Ma perché?: 39 | Ma perché si parla di settimana lavorativa corta?

Radio Deejay Radio Deejay 3/14/23 - Episode Page - 9m - PDF Transcript

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E questo siamo tutti d'accordo.

E infatti una nuova consapevolezza su ciò che è il lavoro e su quanto sia importante il benessere dei dipendenti comincia a farsi sentire sempre di più.

Sempre più persone infatti cominciano a realizzare il fatto che il lavoro e obbi hanno pari di ignità.

E che ad esempio il tempo che dediciamo all'ozio non è affatto tempo buttato via.

Anzi.

Bene, tutto questo ha scatenato negli ultimi mesi un nuovo dibattito sul lavoro

e soprattutto si è cominciato a parlare della cosiddetta settimana corta.

Ma perché?

Io sono Marco Maesano e ogni giorno, a sé macchine sapi di me,

provo a ripartire dalle basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo.

Ma perché?

Allora, cos'è la settimana corta?

Credo che sia chiaro a tutti, no?

Quattro giorni di lavoro invece che cinque, ma con lo stesso stipendio.

Mica male.

Se ne parla da molto tempo in realtà, ma soltanto dopo la pandemia

e dopo che la nostra società ha registrato gli effetti dello smart-working,

si è cominciato seriamente a rifletterci un po' su.

Il Covid lo sappiamono, ha costretto le aziende e i datori di lavoro

a rivedere il proprio rapporto con i dipendenti

e a non immaginarlo monolitico, come un qualcosa che non può mai cambiare in alcun modo.

Le abitudini si sanno sentire al sicuro,

starcene nella comfort zone ci fa sentire più sicuri

e a volte cambiare può essere doloroso.

E noi in Italia i cambiamenti li viviamo un po' male,

li viviamo passivamente, arrivano dall'esterno,

ma noi non li cavalchiamo mai per primi, ecco.

E infatti, la settimana corta, è una realtà già presente in altri paesi europei.

Tra poco ne parliamo.

È importante però sapere, ed è questa una buona notizia,

che nel nostro paese qualcosa in realtà si sta muovendo.

Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d'Italia

e presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati,

ha annunciato un'indagine conoscitiva istituzionale

sulla settimana lavorativa di quattro giorni.

Insomma, anche qui da noi si è improvvisamente cominciato a parlare della cosiddetta settimana corta.

Ma perché?

A rispondere alla domanda di oggi è tornato Francesco Giano,

giornalista freelance e autore della newsletter Digital Journalism.

Da qualche giorno si sta parlando della settimana corta,

perché è stato pubblicato il più grande studio mai fatto a riguardo,

che ha dei risultati interessanti.

È stato fatto da non profitti inglesi con la partecipazione dell'Università di Cambridge,

61 aziende coinvolte, 2.900 dipendenti,

che per 6 mesi hanno provato a lavorare, anziché 5 giorni alla settimana, 4,

sempre a parità di stipendio.

Calco la Marco che quasi tutti avevano il venerdì libero per capirci.

Conclusione, alla fine dei 6 mesi le aziende hanno visto aumentare

non solo il benessere dei lavoratori, ma anche la produttività.

Partiamo dal benessere, il 39% dei dipendenti risultava meno stressato

e la metà aveva detto di aver conciliato meglio il lavoro e vita familiare.

Tra l'altro, il numero di loro che in questi 6 mesi ha deciso di lasciare il posto di lavoro

si è dimezzato praticamente.

Da punto di vista della produttività, invece, durante i 6 mesi di prova,

le entrate delle aziende non sono rimaste stabili,

ma sono aumentate del 1,4%.

Tanto che al termine dell'esperimento, il 92% delle aziende ha detto ok,

vogliamo mantenere la settimana lavorativa.

E quindi sulla base di questi dati, anche in Italia,

i sindacati hanno rilanciato l'idea di introdurre la settimana lavorativa corta.

I favorevoli citano le sperimentazioni che stanno facendo molti governi europei,

tra cui Germania, Irlanda, Scotsia, Spagna, come ha ricostruito data room,

e in Islando ormai il 86% della popolazione lavora con l'orario ridotto.

Tra l'altro, fanno notare come i Paesi europei dove si lavora più orelanno

sono Portogallo, Spagna, Italia e Grecia, che sono gli stessi che hanno i tassi di produttività più bassi.

Al contrario, i Paesi che lavorano meno ore l'anno, cioè Germania, Danimarca, Ausia, Svizzera,

presentano tutti i tassi di produttività molto più alti.

Il senso secondo i sostenitori della settimana lavorativa corta è che ore di lavoro

e produttività non sono necessariamente collegati.

In Italia da una parte ci sono movimento cinque stelle, centrosinistra generalmente favorevoli,

dall'altra partiti di governo da cui arriva l'invito a qualche cautela in più.

Il ministro delle imprese del Medinita li ha detto che dipende dalle condizioni del Paese,

il ministro della pubblica amministrazione Zangrillo ha detto che per il momento dobbiamo soffermarci

di più a migliorare la nostra produttività, che bassa, piuttosto che introdurre la settimana lavorativa corta.

Molti sottoline non infatti come lo studio sia stato fatto su aziende di piccole dimensioni

e si è durato relativamente poco per studiare gli impatti a lungo termine.

I contrari li fanno notare come non tutti i lavori d'altronde possono avere la settimana corta.

Per esempio, pensa Marco a quelli che richiedono una presenza fissa sette giorni su sette,

settore dei trasporti, dei servizi sanitari, d'emergenza.

In questi settori, per apricare la settimana corta, il datore di lavoro dovrebbe assumere più lavoratori per coprire le turni

e di conseguenza alzare tantissimi costi.

È difficile che lo faccia senza diversi aiuti.

Per i critici così rischieremo di aumentare le diseguiglianze sociali,

ovvero con una differenza tra i lavoratori d'ufficio che possono fare la settimana corta

e gli altri che ne rimarrebbero esclusi.

Insomma, il dibattito è caldissimo,

anche perché dopo la pandemia ci stiamo interrogando sempre di più sul benessere dei lavoratori.

Calcola che secondo il rapporto annuale di Microsoft 4 lavoratori su 10 stanno pensando di lasciare il proprio lavoro.

E noi italiani, secondo un altro riporto di Gallup, siamo al quinto posto per stress.

Insomma, parliamo di comunire produttività e benessere sempre di più.

E questo, secondo me, non è affatto male.

Grazie a Francesco Giano.

Come sempre, le cose sono un pochino più complesse di come ce le immaginiamo, no?

Io, se penso di lavorare un giorno di meno, non immagino che produrrò lo stesso.

Insomma, invece, non è così, insomma, come ci ha spiegato prima Oggiano.

In ogni caso, questo dibattito, credo, che faccia bene anche per convincerci del fatto che lavorare di più,

sbattersi di più, fare più sacrifici non ci rende necessariamente persone migliore gli altri.

Soprattutto, non ci garantisce

Io vi ringrazio per essere rimasti con me anche oggi.

Io vi ringrazio per essere rimasti con me anche oggi.

Io vi ringrazio per essere rimasti con me anche oggi.

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Le imprese sono sopravvissute allo "smart working" e per molti dipendenti ormai avere uno o più giorni lavorativi da casa è un fatto imprescindibile. Nelle ultime settimane però quella della settimana corta sembra essere diventata una nuova frontiera: quattro giorni lavorativi invece che cinque. A molti sembra ancora un miraggio, ma una serie di segnali lasciano intendere che la discussione attorno al tema non sembra più un tabù. Neppure per le imprese. Ma perché? Ne parlo con Francesco Oggiano.

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