ai diritti. Ebbene, la Tunisia non è solo
stato il Paese che ha dato il via a queste primavera e arabe, tutto inizio infatti con
il suicidio di un fruttivendolo tunisino che si diede fuoco, insegno di protesta contro
la corruzione e la prepotenza del sistema retto dall'allora dittatore ben allì. Ma
è stato la Tunisia anche l'unico Paese in cui la primavera araba ha raggiunto l'obiettivo
che si era prefissata, ovvero l'ottenimento della democrazia. Se negli altri Paesi infatti
questa rivoluzione pro democrazia, queste rivoluzioni pro democrazia sono fallite o
perché i dittatori sono rimasti a loro posto, vedi il caso della Siria o perché sono stati
sostituiti da altri dittatori, vedi il caso dell'Egitto, in Tunisia invece il popolo è
davvero riuscito ad arrivata a un regime realmente democratico, con tanto di elezioni,
diritti e una costituzione così avanzata da far valere al nuovo sistema politico tunisino
il premio Nobel per la pace. E allora perché oggi Giorgia Meloni parla della Tunisia come
di una bomba pronta a esplodere? Beh, perché quella favola purtroppo, seppur non ancora
del tutto, si sta incrinando. Dopo le prime libere elezioni e la nuova costituzione del
2014, le cose in Tunisia soprattutto da un punto di vista economico non sono molto migliorate,
la corruzione ha continuato a imperversare come anche la disoccupazione soprattutto giovanile.
Questo ha portato nel 2019 all'elezione di un presidente che potremmo definire popolista,
ovvero Caïs Said, che, approfittando di questa situazione, ha iniziato a imprimere
al Paese una svolta nuovamente autoritaria. Anno dopo anno, Said ha indebolito il Parlamento
e l'indipendenza della magistratura, rafforzando al contempo il suo potere, ha cambiato anche
la costituzione e la fiducia del popolo tunisino verso la svolta democratica si è così indebolita
che alle ultime elezioni la fluenza è stata di appena l'11%. Bell'ontano ovviamente
da risolvere i problemi del Paese, a questo punto Said ha fatto quello che di solito tutti
i popolisti fanno, ovvero, indicare al popolo un colpevole a cui addossare le colpe e inventare
complotti e anche in questo caso, per quanto possa sembrare paradosale, i colpevoli sbandierati
da Said sono gli immigrati di Pelle Nera che, dal resto dell'Africa, arrivano in Tunisia,
insomma un po' quello che accade da noi con i partiti popolisti e sovranisti. Ovviamente
questi immigrati arrivano in Tunisia per poi partire da lì alla volta dell'Europa,
ma Said, come fanno molti politici di destre italiani e come ha fatto in passato la stessa
Giorgia Meloni, ha iniziato a raccontare la storia del complotto della sostituzione etnica,
cioè esisterebbero dei cattivi che vogliono sostituire i tunisini di etnia araba con
africani di Pelle Nera e questa narrazione sta producendo in Tunisia una reazione gravi
di sordini e violenze con questi immigrati di Pelle Nera che ora vengono letteralmente
perseguitati, derubati, picchiati e discriminati fino a costringerli a fuggire dal paese.
Insomma questa riassunta in pochi minuti e la situazione della Tunisia in questo momento.
Torniamo quindi ora all'allarme lanciato ieri da Giorgia Meloni in Europa e chiediamoci
è realistico? Beh magari l'ipotesi di 900.000 persone pronte a partire è una stima fortemente
confiata, ma stando così le cose possiamo sicuramente dire che la Tunisia potrebbe essere
o forse è già in una situazione di pericolosa instabilità sia politica che sociale, instabilità
ovviamente dalle conseguenze imprevedibili. Le cose potrebbero migliorare nel momento
in cui la Tunisia dovesse trovare un aiuto economico esterno sufficiente a calmare gli
animi e questo è proprio quello che chiede Giorgia Meloni all'Europa, la quale però
Europa ha ovviamente serie di difficoltà ad aiutare un dittatore che sta cancellando
l'unica esperienza di successo democratico avuta nella regione.
Oggi la politica ricorda a distanza di 79 anni l'ecidio delle fosse ardiatine, si tratta
di uno dei più atroci massacri commesso in Italia dall'esercito nazista durante l'invasione
del Paese e a seguito della Seconda Guerra Mondiale. La strage, sicuramente lo ricorderete, lo
saprete, fu ordinata ed eseguita da nazisti e fascisti a seguito di un attentato della
resistenza in via Rasel a Roma nel quale morirono 28 soldati tedeschi. Ebbene per rappresaglia
i nazisti decisero di uccidere dieci persone per ogni tedesco morto. I fascisti aiutarono
i tedeschi nella stessura della lista delle persone da giustiziare, ma alla fine le vittime
individuate e ammazzate furono molte di più, ovvero 335. Prendendo la parola durante la
cerimonia di ricordo di quelle vittime, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni oggi
ha detto. La memoria dell'ecidio è da onorare una strage che ha segnato una delle ferite
più profonde e doloroso inferte alla nostra comunità nazionale. 335 italiani innocenti
massacrati solo perché italiani. Espetta a tutti noi ricordare quei martili e raccontare
in particolare alle giovani generazioni cosa è successa in quel terribile 24 marzo 1944.
La memoria non sia mai un pur esercizio di stile, ma un dovere civico da esercitare ogni
giorno. Parole che potremmo definire sì diritto, ma anche se vogliamo toccanti e profonde,
ma che come fanno notare soprattutto le opposizioni e lampi, contiene, chiamiamolo così, un errore,
e cioè che quei 335 innocenti non furono uccisi, come ha detto Giorgia Meloni, perché italiani.
Quando nazisti fascisti decisero di organizzare la rappresaglia, non rastrellarono gente a
caso, italiani a caso perché italiani. No, ci fu la composizione di una lista, composizione
anche molto faticosa e articolata, che doveva contenere personalità ben precise, ovvero
ebrei, comunisti, antifascisti, combattenti clandestini, oppositori politici, militari,
schierati si contro i regime, eccetera, il che chiaramente è diverso dal dire che questi
italiani furono uccisi solo perché italiani furono uccisi per altre ragioni, che poi
fossero anche italiani e un altro conto. Ma, secondo me, ha giustamente detto Giorgia
Meloni, la memoria deve essere un dover recivico, allora è bene che lo sia fino in fondo,
è fin più nel dettaglio, perché sono proprio i dettagli, se così vogliamo chiamarli in
questo caso, a fare poi la differenza nella storia e nella memoria.
Come vanno le cose sul fronte finanziario? Beh, non benissimo. Dopo i timori lo ricorderete
sui mercati della scorsa settimana, a seguito del fallimento di Silicon Valley Bank negli
Stati Uniti prima, poi di Signature Bank, quindi la Kris in Svizzera di Credit Suisse,
anche questa settimana purtroppo si chiude con notizie non proprio confortanti sul fronte
bancario. Oggi Deutsche Bank, il colosso finanziario
tedesco, ha avuto un crollo in borza che è arrivato a toccare quota a meno 15% e male
sono andati i titoli anche di altri istituti di credito come Banco BPM, BIPER, MPS e
Credit, tutti con perdite superiori al 3%. Ma che cosa sta succedendo? Beh, sta succedendo
che gli investitori banalmente sono preoccupati dai fallimenti degli scorsi giorni, dall'andamento
dei titoli sempre in rosso di molte banche americane e dal rischio che, a causa del continuo
aumento dei tassi di interesse imposti dalle banche centrali, l'economia rallenta e se
l'economia rallenta chiaramente ad andare in affanno potrebbe essere in primis il settore
bancario, da qui la decisione di sbarazzarsi dei titoli bancari che gli investitori possiedono
facendo così poi crollare i valori degli stessi. Ma perché il calo oggi lo ha registrato proprio
Deutsche Bank? Beh, perché ieri due banche tedesche in
sostanza hanno annunciato di non voler più rimborsare una particolare categoria di obbligazioni
chiamate AT1 che è una scelta molto inusuale, molto rara che i mercati chiaramente hanno
interpretato come un segnale di debolezza del sistema bancario tedesco. Significa questo
che quindi stiamo andando incontro a una crisi in stile 2008, insomma prima la Silicon Valley
Bank, poi le altre banche americane in rosso, poi la Credit Suisse adesso, Deutsche Bank
insomma che sta succedendo, qui si rischia di andare di nuovo in crisi. Beh no, questo
no o almeno non necessariamente e non automaticamente. L'andamento dei titoli di borsa non riflette
necessariamente lo stato di salute effettivo di una banca o di una società e questo i
mercati lo sanno bene, però di sicuro il periodo non è de più rosa, i segnali continuano
a essere negativi e in finanza la psicologia lo abbiamo già detto più volte pesa tantissimo.
Se tutti si spaventano o pensano che altri possano spaventarsi e far collare i titoli,
allora tutti vendono e i titoli collano sul serio. Si spera insomma che non accada questo.
Sul fronte della guerra i toni, anche quelli della diplomazia, continuano a essere molto
alti, molto accesi e molto preoccupanti. Ieri il secretario della difesa americana Lloyd
Austin ha pronunciato parole allarmanti nel corso di un'audizione nel Congresso. Se la
Cina dovesse decidere di consegnare armi letali alla Russia ha detto, il conflitto potenzialmente
potrebbe allargarsi non solo nella regione, ma su scala globale. E' la prima volta fa
notare Giuseppe Sarcina sul corriere che un ministro dell'amministrazione Biden mette
in così chiara relazione il possibile sostegno militare cinese e il pericolo di una guerra
mondiale. Per gli americani la Cina sta avvicinando sempre di più se stessa a quello
che loro considerano il punto di non ritorno, ovvero l'invio di ordigni sofisticati a
Putin. L'obiettivo hanno spiegato ai parlamentari lo stesso Austin e il capo di Stato Maggiore
Mark Milley e consentire all'esercito russo di reggere la controffensiva ucraina. Austin
e Milley hanno quindi sollecitato democratici e republicani ad approvare il bilancio della
difesa a cominciare dalle spese per la fornitura militare all'Ucraina. Ieri peraltro anche
il Consiglio europeo ha approvato il programma da 2 miliardi di euro per l'invio di munizioni
a Kiev. Il quadro politico diplomatico però è un po' più complicato e da una parte il
governo statunitense non accorda alcun credito al piano di mediazione presentato da Xi Jinping,
ma dall'altra parte non vuole nemmeno chiudere i canali di comunicazione con il grande Paese
asiatico. Cioè Biden ha fatto in fatti sapere di avere intenzione di chiamare Xi Jinping
e il segretario di Stato, Anthony Blinken, ha ripreso i preparativi per la missione a
Pekino che era stata rinviata dopo la crisi del pallone spia cinese. Insomma questo cosa
significa, significa che la tensione tra Stati Uniti e Cina sul fronte del possibile aiuto,
il possibile sostegno della Cina alla Russia continua a essere alto, però tuttavia gli
americani credono anche che la Cina possa essere una carta per facilitare una negoziazione,
per facilitare una mediazione nella guerra tra ucraini e russi e quindi stanno cercando
di riprendere e riallacciare nonostante questi toni i contatti con appunto Biden che ha deciso
di chiamare Xi Jinping e il segretario di Stato, Anthony Blinken, che invece ha deciso
di andarci proprio di persona a Pekino a parlare probabilmente sicuramente anche d'Ucraina
dopo aver annullato questa visita che era già in programma a seguito della crisi dovuta
ai palloni spia cinese. All'ospedale Molinette di Torino è stato
eseguito con successo un intervento che ha quasi del miracoloso nel senso che certi epiloghi
fino a oggi sembravano possibili solo previo intervento celeste e a quanto pare si tratterebbe
anche di un intervento di un evento unico al mondo. In pratica un uomo di 83 anni che
aveva del tutto perso la vista dentro ambigliò che oggi riesce a vedere, almeno da uno dei
due, ovvero quello destro, merito questo dell'intervento eseguito dell'equip del professore
Michele Reibaldi, direttore della clinica oculistica universitaria e del professore
Vincenzo Sarnicola tra iluminari nel mondo della chirurgia corneale. A due settimane
dall'operazione l'80 tren riesce a riconoscere oggi volti oggetti che lo circondano e anche
a muoversi in modo autonoma nello spazio. Il paziente operato leggo da Open Online aveva
perso da 30 anni la vista dall'occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile e
negli ultimi dieci anni aveva perso la funzione visiva anche dell'occhio destro per una patologia
cronica rara che gli ha distrutto la cornea e la superficie oculare. Il grande passo avanti
realizzato leggo ancora da Open poche settimane fa ha previsto un autotrapianto dell'intera
superficie oculare prelevata dall'occhio sinistro comprendente non solo la cornea ma anche di
una parte di sclera e tutta la congiuntiva ovvero i due elementi che hanno regalato
all'intervento un primato scientifico assoluto al mondo. Secondo quanto spiegato dall'equip
l'intervento è stato eseguito prelevando dall'occhio sinistro irrecuperabile ormai
dal punto di vista funzionale ma con corne e superficie oculare in buona salute tutta
la congiuntiva tutta la cornea e due millimetri di sclera tutto in un unico pezzo. In pratica
un terzo dell'occhio sinistro è stato autotrapiantato nell'occhio destro che quindi è stato ricostruito
ed è tornato a vedere. L'occhio sinistro è stato poi ricostruito con tessuti da donatore
solo a scopo estetico. L'intervento è stato straordinario e il paziente oggi dopo due
settimane ha ripreso a vedere e si muove autonomamente continuano a ribaldi e sarnicola. Siamo molto
emozionati e ci aspettiamo un successo duraturo dell'occhio destro. Nonostante l'eccezionalità
dell'intervento potrà essere replicabile in altri casi nelle stesse condizioni del primo
paziente operato. Insomma con questa bella notizia non solo da un punto di vista individuale
della persona che oggi è tornata a vedere ma anche del successo professionale dell'equip
che l'ha operato però se vogliamo anche per tutta la sanità italiana chiudiamo questa
settimana così con questa bella notizia e ci diamo appuntamento al lunedì sempre alle
17 con DELI 5. DELI 5 è un podcast prodotto da CNC media ascoltalo da lunedì al venerdì
alle 17 direzione creativa e post produzione like a be creative company.
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