Ma perché?: 73 | Ma perché ci sembra di essere impostori?

Radio Deejay Radio Deejay 4/22/23 - Episode Page - 9m - PDF Transcript

La sindrome dell'impostore, l'ho detto in altre occasioni, è un altro di quegli stati

d'animo, diciamo così, che negli ultimi anni hanno conquistato un nome preciso.

Oggi, molti di noi, provando quella precisa sensazione negativa, sanno darli un nome.

Sindrome dell'impostore.

Vedremo a breve che la parola sindrome in realtà è forbiante, anzi è proprio un errore utilizzarla.

Tuttavia, se chiediamo in giro e a noi stessi, ci accorgiamo che sentirsi degli impostori

è più comune di quanto ci si aspetti.

Ma perché?

Io sono Marco Maesano e ogni giorno, a sé macchine sapi di me, provo a ripartire delle

basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo.

Ma perché?

Dunque, sentirsi un po' impostori credo sia successo veramente a chiunque.

A volte, peraltro, avremo anche avuto ragione, no?

Magari qualche volta siamo stati, come dire, sovrastimati e quindi sì, quella precisa

e singola circostanza siamo stati un po' impostori perché non abbiamo detto, no guarda

che io questa cosa forse non la so fare proprio bene.

E credo però che questo sia, come dire, assolutamente normale.

Ecco.

Diventa fastidioso quando invece il sentirsi impostori si tramuta in un pensiero negativo

ingombrante quando di fronte ad un complimento o ad una sfida che ci viene lanciata per

esempio al lavoro, crediamo di non meritare quel complimento o quella sfida professionale.

L'espressione sindrome dell'impostore è stata utilizzata per la prima volta alla fine

degli anni 70 da due psicologhe statunitensi, Pauline Clance e Susan Himes e sono tra l'altro

loro due a riassumere in poche parole la sensazione che provano quelli che soffrono di questa

non-sindrome, quella di non meritare il successo personale ottenuto.

Perché?

Perché gli altri sono più, come dire, bravi, belli, dotati e capaci di me e presto io

verrò smascherato, si accorgeranno che non sono capaci a nulla.

Le ricerche svolte da Clance e Himes si sono concentrate in quegli anni, appunto nei anni

70 soprattutto sulle donne.

Molte studentesse di Clance nello specifico erano assolutamente convinte di non aver

superato gli esami o di aver preso voti molto bassi quando invece era poi sempre vero

il contrario.

Di sindrome dell'impostore poi si è quasi smesso di parlarne per decenni fino all'arrivo

di internet e soprattutto dei social network.

Oggi, più di ieri, la sensazione è che a soffrire di sindrome dell'impostore siano

molte persone.

Ma perché?

A rispondere alla domanda di oggi è Florencia di Stefano Abichain, podcast per One Podcast,

conduttrice radiofonica e autrice di Pensavo di Essere Io e invece è la sindrome dell'impostore

edito da ballardi.

Questa è la risposta che mi ha mandato.

Ciao Marco, dopo 34 anni di honorato servizio con la sindrome dell'impostore sono pronta

a dirti tutto quello che ho imparato nel tempo o quasi.

Ci tengo prima a farti una premessa importante.

Nonostante il nome possa indurre a crederlo, la sindrome dell'impostore non è una malattia.

Sindrome è un termine patologizzante ed è forviante perché poi non parliamo di un

disurbo psichiatrico o qualcosa che si cura con i farmaci, sarebbe meglio definire questa

esperienza dell'animo fenomeno dell'impostore.

Ma teniamo la sindrome dell'impostore perché adesso la si usa a chiamare così.

È importante avere un approccio sereno, però questa disposizione del carattere, poi certo

viverla in maniera continuativa, in modo grave e quindi sviluppare altri disagi psicologici

legati all'ansia sono un'altra cosa, sicuramente da tenere in conto.

Nel trittanto importante o meglio in questo caso ci tengo sotto linearti una differenza

sottile ma sostanziale tra insicurezza e sindrome dell'impostore.

L'insicurezza è un tratto intrinseco del carattere a che vedere con noi stessi con la nostra capacità

di destreggiarci nel mondo, mentre invece il fenomeno dell'impostore si verifica solo

in presenza di altre persone.

E questo è il fulcro del discorso, noi ci sentiamo impostori solo quando confrontiamo

la nostra vita, la nostra esperienza, ciò che ci succede con le persone intorno a noi

in un determinato ambient.

Quindi in Soldoni è la paura del giudizio altrui, quel senso di nadeguattezza rispetto

a dove ci troviamo e con chi.

Per questa ragione sono tante le categorie di persone che possono rispecchiarsi in questa

descrizione.

Chi lavora in ambito creativo o artistico dove il valore della persona non è empiricamente

misurabile ma dipende solamente dal riscontro altrui o ancora tutte le persone considerate

in situazioni di vulnerabilità o di svantaggio.

Le donne, in primis, visto che non è un mondo creato a nostra misura, giusto per essere

un po' eleganti, ma anche la comunità LGBT, le persone emigranti, chi si trova a migrare

per lavoro, le persone non bianche, le persone povere, insomma chiunque si ritrova a misurarsi

con un ambiente piccolo grande che sia ostile, che ci fa sentire di non appartenervi.

E infigurate nel mio caso, donna con il nome strano, immigrata, famiglia modesta, studio

manistici, che lavora nell'intrattenimento il mix perfetto per sentirmi impostora da

una vita.

Ma io so cosa vuoi sapere tu, ma perché proprio adesso si parla così tanto di sindrome delle

impostore?

Si tratta di uno studio degli anni 70 che ha rimasto lì e è stato riscoperto solo recentemente.

Io ho elaborato queste attesi, non è solo così, intendiamoci, ma in larga parte secondo

me è colpa o merito dei social network.

Se una volta potevamo confrontare la nostra vita con quella di 100, 150 persone, tra

scuola, ufficio, condominio e quartiere, adesso ci troviamo tutti in una piazza globale

gremita di persone e potenzialmente possiamo paragonarci a miliardi di queste persone.

Inevitabilmente ne usciamo sempre sconfitti perché ci sarà sempre qualcuno che avrà

fatto più di noi, meglio di noi, al primo colpo, che sarà più bello di noi, più bravo

di noi, eccetera, e da qui il senso di frustrazione e insoddisfazione continua, che in mancanza

peraltro di un'educazione digitale e anche di un'educazione effettiva, emotiva all'autostima

e la considerazione di sé prende il sopravvento e rende le nostre esistenze infelici e misere.

Ci sarebbe molto altro da raccontare per approfondire il tema, ma ti rimando al mio

libro.

Grazie a Florencia di Stefano a Bichain.

Negli ultimi tempi la sindrome dell'impostore ha tirato numerose critiche anche opposte,

per esempio la scrittrice e ricercatrice australiana Rebekha Harkings-Kross, che ha raccontato di

essersi sentita molte volte un impostore durante l'università, oggi raggiunta a New Yorker

in un articolo dal titolo Why Everyone Feels Like They Are Faking It, ha detto.

Il capitalismo ha bisogno che tutti noi ci sentiamo degli impostori, perché sentirci

un impostore garantiscecía che ci impegneremo per un progresso senza fine, lavorare di più,

ma danneare di più, cercare di essere migliori di noi stessi e delle persone attorno a noi.

Anche sentirsi impostori è una colpa.

Io vi ringrazio per essere rimasti con me anche oggi, vi auguro un buon fine settimana e come

sempre ci sentiamo lunedì, ciao.

Ma perché è un podcast scritto da me, Marco Maesano? Riprese e montaggio Giulio Rondolotti,

musiche originali Matteo Cassi, supervisione tecnica Gabriele Rosi, responsabile di produzione

Danny Stucchi. Una produzione One Podcast.

Operazione Midnight Climax, il bordello psichedelico della CIA. Lo puoi ascoltare

sull'app di One Podcast e su tutte le principali piattaforme. Una produzione dream and dream per One Podcast.

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La "sindrome dell'impostore", che sindrome non è, ha attirato su di sé negli ultimi anni molta attenzione da parte dei social e non solo. A parlarne per prime però sono state negli anni '70 due psicologhe americane. Da allora molto è cambiato. E come lo stesso New Yorker ha scritto qualche tempo fa, sembra che a sentirsi impostori oggi siano quasi tutti. Ma perché? Ne parlo con Florencia Di Stefano-Abichain.

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