Ma perché?: 110 | Ma perché in Italia mancano gli asili nido?

Radio Deejay Radio Deejay 6/5/23 - Episode Page - 9m - PDF Transcript

I target dell'Unione Europea, quelli sul debito, quelli sulle spese, quelli sul PNRR,

quasi sempre, e mi dispiace dirlo, siamo sotto quel target, siamo nel senso noi Italia.

A volte, lo dico, è un pregiudizio quando penso alla media europea di qualunque cosa,

so già un pochino dentro di me che noi ci stiamo sotto.

Magari di poco, però ci stiamo sotto, ora io sto scherzando ma un po' no, nel senso

che effettivamente il più delle volte è così, poi sì, per carità saremo fighi in

tante altre cose, però è come questo target, mi fa sempre pensare all'Italia che ci sta

sotto.

Il target di oggi riguarda gli asili Nido, ecco, su questi noi siamo proprio sotto quel

target lì, appunto.

Nel 2020, secondo gli ultimi dati Istat, gli asili Nido in Italia erano 13.542, 300 in

meno rispetto all'anno precedente e i posti erano 350.670.

L'obiettivo fissato in sede europea è di 33 posti ogni 100 bambini con meno di tre

anni, quindi 0-2.

In Italia siamo a circa 27, sotto appunto il famoso target.

Insomma, in Italia, e devo dire lo sanno tutti, ma soprattutto le donne, gli asili

Nido sono ancora troppo pochi, ma perché?

Io sono Marco Maesano e ogni giorno, assia macchine sapi di me, provo a ripartire delle

basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo, ma perché?

Accora qualche numero per contestualizzare meglio la situazione.

Nel 2019, le regioni che avevano raggiunto, il famoso target, erano in Italia soltanto

6.

La Valle da Osta, l'Umbria, l'Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio e i Friuli Venezia Giulia.

L'ultima regione in classifica è la Campania, con 10,4 posti letto ogni 100 bambini, cioè

praticamente come se i asili non ci fossero.

La media di tutte le regioni italiane danno un dato, e appunto lo dicevo poco fa, che

sta al di sotto della media europea.

Va detto, però ne sta, che negli anni le cose sono un po' migliorate.

Se noi guardiamo la curva del numero di asili in Italia, questa la vediamo in crescita,

anche se è una crescita fin troppo lenta.

Come vai in Europa?

Se guardiamo per esempio ai servizi per la prima infanza, così che si chiamano, secondo

i dati pubblicati da Openpolis, la Danimarca è la prima in classifica, dove appunto i

residenti 02, quindi i bambini, che frequentano gli asili nido, sono 71,7.

Poi c'è l'Olanda, il Lucemburgo, il Belgio, la Svezia e la Francia.

L'Italia si trova al 15 posto.

Una nota margine la Germania al 14, ve l'aspettavate, no, vedi il pregiudizio.

Gli asili nido, in ogni caso nel nostro paese, sono davvero troppo pochi.

Ma perché?

A rispondere alla domanda di oggi è Sara Malnerich, autrice del blog Mamma di Merda.

Questa è la risposta che mi ha mandato.

Possiamo immaginare che Italia è la scuola pubblica a cui assisto da quando memoria non

abbiano aiutato, ecco.

Perché ricordiamo che i nidi e i servizi per l'infanzia rientrano per decreto nel sistema

integrato per l'estruzione e l'educazione della fascia 06.

Ma anche una cultura, in merito a tutto ciò che è cura e accudimento, che risente di

un retaggio patriarcale che ci portiamo dietro da secoli, può avere influito, ovvero ci

devono stare le donne con i figli.

Ed è scontato che sia così in questo paese.

L'abbiamo già visto alla fine del primo lockdown nel 2020, quando sono ripartite tutte

le attività del paese, mentre le scuole sono rimaste chiuse.

E nessuno si ha apposto il problema di come avrebbero fatto le donne a tornare al lavoro.

Infatti ne abbiamo assaggiato poi gli esiti alla fine dell'anno del 2020 con quelle morregia

enorme e gravissima di poste di lavoro femminili.

Manca una visione, perché evidentemente si ritiene che nidi e servizi per l'infanzia

siano misure a solo a beneficio di donne e bambini e bambine del paese, che a mi avviso

comunque sarebbe già una motivazione sufficiente, perché comunque è necessario andare a riequilibrare

quelle disparità non solo di genere, ma anche sociali, socioeconomiche che esistono tra bambini

nati nel Norde e nel Sud del Paese, ma signorano gli studi che avvalorano in realtà la tesi

che questi servizi hanno dei vantaggi e dei benefici che ricadono sulla collettività

intera.

Per esempio quelli di Eggman che è un economista che ha vinto un Nobel per questi studi, perché

i benefici ricadono su tutti e su tutte, perché una donna che può rientrare nel mercato

del lavoro dopo una gravidanza o immettersi per la prima volta nel mercato del lavoro

significa che produrrà un reddito atto a sostenere non solo la sua economia familiare

e quindi a migliorare le proprie condizioni e quelle del suo nucleo, ma il gettito fiscale

che il suo lavoro produce va a sostenere l'economia del Paese intero perché si trasforma in pile

perché dalle tasse lo Stato può finanziare, migliorare, aumentare servizi di pubblica

utilità per tutti e per tutte, inoltre aumentare il numero di nidi e squale per l'infanzia

significa anche creare altri posti di lavoro, il personale che poi ci lavorerà dentro

a queste strutture ed è di nuovo un vantaggio che ricade sulla collettività, insomma si

genera un circolo virtuoso, tanto che dai suoi studi Eggman ha ricavato dei dati molto

precisi, ovvero per ogni euro investito in servizi per l'infanzia di qualità, ritornano

indietro a tutti 13 euro. Sappiamo che attualmente nel PNRR ci sono 4,6 miliardi di euro stanziati

per la costruzione di nuovi nidi o l'ammodernamento di quelli preesistenti che siamo rischiando

di perdere per editarvi che si sono accumulati. Il ministro e l'istruzione Valditar ha dichiarato

che a causa dell'aumento dei costi per i lavori pubblici con questi soldi potranno

fare meno nidi, agli essessi costi che immaginiamo aumentati anche per la costruzione del ponte

sullo stretto, per il quale ponte non ci sono affatto attualmente i soldi nelle casse dello

stato, ma che si è detto che in qualche modo si troveranno. Insomma, sembra che non sia

solo un problema di visione e di pianificazione sbagliata, ma anche di priorità.

Grazie a Sara Malneric. Gli asilini in Italia sono troppo pochi e questa cosa ci sembra

come dire deludente soprattutto per i bambini, ma in realtà è deludente per i genitori

e soprattutto per le mamme che sono costrette in qualche modo a rallentare, per esempio

nell'avanzamento della propria carriera, perché se io non posso allontanammi dal lavoro

perché devo stare tutto il tempo con mio figlio, evidentemente questo va di scappito appunto

della mia carriera, quindi quando parliamo di asilinito proviamo a ricordarci anche chi

è che paga le conseguenze della loro mancanza. Io vi ringrazio per essere rimasti con me anche

oggi e come sempre vi do appuntamento a domani. Ciao!

Ma perché è un podcast scritto da me, Marco Maesano? Riprese e montaggio Giulio Rondolotti,

musiche originali Matteo Cassi, supervisione tecnica Gabriele Rosi, responsabile di produzione

Denny Stucchi, una produzione One Podcast.

Dream and Dream, per one podcast.

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Quando sentiamo parlare di "target europeo" ci sale un brivido lungo la schiena. Non voglio esagerare, ma il senso è che noi italiani solitamente siamo destinati a vivere sotto quel target. Qualunque esso sia: quello sul debito pubblico, quello sulle spese per l'istruzione, per il Pnrr e...quello per gli asili nido. Il nostro paese purtroppo è piegato sotto il peso della denatalità e più volte ci siamo chiesti perché. Ecco, uno dei motivi, forse, è la mancanza delle strutture per l'infanzia. In Italia, ancora oggi, sono troppo poche. Ma perché? Ne parlo con Sarah Malnerich.

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