Fare un fuoco: Chi ha inventato la pubblicità? Dio o il diavolo?

Lucy - Sulla cultura Lucy - Sulla cultura 9/29/23 - Episode Page - 21m - PDF Transcript

Da quando esistono le storie, esiste anche chi le storie, le interrompe.

Chi interrompe può farlo per impazienza o anche per troppa eccitazione se la storia

molto coinvolgente e ben raccontata. E poi lupo cosa risponde? E quindi Alice segue il bianconiglio?

Oppure chi interrompe lo fa per scarsa propensione all'ascolto o per maledutazione.

Al disturbatore si può chiedere più rispetto per la storia che stiamo raccontando oppure se

si è in confidenza o si può proprio mandare al diavolo. I più eleganti story tenner chiamiamoli

così potrebbero semplicemente ignorarlo fiduciosi nella forza della storia che stanno raccontando.

A tutti noi, però, è accaduto di essere interrotti da una pubblicità.

Uno spot televisivo, radiofoni, con banners, un sito di informazione e così via.

Possiamo chiederci se è riduttivo considerare la pubblicità solo come una seccatura.

Come dice un Bertoeco, non la subiamo e basta, non ci limitiamo a subirla alla pubblicità,

a volte la desideriamo, a volte la desideriamo senza rendercene conto. La creazione di questo

desiderio è imputato soprattutto al talento un po' di sonesto e infido dei pubblicitari.

Oggi parleremo dei primi esempi di comunicazione pubblicitaria e ci domanderemo. Provare a

persuadere l'altro è sempre soltanto diabolico? Io sono Nicola La Gioia e questo è fare un fuoco,

il podcast di Lucy che racconta come le storie con Timon ad accendere la nostra immaginazione.

C'è una cosa che molti non sopportano della pubblicità, la manipolazione che sembra operare ai

danni del destinatario. A nessuno di noi piace essere manipolato. Da un punto di vista, diciamo,

philosophico nelle nostre società è doloroso credere di non poter esercitare il libro arbitro,

ma allo stesso tempo è consolatorio sapere di non poterlo fare fino in fondo. La colpa di

qualche ci succede in questo modo è sempre di qualcun altro. Come sostengono alcuni,

quando la specie umana scopre il peccato, subisce exhibit anche per la prima volta l'influsso

di un tipo di comunicazione mirata. Prendiamo Adamo e Eva. Tutti abbiasimare Eva. Ma quando

Eva stacca il frutto prohibito dall'albero, lo fa spinta da un ottimo comunicatore. Il

serpente. Il serpente è evidentemente un fine conoscitore dell'animo umano, e anzi forse

lo conosce meglio degli stessi Adamo e Eva. Riconosce a Eva una curiosità maggiore rispetto

al più bidiente e conservativo Adamo. La sceglie, cioè il serpente, sceglie Eva. Soprattutto

sausare le parole giuste, prima attribuendo al frutto caratteristiche estetiche e sensoriali

inarrivabili, poi formulando una promessa quasi irrefutabile. Mangia il frutto, diventerai

come Dio. È però facile vendere un prodotto quando è già mantato di fascino e mistero.

Tanto che si è tentati di domandare chi è il primo per Sua Sore, quindi il vero per

Sua Sore. È Dio che rende desiderabile il prodotto attraverso l'inaccessibilità,

oppure il serpente che si limita come un piazzista porta a porta a enunciarne e magnificarne

le caratteristiche. Nel nostro immaginario, il per Sua Sore

per eccellenza è il serpente, il diavolo. Da questo passo della gene si nasce forse

la lettura che ci porta ad associare al maligno tutte le forme di comunicazione che cercano

più o meno subdolamente di ottenere il nostro convincimento. Da qui l'equivalenza fra

il diavolo e il pubblicitario. Nel 1957 il sociologo e giornalista americano

Vance Packard pubblica un libro destinato a un enorme successo, i per Sua Sore occulti.

Secondo Packard esisteva un gruppo elitario di pubblicitari, lobbyisti, politici, scienziati

sociali e psicoterapeuti che lavorando insieme mirava a scoprire le modalità di funzionamento

dell'inconscio, niente meno. Controllare l'inconscio significava orientare le capacità

decisionari dell'altro, per farlo bisognava ricorrere a messaggi subliminali.

Questo libro cospirazionista, come facile intuire, vende milioni di copie.

Alla sua popolarità contribuisce anche l'esperimento di un ricercatore che organizza delle proiezioni

in un cinema nel diugersi, fa scorrere sullo schermo dei messaggi subliminali.

Bevi Coca-Cola, mangi a Popcorn. Al termine delle proiezioni, il ricercatore sostiene

di poter dimostrare un incremento significativo nell'acquisto di Popcorn e Coca-Cola.

Anico, il Washington Post titola. Questo potrebbe essere il più spaventoso attacco al cervello

umano mai concepito dall'uomo civilizzato. Ecco che il libero arbitrio nella società

americana sembra essere in crisi. Ci si chiede anche, sarà questa la fine della democrazia?

Certo le democrazie oggi non se la passano poi così bene ci torneremo, ma fortunatamente

il libro di Packard si rivelò soltanto una cossaglia di teorie, andando poi alla verifica

prive di basi scientifiche. Tuttavia, il documentario di Adam Curtis

The Century of the Self prodotto e trasmesso dalla BBC Neu2002, cerca di dimostrare come

il 900 sia stato il secolo della psicanalisi, raccontando come i concetti di sé e di inconscio

abbiano penetrato, poi era io non soltanto ovviamente la psicanalisi ma la politica,

l'economia, la comunicazione risultando determinanti nella definizione proprio delle

nostre vite e dei nostri desideri, perché qui spicca la figura di Edward Bernays, nato

a Vienna nel 1891, pubblicitario, imparentato niente meno che con Sigmund Freud. Beh, lui

fu uno dei primi a intuire la possibilità di applicazione della psicanalisi nelle pubbliche

relazioni, mestiere di cui è stato, si può dire, l'iniziatore.

Bernays intui che alle persone non andava più offerto quello di cui avevano bisogno,

ma prodotti che parlassero al loro inconscio, riecheggiandoli le loro più recondite paure

e i loro sogni inconfessabili. Quando Adam e Deva vengono cacciati dal

paradiso terrestre si ritrovano senza più la protezione divina esposti a ogni genere

di pericolo. Il corso del tempo, per far fronte a questi pericoli, nascono comunità sempre

più numerose, insomma si edificano città. E in città aprono i negozi, i commerci si

sviluppano e di conseguenza si sviluppa anche la comunicazione pubblicitaria. Città e

pubblicità sono profondamente legate fra loro, riuscite a immaginare New York senza

i cartelloni Time Square o Londra senza gli schermi di piccadili Circus e così via. Sommale

città.

E infatti, come racconta nel suo manuale di comunicazione pubblicitaria Marco Vecchia,

grande pubblicitario e uomo molto colto, la prima pubblicità giunta fino a noi arriva

da una città, arriva da Tebe, si chiama il Papiro di Schem e è conservato al British

Museum di Londra.

Siamo nel secondo millennio a.C. e nel Papiro si invitano i cittadini di Tebe ad aiutare

il tessitore Appu a rintracciare uno schiavo fuggito di nome Schem. Essendo Schem fuggito

dal suo buon padrone, Appu il tessitore si invite alle cittadini di Tebe ad aiutarlo

a ritrovarlo. E fin qui non c'è alcun intento persuasivo.

E però Appu deve aver pensato, con quello che ho speso per questo proclama, mica posso

sprecare l'occasione di farmi conoscere e quindi con notevole senso degli affari dopo

una dettagliata descrizione del fuggitivo Schem e i tito e basso agli occhi marroni e

la carnagione rossastra e la promessa di una moneta d'oro come ricompensa, ecco la

postilla.

Il negozio del tessitore Appu dove si tessono le più belle tele di tutta Tebe secondo il

gusto viciascuno.

Non sappiamo se Appu riuscito a ritrovare il suo schiavo. Qui si fa il tifo per Schem.

Nessi l'intento di promozione della sua attività abbia avuto successo. Di certo, come fa

notare Marco Vecchia, nel suo messaggio ci sono già le caratteristiche della pubblicità

per come la conosciamo. Invadente, incongrua rispetto al contesto, hiperbolica.

Certo, il tono è più che altro enunciativo. Qui ci sono le tele più belle, il tentativo

di persuasione risulta ingenuo ai nostri occhi. La cosa più importante è d'altronde per

Appu e ritrovare lo schiavo e poi mandare chissà qualcuno in curiosito verrà comprare

qualcosa. Questa prima rudimentale comunicazione pubblicitaria ricorda un po' quanto meno

nella struttura il carosello.

Carosello è stata un'anomalie italiana, una magnifica anomalie di re. Era uno spazio

di intrattenimento e di vendita, contenitore di gig, sketch, messaggi commerciali ma anche

laboratorio creativo per tanti artisti, fonte di ricordi per molte generazioni. Con Carosello

si sono cimentati scrittori e registi di grande spessore capacità, tra i tanti Umberto

Simonetta, Vincenzo Cerami, Vina Vertmiulli, i fratelli Taviani, Gilo Ponte Corvo, Dino

Risi, Hermanno Olmi, Bruno Bozzetto. Per chi non si ricordasse o non gli avesse mai

visti, ai voi in questo caso, gli episodi di Carosello erano composti da una sigla, da

uno sketch anche abbastanza elaborato e narrativamente articolato e da un codino che

reclonizzava il prodotto. Spesso il codino era quasi slegato dal resto, un po' come

nel messaggio di Apu. Tra gli sketch che Pyrrhodorphless raccoglie e analizza nel suo

libro dedicato a Carosello, che è edito dal mulino, c'è anche questo con protagonisti

i giovani Tognazzi e Vianello, che coppia meravigliosa. Due vallette in questo sketch

aprono un sipario e si vedono Hugo Tognazzi e Remondo Vianello vestiti da cacciatori.

Sulla sfondo c'è un disegno che rappresenta un bosco. I due si scambiano battute veramente

terribili, del tipo, attenzione, siamo in riserva, risposta, tanto il distributore a pochi

chilometri oppure ricordati che per sparare devi tenere i cani alzati e si vede Hugo Tognazzi

che cerca di sparare tenendo due cani in braccio, mi c'è anche un po' un tocco di surrealismo.

Molte gig dopo le due vallette quando ormai appunto la parte narrativa diciamo così,

e già finita molte gig dopo dicevo le due vallette richiudono, il sipario e annunciano.

Arrivederci al prossimo spettacolo e non dimenticate, ho là falducato bianchissimo.

Eccolo in vito, quasi fretturoso a comprare il detersivo, internerisceMale, internerice per ingenuità.

curiosamente tra l'altro è il 1957, proprio lo stesso anno di pubblicazione dei persuasori

occulti, di cui abbiamo parlato poco fa, per dire quanto la comunicazione pubblicitaria

è il dibattito sulla comunicazione pubblicitaria fosse decisamente più avanzato negli Stati

Uniti che in Italia erano proprio due diversi campionati, ma anche per struttura delle pubblicità,

come dicevamo.

Nonostante però l'apparente innocenza di questo carosello comincia in Italia una sorta

di battaglia dei detersivi, a suoni fustini, buoni premio, sconti, ostamenti, detestimoni

al televisivo nelle corsie di supermercati e vari colpi bassi, quindi diciamo che c'è

un po' una sorta di evoluzione della specie pubblicitaria e cambia la percezione.

Fare il bucato, come dice Dorfless, non è più una condanna, ma una soddisfazione.

C'è qualcosa di inquietante in tutto questo, no?

In questi anni ci si accorge che la pubblicità è una modalità di comunicazione non priva

della sua complessità e soprattutto in una società opulenta dove consumare è più

importante che soddisfare i bisogni reali, c'è appunto il segno di una sua pubblicità,

ambiguità.

Va bene di fidare dei serpenti, ma ormai non ci si può più fidare neanche di un pulcino

tutto nero.

E arriviamo al 1973, qua si potrebbe dire che perdiamo in Italia definitivamente l'innocenza

per quanto riguarda la pubblicità.

Nel 1973 la campagna pubblicitaria di una marca di jeans italiana dal nome parecchio

impertinente Jesus attira l'attenzione del Vaticano.

Nella foto della pubblicità si vede il ventre a bronzato e scolpito di una modella, la patta

dei jeans è aperta e i peli biondi del ventre guidano l'occhio di chi guarda in basso.

La foto è di oliviro Toscani, ma è il claim a scandalizzare.

Non avrai altro jeans al di fuori di me, diciamo esplicito a uno dei dieci comandamenti.

Due anni prima, i stessi jeans Jesus erano state al centro di una campagna dove, su

sedere di una modella, Donna Jordan campeggiava il messaggio, sempre questo evangelico chimiama

mi segua.

Ora, subito dopo la campagna di cui abbiamo parlato, l'osservatore romano pubblica un

pezzo blandamente critico ed è qui che entra in scena Pasolini.

Per Paolo Pasolini scrive uno dei suoi scritti corsari più celedri, molto duro nei confronti

del Vaticano che avrebbe sottovalutato, non ha stato il pericolo, ma il cambiamento storico.

Secondo Pasolini la chiesa non si rende conto che la merce si sente ormai così potente,

anzi ogni potente la poter addirittura dettare un comandamento che era stato un comandamento

deligioso fino a quel punto.

L'influenza della chiesa è finita.

Per Pasolini questa campagna segna l'ingresso di un nuovo orizzonte mentale, insomma sarebbe

nato una mutazione irreversibile dei valori che si accompagna con la mutazione antropologica

di cui Pasolini parlava.

Ora, al di là delle analisi che fa per Paolo Pasolini che è più complessa naturalmente

di quanto possiamo dire qui, nel podcast la campagna di Jesus è un buon esempio dell'aspetto

più schizofrennico che ormai pervade la comunicazione pubblicitaria, il modo più facile per vendere

un prodotto è eccitare la fantasia e la creatività del destilatario del messaggio.

La comunicazione persuasiva deve muovere soprattutto delle corde emotive, non certo la razionalità

deve far sorridere, indignare, commuovere, addirittura deve far piangere se necessario,

per tornare alla psicanalisi, arrivare ai sogni, entrare nei sogni e nelle fantasie più

recondite e inconfessate viciascuno di noi.

Ora, all'inizio di questo episodio ci chiedevamo ma chi è stato il primo grande persuasore?

Dio che rende desiderabile il frutto proibito vietandolo o il serpente che cerca di venderlo

diciamo così a Eva.

Se Dio è il primo grande persuasore della storia e l'uomo è stato creato a sua immagine

e somiglianza, non c'è forse potremmo dire nulla di diabolico nella pubblicità più di

quanto di diabolico ci sia già in noi.

Il problema però è quando a occuparsi di pubblicità non sono più direttamente gli

esseri umani, non è più Oliviro Toscani o Umberto Simonetta, ma magari a occuparsi

di persone oggi e domani più che oggi è un algoritmo.

Ricordo una ricerca neanche così recente, quindi questo dovrebbe preoccuparci ancora

di più una ricerca pubblicata dall'Università di Stanford di qualche anno fa.

I ricercatori si chiedevano può un computer torniamo a Freud, arrivare a conoscere i nostri

più reconditi, desideri e quindi usare questa conoscenza per convincerci a fare qualcosa.

La risposta era probabilmente sì, grazie alle impronte che noi stessi lasciamo per esempio

attraverso un mi piace su un social network come potrebbe essere Facebook.

Secondo la ricerca, basterebbero dieci mi piace perché il computer capisca come siamo

fatti meglio di un nostro collega di lavoro.

Settanta mi piace per saperne di più di un nostro coinquilino, centocinquanta per superare

un nostro familiare e almeno trecento ci piace per arrivare al grado di conoscenza che di

noi hanno o credono di avere i nostri cognugi, i nostri amanti, i nostri affetti più cari

e più vicini.

E poi c'è la soglia superata la quale potrebbe, algoritmo, arrivare a sapere su di noi più

di quanto noi stessi immaginiamo, più di quanto noi stessi sappiamo o crediamo di sapere

su di noi.

Domanda, siamo tornati alle fregniacce dei persuasori occulti oppure invertendo il principio

caro a Carlo Marx, siamo di fronte a un fenomeno che si presenta storicamente per la prima

volta come farsa e poi come tragedia?

Fare un fuoco e un podcast mensile di Lucy condotto da me, Nicola la gioia.

Le musiche originali, il montaggio e il sound design sono di Sharon DeLorean, la cura editoriale

ed il già d'arena e l'orenzo grammatica che ha anche scritto questa puntata.

Ci sentiamo il mese prossimo.

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Provare a persuadere l’altro è un’attività sempre diabolica? Da Adamo ed Eva ai “persuasori occulti”, da Carosello agli algoritmi, nella seconda puntata della seconda stagione ripercorriamo la storia della comunicazione pubblicitaria.

Fare un fuoco è il podcast di Lucy scritto e condotto da Nicola Lagioia che racconta come le storie continuano ad accendere la nostra immaginazione. Ogni mese una nuova puntata.
Le musiche originali, il montaggio e il sound design sono di Shari DeLorian, la cura editoriale è di Giada Arena e Lorenzo Gramatica, che ha scritto questa puntata. Si ringrazia Spreaker per il supporto tecnico.

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