Ma perché?: 135 | Ma perché si protesta in Francia?
Radio Deejay 7/4/23 - Episode Page - 9m - PDF Transcript
È già la terza volta che quest'anno, ma perché parliamo di Francia?
Ed è la terza volta, seppur per motivi di base e diversi, che lo facciamo a causa di
importanti proteste, quindi il motivo sostanzialmente sempre il solito.
Questa volta però le cose sembrano davvero serie.
Il presidente francese Manuel Macron ha chiesto ai genitori di tenere a casa i propri figli
e ha schierato per le strade più di 45.000 agenti e in alcune città sono stati addirittura
soppressi i servizi pubblici, come dire, appunto, occhio che la situazione è davvero
drammatica.
L'immagini che arrivano sono in alcuni casi praticamente quelle di una guerriglia urbana,
ma sarebbe riduttivo descrivere tutto come un gruppo anche numeroso per carità di ragazzi
e ragazze che hanno voglia di fare baldoria o di ribaltare una città.
A protestare non ci sono BlackBlock o comunque non soltanto loro, non soltanto fascinorosi
incazzati con il sistema, ma una schiera infinita di ragazzi e ragazze che non hanno
per il momento nessuna intenzione di fermarsi.
Ma perché?
Io sono Marco Maesano e ogni giorno, a sé macchine sa più di me, provo a ripartire
dalle basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo.
Ma perché?
In più occasioni la Francia è stata tirata in ballo come un modello di integrazione da
seguire.
Qualcuno di voi lo so, starà alzando le sopracciglia, ma effettivamente è così.
Gli studiosi si dividono tra chi pensa che quello francese sia un modello di integrazione,
di carattere universalista e republicano, con il fine quindi di dare sostanzialmente
vita ad una comunità di cittadini uguali di fronte alla legge e con i medesimi diritti,
e chi invece pensa che sia un modello assimilativo, e dunque portato in un qualche modo ad imporre
la cultura francese soprattutto.
Come dire, puoi essere ciò che vuoi, ma prima di tutto sei francese e quindi ti comporti
come tale.
Il che, lo so, a qualcuno di voi può suonare come una cosa bella, giusta, ma in realtà
non è proprio così, perché un modello assimilativo ti impone anche una cultura, ti impone delle
tradizioni e perfino a volte anche una religione, la quale in Francia spesso viene messe in
discussione dietro a vaghi principi di laicità, la religione ovviamente degli altri.
Ora, come la pensiate, il modello francese non sta fatto funzionando, forse non sarà
questa l'occasione per cambiare traiettoria, chi lo sa, ma di sicuro la Francia in quanto
ha integrazione sta mostrando tutte le sue contraddizioni, centinaia di migliaia di ragazzi
e ragazze protestano per le strade delle città francesi da molti giorni e non sembrano disposti
a fermarsi.
Ma perché?
A rispondere alla domanda di oggi è chiara piotto, giornalista, questa è la risposta
che mi ha mandato.
Perché si protesta in Francia?
Il 27 giugno a Parigi nella periferia ovest a Nanterre è stato ucciso un ragazzo da uno
sparo di un poliziotto, il ragazzo che si chiamava Nael non ha voluto fermarsi a un
controllo della polizia che gli ha puntato ad osso una pistola quando questo partito
con l'auto ha sparato il colpo l'ha ucciso, questo ha fatto scoppiare una settimana di
proteste violente in tutto il paese.
In questa settimana abbiamo visto due fasi, la prima fase è stata quella della rabbia
contro la polizia e contro le violenze della polizia.
Dopo che il 17e Nael è stato ucciso da uno sparo di un poliziotto nella periferia
ovest di Parigi, si è riaperto un dibattito che esisteva già da tempo in Francia soprattutto
anche durante il periodo delle proteste contro la riforma delle pensioni sul fatto che la
polizia francesa sia troppo armata e che usi troppo facilmente le armi e in particolare
si guardava tanto questa data del 2017, anno in cui il governo di allora introduce una nuova
legge che seguiva il periodo del terrorismo per permettere in più casi alla polizia di
utilizzare un'arma per fermare qualcuno che non si vuole far controllare dagli agenti.
I dati dicono che dopo il 2017 in effetti il numero di spari da parte di poliziotti nei
confronti di persone che non si fermano i controlli è stato maggiore e quindi una parte
della politica diceva beh ma quindi questa legge dell'eterea perché ha portato più
violenza e ci sono stati più morti invece la versione della polizia e no ci sono stati
più spari perché ci sono stati in generale più casi di persone che non si fermano i
controlli della polizia come se ci fosse un minore un minore rispetto dell'autorità
della polizia gradualmente quindi ovviamente ci sono due versioni delle cose ma al di là
di questo tanta rabbia è montata proprio contro la polizia come simbolo dell'oppressione
e quindi abbiamo visto gli attacchi ai comuni gli attacchi agli edifici scolastici gli attacchi
ai comissari dati di polizia gli attacchi ai simboli dell'autorità della politica.
La seconda fase invece è iniziata dopo un paio di giorni una fase di più che altro
saccheggio nei negozi distruzioni di beni di cittadini quindi si è un po' spostato
il focus è iniziato a parlare meno di polizia e di violenza della polizia e si è capito
che all'interno di questi gruppetti di violenti che si muovevano nelle varie periferie ce
n'erano tantissimi in particolare legate alla sfera dei gilegion a gruppetti di radicali
di sinistra questo almeno secondo il ministero dell'interno che approfittavano un po' della
situazione per fare disordine e questo l'ho detto anche la nonna del ragazzo ucciso quando
domenica ha fatto un appello per chiamare tutti a responsabilità a ridurre le violenze
dicendo innanzitutto che le violenze non aiutano il nipote che ormai è morto e che ci sono
tanti è detto lei che approfittano del disordine per i propri interessi per opportunismo per
magari saccheggiare un negozio e portare a stia casa degli iPhone quindi lo ha messo
anche la famiglia interessata dicendo che non ce l'hanno con la polizia in generale ma
solo con il poliziotto che ha ucciso il nipote questo ha portato comunque un po' di calma
le protesti sono diminuite ma resta un problema di fondo certamente di frattura di società
perché poi c'è anche il tema delle baglie quindi della rabbia delle periferie nei confronti
del centro se vogliamo semplificarla così che esisteva già da tanti anni e che era
sfociata nel 2005 in settimane di disordine e anche di uno stato di emergenza all'epoca
nel paese quindi il tema delle periferie c'è così come si è parlato anche di razzismo
perché il ragazzo morto era agli origini magrebine anche se è nato in Francia ma si è
nati oltre in questa seconda fase di rabbia generalizzata l'eliseo macron hanno detto
che faranno il punto in maniera minuziosa nelle prossime settimane per andare a fondo di questa
problematica a cercare una soluzione di sistema perché è chiaro che spegnere un incendio chiamando
incendio questa settimana se anche gli scontri dovessero finire le violenze dovrebbero
dovessero interrompersi non risolve un problema di fondo che sembra sempre pronto a scoppiare
grazie a Chiara Piotto tra l'altro Chiara è in Francia proprio in questi giorni a seguire le
proteste quindi la ringraziamo due volte che dire vedremo come andranno avanti i prossimi
giorni per il momento le proteste non sembrano placarsi ma appunto perché evidentemente di base
un malcontento profondo c'è tra queste persone come diceva Chiara poi c'è sempre stato non è che
dopo le proteste dei primi 2000 nelle baglie le cose siano così tanto cambiate dunque le
persone improvvisamente che si sentivano ai margine della società oggi sono improvvisamente si ritrovano
in dei ruoli e in dei riposizioni appicali all'interno della Francia purtroppo non è così
quindi questo modello integrativo a un certo punto andrà rivisto ecco una cosa c'è da dire
è che appare veramente ormai chiara una linea che unisce tape il movimento black lives matter negli
Stati Uniti all'Europa e in questo caso in Francia vedremo se le proteste andranno avanti così a
lungo come è accaduto e in parte accade tutto ora negli Stati Uniti io vi ringrazio per essere
rimasti con me anche oggi e come sempre video appuntamento a domani ciao ma perché è un podcast
scritto da me Marco Maisano riprese e montaggio Giulio Rondolotti musici originali Matteo Cassi
supervisione tecnica Gabriele Rosi responsabile di produzione Denny Stucchi una produzione one
podcast Stati Uniti anni 50 siamo in piena guerra fredda il governo americano è disposto a tutto
per dibattere il nemico dagli esperimenti con il porridge radioattivo alle iniezioni di plutonio sui
soldati fino ad arrivare ad un esperimento che ha dell'incredibile operazione midnight climax il
bordello psichedelico della CIA lo puoi ascoltare sull'app di one podcast e su tutte le principali
piattaforme una produzione dream and dream per one podcast
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Da ormai diversi giorni in tutta la Francia sono in corso proteste e atti di violenza. Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto ai genitori di tenere a casa i propri figli e ha schierato per le strade più di 45.000 agenti e in alcune città sono stati soppressi i servizi pubblici. Le immagini che arrivano sono in alcuni casi praticamente quelle di una guerriglia urbana. Ma sarebbe riduttivo descrivere tutto come un gruppo, anche numeroso, di ragazzi e ragazze che hanno voglia di fare baldoria. A protestare non ci sono black bloc facinorosi e incazzati con il sistema, ma una schiera infinita di ragazzi e ragazze e che non hanno per il momento nessuna intenzione di fermarsi. Ma perché?
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