Ma perché?: 101 | Ma perché con il PNRR siamo ancora al palo?

Radio Deejay Radio Deejay 5/25/23 - Episode Page - 8m - PDF Transcript

Il PNR va smantellato e profondamente cambiato anche negli obiettivi, altrimenti ci facciamo

molto molto male.

Queste sarebbero le frasi pronunciate in un colloquio con la stampa, cioè con il quotidiano

la stampa, dal ministro degli affari europei e delegato al piano appunto al PNR, che però

poi ha anche smentito, perché dice io quelle frasi non le ho mai pronunciate, anche se

la stampa poi in realtà le ha confermate.

Ora, se quelle frasi fitto, le ha pronunciate o meno, noi non lo sappiamo.

Io non lo so, ma credo che il ministro probabilmente le ha almeno pensate.

Non voglio leggere nella mente di nessuno, ma le carte sì e le carte ci dicono che l'Italia,

nonostante i proclami, gli sforzi e negoziati in corso con l'Europa, non riesce a spendere

i soldi del PNR.

Ma perché?

Io sono Marco Maesano e ogni giorno, assia macchine sapi di me, provo a ripartire delle

basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo.

Ma perché?

Dunque, il governo sta preparando una revisione del PNR da mandare a Bruxelles, e cioè sta

dicendo, noi, questo piano così com'è, questo vecchio piano, non riusciamo a implementarlo,

abbiamo in mente invece quest'altro.

Ora, l'Europa dovrà chiaramente darci lo che dovrà dirci se va bene, come l'abbiamo

pensata questa volta.

La parte più a rischio è quella dell'infrastrutture, che copre peraltro quasi la metà dell'intero

PNR.

Ora, qui davvero ci tengo a dirlo, non c'è alcuna intenzione di indicare il responsabile

numero uno della mancata spesa dei fondi, perché probabilmente neanche c'è.

Il tessuto imprenditoriale italiano, come lo stesso fit, tra l'altro, ha detto, non

è in grado di triplicare in un anno questo genere di interventi.

Cioè, non ce la facciamo proprio, sono troppi soldi, lo so, suona incredibile, ma è così.

Ora, noi l'ultima volta che ne abbiamo parlato qui, ma perché, eravamo in attesa della famosa

terza rata da 19 miliardi.

Giorgetti, ministro dell'economia, a fine aprile aveva detto che per quei soldi erano

ormai questione di ore, ore che però, a quanto pare, sono diventate mesi, perché ancora

oggi quella rata non è arrivata, e la quarta, a questo punto, sembra essere un miraggio.

L'Italia non riesce e probabilmente non riuscirà a stretto giro a spendere i soldi del PNR.

Ma perché?

A rispondere alla domanda di oggi è tornato Luca Bianco, giornalista di Affington Post Italia.

Questa è la risposta che mi ha mandato.

L'ultima volta che ne abbiamo parlato a ma perché, la situazione sembrava tragica.

Era la fine di marzo, era corte dei conti in una sua analisi, segnalava ritardi preoccupanti

sulla spesa dei fondi europei in ogni ministero.

I comuni e le regioni, tra i vari problemi segnalati in quella relazione, non riuscivano

a trovare i professionisti fondamentali per mettere a terra i bandi, come ingegneri,

architetti, informatici.

Il ministro del Governo Melonica e la Deriga sul PNR, Raffaele Fitto, annunciava all'epoca

l'avvio di un'operazione verità sull'intero piano da 222 miliardi di euro destinati all'Italia.

Ecco, dopo due mesi possiamo dirlo senza troppi indugi, la situazione è addirittura

peggiorata.

Intanto chiariamo subito una cosa, quello che ci stiamo dicendo non è una caccia alla

responsabilità.

Stiamo parlando di centinaia di miliardi da investire da qui a tre anni e per un paese

come l'Italia, abituato a spendere tradizionalmente non più di 20-25 miliardi l'anno di fondi

europei, sempre che tutto vada bene, è chiaro che si tratta di una sfida colossale.

Quindi qui non è una questione di capire di chi siano le responsabilità dei ritardi,

se di Conte, se di Draghi, se dera Meloni, del Governo Centrale o delle amministrazioni

locali.

No, ora si tratta di fare il punto su ciò che abbiamo in mano e ciò che dobbiamo fare

da qui a 2026, data di scadenza ultima dei fondi europei, se andiamo oltre non ci riversano

più.

L'Italia doveva realizzare 55 obiettivi, stabiliti nell'accordo con l'Europa, digitalizzazione,

riforma della giustizia, rigenerazione urbana, gli oltre un milione e mezzo di alberi da

piantare nelle città, cose del genere.

Realizzati questi progetti e fatte queste riforme, Bruxelles avrebbe allora sbloccato

una delle rate del piano, la terza da 19 miliardi di euro.

Ecco, dopo mesi di controlli e proroghe, il bonifico dell'Unione europea non è ancora

arrivato.

L'Italia dice di aver fatto tutto, ma la nostra burocrazia e il sistema informatico che utilizziamo

per monitorare bandi e opere non sono particolarmente efficienti.

Le comunicazioni arrivano in ritardo, le informazioni non vengono aggiornate dai soggetti che dovrebbero

farlo.

Risultato, i tecnici della Commissione europea, incaricati di verificare l'effettiva realizzazione

di queste opere, stanno facendo una fatica mortale.

Purtroppo questo problema è destinato a ripetersi anche con gli obiettivi di fine giugno, dove

addirittura si registrano un ritardo di maggiori.

Avrete sentito parlare delle famose colonnine di rifornimento per i veicoli a idrogeno,

oppure dei bandi per la costruzione di asili nido che non hanno riscosso chissà che partecipazione.

Insomma, di rimando e rimando l'Italia, soffocata da decine di migliaia dei progetti da programmare,

metter a gara, finanziare e realizzare, infine rendicontare, rischia grosso.

Non rischiamo solo di non ottenere i soldi che erano a noi destinati, ma rischiamo anche

di perdere credibilità politica per futuri finanziamenti con Bruxelles.

Il ministro Fitto è ora lavoro per revisionare l'intero piano.

E intro giugno il governo italiano dovrebbe mandare le richieste di modifica a Bruxelles.

La linea che Meloni vuole seguire è quella di affidare più lavori alle aziende piuttosto

che i comuni, dato che le prime sono ritenute generalmente più efficienti, più privato

e meno pubblico insomma.

Restate a capire, però, se a Bruxelles saranno d'accordo nel dare il semafro verde alle

modifiche proposte da Roma, che l'intesa arrivi o meno entro l'estate probabilmente

cambierà poco.

L'Italia, ad oggi, non ha le capacità per spendere tutti quei soldi.

E probabilmente è già troppo tardi per intervenire.

Grazie a Luca Bianco.

Come diceva lui, giustamente, qui la questione non è cercare responsabile.

L'Italia è un paese con problemi che veramente sono antichi, una burocrazia a cui non si

è mai messo mano negli anni, forse per non perdere voti.

È un personale che tra l'altro non ha le competenze a volte per mettere in piedi

progetti e soprattutto per dargli vita una volta finanziati.

Non è pensabile che tutte queste difficoltà spariscono all'improvviso e si riesca quindi

a fare ciò che non si è mai riusciti a fare in passato.

Spendere i soldi dell'Europa e a maggior ragione, adesso che sono così tanti, è un problema

che abbiamo sempre avuto.

Vedremo quindi se il piano del governo di dare più spazio, come sentivate poco fa

dire da Bianco, al settore privato funzionerà e soprattutto vedremo se Bruxelles ci darà

l'occhei.

Ringrazio per essere rimasti con me anche oggi e come sempre vi do appuntamento a domani.

Ciao!

Gli esperimenti con il porridge radioattivo, alle iniezioni di plutonio sui soldati, fino

ad arrivare ad un esperimento che ha dell'incredibile.

Machine-generated transcript that may contain inaccuracies.

Il Ministro dell'economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti a fine aprile aveva parlato di "una questione di ore" riferendosi alla famosa terza rata da 19 miliardi del PNRR che l'Italia avrebbe dovuto ricevere. Di quei soldi non si è più saputo nulla. Le ore sono diventate mesi e oggi la "quarta rata" è diventata un miraggio. Il governo sta tentando di correre ai ripari rimodulando il piano di spesa: il motivo è che al di là delle singole responsabilità, ammesso che esistano, l'Italia con il PNRR continua a essere ferma al palo. Ma perché? Ne parlo con Luca Bianco.

See omnystudio.com/listener for privacy information.