Ma perché?: 83 | Ma perché ciò che sta accadendo in Tunisia ci riguarda?

Radio Deejay Radio Deejay 5/4/23 - Episode Page - 7m - PDF Transcript

La Tunisia è il più piccolo degli stati arabi del nord d'Africa e qui però che

il 27 dicembre del 2010 e il 26N Mohamed Bouazizi fruttivendolo si diede fuoco per protestare

contro la corruzione locale, ne abbiamo parlato qualche puntata fa.

Un gesto che diede inizio alla cosiddetta primavera araba e che portò al cambio di

regime in Tunisia con la fuga di Ben Ali e con i cambi di regime però anche in Libia e in

Egitto alla guerra civile in Siria e a proteste partecipate da milioni di persone in molti paesi.

Solo la piccola Tunisia però è riuscita a riemergere dalla rivoluzione con un governo

democraticamente eletto. Oggi le cose purtroppo non vanno più così bene. Il paese si trova

ad affrontare una grave crisi, maccano carburante, burro, latte e zucchero. I prezzi anche lì sono

sempre più alti a causa dell'inflazione e l'attuale presidente Caissa Yed assucia sempre di più a un

dittatore. Il governo italiano e la presidente Giorgia Meloni hanno chiesto un tavolo europeo

per discutere la situazione. A quanto pare ciò che succede in Tunisia ci riguarda molto da vicino.

Ma perché? Io sono Marco Maisano e ogni giorno, assieme a chi ne sa più di me,

provo a ripartire dalle basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo. Ma perché?

Dunque, come sempre, un po' di contesto. A guidare la Tunisia dal 2019 è il presidente

appunto Caissa Yed politico che da quando è stato eletto ha cominciato in qualche modo a

smantellare già la fragile democrazia del Paese. Nel 2011 scioglie il Parlamento, fa provare una

nuova costituzione e imbocca come ogni dittatore peraltro ha sempre fatto nella storia un pericolo

imminente per il Paese, un atteggiamento appunto tipico dei dittatori. Il 14 gennaio di quest'anno

migliaia di persone sono scesa in piazza per chiedere le sue dimissioni. Il 14 gennaio per

la Tunisia non è una data qualunque perché è il giorno in cui fuggì dal Paese il dittatore Zine

Labvin Benali fuggito appunto in Arabia Saudita. Oggi le cose per il Paese vanno molto male. Il

Fondo monetario internazionale sarebbe pronto a concedere un prestito da quasi 2 miliardi

di dollari alla Tunisia, in cambio però di pesanti riforme e politiche di austeriti, quindi vari

tagli alla sanità, l'istruzione e privatizzazione. Insomma, la popolazione però non ci sta e il

Presidente Cai Said non si vuole dimettere. Il governo italiano è seriamente preoccupato

perché ciò che succede in Tunisia ci riguarda molto da vicino. Ma perché? A rispondere alla

domanda di oggi è Ilona Zabrizca, analista di orizzonti politici ed esperta di Medio Oriente.

Questa è la risposta che mi ha mandato. Perché la Tunisia è un partner cruciale del vicinato

meridional europeo e ciò che accade in Tunisia influenza anche le scelte politiche del nostro

governo. Ma cos'è il dossier Tunisia? In primo luogo per capire il dossier Tunisia

è necessario analizzare la situazione politico-economica nel paese e due sono le questioni rilevanti.

La gravi crisi economica è in corso, iniziata con il crollo dello Stato di Regista d'Oritario

di Benalini nel 2011 durante le primavera e Arabe e da lì si è sviluppata una crescente

dipendenza dell'economia dei fondi esteri, in particolar modo depressi del Fondo monetario

internazionale, che finora non hanno rilanciato l'economia ma sono al contrario confluiti in

programmi assistenziali del settore produttivo, agricole e protezione sociale, basti pensare

che molti prodotti come pane e petrolio sono sussidati tutt'ora dallo Stato. L'atteso

salvataggio dell'economia che rischia default tramite un nuovo prestito da circa 2 miliardi

si è esmatalializzato quando il presidente Saïed ha rifiutato di attuare le riforme

richieste in politica economica. La seconda questione rilevante che fa

storcere il naso dei governi occidentali è la postura sempre più autoritare del presidente

Saïed. Ricordiamo che durante le primavera e arabe la Tunisia fu l'unico paese dove la

rivoluzione è besuccesso, ma dal 2021 il presidente ha congiurato il Parlamento, intrapreso

una campagna di repressione contro miliari dipendenti giudici e arrestato il leader dell'opposizione

slammista NAHDA. Ora, che central Italia? L'instabilità

politica e l'insicurezza nel nord Africa avrebbe un impatto immediato sull'Italia, infatti

la Tunisia è un paese di transito cruciale per la rotta migratoria del Mediterraneo centrale

che proviene principalmente dall'Africa subsariana, e a cui poi si unisce tape unisce

il flusso dei cittadini tunisini che sfuggono la recente crisi economica.

Secondo i dati delle Nazioni Unite giornate all'aprile 2023, dall'inizio dell'anno circa

36 mila rifuggiati hanno raggiunto l'Italia, di cui 19 mila, quindi un terzo, salpando dalla

Tunisia. Inoltre, la Tunisia è un partner centrale

per l'Europa e l'equilibrio delle alleanze potrebbe essere ne toccato, basti pensare che

la Tunisia potrebbe rivolgersi per il sostegno economico verso la Cina o la rabbia saudita,

paesi che di certo non chiedono riforme in senso democratico, né rispetto dei diritti

umani. Gli assumendo, la Tunisia è diventata la

principale rotta del Mediterraneo centrale verso l'Italia, e il governo Meloni ha adottato

un approccio all'armista interventista per combattere il contrasto all'immigrazione, chiedendo

quindi lo sblocco dei 1,9 miliardi di prestiti del Fondo Monetario Internazionale, indipendentemente

dalla dozione delle condizionalità e dal ritorno della Tunisia su riforme democratiche.

Grazie a Rilona Zabrizca, come avete sentito il piano di Meloni sarebbe sostanzialmente

quello di convincere il Fondo Monetario Internazionale a concedere il prestito alla Tunisia senza

però chiedere in cambio tutto il pacchetto appunto di austerity. O magari insomma non

il pacchetto è completo, ecco. La rotta tunisina è la principale rotta di migranti in arrivo

al momento dal nord africa e sappiamo che il centro destra ha costruito per anni una

propria posizione molto netta rispetto ai fenomeni migratori. Di opposizione ovviamente

a questi e una rivolta sulla rgascala in Tunisia rischia di sciupare i piani al governo.

Io vi ringrazio per essere rimasti con me anche oggi, spero di avervi dato una mano

a capire qualcosa in più e come sempre vi do appuntamento a domani. Ciao!

Stati Uniti, anni 50. Siamo in piena guerra fredda. Il governo americano è disposto a

tutto per dibattere il nemico, dagli esperimenti con il porridge radioattivo, alle iniezioni

di plutonio sui soldati fino ad arrivare ad un esperimento che ha dell'incredibile.

Operazione Midnight Climax, il bordello psichedelico della CIA. Lo puoi ascoltare

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La Tunisia sta affrontando una crisi profonda: i prezzi sono alle stelle e nel paese mancano carburante, burro e altri beni di prima necessità. Il Fondo Monetario Internazionale promette un prestito di 1,9 miliardi di dollari, in cambio di pesanti politiche di austerity. Il popolo è sceso in piazza per chiedere le dimissioni del presidente, sempre più autoritario, Kais Saied. Il governo italiano è preoccupato e ha chiesto un tavolo in Europa per discutere la situazione. Ciò che sta accadendo in Tunisia ci riguarda molto da vicino. Ma perché? Ne parlo con Ilona Zabrytska.

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