Ma perché?: 198 | Ma perché la dottrina USA in Medio Oriente sta fallendo?

Radio Deejay Radio Deejay 10/13/23 - Episode Page - 9m - PDF Transcript

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L'attacco del 7 ottobre di Amas Israel stravolge completamente le carte in tavola, lo dicevo

l'appuntata dell'11 ottobre scorso, gli accordi di Abramo e quindi la normalizzazione

dei rapporti tra Tel Aviv e i Paesi come il Bahreno e il Marocco, ma soprattutto quelli

con la rabbia saudita sono traballa, non diciamo così. Neorelazioni appunto diplomatiche

che rischiano di fallire prima ancora di nascere. E poi c'è un ballo anche altro, la gestione,

lasciatemi passare il termine del cosiddetto dossier medio-orientale. E chi gestisce tape questo

dossier? Beh, gli Stati Uniti che da sempre supportano lo Stato ebraico. Questo attacco rimette in

discussione tutto. No, di certo non il supporto di Washington a Tel Aviv, ma la dottrina di disimpegno

degli Stati Uniti medio-oriente sì. Ma perché? Io sono Marco Maisano e ogni giorno,

a sé macchine sa più di me, provo a ripartire dalle basi per rispondere alla domanda più semplice

del mondo. Ma perché? Gli Stati Uniti hanno sempre avuto un ruolo fondamentale e in medio-oriente e

hanno sempre intrattenuto, come dire, nei decenni rapporti privilegiati con i Paesi chiave di quell'area,

quindi Israele da un lato e a rabbia saudita dall'altro. In un equilibrio perfetto o quasi,

Washington ha saputo tenere vive e rafforzare i propri interessi mediando con gli arabi e

garantendo allo stesso tempo il diritto di esistere a Israele. Operazione non facile.

Nelle ultime amministrazioni qualcosa è cambiato. Ad avviare un processo di disimpegno degli Stati

Uniti medio-oriente è, senza altro, stato Barack Obama. La scommessa era ridurre gli scambi

energetici con la rabbia saudita di fronte a mutate condizioni, cioè gli Stati Uniti in quegli anni

stavano diventando esportatori di energia e dunque non erano più costretti a stare abbraccetto

con i sauditi dai quali appunto importavano energia. E poi l'Iran l'imperoscita da sempre

nemico dei sauditi, una normalizzazione anche di dei rapporti voluta sempre da Obama e che,

di certo, non ha fatto tanto piacere appunto ai sauditi che, al contrario degli Iraniani,

sono sunniti. Biden in questi anni ha proseguito su questa strada. Riad ha scelto di avvicinarsi quindi

alla Cina e a non essere più l'alleato privilegiato di Washington. E gli Stati Uniti hanno un po'

smesso di contare come si dice forse un po' troppo banalmente, ma è per capirsi,

in Medio Oriente oggi gli Stati Uniti non hanno più il potere di una volta.

E l'attacco di Amas del 7 ottobre secondo molti è il segno che questa dottrina non ha fatto

funzionato. Ma perché? A rispondere alla domanda di oggi è Francesco Semprini,

corrispondente da New York per la stampa. Questa è la risposta che mi ha mandato.

Quanto ha caduto in Medio Oriente sabato 7 ottobre, ovvero il violento attacco di Amas

nei confronti di Israele e l'attesa operazione di terra con cui le forze israeliane puntano

ad entrare nella striscia di Gaza per decapitare l'organizzazione fondamentalista palestinese,

rimette necessariamente in discussione la dottrina di politica essera degli Stati Uniti.

In particolare, per quanto riguarda il disimpegno americano nella Regione Medio Orientale e la

promozione degli accordi di Abramo per la normalizzazione dei rapporti tra Paesi Arabi e

Israele. L'attacco è infatti arrivato alla vigilia della firma di un'intesa con l'Arabia

Saudita che avrebbe privato Amas di uno dei principali sponsor, lasciando l'Irancita come

unico paese sostenitore della causa del movimento. La dottrina inaugurata da Donald Trump, a cui

ha dato seguito Joe Biden, puntava a concentrare sforzi e risorse su altre aree dello scacchiere

internazionali, come quella dell'indopacifico, soprattutto nell'ottica del confronto con la

Cina, oltre che al sostegno dell'Ucraina impegnata in una guerra contro la Russia di Vladimir Putin,

che si trescina da quasi venti mesi. Gli Stati Uniti sono infatti corsi subito in aiuto di Israele,

loro alleato di riferimento in Medio Oriente, inviando due portenei, la Ford e la Eisenhower,

accompagnate da un certo numero di unità navali di supporto. Il Premier Benjamin Netanyahu ha in

oltre chiesto più armi a Washington e il Congresso americano è pronto a varare un pacchetto di aiuti

che supererà di gran lunga i 3,8 miliardi di dollari all'anno già assanziati a sostegno di

Israele. Al contempo, il processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele stessa e paesi arabi

viene necessariamente congelato, mentre sotto la lente di ingrandimento di Washington finiscono

tutti quei paesi, come Giordania, Libano ed Egitto, che accolgono nei loro territori comunità

palestinesi molto numerose, una geometria demografica che rappresenta una potenziale polveriera.

Occorre poi dire che nel corso della violenta offensiva di Amas sono morti almeno 9 cittadini

americani e un imprecisato numero risulta disperso. Alcuni di loro potrebbero essere tra circa

100 ostaggi che l'organizzazione palestinese detiene all'interno della striscia di Gaza.

Questo rende il coinvolgimento americano ancora più forte e potrebbe indurre il Presidente Joe

Biden a dare mano libera all'alleato israeliano proprio nell'attesa operazione di terra,

con rischio però che l'onda d'urto dell'offensiva israeliana, con porti perdite, proprio tra

i civili detenuti da Amas. È forse per questo motivo che John Kirby porta

voce del consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, non esclude che sugli ostaggi

americani Washington sia disposta a negoziare, andando così a mutare un'altra consolidata

d'octrina estadounidense, quella del non trattare con i terroristi, anche se in ballo ci sono

le vite di cittadini americani. Grazie a Francesco Semprini, come diceva appunto

nella puntata dell'11 ottobre vedremo effettivamente cosa accadrà nei prossimi giorni perché

ancora è veramente difficile poter sostenere una cosa piuttosto che l'altra, bisognerà

capire cosa accadrà effettivamente con l'invasione israeliana a Gaza, cosa diranno i arabi e

capire se appunto questi equilibri che, come abbiamo visto, sono molto fragili tra israeli e i paesi

arabi vicini reggeranno e vedremo gli stati uniti se riusciranno a entrare nuovamente all'interno

di quel cerchio magico che gestiscewat da sempre il Medio Oriente. Io vi ringrazio per essere rimasti

con me anche oggi e come sempre evito appuntamento a domani. Ciao! Ma perché è un podcast scritto da

Marco Maisano, riprese e montaggio Giulio Rondolotti, musici originali Matteo Cassi,

supervisione tecnica Gabriele Rosi, responsabile di produzione Denny Stucchi,

una produzione One Podcast.

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L'attacco di Hamas del 7 ottobre a Israele rischia di cambiare gli equilibri in Medio Oriente. I recenti accordi tra Tel Aviv e una serie di stati arabi e la normalizzazione dei rapporti con l'Arabia Saudita, dipendono ora de ciò che accadrà a Gaza nei prossimi giorni. Una cosa però è certa, questo attacco, sotto diversi punti di vista, certifica l'inizio di un fallimento della dottrina di disimpegno degli Stati Uniti in Medio Oriente. Ma perché? Ne parlo con Francesco Semprini.

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